Quanah Parker, l’Aquila dei Comanche

A cura di Renato Ruggeri

Ciò che, oggi sappiamo su Quanah Parker e la sua vita proviene dai suoi ricordi e dalle testimonianze di bianchi che dissero di averlo conosciuto, più o meno bene. Vi sono, però, molti misteri e zone d’ombra sui quali vogliamo provare a fornire qualche chiarimento rispetto alle biografie che è facile reperire in libreria e in rete.
D’altra parte non è mai stato semplice ricavare certezze al riguardo dei più noti guerrieri indiani, specialmente laddove non siano ricavabili da testimonianze dei bianchi.
Tutto il sistema in uso presso le tribù per tramandare di generazione in generazione gli eventi più importanti era basato principalmente sulla trasmissione orale, supportata da pitture, ma anche attraverso queste non è facile ricondurre a certezza persone, fatti e tradizioni, come, appunto, nel caso di Quanah Parker.
Data di nascita
Quanah scrisse a Charles Goodnight: “Secondo le mie informazioni, sono nato intorno al 1850 sull’Elk Creek, all’ombra delle Wichita Mountains dell’Oklahoma”. L’autorevole Handbook of Texas, invece, pone la data di nascita nel 1845 e così anche l’Encyclopedia of Frontier Biography di Dan Thrapp, uno storico quanto mai rilevante.
Nel 1885 un agente Indiano stimò la sua età a “non più di 25 anni”. Secondo il census Comanche del 1890, aveva 36 anni ma, a creare ancora più confusione, per il census del 1899 ne aveva 48, e il Governo gliene attribuì 59 quando morì nel 1911.
Uno dei suoi più autorevoli biografi, William T. Hagan, ha scritto che nacque nel 1852 e la stessa data è scolpita sulla sua pietra tombale.
Non sapremo mai, con precisione, quando venne al mondo.

Il nome
Anche questa è una questione aperta.
Il suo primo nome fu Quanah, che significa “fragranza”.
Aubrey Birdsong, suo genero, scrisse in “Reminiscenses of Quanah Parker”, che Peta Nocona, il padre, dopo lo scontro sul Pease River in cui fu catturata o liberata – secondo i punti di vista – la madre Cynthia Ann, lo rinominò “Tseeta”, “the Eagle”, l’Aquila.
Quindi è in questo modo che avrebbe dovuto essere chiamato.
Quando poi, nel 1875, entrò nella Riserva, Quanah aggiunse, o gli fu consigliato di aggiungere, il cognome della madre, mai usato dalla sua gente Comanche.
Secondo la legge e il costume dei bianchi, un bambino assumeva il cognome del padre, non quello della madre, quindi non avrebbe dovuto essere conosciuto come Parker, né tra i Comanches, né tra i visi pallidi. Molto probabilmente il suo nome sarebbe dovuto essere Eagle o Eagle Nocona.

La morte dei genitori
Questo è un vero e proprio mito misterioso.
Per molti anni il Governatore del Texas ed ex Capitano dei Rangers Lawrence Sul Ross si vantò, ottenendo vantaggi politici, di aver ucciso Peta Nocona in un combattimento a mani nude e di aver liberato Cynthia Ann Parker dalla schiavitù Comanche. Era una storia sensazionale per quei tempi, ma anche una colossale bugia!
In un discorso tenuto a Dallas nel 1909 davanti a un pubblico di Texani Quanah affermò: “Quel dannato mente. Sul Ross non uccise mio padre… Quel giorno non c’era, era andato a caccia… Voglio dirlo in modo schietto, così che entri nella storia texana… Mio padre morì dopo 2 o 3 anni di malattia ed io lo vidi morire.”


La zona d’influenza dei Comanche

In effetti, il capo ucciso durante lo scontro del Pease River si chiamava Nobah, e non era Peta Nocona. Secondo Quanah, il padre, dopo la perdita di Cynthia Ann, perse il suo fervore guerriero. Indebolito da una ferita, divenne infelice e depresso. “Dopo 2 o 3 anni, io ero con lui”, scrisse Quanah, “e lo vidi morire. Fu sepolto presso le Antelope Hills, vicino alla riva meridionale del fiume Canadian. Prima di morire mi disse che mia madre era una bianca”.
La stessa cosa è accaduta per Cynthia Ann. Gli storici hanno ripetuto per anni che morì nel 1864, 4 anni dopo il suo ritorno tra i bianchi. Qualcuno, poi, è andato a controllare il census del 1870 e si è accorto che quell’anno era ancora viva e risiedeva nella Tarrant County, in Texas. Morì, probabilmente, più tardi quello stesso anno o l’anno seguente.

La banda
Si legge spesso che Quanah Parker fu un leader, un capo, un guerriero importante dei Kwahadi, ma ciò non è completamente vero.
Il padre, Peta Nocona, come anche il suo nome suggerisce, apparteneva alla banda Nokoni.
I Kwahadi, o Antilopi, secondo i moderni storici dei Comanches furono un gruppo di formazione tardiva, costituitosi alla fine degli anni ’50 e a quel tempo Quanah doveva avere almeno una decina di anni. Nacque, fu allevato e divenne guerriero tra i Nokoni ed entrò a far parte delle Antilopi dopo la morte del padre.


Guerrieri Comanche all’attacco

I Kwahadi furono formati da tutti quei Comanches, Kotsotekas, Yamparikas e altri che non volevano entrare nella riserva. Non parteciparono alle trattative né firmarono il Trattato di Medicine Lodge, non ebbero mai relazioni con stati o governi federali e rimasero liberi sulle Staked Plains fino alla fine e infatti non risulta che Quanah si sia mai recato in una riserva prima del 1875.
E’ possibile che il suo passaggio ai Kwahadi sia stato causato da un profondo dissenso al trattato e alla volontà di non seguire i Nokoni nella nuova Riserva.

Il guerriero
Non è facile seguire la vita guerriera di Quanah.
La cosa che sembra più certa è che guidò i Comanches contro i cacciatori di bisonte nel 1874, in quella che viene chiamata la “seconda battaglia di Adobe Walls”.
Del resto si sa davvero poco altro.
Nel 1868 fece parte di una banda di Kwahadi che compì una razzia contro alcuni insediamenti bianchi vicino al Red River. Gli Indiani furono intercettati da un reparto di cavalleria di Fort Richardson e durante lo scontro che ne seguì il leader del gruppo, Bear’s Ear fu ucciso. Quanah assunse il comando, coprì la fuga dei compagni e così i Comanches riuscirono a eludere l’inseguimento.
Un’altra testimonianza ci viene dal Tenente Robert G. Carter che lo incontrò nel Blanco Canyon, in Texas.


Contro i bianchi

Carter era al comando di una pattuglia che venne attaccata dai Comanches. In seguito disse di aver riconosciuto Quanah Parker nel guerriero che era a capo dei nativi e così lo descrisse: “Un capo robusto guidava la carica. Montava un cavallo color carbone. La sua faccia era dipinta di nero e il colore gli conferiva un aspetto satanico. Una larga bocca crudele lo rendeva ancora più feroce. Un copricapo di piume d’aquila scendeva dalla sua fronte lungo il dorso e la coda del cavallo fino a toccare il suolo. Era quasi nudo, indossando solo gambali, mocassini e perizoma. Intorno al collo portava una collana di denti d’orso”.
Carter raccontò che Quanah si avvicinò a un soldato, William Gregg, che era rimasto indietro, lo uccise con un colpo di pistola alla testa e lo scalpò.
E questo è tutto, o quasi tutto. Lo stesso Quanah fu sempre molto reticente a raccontare i suoi trascorsi sul sentiero di guerra. Lo possiamo solo immaginare in quella che era l’attività preferita dai Comanches, razziare e uccidere i visi pallidi dal Kansas meridionale fino al profondo Messico.

Il capo
Si legge, di solito, che Quanah fu un capo o il capo supremo dei Comanches. Ma questa non è la verità, o lo è solo in parte.
Il capo dei Kwahadi – la banda di adozione di Quanah – dal 1867, anno del trattato di Medicine Lodge, al 1874, anno della morte fu, secondo i principali storici dei Comanches, Parra-o-coom. Morì di polmonite poco prima della battaglia di Adobe Walls, e il suo posto fu preso da Wild Horse.
Wild Horse, a cui succedette Quanah
Wild Horse e la sua banda si arresero a Fort Sill il 19 aprile 1875.
Il Colonnello Ranald MacKenzie, nel tentativo di indurre tutte le bande ancora libere a entrare nella Riserva, inviò Jacob Sturm, un interprete che aveva sposato una donna Caddo, insieme a Wild Horse e altri due Comanches nelle Staked Plains. Gli emissari trovarono il villaggio di Esatai, lo sciamano che aveva infaustamente profetizzato la sconfitta dei bianchi ad Adobe Walls e che affermava di avere poteri magici utili per parlare al Grande Spirito o riuscire a fabbricare una pittura gialla che rendeva immuni alle pallottole.
Esatai li accolse amichevolmente e disse a Sturm di godere di grande considerazione e prestigio presso la sua gente.
Il 2 Maggio fu tenuto un consiglio della tribù e Sturm scrisse “…a un certo punto prese la parola Quanah, un giovane uomo che aveva molta influenza tra il suo popolo, e parlò in favore della pace…”
Quindi Quanah non venne considerato un leader, e aveva una posizione inferiore rispetto a Esatai. Solo dopo la resa a Fort Sill nel Giugno 1875, Quanah fu riconosciuto dai bianchi, probabilmente per il suo sangue bianco, la sua intelligenza e il suo pragmatismo, leader supremo, anche se non tutti i Comanches furono d’accordo.
Nancy McGown ha scritto nel suo bel libro “Chevato” del trasferimento della leadership da Wild Horse a Quanah Parker.
Quanah era uno dei migliori amici di Wild Horse. Quando lo vide gravemente malato, gli regalò un vestito nuovo e un orologio.
Prima di morire, il 15 Luglio 1891, Wild Horse diede a Quanah il cavallo e i suoi beni, simbolizzando in questo modo il passaggio della leadership e cementando il suo potere. Agendo in questo modo, però, il capo ruppe la tradizione Comanche che prevedeva che in caso di morte, i beni di un guerriero dovevano essere distrutti e il cavallo preferito doveva essere ucciso, mentre gli altri venivano divisi tra parenti e amici. Ma ormai la vita in riserva aveva minato in profondità i vecchi costumi che, per altri versi, erano divenuti poco applicabili in spazi ristretti.

Le mogli
I Comanches praticavano la poligamia e Quanah non fece eccezione.
La prima moglie fu una Mescalero, Toahyea, figlia di Old Wolf, ma il matrimonio durò poco, e dopo circa 1 anno Toahyea chiese di ritornare dal suo popolo.
Le mogli che entrarono con lui in Riserva, nel 1875, furono probabilmente 4, Mah-chetta-wookey, Weckeah (rapita secondo una versione romantica a un guerriero più anziano a cui era stata promessa e che aveva offerto più cavalli di Quanah), Chony e Ah-uh-wuth-takum.


Quanah Parker con due sue moglie, Topay e Tonarcy

In seguito ne sposò altre 3, Coby, Topay e Tonarcy, la preferita, chiamata anche la “show wife”, che lo accompagnava sempre.
Etta Martin raccontò una sua visita alla casa di Quanah, una umile dimora con ben 12 stanze, chiamata la Star House, a causa delle stelle dipinte sul tetto.
“Un uomo bianco e sua moglie erano i custodi e servivano il cibo secondo la maniera dei bianchi.”
Quanah e Tonarcy
“Mi disse che alle squaw piaceva cucinare, soprattutto carne e verdure, mentre torte e dolciumi erano serviti solo quando Quanah era a casa. Incontrai alcune delle mogli, ma non ricordo i loro nomi, eccetto Tonicy, che era la favorita. La portava sempre con se e la vestì come una donna americana quando andarono in delegazione a Washington. Vidi le loro camere ed erano pulite e ordinate. Tonicy mi mostrò una giacca da caccia che stava preparando per Quanah. Nessuno poteva entrare nella stanza di Quanah senza il suo permesso”.
La pratica della poligamia gli creò non pochi problemi, ma non la rinnegò mai.
Quando il Commissario degli Affari Indiani lo invitò a scegliere una sola moglie e a scacciare le altre, Quanah rispose: “Prova a dirglielo tu!”
Il Bureau of Indian Affairs cercava di aiutarlo, scrivendo nei rapporti ufficiali di una sola moglie, mentre le altre venivano chiamate “madri” ma, a causa della sua intransigenza in materia, fu costretto a lasciare la carica di giudice della Comanche Tribal Court.


Una parte della famiglia di Quanah Parker

Quando morì, nel 1911, due mogli, Topay e Tonarcy, erano ancora al suo fianco.
Sembra poi che negli ultimi anni di vita abbia riempito la casa con un piccolo harem di giovani donne indiane poichè secondo lui “Solo le giovani squaw andavano bene per un uomo anziano”.
Completò la sua intensa vita familiare e amorosa con 24 figli.

L’uomo d’affari
Quanah fu un uomo d’affari molto abile.
Nella sua visione del futuro vide nel bestiame la salvezza dei Comanches e nell’educazione la loro unica speranza. Studiò i suoi amici bianchi non solo per impararne la lingua, ma anche per seguire i loro metodi e analizzare le ragioni del loro successo.
Quanah vestito alla maniera dei bianchi
Apprese i segreti del bestiame da Charles Goodnight che gli regalò alcuni capi e anche grazie a ciò divenne un vero e propio “cattleman”, amico dei baroni del bestiame di quel tempo come Samuel Burk Burnett e Dan Waggoner e si unì a loro per preservare ciò che restava del vecchio “open range”.
A Quanah Parker si deve, probabilmente, la sopravvivenza del “Popolo”, attraverso una serie di importanti accordi.
Quanah riuscì a far pagare il passaggio del bestiame attraverso la riserva e il pedaggio fruttò una cifra considerevole, stimata in circa $200.000 annui. Questa somma fu investita per comprare bestiame per la tribù, ma non solo! Ogni Comanche ricevette una cifra variabile da $30 a $50 dollari. Molti Comanches divennero così allevatori di bovini.
In una riunione tenuta sul Red River con i baroni del bestiame nel 1884, Quanah firmò un altro importante accordo. I cattlemen si impegnarono a versare ai Comanches e ai Kiowas, per un periodo di 6 anni, la cifra di 6 cent per acro all’anno per l’affitto dei loro pascoli, oltre all’ingaggio, come mandriani, di 54 Indiani.
William Hagan, nella sua biografia, così scrive: “Un rancher raccontò che Quanah ricevette per i suoi pascoli la somma di $50 all’anno, oltre al dono di 500 capi di bestiame”. Si faceva pagare e rispettare.
Investì $40.000 in una piccola linea ferroviaria, la Quanah Acme e Pacific Railroad, che passava attraverso Quanah, una città che aveva preso il suo nome. Divenne, in questo modo, l’Indiano più ricco dei suoi tempi.

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