Gli Apache

A cura di Luana Leonini
ApacheI primi popoli Atapascani arrivarono nel Sud-Ovest intorno all’850: erano cacciatori nomadi e raccoglitori di foraggi nella zona dell’attuale Canada occidentale. Si propagarono su tutti gli altipiani aridi del Sud-Ovest, formando numerosi raggruppamenti chiamati Apache dalle altre tribù della regione; forse il nome apache significava “nemici”.
Dopo essersi stabiliti sulle nuove terre gli Apache continuarono a scorazzare per il territorio razziando le popolazioni per avere cibo e schiavi. Siccome erano fieri lottatori e maestri esperti nel sopravvivere nei deserti, erano temuti anche dagli altri abitanti del Sud-Ovest: indiani, pueblo, spagnoli, messicani e americani, che infatti vennero tutti sottomessi.
La loro presenza e le loro vessazioni impedirono qualsiasi espansione spagnola e messicana verso nord. Quando alcuni anni dopo gli Stati Uniti annetterono il Sud-Ovest (1848), divennero i peggiori nemici per gli occupanti anglo-americani e si mostrarono i più ostinati di tutti i guerrieri indiani.
Il generale George Crook, che condusse campagne militari contro gli Apache ed altri indiani, li definì “tigri della specie umana”.
VictorioUn ritratto di Victorio
L’interpretazione sbagliata di un incidente di frontiera da parte dell’esercito americano, mutò il loro modo di agire e fu alla base di 35 anni di guerre tra Apache e americani.
Nel 1861 un proprietario terriero, John Ward, sospettò ingiustamente Cochise, capo tribù dei Chiracahua Apache, di aver rapito i suoi figli e rubato il suo bestiame. Egli lo denunciò alla guarnigione di Fort Buchanan. Un tenente del posto, George Bascom, organizzò un battaglione e si diresse al Passo degli Apache attraverso le Montagne di Chiracahua, centro del territorio degli Apache Chiracahua. Bascom invitò Cochise ad un incontro. Il 4 febbraio 1861 Cochise, che non sospettava alcun tradimento, arrivò con suo fratello, due nipoti, una donna e due bambini all’accampamento dell’esercito. Bascom non perse tempo ad accusare Cochise della razzia. Questi difese la sua estraneità, dicendo che forse potevano essere stati Apache delle Montagne Bianche, i Coyotero, ed offrì il suo aiuto per ritrovare i bambini rapiti. Mentre i suoi uomini circondavano la tenda, comunicò al capo che lo avrebbe arrestato. Cochise con il suo coltello fece un taglio nella tenda e fuggì mentre Bascom teneva gli altri Apache in ostaggio.
Cochise, con un gruppo di guerrieri, iniziò a tendere imboscate lungo il Sentiero di Butterfield per riavere i propri ostaggi, uccidendo messicani e lasciando vivi gli americani. Diversi negoziati tra Cochise e Bascom fallirono.
Medicine ManUn Medicine-Man
Ai Chiracahua si unirono successivamente gli Apache delle Montagne Bianche, gli Apache Mimbreno. Essi concentrarono i loro sforzi in attacchi a diligenze che transitavano lungo il Sentiero.
Gli uomini di Bascom riuscirono a catturare tre ostaggi, guerrieri delle Montagne Bianche. Due compagnie di dragoni di Fort Breckinridge respinsero gli insorti Apache fino nel Messico. Questi, tuttavia, prima di ritirarsi, uccisero tutti gli ostaggi. Per vendicarsi, Bascom fece impiccare gli ostaggi maschi, compreso il fratello di Cochise. A loro volto gli Apache uscirono dai loro nascondigli delle montagne e in due mesi uccisero 150 tra bianchi e messicani.
Dieci anni dopo gli episodi avvenuti tra gli indiani e Bascom, gli Apache ripresero le loro scorrerie contro i coloni.
Gli Apache Aravaipa con il loro capo Eskiminzin che desiderava la pace, erano emigrati a Camp Grant, avamposto dell’esercito nel deserto a nord di Tucson, nell’attuale Arizona. Nel 1833 l’Arizona diventò un territorio indipendente e gli indiani consegnarono le armi al tenente Royal Whitman e alla sua guarnigione. Ma i cittadini di Tucson odiavano ugualmente gli Apache e li temevano anche se pacifici, perciò organizzarono una truppa di vigilanti formata da circa 150 bianchi, messicani e mercenari indiani Papago. La mattina del 30 aprile 1871 marciarono verso l’accampamento degli Aravaipa e, mentre dormivano, ne massacrarono 86 dei 150, compresi donne e bambini. Dei sopravvissuti le donne vennero violentate e i bambini portati via in schiavitù.
Il presidente Ulysses Grant che aveva impostato la sua “Politica di Pace del Dopoguerra” per evitare tali massacri, si sentì veramente offeso e inviò una commissione di pace in Arizona con alla testa il generale Oliver Howard e Vincent Coyler, con l’ordine di istituire un sistema di riserve a favore degli Apache. Fino all’autunno del 1872 la commissione istituì cinque posti di rifornimento, di cui quattro in Arizona ed uno nel Nuovo Messico, e contattò molte tribù di cui la maggior parte era d’accordo con il trasferimento in cambio di vitto regolare e rifornimenti.
Howard riuscì anche a combinare un incontro con Cochise dei Chiracahua lo stesso autunno, tramite la mediazione di Thomas Jeffords, pioniere e uomo di frontiera.
Una donna ApacheUna donna Apache
Dopo 11 giorni di negoziati, il generale riconobbe la richiesta di Cochise circa una riserva da costituire nel territorio dei Chiracahua, al Passo degli Apache, con Jeffords come agente. Cochise promise ad Howard di mantenere l’ordine lungo il passo: mantenne la sua parola ed il suo popolo visse in pace fino alla sua morte avvenuta nel 1874.
Intanto altri Apache avevano continuato a saccheggiare nonostante che molti di loro ricevessero anche le razioni dai posti di rifornimento. Come reazione a questo fatto, i militari organizzarono la Campagna del Bacino Tonto attraverso le montagne e i canyon che si trovavano a sud del Mogollon Rim nell’Arizona centrale e dove molti gruppi di guerrieri si erano rifugiati. Il comandante di questa operazione era il generale George Crook, trasferitosi di recente nel Sud-Ovest dopo essersi guadagnato una buona reputazione nella lotta contro gli indiani nella Guerra del Serpente nell’Idaho e nell’Oregon.
Durante l’inverno 1872-73 nove piccoli distaccamenti mobili che usavano scout arruolati nelle riserve degli Apache, percorsero il bacino in lungo e in largo alla ricerca di indiani, e ne uccisero circa 200. Un reparto guidato dai capitani William Brown e James Burns vinse una battaglia decisiva al Salt River Canyon. Nel marzo del 1873 un’altra unità sotto il capitano George Randall riportò una vittoria decisiva sul Turret Peack che ruppe la resistenza indiana. Gli esausti guerrieri e le loro famiglie cominciarono ad arrendersi ad aprile. L’autunno seguente più di 6.000 Apache e Yavapai, compresi quelli elencati in precedenza, si ritrovarono nelle liste delle riserve in Arizona e nel Nuovo Messico.
Per gli Apache la vita in riserva si dimostrò una prova tremenda: scarse razioni, noia, malattie. Per sfuggire alla miseria molti di loro fuggivano nelle foreste e in terre selvagge per rifarsi con una vita da cacciatori e raccoglitori, razziando e saccheggiando.
Per controllare meglio le tribù e aprire nello stesso tempo più territorio all’insediamento dei bianchi, nel 1875 gli ufficiali ordinarono il trasferimento di tutti gli Apache ad Ovest del Rio Grande nella riserva di San Carlos sul fiume Gila in Arizona.
Guerrieri Apache al rientro da un raid in Messico
Alcuni Apache continuarono comunque a resistere. Due dei loro capi divennero importanti, uno per ciascuno dei due gruppi che negli anni Sessanta si erano mostrati più combattivi. Victorio, cresciuto sotto il comando di Mangas Colorado, condusse i suoi Apache Mimbreno ed altri in un’insurrezione dal 1877 al 1880 e Geronimo, che aveva lottato con Cochise, radunò la propria tribù di Chiracahua e di altri indiani, durante l’ultima più importante guerra indiana dal 1881 al 1886, e il suo nome divenne un grido di guerra.
Le due insurrezioni si somigliarono: entrambe iniziarono con una fuga dalla riserva di San Carlos, e portarono la guerra sulle montagne, nei canyon e nei deserti del Sud-Ovest americano e in Messico. Tutte e due impegnarono un numero elevato di truppe in tutte e due i lati della frontiera, per arrivare alla vittoria ottenuta attraverso un processo di logoramento.
Nel 1877 Victorio e 300 indiani fuggirono da San Carlos, di cui poi solo 80 guerrieri rimasero con lui sulle montagne. Victorio sperava di stemare il suo popolo nella riserva dei Mescalero di Ojo Caliente nella parte occidentale del Nuovo Messico, ma i negoziati fallirono. Nel settembre del 1879 il suo gruppo di guerrieri attaccò un accampamento della cavalleria, dove erano radunati i cavalli, e uccisero le guardie nere. Quando i Mescalero si unirono con loro, Victorio condusse i suoi in Messico, poi nel Texas e successivamente ritornò nel Nuovo Messico e in Arizona, compiendo un certo numero di attacchi.
Sia gli Stati Uniti sia il Messico mobilitarono le loro forze con al comando il colonnello Edward Hatch nel Nuovo Messico, il colonnello Benjamin Grierson nel Texas e il generale Geronimo Trevino a Chiracahua nel Messico. Le truppe americane attraversarono regolarmente la frontiera, dato l’accordo politico fra le nazioni unite contro il pericolo Apache. Victorio e i suoi uomini riuscirono a cavarsela in un gran numero di scontri. Nell’autunno del 1882, Victorio fece l’errore di restare troppo a lungo in un accampamento, dando così modo a 350 messicani e indiani Tarahumara di attaccare. Durante la battaglia di Tres Castillos durata appena due giorni, più della metà degli Apache fu sterminata e gli altri furono fatti prigionieri. Victorio fu ritrovato fra i morti. Non si sa se morì durante la lotta o se, come vuole la leghgenda, si tolse la vita per non cadere in mano del nemico.
Una famosa fotografia di Geronimo
Nel frattempo, Geronomo aveva vissuto presso una tribù nomade e guerriera di Nednhi della Sierra Madre, sul lato messicano del confine, dopo lo scioglimento della riserva Passo degli Apache nel 1875. Nel 1876 egli e alcuni altri indiani furono arrestati dall’agente di San Carlos e insieme alla gente di Victorio furono condotti indietro in Arizona. Dopo un anno Geronimo fuggì un’altra volta attraverso la frontiera insieme a Juh, capo dei dei Nednhi. Poi, vista la crescente attività delle truppe messicane, il giovane guerriero ritornò a San Carlos.
Geronimo venne sempre considerato e rispettato per la sua bravura e astuzia, ma fino ad allora non aveva ancora dimostrato quanto fosse tenace come capo tribù. Nel 1881 l’esercito presso Fort Apache si mosse per arrestare Nakaidoklini, un apache delle Montagne Bianche che si era messo a predicare una nuova religione, in base alla quale i guerrieri morti sarebbero ritornati per liberare i popoli indiani dall’uomo bianco. Scoppiarono delle battaglie a Cibecue Creek e il mistico indiano fu ucciso. Alcuni dei suoi seguaci attaccarono Fort Apache, ma vennero respinti.
I capi dei Chiracahua di San Carlos erano preoccupati e temevano il numero sempre crescente delle truppe.
Un mese dopo Cibecue Creek, Geronimo e Juh insieme a Nachise (figlio di Cochise), Chato (un mescalero) e altri 74 indiani lasciarono San Carlos per il Messico. Tornarono nell’aprile del 1882 e durante un’incursione nella riserva, uccisero il capo della polizia e costrinsero Loco e i suoi Apache Mimbreno ad accompagnarli verso sud. Un’altra battaglia si verificò a Big Dry Wash con i guerrieri delle Montagne Bianche, amareggiati dalla morte di Nakaidoklini.
I militari, allarmati per la crescente violenza, diedero il comando al generale George Crook, che stava combattento contro i Sioux. Crook organizzò una certa quantità di unità mobili con degli scout reclutati tra gli Apache delle Montagne Bianche, gli unici in grado di inseguire gli Apache.
Ottenuto il permesso dalle autorità messicane, Crook condusse le unità nella Sierra Madre nel maggio del 1883. Usarono muli invece di cavalli, perché erano più adatti alle campagne nel deserto. Crook sferrò un attacco sull’accampamento di Chato, che non risultò decisivo, ma almeno aveva dato l’idea della determinazione dei militari.


Big Dry Wash

In una conferenza successiva i capi furono d’accordo per ritornare alla riserva. Ci volle un anno perché tutti tornassero.
Geronimo fu l’ultimo a far ritorno alla riserva e comunque evase altre due volte.
Nel 1885 vi fu un’altra agitazione a causa della proibizione del tiswin, una bevanda alcolica usata dagli Apache. Geronimo, Nachise, Nana e quasi 150 seguaci fuggirono un’altra volta dalla riserva, ma vennero inesorabilmente inseguiti dai soldati di Crook, finché furono d’accordo di parlamentare nel Canyon de Los Embudos il 25 marzo del 1886. Crook chiese la resa incondizionata e l’incarcerazione nell’est per due anni. Geronimo fu d’accordo, ma, mentre veniva scortato a Fort Bowie dagli scout degli Apache, evase nuovamente insieme a Nachise ed altri 24 apache.
Il comando tolse Crook come capo delle forze armate e lo sostituì con il generale Nelson Miles, un provato grande combattente contro gli indiani.
Per catturare i 24 apache fuggiaschi, Miles mise in campo ben 5.000 soldati, ma Geronimo, raggiunto in Messico, si sottrasse alle truppe con successo. Dopo un mese e mezzo di occultamenti, Geronimo accettò di arrendersi, ma solamente a Miles.
Poco dopo Geronimo insieme a quasi 500 altri apache, compresi quelli che avevano servito come scout nell’esercito, vennero mandati in catene a Fort Pickens a Pensacola in Florida. Dopo un pesante internamento di un anno, un quarto di loro morì di turbercolosi ed altre malattie.
Benché gli Aravaipa fossero ritornati a San Carlos, i cittadini dell’Arizona rifiutarono di ricevere Geronimo e i Chiracahua. I Comanche e i Kiowa del Territorio Indiano offrirono di dividere la loro riserva con chi aveva lottato per la libertà degli Apache. Essi vennero condotti a Fort Sill nel 1894.
Benché già diventato una leggenda anche per molti bianchi in tutti gli Stati Uniti, Geronimo non ottenne più il permesso di ritornare nelle sue terre. Morì come prigioniero di guerra nel 1909.

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