Crazy Horse Memorial
«Quando morirò dipingetemi tutto di rosso e gettatemi nel fiume: così ritornerò. Se non lo farete ritornerò lo stesso, ma come pietra.» (Cavallo Pazzo, poco prima di morire).
Anche l’altro giorno presso il Crazy Horse Memorial, sulle Black Hills, è stata usata la dinamite per sgretolare pezzi di montagna. Lassù si lavora spesso con la dinamite perché il Crazy Horse Memorial, il gigantesco monumento dedicato al grande condottiero dei Lakota Sioux, Cavallo Pazzo, è talmente grande che occorrono letteralmente i botti per definire l’immagine sul monte. Con la dinamite migliaia di tonnellate di roccia e di terra piombano fragorosamente al suolo e ci consegnano quella che a oggi è l’immagine abbozzata di Cavallo Pazzo. Scoppi e applausi.
Si procede così, anche se poi, in fondo, la montagna continua a sembrare sempre uguale. Questo accade perché le dimensioni sono immense, difficili da raccontare.
Si procede dal 1948, dunque, in questo imponente picco del South Dakota, si procede nella realizzazione del ritratto a cavallo di Crazy Horse, Cavallo Pazzo, il grande capo Sioux. È un lavoro lento. Dopo tantissimo tempo, solo il suo volto è veramente completo. Il resto, il largo petto, i capelli sciolti al vento, il braccio teso con la mano a indicare l’orizzonte, il cavallo… è tutto ancora racchiuso in quella pietra così dura da scalfire e così complessa da modellare.
La testa di Cavallo Pazzo
Basta un piccolo errore per sacrificare decenni di sforzi.
Il Crazy Horse Memorial si trova al di fuori di Rapid City, ad appena pochi chilometri dal notissimo Mount Rushmore, quello con incise le testone di alcuni presidenti statunitensi. Si tratta in entrambi i casi di opere intitolate alla grandezza di ricordi. Ricordi dei bianchi e ricordi dei rossi. Uno è un monumento federale e costituisce un’icona nazionale, l’altro è ancora un sogno nato nella mente di uno scultore appassionato, Korczak Ziolkowski, e solo parzialmente realizzato. Ziolkowski ci ha lavorato sopra e da solo per più di 30 anni, abbozzando la forma principale, in mezzo a difficoltà di ogni genere, anche e sopratutto economiche, mentre invecchiava. Lui è morto nel 1982 ed è ora sepolto proprio di fronte alla montagna. La sua vedova, Ruth, è morta nel 2014 ed ora sono i loro figli, che in parte vivono ancora oggi presso il memorial a portare avanti l’incredibile opera con il sostegno di decine di migliaia di sostenitori sparsi in tutto il mondo.
Folla in visita al Crazy Horse Memorial
Una volta completata, il Crazy Horse Memorial sarà la più grande scultura nella roccia mai costruita, larga 195 metri ed alta 172. Solo per fare un paragone, le teste scolpite sul Monte Rushmore sono alte solamente 18 metri. Proprio per riparare alla “provocazione” di questo monumento dell’uomo bianco (costruito in un territorio sacro per gli indiani), nel 1939 i capi Lakota appoggiarono l’idea di Korczak Ziolkowski, lo scultore di Boston già assistente dello scultore Gutzon Borglum nei lavori di scavo del Monte Rushmore, intenzionato a onorare la memoria di quello che viene definito “l’ultimo Sioux”.
Nel 1940 Korczak Ziolkowski sottopose un modello della scultura da lui progettata al Capo Henry “Orso in Piedi” della riserva di Pine Ridge. Solo nel 1946, dopo lunghe trattative, i nativi americani diedero il loro benestare, a patto che la scultura venisse realizzata nelle Black Hills. La prima esplosione nella montagna, a inaugurare i lavori di scavo, avvenne il 3 giugno 1948, alla presenza di una decina di anziani reduci della battaglia di Little Bighorn.
Lo scultore si impegnò affinché si trattasse di un progetto no-profit e per esso lavorò gratuitamente. Negli anni successivi venne stabilito un biglietto d’ingresso per chi volesse visitare il memoriale e lo stato di avanzamento dei lavori, garantendo però l’accesso gratuito ai nativi americani. Inoltre, forse per non offrire il fianco a polemiche, nel 1951 Korczak Ziolkowski donò una sua statua di Wild Bill Hickok al comune di Deadwood.
Lo stato dei lavori
I lavori proseguirono tra molti incidenti e diverse volte lo scultore restò più o meno lievemente infortunato. Continuò a lavorare anche dopo due attacchi di cuore. Nel 1982, all’età di 74 anni e con quattro bypass al cuore, Korczak Ziolkowski proseguiva ancora nella sua epica impresa, sottraendo alla montagna tonnellate e tonnellate di roccia e rifinendo incessantemente i tratti della figura di Cavallo Pazzo.
Ziolkowski morì, come abbiamo detto, il 20 ottobre 1982, circondato dalla moglie e dai figli che lo avevano validamente aiutato nei lavori.
I nativi americani lo onorarono come “uomo dalle grandi visioni” e i rappresentanti delle tribù delle Black Hills proclamarono: “Due razze diverse hanno perso un grand’uomo”. La moglie dello scultore assunse la direzione dei lavori, progettando di terminarli entro il 2000. Una previsione piuttosto ottimistica. I problemi, più che di ordine economico, sono di natura pratica: basti pensare che il solo disegno delle labbra di Cavallo Pazzo ha richiesto due anni di lavoro. A tutt’oggi il memoriale in onore di Cavallo Pazzo non è terminato.
Nel 1999 l’allora presidente statunitense Bill Clinton si recò sul luogo degli scavi.
Il Crazy Horse Memorial non è stato esente da critiche anche in campo indiano. Si tratta di un’opera che nel rivaleggiare – per metterla in ombra – con l’opera di Mount Rushmore, nei fatti modifica quella stessa integrità naturale che i Sioux hanno difeso fino alla fine delle guerre indiane. Inoltre c’è il fatto che si vuole onorare con un’immagine proprio quel condottiero che impedì a chiunque di ritrarlo, al punto che non abbiamo alcuna sua immagine.
Nel complesso, però, il tempo è stato galantuomo ed oggi tutti i Sioux sostengono decisamente la prosecuzione dei lavori, anche se si vive il lento incedere dell’opera con la serenità di chi ritiene che il tempo è una preoccupazione che non conta.
Il volto è completo
All’opera lavorano 11 persone, e, per precisa volontà dei Sioux, non si utilizzano fondi federali, ma solo donazioni private e gli introiti del complesso. Con questi soldi vengono sostenuti anche per altri progetti nell’ambito della nazione Sioux, come ad esempio una Università dei Nativi Americani, presente nella zona dell’installazione.
Tutto ciò per far meglio risaltare la differenza tra i bianchi che con i soldi del Governo e centinaia di lavoratori in soli 14 anni hanno realizzato le statue del Monte Rushmore, ed i Nativi che, con le loro sole forze, stanno realizzando un’impresa letteralmente titanica.
Resta ancora tantissimo da fare e non è detto che il destino dell’opera non sia proprio il permanere di un cantiere-sogno visitabile e che restituisce dignità e occupazione ad una parte del popolo Sioux che tante sofferenze ha patito dall’avanzata del popolo bianco.
Raggiungere Monte Rushmore da Rapid City è relativamente facile: i cartelli abbondano. Ma se da qui ci si sposta alla montagna di Cavallo Pazzo nessuna indicazione. Usciti da Rushmore procedere verso Est sulla 244 W fino ad incontrare la US 16/Us 385, scendere in questa verso Sud fino all’incrocio con la Avenue of the Chiefs a sinistra, che vi porterà davanti alla montagna (se partite da Custer, troverete il bivio dopo 7 chilometri). Quindi trattenere il fiato: se le teste di Rushmore sono alte 18 metri, quella di Cavallo Pazzo sarà di oltre 26!
L’interno del piccolo museo
Il biglietto di ingresso è di $12 a persona. La scultura nella montagna è visibile da lontano e di profilo. Se si vuole essere accompagnati più vicino si paga un altro biglietto da $4 a testa. La visita al sito (senza salire alla scultura) necessità di circa 1 ora e mezzo/2 ore.
Prima di visitare il Crazy Horse, mediante Bus si può visitare il Cultural Center dove è documentata gran parte della storia dei Sioux e dei Nativi d’America.
Si tratta di una piccola deviazione da non perdere.