La battaglia di Cieneguilla, dragoni contro Jicarilla

A cura di Renato Ruggeri

Guerrieri Apache e dragoni americani
New Mexico, 1854. Il corso del Rio Grande, che scorre rapidamente verso sud dalle montagne del Colorado, divide il New Mexico in due parti, prima di girare a sud est verso il Texas. La parte settentrionale del fiume scorre attraverso una ripida gola scavata lungo le pendici occidentali delle Sangre de Cristo Mountains. Qui i guadi sono pochi. All’alba del 30 marzo 1854, lo scout Jesus Silva e il soldato Jeremiah Maloney raggiunsero il guado di Embudo, circa 40 miglia a nord di Santa Fe. Il Tenente John Davidson del Primo Dragoni aveva avuto l’ordine di raggiungere quel luogo e scoprire se una banda ribelle di Apaches Jicarilla aveva già attraversato il fiume.
Silva e Maloney non trovarono tracce di Indiani ma, guardando dietro di loro verso nord est, videro del fumo di bivacco che saliva in cielo. Sospettando che i fuochi provenissero da un accampamento Jicarilla, i due tornarono verso Cieneguilla, Territorio del New Mexico, per informare Davidson. Questo fu l’inizio degli eventi che portarono alla disfatta di Cieneguilla.


Mappa dei luoghi

Il nome Jicarilla deriva dalla lingua spagnola e significa “piccolo cesto”.
Gli Jicarillas avevano convissuto abbastanza bene con gli Spagnoli, specialmente dopo che i bellicosi e più agguerriti Comanches li avevano spinti all’interno delle montagne intorno a Taos dove, nel 1719, avevano chiesto protezioni e si erano detti disposti a accettare il Cristianesimo. Quando i Comanches, nel 1723, distrussero un villaggio sul fiume Canadian, gli Jicarillas chiesero protezione anche a Picuris, Pecos e Galisteo. Si svilupparono due gruppi o fazioni. Quelli che vivevano,
principalmente, nelle Sangre de Cristo Mountains, furono influenzati dagli Spagnoli e dai Pueblo, adottando alcuni aspetti della loro cultura. Avevano villaggi più permanenti, si dedicavano all’agricoltura, coltivando mais, fagioli, zucche e cocomeri, alla tessitura, fabbricavano cestini, ornamenti con perline, vasi d’argilla e furono conosciuti come Olleros. Coloro che vivevano nelle pianure nordorientali del Nuovo Messico, cacciando bisonti e selvaggina, specialmente antilopi e capre di montagna, vivevano in villaggi meno permanenti e furono chiamati Llaneros. Raccoglievano noci, bacche, frutti e erbe selvatiche, fiori di yucca e tuberi.
I principali leaders Ollero, agli inizi degli anni 50, erano Francisco Chacon, Huero Mundo e Vicenti, i principali capi Llanero erano Lobo Blanco e, dopo la sua morte, Josè Largo e Red Coat.
Dopo la conquista del Territorio del New Mexico nel 1846, il Governatore Charles Bent li aveva definiti un popolo indolente e codardo, che viveva principalmente delle ruberie ai danni dei Messicani e, nel 1852, l’Agente Indiano John Grainer li aveva descritti come molto poveri e difficili da governare. A causa del loro continuo movimento attraverso gli insediamenti, vi era il costante pericolo di un loro scontro con i residenti.


Mappa di alcune battaglie

Nel mese di febbraio 1854 un appaltatore di carne bovina che viveva vicino a Fort Union, informò il comandante del forte che alcuni dei suoi capi erano stati rubati dai Llaneros. Una truppa del Secondo Reggimento Dragoni, al comando del Tenente David Bell, fu inviata a intercettare i razziatori. Il 5 marzo Bell incontrò la banda Jicarilla del capo Lobo Blanco sul fiume Canadian. Non è chiaro se questi guerrieri fossero i colpevoli della razzia, ma l’esercito credeva, da tempo, che la banda di Lobo Blanco fosse responsabile dell’uccisione di alcuni coloni. Iniziò uno scontro e quando la polvere si sollevò, Lobo Blanco, quattro Apaches e due Dragoni giacevano morti sul terreno. Il giorno seguente Jicarillas e alleati Utes razziarono una mandria vicino a Fort Union, uccidendo due mandriani.
Sperando di persuadere la fazione pacifica della tribù a non supportare i Llaneros, Cristopher “Kit” Carson, recentemente nominato Agente Indiano a Taos, si incontrò, il 26 marzo, con alcuni leaders Ollero.
I capi dissero a Carson che volevano la pace e che non avevano preso parte allo scontro con Bell. Anzi, erano dispiaciuti di essere confusi con i Llaneros.
Carson sapeva che il mantenimento della pace dipendeva dall’ottenere cibo per questo popolo. Consigliò a Chacon e ai capi Ollero di accamparsi vicino al pueblo di Picuris, mentre si recava a Santa Fe in cerca di farina e mais. Ma gli Jicarillas, innervositi dal movimento delle truppe nelle valli circostanti, fuggirono.
Il Maggiore George Blake, il comandante di Cantonment Burgwin, un avamposto militare che si trovava 10 miglia a sud di Taos, credette che l’improvvisa partenza degli Olleros indicasse che volevano riunirsi con i Llaneros. Il 29 marzo Blake ordinò al Tenente John Wynn Davidson di partire con la compagnia I del Primo Reggimento Dragoni allo scopo di localizzare e osservare il movimento dei fuggiaschi. Il suo compito era prevenire il passaggio degli Jicarillas a ovest del Rio Grande, cercando di evitare, se possibile, uno scontro.


Guerrieri Apache

John Davidson discendeva da una famiglia di ufficiali. Si era diplomato a West Point nel 1845. Mentre serviva, nel 1846, nell’Armata dell’Ovest del Brigadiere Generale Stephen Kearny, aveva partecipato all’occupazione, senza spargimento di sangue, di Santa Fe. In seguito aveva combattuto i Californios nella battaglia di San Pascual. Aveva, poi, preso parte al massacro di un pacifico villaggio Pomo a Clear Lake, nella California settentrionale. Dopo aver servito come aiutante di reggimento a Fort Leavenworth, fu trasferito in Nuovo Messico, a Cantonment Burgwin, come comandante della compagnia I del Primo Dragoni. Data la sua longevità in servizio col grado di Tenente, si aspettava di essere promosso, a breve, al grado di Capitano.
Dragoni a cavallo
Alle 4 del pomeriggio del 29 marzo 1854, una colonna di soldati in uniforme blu cavalcò verso ovest da Cantonment Burgwin. Alla testa della compagnia I cavalcavano Davidson e lo scout Jesus Silva. Al tramonto i Dragoni si fermarono a Rancho de Taos, una chiesa, una piazza e qualche casa in adobe, per attendere l’arrivo di 20 soldati della compagnia F, Primo Dragoni, e dell’Assistente Chirurgo David Magruder. La truppa riunita continuò verso sud lungo il Rio Pueblo de Taos, fino alla sua giunzione col Rio del Norte.
Alle 11 di sera i soldati si fermarono nel piccolo villaggio di Cieneguilla (l’odierna Pilar). Davidson aveva fatto cavalcare gli uomini fino a tardi, preoccupato che gli Jicarillas potessero guadare il fiume prima del suo arrivo.
Secondo il Regolamento del 1851, i Dragoni del Primo Reggimento avrebbero dovuto indossare una giubba lunga di lana di colore blu scuro e pantaloni grigio-blu.
La giubba e i pantaloni avevano risvolti, (colletti, spalline, polsini e striscia verticale) di colore arancio per il Primo Reggimento, mentre i risvolti del Secondo Reggimento, che non partecipò alla battaglia, erano gialli.


John Wynn Davidson (1824-1881)

Il copricapo era uno shako con banda orizzontale e pompon di colore arancio, e un’aquila grigia di ottone al centro.
La giacca lunga, però, intralciava i movimenti e lo shako era difficile da bilanciare, soprattutto quando il cavallo era lanciato al galoppo.
All’inizio degli anni 50, i magazzini militari erano ancora pieni delle uniformi indossate durante la guerra contro il Messico.
Per questo motivo molti Dragoni preferivano indossare il forage cap, il cappello da foraggio modello 1839, più basso, con visiera di cuoio nera, giubba più corta di colore blu scuro e pantaloni celesti.
Ai piedi calzavano stivali neri di cuoio, coperti da sovrastivali di pelle a frange.
La dotazione era completata da una bisaccia per le provviste, una borraccia in legno con la scritta U.S., una borsa nera di cuoio per le munizioni e un sacchetto per le capsule a percussione.


Dragone del Primo Reggimento, risvolti arancioni,

L’armamento dei Dragoni consisteva nel moschetto corto Springfield Modello 1847, calibro 69, a percussione e canna liscia, e nella pistola a percussione e colpo singolo Modello 1842, chiamata “horse pistol”. I più fortunati avevano in dotazione una Colt Dragoon Modello 1848, calibro 44, che sparava sei colpi.


Dragone del Secondo Reggimento, risvolti gialli

Legata alla cintura i Dragoni portavano una sciabola pesante chiamata, ironicamente, “spacca polso”.
Nessuna di queste armi era precisa e le difficolta di caricamento del moschetto e di sparo, a causa del rinculo, erano ben note. L’autunno precedente Davidson aveva richiesto venti fucili, perché riteneva i moschetti pressoché inutilizzabili.


Fucile e pistola in dotazione ai dragoni

Alle prime luci dell’alba del 30 marzo 1854, Davidson mandò in esplorazione Jesus Silva e il soldato Maloney fino al guado di Embudo per trovare tracce del nemico. Guardando verso nordest, i due videro il fumo dei bivacchi. Sospettando di aver individuato gli Jicarillas, tornarono indietro a allertare Davidson.
Di prima mattina i Dragoni lasciarono il loro accampamento notturno, seguendo un sentiero che ora si chiama Apodaca Trail e che, a quel tempo, conduceva da Cieneguilla a Picuris, e entrarono nell’Agua Caliente Canyon.
Le pareti dello stretto canyon agirono come uno stetoscopio e ampliarono il rumore causato dai cavalli ferrati, lo sferragliare delle armi e il suono prodotto dalle tazze, dai piatti e da altri oggetti metallici, allarmando,
probabilmente, il villaggio indiano.
Temendo un’imboscata, Davidson inviò in avanscoperta il Caporale Richard Byrnes e un gruppo di sei uomini. Il campo Jicarilla fu presto localizzato. Era annidato su un crinale cento metri sopra la parete meridionale del canyon. Sessanta wickiups fatti di corteccia e pelli di animali e qualche tepee erano sparsi tra i pini.
La posizione era strategica, dal momento che era impossibile arrivare al villaggio a cavallo.
Alle 8 del mattino il Tenente aveva, finalmente, trovato il nemico.
Ma anche gli Jicarillas avevano udito l’arrivo dei Dragoni e si stavano organizzando. Il loro capo, Pacheco, li invitò a preparare le armi e pensò a un piano di difesa. Le donne, i bambini e gli anziani furono riuniti e mandati a sud, nei boschi e nei canaloni circostanti.
Anche gli Jicarillas erano pronti a combattere.


Dragoni in assetto di combattimento

Quando Davidson arrivò ai piedi del canyon, considerò le sue opzioni. Gli Jicarillas non stavano attaccando, ma neppure fuggendo. Infatti stavano urlando insulti contro i soldati. Il Sergente William Holbrook, un veterano che aveva già combattuto gli Apaches e Gli Utes, li mise in guardia “Attenzione uomini, queste sono grida di guerra, dobbiamo combattere”. Il soldato James Strowbridge raccontò in seguito di aver visto un uomo sul crinale che gridava, in buon Inglese, ”Venite su, se volete combattere”. Ebbe l’impressione che fosse un bianco.
La sfida era stata lanciata, e Davidson, orgoglioso discendente di un Generale della Guerra di Indipendenza, decise di accettarla. Come scrisse nel suo rapporto: ”Ci fu una sola cosa da fare, feci smontare gli uomini e li attaccammo”.
Una carica a cavallo sul pendio scosceso non era, però, praticabile e così il Tenente decise di lasciare 15 uomini a guardia dei cavalli, in una conca ai piedi del canyon. Li affidò al Dottor Magruder.
Divise gli altri soldati in due plotoni. Il Sergente Holbrook, con 20 soldati, risalì il costone sulla destra, mentre il Sergente William Kent, con lo stesso numero di uomini, lo fece sulla sinistra.
I Dragoni iniziarono a arrampicarsi, inciampando e scivolando sul terreno accidentato, appesantiti dalle armi e ostacolati dalla vegetazione. Si fecero strada, faticosamente, attraverso la foresta di pini, sotto il fuoco nemico.
Raggiuntà la sommità, i due distaccamenti formarono una linea e attaccarono da due posizioni diverse, con fuoco incrociato.
Gli Jicarillas si ritirarono, continuando a sparare e a lanciare frecce, e uccisero il Sergente Kent. Poi si dileguarono. Sembrava una facile vittoria, ma mentre i soldati stavano saccheggiando il villaggio, si udirono spari e urla che provenivano dal basso.


Il luogo dove era situato il villaggio

Gli Jicarillas non erano fuggiti, ma avevano messo in atto la classica manovra usata da Annibale nella battaglia di Canne del 216 a. c.
Avevano lasciato avanzare i Dragoni sul pendio, e poi erano scivolati lungo i fianchi, circondando il nemico, e stavano attaccando i cavalli.
Quando Davidson comprese che gli Jicarillas erano nelle retrovie e cercavano di far fuggire i cavalli, ordinò ai soldati di scendere di corsa per aiutare i Dragoni sotto attacco.
Il soldato James Bronson raccontò che cinque minuti dopo che aveva raggiunto il crinale, udì il suono di una tromba, ma non si ricordava se fosse la chiamata a raccolta o la ritirata.
Davidson aveva, però, scelto un luogo poco favorevole alla difesa.
I soldati formarono un semicerchio intorno ai cavalli, ma gli Apaches sembravano dappertutto. Sparavano e lanciavano frecce nascosti dietro agli alberi, ai cespugli e alle rocce. I Dragoni si misero al riparo e risposero al fuoco. Con i moschetti imprecisi, difficili da ricaricare e con una gittata inferiore ai 60 metri, la situazione si presentava molto complicata.


I dragoni prendono posizione

Gli Jicarillas fecero alcune cariche, da 2 a 3 lati simultaneamente, a intervalli di 20 minuti. Ogni volta furono respinti, ma i soldati iniziarono a subire perdite, di uomini e cavalli, e la loro scorta di munizioni, circa 40 colpi di moschetto e 20 di pistola a testa, si stava, rapidamente, esaurendo.
Gli Jicarillas si tenevano fuori dalla portata dei moschetti e scagliavano, da posizione più elevata, piogge di frecce che cadevano tra gli uomini e i cavalli, provocando molto panico. Quindi si spostavano da albero a albero, da roccia a roccia, come fantasmi.
Con il terreno coperto di frecce come un puntaspilli e l’aria satura di un denso fumo solforoso che bruciava gli occhi e limitava la visuale, i Dragoni stavano perdendo fiducia e la nozione del tempo.
Alcuni soldati dissero, in seguito, che erano stati assaliti da un nemico che li soverchiava in numero. Davidson credette che fossero 300. Il soldato Bronson raccontò nel suo diario: “Ci trovammo intrappolati in un’imboscata, circondati da 400 Indiani, e combattemmo fino a mezzogiorno, quando iniziammo a ritirarci”.


La mappa dell’attacco

Il Sergente Holbrook, il veterano, sapeva che i soldati spaventati che sparavano contro un nemico sfuggente, sprecavano cartucce in un fuoco indisciplinato e selvaggio e che, nella frenesia della battaglia, facevano cadere a terra pallottole inesplose. Cercò di rincuorarli “Calma ragazzi, sparate solo su un bersaglio sicuro. Abbiamo solo quello che portiamo”.
Al soldato Strowbridge, che gli chiedeva il permesso di togliere la sella dal cavallo morto, rispose “Prima frustiamoli ben bene, e poi ci sarà tempo per raccogliere l’equipaggiamento dai cavalli morti”.
Mentre Davidson e Holbrook si stavano consultando sul da farsi, una pallottola fischiò tra i loro volti e si schiantò in un albero dietro di loro. Davidson si trovò, probabilmente, nella medesima situazione del Maggiore Marcus Reno al Little Big Horn, quando vide esplodere il cranio dello scout Bloody Knife e, immediatamente, ordinò la ritirata. Capì che era il momento di sganciarsi dal nemico.
Il tenente ordinò “Montate a cavallo e salvatevi”. A causa della perdita di numerosi cavalli, alcuni Dragoni furono costretti a salire in due su una sella. Sparando con le loro Horse Pistol e Colt Dragoon, i soldati si aprirono la strada fuori dalla conca. Sette o otto compagni, morti o agonizzanti, furono lasciati indietro.
Il comando si fermò, brevemente, su una piccola altura a circa 170 metri dalla posizione iniziale. Ma anche questo posto era poco difendibile, e così i Dragoni attraversarono un torrente e iniziarono a salire sul lato opposto di una altura parallela al Terra Amarilla Canyon. Non sembrava, in un primo momento, che Gli Jicarillas li stessero inseguendo.
Il Tenente Davidson condusse i suoi uomini sulla collina. Alcuni erano feriti, altri a piedi, molti sanguinavano e si tenevano ai finimenti o alla coda dei cavalli. con la speranza di essere trascinati in cima.
A metà salita il soldato George Breenwald, gravemente ferito, si accasciò sul terreno e implorò “Non lasciatemi qui “. Davidson ordinò una pausa, per riprendere fiato, ricaricare le armi, distribuire le munizioni rimaste e permettere al Dottor Magruder di soccorrere il ferito, che però morì, poco dopo, dissanguato.
Con grande difficoltà i Dragoni raggiunsero la sommità dell’altura. Li attendeva un percorso di 800 metri prima di poter scendere e riprendere il sentiero che portava a Cieneguilla e alla salvezza.


Il contrattacco degli indiani

Gli Indiani, nella maggior parte delle vittorie sui bianchi che attaccavano un villaggio, non avevano, poi, inseguito il nemico sconfitto. Infatti l’inseguimento voleva dire rischiare altre vite. In questo caso non si comportarono così.
Gli Jicarillas avevano anticipato le mosse di Davidson. Erano saliti, a loro volta, sulla collina, si erano nascosti lungo il percorso dei Dragoni e li accolsero scagliando nugoli di frecce contro la silhouette dei soldati che si stagliava, sulla sommità del crinale, contro il cielo blu. Fecero il tiro al piccione.
I soldati lottarono disperatamente per sfuggire alla trappola, ma la ritirata si trasformò, presto, in una rotta. Davidson cavalcava, coraggiosamente, da un punto all’altro della colonna, cercando di raggruppare e rincuorare i suoi uomini in preda al panico, ma una freccia lo colpì alla spalla. Il Caporale Benjamin Dempsey, prontamente, la estrasse, ma fu colpito, a sua volta, da una palla di moschetto che gli recise un pollice.
Il Sergente Holbrook, ancora lucido, cercò di organizzare un’azione di retroguardia con una dozzina di Dragoni illesi, per proteggere i feriti, ma fu colpito da due frecce, una delle quali penetrò così in profondità che si vedevano, solo, le penne. Gridò “Mi hanno colpito, non posso più camminare”. Indebolito dalla perdita di sangue, chiese al soldato Strowbridge di portargli un cavallo, ma, mentre cercava di mettere un piede nella staffa, cadde indietro, morto.
Una pallottola di moschetto penetrò nella parte carnosa della coscia sinistra del soldato Bronson e finì nella parte superiore della coscia destra, vicino all’inguine. Malgrado il dolore e la perdita di sangue, Bronson riuscì a infilarsi tra due cavalli, prese in mano le staffe e si fece trascinare per mezzo miglio verso la salvezza.
Con 45 dei 60 cavalli persi o uccisi, i sopravvissuti, quasi senza armi e munizioni, virtualmente tutti feriti, camminando, zoppicando, in due su un cavallo, riuscirono, miracolosamente, a scendere dal crinale della morte e a raggiungere la relativa salvezza di Cieneguilla, a più di due miglia dal campo di battaglia. Per loro fortuna gli Jicarillas, paghi della vittoria, non li inseguirono. Giunti al villaggio, Davidson mandò uno dei pochi uomini illesi a Cantonment Burgwin con la richiesta di aiuto e di carri per trasportare i feriti.


L’agguato dei guerrieri

Nel suo rapporto al Maggiore Blake, Davidson scrisse di aver incontrato gli Apaches vicino a Cieneguilla, e che, subito, era risuonato il loro grido di guerra. Vi era una sola cosa da fare, smontare da cavallo, assalire il villaggio e costringerli a abbandonarlo. Gli Jicarillas, però, invece di fuggire si erano raggruppati e avevano attaccato i Dragoni, da vicino, per sette volte.
“Dopo una disperata battaglia di tre ore, fui costretto a ritirarmi con i feriti, che riuscii a condurre a Taos. Una profonda tristezza mi assale nel ricordare che 22 dei miei valorosi soldati sono caduti sul campo, 23 sono stati feriti e 45 cavalli sono stati uccisi o persi.
Secondo la mia diretta osservazione e da quelle degli Indiani Pueblo che, insieme al Maggiore Blake, si recarono sul posto per recuperare i caduti, risulta che non meno di 300 Apaches e Utah (Utes) ci abbiano assaliti “.
Davidson scrisse che 30-40 nemici erano stati uccisi durante la battaglia e che i Dragoni ne avevano feriti molti di più.
Insieme al rapporto vi era un allegato con le testimonianze di coloro che avevano raggiunto il campo di battaglia. Avevano contato 93 wickiups. Supponendo che in ogni capanna ci fossero 3 o 4 guerrieri, ciò significava che Davidson si era dovuto confrontare con più di 300 nemici. Davidson scrisse, inoltre, che Kit Carson e lo scout Jesus Silva gli avevano detto che gli Apaches scalpavano, sempre, i nemici uccisi, a meno che le perdite loro inflitte non fossero superiori a quelle dei nemici. Ora, gli Apaches non avevano preso scalpi.
La questione sembrò finire qui, ma non fu così.


Dragoni in un paesaggio invernale

Nel mese di dicembre 1854, il Tenente David Bell, che aveva combattuto più volte contro gli Jicarillas, spedì una lettera al Tenente Robert Williams, suo compagno di West Point, con l’autorizzazione di mostrarla a Davidson.
All’inizio di aprile Davidson era stato interrogato, a Fort Union, dal Lt Colonnello George Cooke, in presenza di Bell, e aveva asserito che i suoi soldati avevano ucciso 50-60 indiani.
Bell, nella velenosa missiva, scrisse che Davidson aveva disubbidito agli ordini assalendo gli Jicarillas, che doveva, solo, controllare. Aveva fatto smontare gli uomini, li aveva divisi in due plotoni e aveva attaccato un villaggio pacifico pieno di donne e bambini con lo scopo di distruggerlo.
Bell, nella lettera, stigmatizzava la tattica usata da Davidson. Avanzare su un pendio impervio e scivoloso era stato l’ordine “meno militare e più esposto possibile. Avrebbero dovuto processarlo per incompetenza! “Dal momento che una carica a cavallo non era possibile, i cavalli erano stati lasciati indietro ed erano diventati un facile bersaglio per gli Jicarillas che li avevano accerchiati e assaliti. Quando la situazione era precipitata, Davidson aveva perso la testa e aveva dato l’ordine “Montate a cavallo e salvatevi”, precipitando i soldati ancora più nel caos. Gli uomini si erano fatti prendere dal panico e avevano abbandonato i feriti alla vendetta indiana.
Bell scrisse che solo i corpi di 5 uomini erano stati trovati sul crinale, 2 o 3 nella radura sottostante e 14 sulla linea della ritirata. Ciò provava, senza ombra di dubbio, che era stata una fuga precipitosa e incontrollata
quando le perdite erano, ancora, relativamente poche.
Inoltre Davidson aveva dichiarato di essere stato assalito da 300 guerrieri Utah e Apaches, ma non vi erano Utah nella battaglia e non più di 130 guerrieri in tutto. Se gli uomini di Davidson ne avessero, realmente, uccisi 50 o 60, come il Tenente aveva sostenuto, i feriti sarebbero stati molti di più e non vi sarebbero, poi, stati guerrieri sufficienti per l’inseguimento.
Bell questionò, anche, sulla durata del combattimento, tre ore secondo Davidson. “Era la cosa più ridicola dell’intero rapporto”. I Dragoni non avevano in dotazione munizioni per uno scontro così prolungato, e molte erano state perse nella frenesia della battaglia. Secondo il parere di Bell, la battaglia era durata non più di 30 minuti.
Inoltre Bell, nei giorni seguenti a Cieneguilla era passato attraverso numerosi villaggi e, parlando con gli abitanti, aveva appreso che solo due guerrieri erano stati uccisi.
In definitiva Davidson aveva trasformato un attacco suicida, una flebile resistenza e una ritirata disastrosa in un glorioso trionfo.


Indiani Jicarilla in una rara foto

In realtà, il numero degli Apaches uccisi non è chiaro.
Il leader degli Olleros, Francisco Chacon, disse al governatore del territorio che i soldati avevano ucciso un capo, Pacheco, un nipote di Lobo Blanco e una cinquantina di guerrieri.
Nel 1911 un partecipante alla battaglia, Casa Maria, che aveva 14 anni all’epoca degli eventi, raccontò all’antropologo Pliny Goddard che quattro guerrieri erano stati uccisi durante lo scontro, mentre secondo un agente indiano, Mr Head, il capo degli Jicarillas si chiamava Flecha Rayada e i morti erano stati solo tre.
Le feroci critiche di Bell indignarono Davidson, che chiese che si riunisse una commissione d’inchiesta per far piena luce sull’accaduto.
La sua richiesta fu accolta e, nel mese di marzo 1856, due anni dopo la battaglia, la corte si riunì a Santa Fe, presieduta dal Colonnello Bonneville.
Il Tenente Bell si trovava di stanza a Fort Leavenworth, e il suo comandante, il Colonnello Edwin Sumner, non gli consentì di partecipare.
Tutte le testimonianze furono pro Davidson e, in particolare, quella del soldato James Bronson, recentemente promosso al grado di Sergente dal Capitano Davidson. Testimoniò che Davidson aveva tenuto gli uomini sotto controllo durante l’intera battaglia e che aveva condotto una ritirata controllata e non precipitosa. Sottolineò che si era mostrato sempre calmo, smentendo l’asserzione che ci fosse del panico tra i soldati o che avesse abbandonato i feriti. La testimonianza favorevole di Bronson fu, senza dubbio, influenzata dal comportamento della moglie di Davidson, ” una bella donna del Missouri”, che era stata molto gentile con lui, portandogli piccole prelibatezze durante la degenza in ospedale.
Il 25 marzo la commissione concluse che Davidson non aveva potuto evitare la battaglia, aveva dimostrato grande abilità nel combattere una forza soverchiante di nemici, mostrato prudenza, sangue freddo e coraggio sotto una grande pressione, e aveva cercato, in tutti i modi, di salvare i feriti.
Questa fu la pietra tombale all’intera vicenda.
Dragoni
Dopo la sua riabilitazione ufficiale, Davidson continuò la sua carriera militare.
Un soldato lo descrisse come un’anima tormentata, un fanatico della disciplina, un ufficiale abile ma incostante, un consumatore di oppio e morfina.
La sua sensibilità verso i nativi sembrò, però, cambiare.
Nel 1859, mentre inseguiva dei ladri di bestiame in California, stabilì che i Paiutes erano stati falsamente accusati, e concluse che erano meritevoli dell’attenzione e della protezione del governo.
Durante la guerra civile si guadagnò onori per il suo eroismo, e ottenne il grado di Brigadiere Generale. Quando la guerra finì, divenne Lt Colonnello di un reggimento di cavalleria di Afro Americani, un incarico spesso rifiutato dagli ufficiali. Nel 1879 Black Jack Davidson, come era stato soprannominato, fu trasferito, con il grado di Colonnello del Secondo Cavalleria, a Fort Custer, Montana. Morì due anni dopo a St Paul, Minnesota, per i postumi di una caduta da cavallo.
Il suo accusatore, il Tenente David Bell, fu trasferito a un’unità di nuova formazione, il Primo Cavalleria, e partecipò a alcune scaramucce nelle praterie. Morì nel dicembre 1860 a Fort Monroe, Virginia, per una febbre tifoidea.
Il Sergente James Bronson disertò poco dopo aver testimoniato, si rifugiò in Messico, in Chihuahua, e poi tornò a New York, dove si laureò in medicina e, in seguito divenne, addirittura, chirurgo militare.
Il Sergente James Strowbridge rimase in servizio per altri 6 anni con i Dragoni, poi disertò mentre si trovava a Fort Tejon, California.
Il Dottor David Magruder si guadagnò una medaglia al valore a Bull Run, nel 1861, e si ritirò dall’esercito nel 1889 con il grado di Colonnello.


Bibliografia

Ho tratto numerose informazioni per questo articolo dai seguenti libri:

  • Depredation and Deceit: The Making of the Jicarilla and Ute Wars in New Mexico di Gregory Michno
  • Terror on the Santa Fe Trail di Doug Hocking
  • Apache Warrior versus U. S Cavalryman pubblicato dalla Osprey
  • Kearny’s Dragoons Out West di Will e John Gorenfeld
  • Battles and Massacres on the Southwestern Frontier di Ronald Wetherington e Frances Levine
  • Un articolo di Will Gorenfeld pubblicato sulla rivista Wild West nel mese di febbraio 2008, dal titolo “The Battle of Cieneguilla. Dragoons vs Jicarilla Apaches”.

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