Gli Hualapai

A cura di Gianni Albertoli

La Spirit Mountain (“Wikahme’”) rappresentava la terra d’origine degli indiani Hualapai, era un’area sacra a cui bisognerebbe aggiungere il Colorado River. Queste aree sacre appartenevano agli indiani Hualapai, Havasupai, Mojave, Diegueño, Yavapai, Quechan, Maricopa e altri gruppi noti come “Pai Pais” (Jeffrey P. Shepherd). Le storie e le tradizioni di tutti questi indiani suggeriscono che i “Pai peoples” abitavano vaste aree dell’Arizona nordoccidentale fino alle alture sudoccidentali del Colorado Plateau.
Le terre a nord del Colorado River e del Grand Canyon dividevano i Pai dai Southern Paiute; a ovest delle Black Mountains e del fiume Colorado, i gruppi nordorientali costeggiavano le aree dei Mahave e dei Chemehuevi; mentre a sud il Bill Williams River li metteva in contatto con gli Yavapai; inoltre, il Little Colorado li divideva dai loro alleati, gli Hopi e i Navaho. I Pais avrebbero mantenuto le proprie economie locali attraverso una certa e limitata forma di agricoltura, assemblate con migrazioni stagionali attorno a un paesaggio ben definito. Tredici bande Pais, composte da famiglie allargate, godevano di una vasta gamma di selvaggina, piante, radici ed anche bacche. Queste bande vivevano nell’attuale Arizona nordoccidentale ed erano gli antenati della moderna nazione Hualapai, appartenente al gruppo linguistico Pai. Il nome “Hualapai” viene da una tradizione inglese del nome di una banda, la “Amat Whala Pa’a”, che gli anglo-americani usavano per identificare le “northeastern Pai bands”.


Territori originari delle tribù Yuma.

I linguisti inseriscono questi indiani nello “Yuman language group”, un ceppo che si divide in due gruppi chiamati “River Yuman family”, – che tra gli altri include i Mohave, i Maricopa e i Quechan -, e “Delta-California Yuman family” comprendente i Diegueño e i Cocopah. Indiscutibilmente questo ceppo linguistico occupava un vasto territorio comprendente diversi Stati e attraversante l’attuale confine internazionale. Nonostante le somiglianze linguistiche, i Pai nordorientali si sentivano ben diversi dagli Yavapai, soprattutto in base all’occupazione territoriale, al comportamento sociale, alla competizione per le terre e alle credenze. In genere i Pai davano vita ad un confine etnico attorno a loro, confine che consisteva in particolari tratti, istituzioni, credenze e spazi geografici; gli auto-riferimenti denotavano persino questo senso di superiorità rispetto agli altri, come si vede nelle traduzioni del termine “pai” e delle sue derivazioni, “paya” e “paia”, tutte significanti “il popolo”. La struttura socio-culturale e politica dei Pai nord-orientali aveva suscitato notevoli problemi tra gli studiosi della fine del XX secolo. L’Henry F. Dobyns e il Robert C. Euler – nella loro pubblicazione “Wauba Yuma’s People” – affermavano che tredici bande (inclusi gli Havasupai) dei Pai nordorientali “si consideravano appartenenti ad una delle tre sotto-tribù” che comprendevano diverse bande posizionate in una specifica regione. Queste bande erano a loro volta centrate su caratteristiche topografiche ben conosciute, come una sorgente, una montagna o anche un altopiano. In questo schema la “sottotribù della montagna di mezzo” viveva presso l’ansa del Colorado River, dove il fiume gira verso sud dal suo corso occidentale. La “Red Rock band” e la “Cerbat Mountaineers” costituivano i gruppi di questa sottotribù, la quale copriva circa 1.850 miglia quadrate di scogliere, altipiani e alto deserto.


Le terre degli Hualapai e l’attuale riserva indiana

Una aggregazione molto più ampia era rappresentata dal “popolo dell’altopiano”, una popolazione che viveva nelle terre a est della “sottotribù della montagna di mezzo” (“middle Mountain sub-tribe”) e che copriva un’immensa area oltre il punto in cui il Little Colorado River si dirama verso sud dal fiume Colorado. Questo gruppo era composto dalle bande note come “Grass Springs, Clay Springs e Hackberry Springs”, stanziate appena a sud del fiume Colorado; questi gruppi vivevano nei canyon per buona parte dell’anno e spesso si incontravano con i Southern Paiute sul fiume Colorado. Altre bande erano note come “Milkweed Springs, Peach e Pine Springs, affiancate dalla Cataract Canyon a est”; le bande nordorientali costituivano parte degli “Havasooa Pa’a” (“popolo dell’acqua verde blu”), che divennero noti come Havasupai e che si separarono dalle altre bande con l’aumentare dell’invasione americana verso la fine del XIX secolo. In genere le bande orientali erano quelle che avevano i maggiori contatti con gli indiani Hopi. La “sottotribù Yavapai Fighter” viveva invece più a sud e si estendeva fino ai fiumi Bill Williams e Santa Maria, questi avrebbero ricevuto il loro nome dal ruolo avuto nella prima linea di contatto con gli Yavapai. I “Juniper Mountaineers” vivevano poco più a est, mentre i “Mahone Mountaineers” vagavano a ovest di questi; la “Big Sandy band” occupava una striscia di territorio compresa tra le aree dei “Mahone Mountaineers” a est e i “Walapai Mountaineers” a ovest. La rigida configurazione di “banda, sottotribù e tribù” del Dobyns e dell’Euler è molto problematica su diversi livelli. In primo luogo, è radicata in una “teoria strutturalista dell’antropologia”, a lungo criticata, ma che non riesce a spiegare la natura altamente decentralizzata della società Pai. In secondo luogo, questa rigida configurazione utilizza prove e indica eventi delle guerre degli Hualapai, in particolare, l’abilità di un leader come “Schrum” di coordinare attacchi su larga scala contro gli americani per supportare il suo modello gerarchico.
Il generale George Crook
Il Dobyns e l’Euler sostenevano che “il raggruppamento degli uomini di Schrum sarebbe stato impossibile senza la categoria di sottotribù dell’organizzazione sociale”; eppure il loro schema ha suscitato critiche da parte degli studiosi e degli stessi Hualapai perché si basava su un momento singolare nel periodo post-conquista e che, inoltre, ignorava i diversi programmi delle bande Pai. Tuttavia, questo discorso piuttosto complesso, “non oscura la realtà” sul fatto che “le singole bande avevano particolari e reciproche affinità, affinità che non avevano con altre bande” che, ad esempio, vivevano a una certa distanza da loro. Per esempio, la “Burro Creek band” faceva probabilmente parte del “popolo del sud” (“Koowev Kopai”) e viveva presso l’estremità meridionale del territorio della “Big Sandy band”. Questi indiani coltivavano e vivevano lungo i corsi d’acqua, e attraverso i canyon e gli altopiani su entrambi i lati del Burro Creek; inoltre, si sposavano persino con gli Yavapai, con i quali furono scambiati dagli americani che entrarono nella regione durante gli anni ‘50 dell’Ottocento. La “Big Sandy band” occupava una regione modellata dal fiume e parallela alle catene montuose che drenavano l’acqua nel fiume; la scarpata dell’altopiano dell’Aquarius Cliff (“escarpment”) a est e le Hualapai Mountains a ovest plasmavano l’ecologia culturale di questa fascia. Stando al Sheperd la teoria del Dobyns e dell’Euler non tiene adeguatamente conto dei legami degli indiani Pai con la terra e con la violenza operata dalla conquista.
Comunque, a ovest, comprese le Hualapai Mountains, vi era la “Amat Whala Pa’a band”, il cui nome venne associato ai gruppi Pai nordorientali. Questa banda viveva nelle terre comprese tra le Hualapai Mountains, a est di Kingman e le aree a ovest fino alle bande Mohave a cavallo del Colorado River. A testimonianza del duraturo attaccamento degli Hualapai a queste “patrie pre-conquista”, un uomo che ha testimoniato alla “Indian Claim Commission”, negli anni ’50, ricordava che, “vi erano molte famiglie Hualapai che vivevano in questa zona, e che a sud di Beale Springs … prima che arrivasse l’uomo bianco vi erano molti indiani … indiani Hualapai”. La Auggie Smith ribadiva i ricordi di suo padre al riguardo della vita di “Whala Pa’a”, infatti riportava, “quando hanno preso il cibo nel bacino sul lato destro di Kokame’, sono scesi al fiume Colorado per prendere l’acqua … Sono andati lì perché possedevano anche quella patria e vi hanno diritto senza timore di nulla”. Parecchi indiani Pai ancor oggi ricordano le annotazioni dei loro nonni, i quali avevano legami diretti con gli antenati che vivevano in queste “terre rubate”. A nord-est le “Pine Spring and Peach Springs bands” contavano circa novanta persone alla fine del 1860, dopo che i militari avevano decimato molti dei loro parenti a sud. La “Havasooa Pa’a band” (Havasupai) venne stimata in 175-250 anime, un numero simile alla “Big Sandy band” prima della “Hualapai War”. Quest’ultima banda avrebbe subito un alto tasso di vittime durante gli anni ‘60 dell’Ottocento, e perse diversi membri a causa di malattie ed epidemie, mentre la prima rimase relativamente illesa durante il culmine delle invasioni americane. A loro volta, iniziarono un costante processo di frammentazione etnica che l’Indian Office facilitò quando creò una Riserva diversa per la “Havasupai band” all’inizio degli anni 80 dell’Ottocento. La “Cerbat Mountaineers band”, a ovest, apparentemente si sarebbe fusa con la “Red Rock band” durante questo instabile periodo, e riducendo così la sua popolazione. Tali esempi dimostrano l’ampiezza e la portata dei modelli di vita degli indiani Pai, ed anche la profondità dell’attaccamento alla terra prima dell’arrivo degli europei. Dobbiamo comunque ricordare che ben pochi bianchi, specialmente spagnoli, si spinsero nelle terre di questi indiani, preferirono trattare e commerciare con altre genti, tra le quali gli Hopi, gli Yavapai e i Mohave, ma anche con parecchi gruppi stanziati lungo il corso del Colorado River. Attraverso questi indiani gli Hualapai avrebbero poi ottenuto mercanzie di stampo europeo, ma anche malattie che ebbero un devastante impatto sulla società Pai mentre il vaiolo, l’influenza e il morbillo avrebbero devastato le popolazioni native, ma anche maiali, pecore, capre e bovini avrebbero avuto un ruolo importante, avrebbero trasformato i modelli di utilizzo della terra per secoli. Armi e cavalli avrebbero alterato le vecchie forme di movimento e i metodi per fornire cibo e sostentamento alle famiglie indigene e così, alla fine, avrebbero trasformato la cultura Pai prima che i cacciatori e gli esploratori americani entrassero nelle loro terre. Indiscutibilmente, i primi esploratori spagnoli si disinteressarono delle aree abitate dalle genti Pai, favorivano alla grande quelle del basso Colorado River e le regioni a sud del Gila River, o a est del Little Colordo River.


Una capanna Hualapai

Lasciando perdere il Cabeza de Vaca – entrato nel Texas nel 1628 -, fu sicuramente il Francisco Vásquez de Coronado (1540) ad avere un certo ruolo nel territorio, infatti, parecchi suoi uomini avrebbero esteso le esplorazioni. Il Melchor Díaz attraversava il Colorado River ed entrava in California; il García López de Cárdenas scopriva il Grand Canyon; mentre l’Hernando de Alarcón raggiungeva il delta del Colorado e, probabilmente, anche le aree del fiume Gila. Molto probabilmente i gruppi Yuman meridionali videro per la prima volta gli uomini bianchi dell’Alarcón, e questi li avrebbe conosciuti come “Quicama e Coana”, mettendo in risalto le loro pratiche sessuali, i loro metodi di guarigione e di guerra, per poi lasciare la regione nel 1542, ponendo fine alla presenza spagnola per altri 40 anni. Nel 1580s l’Antonio de Espejo, un ben noto mercante, guidava una ennesima spedizione composta da dodici soldati, affiancati da un centinaio di indiani Zuñi, nelle impervie aree dell’Arizona centro-settentrionale alla ricerca di minerali preziosi, in particolare i depositi di argento e rame scoperti a est dell’odierna Prescott. Subito dopo si mosse un’altra spedizione che doveva raggiungere l’Arizona settentrionale, era guidata dal Marco Farfán de los Godos; questi aveva già affiancato il Juan de Oñate nel Nuovo Messico (1598), ora con alcune guide di etnia Hopi, attraversava il Little Colorado ed entrava in contatto con una popolazione da lui chiamata “Jumana Indians” – probabilmente gli Yavapai -, la “Juniper Mountain bands of Pais, or northwestern Apaches” (J.P. Shepherds). Questi indiani condussero gli esploratori al Verde River che, secondo il Farfán, aveva “splendidi pascoli, belle pianure e terra eccellente per l’agricoltura”. Il Farfán si diresse quindi verso sud, in direzione delle miniere d’argento vicine all’attuale Girolamo. Invece, con un punto di appoggio nel Nuovo Messico settentrionale, l’Oñate era seriamente intenzionato a stabilire una rotta verso il “mare del Sud”, quindi oltre le miniere visitate dal Farfán nel 1598. Nel 1599 l’Oñate inviava il Vicente de Zaldívar in un viaggio improduttivo e poco conosciuto, ma un viaggio più fruttuoso ebbe inizio nel 1604 quando l’Oñate ordinava a padre Francisco de Velasco di trovare il “mare del Sud”. Sembra molto probabile che l’Oñate sia entrato nelle aree degli Yavapai, per poi visitare gli insediamenti sui fiumi Bill Williams e Colorado, fino a raggiungere il golfo della California, già visitato dall’Alarcón qualche anno prima. L’Oñate avrebbe annotato “cinque tribù” tra il golfo e il fiume Gila, erano gli indiani “Kohuana, Halykwamai, Cocopah, Halchidhoma e Amacava”, per poi rientrare velocemente a est. Nuovi contatti tra i gruppi Yuman e gli europei sarebbero scomparsi velocemente per intere generazioni, con i missionari spagnoli che avrebbero focalizzato i loro sforzi nelle aree a sud del Sonoran Desert. Una seconda penetrazione spagnola nelle aree del Colorado River si ebbe nel 1694 quando un gesuita, padre Eusebio Kino, lasciava la “Pimería Alta” per dedicarsi alla conversione degli indiani stanziati lungo il corso dei fiumi Gila e Colorado. Questi, nel 1702, sarebbe entrato in contatto con gli indiani “O’odham, Maricopa, Quechan e Cocopah”, ma non sarebbe entrato nelle terre degli Yavapai e neppure in quelle dei Pai nordorientali. Quando, nel 1743, qualche decennio dopo, padre Ignacio Keler entrava nelle aree degli Yavapai, sarebbe riuscito soltanto a provocare qualche schermaglia di guerra; sarebbero poi stati i francescani a continuare le opere dei gesuiti (1760s), con il Francisco Garcés (1766) che entrava in contatto con gli indiani “Jaguallapais”, e per poi visitare anche l’Havasupai Canyon. Il Garcés fu sicuramente uno dei primi spagnoli ad entrare in contatto diretto con le bande Pai del Grand Canyon e successivamente avrebbe anche aperto una missione presso i Quechan (1780), per poi visitare le aree della “Truxton Canyon band” (“Hackberry band”). Sembra comunque che il missionario abbia “discriminato tra gli Apache occidentali e vari gruppi Pai”, riferendosi a questi ultimi come “Yabipai” piuttosto che a “qualche derivazione degli Apache”. Ha anche distinto gli “Yabipais” dai “Coninas” – la parola Hopi indicante gli Havasupai, o la fascia più nordorientale dei Pai – e “Walapai”.


Un guerriero Hualapai

Lo spagnolo usava il termine “Yabipai” per indicare i “southern Pai”, probabilmente le “Juniper Mountain, Big Sandy and Mahone Mountain bands”, e gli indiani “Jaguallapai” per indicare la “Hualapai Mountain band” stanziata più a nord. Comunque, dopo le sue esperienze nell’Arizona settentrionale, il Garcés si sarebbe dedicato alla creazione di parecchie missioni lungo il corso del Colorado River, e a sud della giunzione con il fiume Gila. Alla fine, nel 1780, i gruppi locali avrebbero ucciso il Garcés e ciò avrebbe posto fine alla “interazione indigeni-spagnoli” verso la fine del XVIII secolo, nell’Arizona nordoccidentale. Il successivo arrivo dei bianchi avrebbe poi mutato notevolmente la situazione. Innanzitutto, per acquisire cavalli, le comunità indigene spesso cooperavano con le richieste delle missioni cattoliche, ed allora i gruppi di razziatori a nord degli indiani O’odham, che avevano legami più forti con gli spagnoli, iniziarono razziare i cavalli dalle missioni per poi portarli a nord e “scambiarli” con prigionieri da portare a sud. Le fonti riportavano che, nel 1820, gli Yavapai erano da tempo impegnati in razzie di cavalli nelle fattorie degli allevatori della Sonora, ben cento miglia a sud e, non diversamente da Navaho, Comanche e Apaches, riportavano gli animali a casa per poi “vederseli razziare dai Mohave o dai Pai nordorientali”. Questa situazione andava poi a scatenare gli Yavapai, i quali si dedicavano stabilmente a razziare bestiame e cavalli che i Pai nordorientali avevano acquistato dagli Hopi. Con il crollo della presenza spagnola, l’avanzata americana ebbe subito un notevole impatto nell’area. Il James O. Pattie, un trader del Missouri, entrava nell’Arizona centrale per poi spingersi a nord seguendo il corso del Colorado River ed entrare in contatto con i Mohave (1824) e, ritornando a est, entrare in contatto con gli Yavapai o gli Havasupaui. Il trader venne seguito dal Jedediah Smith che, nel 1826, avrebbe soggiornato qualche settimana nei villaggi dei Mohave; poi, quattro anni dopo, fu lo “Old Bill” Williams a visitare le aree dell’alto corso del Little Colorado. Dopo la stipulazione del “Treaty of Guadalupe Hidalgo” gli indiani Pai entrarono in contatto con le carovane di immigrati dirette in California, con le truppe americane affiancate da minatori, “trappers” e commercianti interessati alle risorse del territorio. Nel 1851 si mosse il capitano Lorenzo Sitgreaves, questi entrò nelle aree degli indiani Pai per determinare se fosse possibile aprire una nuova rotta verso la California, al suo fianco vi erano guide Hualapai appartenenti alle bande “Cerbat Mountain e Hualapai Mountain”, la spedizione si sarebbe in novembre accampata nelle aree appartenenti alla “Truxton Springs band”, dove la situazione mutò velocemente. I membri della banda cercarono vanamente di razziare i muli del gruppo, ma vennero coraggiosamente affrontati da uno degli uomini della spedizione; il campo ormai in ebollizione entrò in attività e circa una dozzina di Pai fuggirono velocemente mentre gli americani sparavano alle loro spalle. Altri esploratori militari, come il François Xavier Aubry nel 1853, e il tenente Amiel W. Whipple l’anno dopo, suscitarono reazioni simili. Nonostante il rifiuto dei Pais, nel 1857 il tenente Joseph C. Ives, un ingegnere del Dipartimento della Guerra, entrò nel loro paese per determinare se vi fosse la possibilità di costruire una pista carrozzabile di recente creazione intitolata al famoso “pioniere” Edward F. Beale; questa rappresentava chiaramente un’ipotesi che dar vita ad un percorso ferroviario.


Una donna al lavoro

La guida Mohave dell’Ives fece riferimento alla “Amat Whala Pa’a band” – nota anche come “Pine Mountain people” -, che viveva nelle vicinanze. L’Ives avrebbe frainteso il riferimento e avrebbe pensato che la “Amat Whala Pa’a band” fosse il nome di tutti i gruppi Pai, e non soltanto di una banda; quando poi presentò il “Report Colorado River of the West Explored, 1857 and 1858” nel 1861, pose le basi per la falsa premessa che il termine “Hualapai” si applicasse a tutte le bande Pai. Eppure, mentre viaggiava nelle terre dei Pai, nel 1857, l’Ives chiese aiuto per rilevare i canyon che portavano al fiume Colorado. Il Rapporto ricordava che il suo assistente mohave, l’Ireteba, trovò “alcuni Hualpais abbastanza docili da arruolarsi per alcuni giorni al nostro servizio”. Sarebbero stati descritti con un “termine etnocentrico” molto comune all’epoca, in pratica erano “squallide creature dall’aspetto miserabile con … grosse articolazioni e figure minuscole, ma con occhi luminosi e facce astute, che somigliavano un poco ai Chemehuevies”. Il dottor Molhausen, medico del gruppo, suggeriva di prendere uno degli uomini e di “conservarlo sotto alcool come esemplare zoologico”. Dopo le parole delle guide e dell’Ireteba, l’Ives ha pensato che stessero “raccontando le loro storie personali dalla nascita ad oggi”, ma quando la conversazione terminò, l’assistente gli disse che gli “Hualpais sapevano ben poco della regione”. L’Ives avrebbe offerto dei doni e allora “uno di loro si è ricordato dov’era” e li avrebbe finalmente “portati all’acqua”; così, raggiungendo il Colorado River, avrebbe osservato le scogliere, le voragini e i canyon che sarebbero stati pericolosi per il gruppo se non fosse stato per le guide Pais, che potevano provenire dalle “Milkweed Springs, Grass Springs and Peach Spring bands”. Quando il gruppo ebbe modo di entrare in un campo Pai vicino al fiume, l’Ives rimase sorpreso dal fatto che le donne, probabilmente della “Peach Springs band”, “continuassero con il loro lavoro senza darci la minima attenzione”. Il 5 aprile la spedizione avrebbe visitato il letto del Diamond Creek, il cui corso era affiancato da “splendide rocce stratificate”. Anche il tenente Edward F. Beale si spinse con una carovana nelle terre degli indiani Pais, il compito era quello di visionare il territorio per costruire una “wagon road” che dall’alto corso del Río Grande doveva spingersi in California. Nel 1858 la situazione divenne chiarissima e gli indiani Mohave, Yavapai e i vari gruppi nordorientali dei Pais, vennero costretti a proteggere i loro insediamenti. Un americano, di nome Rose, dichiarava apertamente che lungo tutto il corso del fiume Colorado “siamo stati attaccati, con molti animali e cavalli feriti anche mortalmente”, la spedizione venne costretta a retrocedere fin nella Savedra Spring. Un altro “incidente” si ebbe l’anno dopo (1859), quando una banda di guerrieri Mohave massacrava otto emigranti, era questa una tipica azione di vendetta per la morte di alcuni indiani uccisi poco prima. Nel tardo 1859, dopo due anni di scontri, i Pais si vendicarono uccidendo un mulo della spedizione. Quello stesso anno le truppe avevano dato vita ad una nuova postazione militare, chiamata “Fort Mohave”, era sito nel centro del territorio dei Mohave e comunque adiacente a quello dei Pais; qualche anno dopo, nel 1863, venne costruito Fort Whipple (dicembre 1863), mentre tra Prescott (Arizona) e Fort Mohave venne resa operativa una nuova pista. Entro la metà degli anni 1860s il panorama culturale dei Pais nordorientali era rappresentato da una frontiera etnica fluida ed anche razziale. Gli indiani Pais, Mohave, Chemehuevis e Yavapai sarebbero stati preoccupati dall’emergere di estranei nelle loro terre, ma queste genti portavano strumenti, carri, pistole e altri strumenti che erano loro molto utili. Inoltre, alcuni europei stabilirono relazioni commerciali e impararono le lingue native e le pratiche culturali, mentre alcuni leader nativi cercarono di collaborare con i nuovi arrivati. La Pauline Weaver e Hualapai Charley sono i tipici esempi di “mediatori culturali” e buoni diplomatici tra i vari gruppi; avrebbero lavorato per varie compagnie americane.


Un gruppo di Hualapai al lavoro

Comunque, questi momenti di cooperazione terminarono velocemente quando la violenza riapparve nel territorio. Una indiana della “WhalaPa’a band”, Auggie Smith, nata sul Walnut Creek (“Tak Tadapa”) nel 1876, era figlia di “Amutoo’” ed era imparentata con il capo Leve Leve. Questa donna ebbe modo di ricordare la storia dei nostri indiani e avrebbe conosciuto il primo colono a stabilirsi nelle aree del Big Cane Springs, nella regione del Big Sandy. Gli americani erano seriamente intenzionati a portare gli indiani nelle Riserve, nel 1864 il Charles Poston affermava tranquillamente che gli indiani “Chemehuevi, Mohave, Hualapai e Yavapai” dovevano essere internati in una Riserva di 75mila acri di territorio. Il compito venne portato avanti ma, non sappiamo se gli Yavapai e i gruppi Pai nordorientali siano entrati nelle Riserve del Colorado River. Quando poi venne ucciso “Ana:sa”, un importante leader dei Pais, tutta l’Arizona nordoccidentale eruppe in inaudita violenza. Come al solito gli americani accusarono gli indiani di azioni di vendetta per l’uccisione del capo, mentre i coloni bianchi delle zone di Hardyville chiedevano anch’essi vendetta, divenne allora ben nota la dichiarazione della U.S. Army, “tutti gli indiani posti settanta miglia a est del Colorado River – Yavapai, Pai e Apaches – devono essere soggetti a sterminio”. Tale situazione, dovuta ad una “dichiarazione ufficiale”, avrebbe portato ad un vergognoso attacco di coloni contro gli indiani Pai, “nove innocenti bambini e donne” avrebbero perso la vita. Era un autentico “posse”, cui sarebbe seguita la morte del leader noto come “Wauba Yuma” e di suo figlio, ad opera di un carrettiere ubriaco, o da uno dei numerosi gruppi di vigilantes. La morte di Wauba Yuma avrebbe acceso il conflitto tra le bande Pai meridionali, quelle più colpite dalla colonizzazione e dagli americani in cerca di vendetta. L’omicidio di Wauba Yuma e i proclami dei bianchi su una eventuale “rivolta indiana” ebbe modo di produrre una sorta di profezia che si sarebbe auto avverata: i bianchi vicini a Fort Mohave e ad Hardyville chiedevano ai soldati di proteggerli, e lo “Arizona Miner”, un giornale di Prescott, consigliava apertamente lo sterminio di tutti gli “ostili” della regione. Questo avrebbe incoraggiato i bianchi ad attaccare gli indiani senza alcun motivo, il che potrebbe far arrabbiare e mettere sulla difensiva i nativi della regione e quindi “è più probabile che sparino prima e poi facciano domande”. Alla fine la situazione sarebbe esplosa nel 1866 quando, stando ad un Rapporto del sopraintendente dell’Arizona, il George Leihy, il 12 agosto un gruppo di “Hualapais and Apache-Mohaves” attaccava duramente un carriaggio di coloni nella Skull Valley, in direzione di Prescott. Tra i settantacinque e i cento indigeni si avvicinarono al gruppo ma, parlando in spagnolo, dissero al capo-carrettiere, il signor Freemen, che non avevano alcuna intenzione di attaccare; un portavoce avrebbe poi detto al Freemen che “l’acqua, l’erba, il mais e il paese erano loro e lo rivolevano indietro”. Apparentemente i bianchi presero queste parole come una minaccia e, con l’assistenza di diversi soldati, presero in ostaggio il “capo” del gruppo nativo. Un consistente gruppo di nativi, formato da indiani “Mohave-Apaches”, probabilmente Yavapai e Pais nordorientali, si presentarono pacificamente per negoziare e si dissero disposti a deporre le armi, fu allora che un militare rientrò al forte e ritornò con il tenente Hutton. Questi, incapace di accettare le “tristi condizioni” degli indiani, decise di mettere agli arresti una decina di guerrieri e, quando gli indiani richiesero la restituzione delle loro armi, i militari aprirono vergognosamente il fuoco uccidendo più di 30 nativi. Ricordiamo che il figlio di Wauba Yuma era noto come “Sookwanya”, e conosciuto come “the chief of Yavapai Fighters sub-tribe”, e di altre bande, fra le quali non vi era la temutissima “Hualapai Mountain band” del capo “Leve Leve”. Il Dobyns e l’Euler ricordavano che la “post-conquista del Leve Leve” avrebbe dato un duro colpo ai modelli aborigeni di un capo della tribù Pai, perché i militari hanno preferito trattare con il Leve Leve come “peace chief”.
La guerra sarebbe esplosa nuovamente e sarebbe comunque continuata per anni, le truppe provenienti da Fort Whipple si moltiplicarono e gli indiani, a turno grazie ai capi “Schrum e Hitch Hitchi”, continuarono a chiedere giustizia per la morte di Wauba Yuma. Numerosi bianchi, in genere coloni e minatori, perdettero la vita negli attacchi dei nativi, le Black Mountains furono sicuramente le aree più esposte alle incursioni. La situazione peggiorò ulteriormente quando i coloni di Hardyville convinsero un gruppo di guerrieri Mohave ad uccidere gli indiani Pais, il risultato avrebbe portato alla morte di “dodici uomini e alla cattura di diciannove donne Pai lungo il corso del Colorado River”. Poco dopo venne allestita la ennesima “posse”, anche questa volta affiancata da quindici guerrieri Mohave, avrebbe portato alla distruzione di una “ranchería” dei Pais e alla morte di una ventina di indiani, soprattutto donne e bambini. Continuando, la violenza chiedeva continuamente sangue così, nelle vicinanze della Fort Rock Station, ancora una volta i Pais soffrirono la perdita di altri venti indiani dopo aver combattuto per una intera giornata. Durante i primi mesi del 1867 gli americani decisero di porre definitivamente fine alla guerriglia nel territorio, vennero allora inviate circa 500 soldati appartenenti alla “Eighth U.S. Cavalry and Infantry”. In maggio Schrum si mise alla testa di circa 250 guerrieri Pais e Paiute meridionali, e coraggiosamente assalì la “Camp Beale’s Springs mail station”; la stazione rappresentava un serio pericolo all’interno del territorio indiano e, soprattutto, rappresentava una località che serviva per mantenere i collegamenti con l’Arizona nordoccidentale. L’attacco metteva in risalto le conoscenze dei Pais al riguardo del sistema di comunicazione americano, ma rivelava anche i modi in cui piccoli gruppi di popolazioni indigene attaccavano le istituzioni, tutte cruciali per l’imminente processo di colonizzazione.


Un prezioso libro sugli Hualapai

È soprattutto importante sottolineare che Schrum aveva reclutato, organizzato e comandato combattenti provenienti da bande di tutta la regione, cosa che ha ampiamente dimostrato la sua autorità e leadership. Sulla scia dell’assalto, il comandante di Fort Mohave riferiva che “la banda più ostile è quella guidata dal capo Chesora (Schrum)”, una tipica osservazione che avrebbe alimentato la convinzione che fosse il capo supremo della “tribù Hualapai”. L’abilità di Schrum era ben nota, e la tenacia della sua banda portava gli ufficiali di Prescott ad affermare che “preferiamo combattere cinque Apache piuttosto che un Hualapai”. Dopo l’assedio di maggio, i soldati di Camp Beale’s Springs inseguirono il gruppo e uccisero quindici Pai comandati da un “meticcio” e supportati da diversi Yavapai e Paiute vicino a Peacock Springs. È difficile determinare se questo gruppo, o quello massacrato dal capitano Williams vicino a Cottonwood Springs, fosse responsabile dell’incidente alla stazione di posta, ma probabilmente ha colpito la maggior parte dei coloni bianchi come “un giusto risarcimento”. Tale uccisione di “indiani” rifletteva ampliamente il livello di violenza razziale in corso, livello che non riusciva a discriminare neppure tra bande o gruppi nativi. Tutti i nativi, ad eccezione dei compiacenti Mohave a La Paz, furono criminalizzati dalla popolazione americana. Il nuovo protagonista della tragedia divenne il colonnello William Redwood Price. Questi, nel giugno 1867, divenne il nuovo comandante del “District of the Upper Colorado”, il cui obiettivo centrale era quello di schiacciare i Pais ed internarli a La Paz, o in un’altra Riserva dell’Arizona meridionale. Le truppe penetrarono per diversi anni nelle aree degli indiani, “guidando e molestando” gli Hualapai “degenerati” finché non furono “frustati a fondo”. Scrivendo al maggiore John P. Sherburn entro un mese dal suo arrivo, il Price ricordava come “il generale Gregg e un gruppo erano entrati in una ranchería, … l’hanno caricata, uccidendo quattro indiani e catturando una grande quantità di pelli di daino, pellicce e cibo”. Nella corrispondenza con i superiori scrisse con orgoglio di individui come il capitano Williams che “uccideva ripetutamente gli Hualapai”. Durante un’operazione di dieci giorni, in luglio, il Price avrebbe viaggiato lungo il Diamond Creek uccidendo quasi una dozzina di “indiani”, molto probabilmente membri della “Milkweed or Peach Springs band”. Comunque, il Price e i suoi uomini solevano affermare di aver ucciso più di un centinaio di indiani Pais. L’8 novembre 1867, un tenente sottoposto al Price, portava un violentissimo attacco contro una “ranchería” di indiani Hualapai, uccidendo “19 nativi e catturando 16 donne e bambini” mentre stavano arrostendo delle “agavi” del deserto. Gli americani usarono a loro favore le basse temperature e i forti venti invernali che imperversavano nei territori. Il 2 dicembre le fonti riportavano che un tenente sorprendeva una “ranchería” degli Hualapai, “uccidendo tre indiani e catturando quattro bambini e un cavallo, distruggendo inoltre una grande quantità di proprietà e alimenti degli indiani”. Il giorno dopo un altro distaccamento militare distruggeva due “rancherías” impadronendosi di vettovagliamenti e alimenti, catturando una “squaw” e uccidendo un guerriero. Gli ufficiali si resero comunque conto delle “desolate condizioni” in cui vivevano gli indiani ma, “non esprimendo alcun rimorso per le continue uccisioni di nativi”; in un Rapporto il tenente P. Hasson riportava la morte del principale leader della banda, “Hitch-Hitchie”, l’azione gli sarebbe valsa la promozione a capitano. L’anno dopo, in gennaio, le truppe intensificarono gli attacchi martoriando una “larga ranchería” composta da un centinaio di indiani, 16 Pais perdettero la vita e una trentina vennero catturati; senza dimenticare che, in un altro attacco, le truppe uccisero altri 25 indiani. La situazione stava ulteriormente peggiorando e gli indiani si trovarono in seria difficoltà, a pagarne le spese furono varie bande disperse nel territorio, fra queste le “Big Sandy, Juniper Mountain, Mahon Mountain, and Hualapai Mountain bands”, tutte ormai prossime alla resa. Anche le “Clay Springs, Peach Springs, Cerbat Mountain, and Red Rock bands”, che abitavano le parti centrali e occidentali del territorio dei Pai, avrebbero sperimentato varie campagne contro di loro, ma le “Pine Springs, Havasu Baja, and Grass Springs bands” – vale a dire le più nordorientali -, vennero parzialmente salvate dalla “piena forza del colonnello Price e dei suoi uomini”. La guerra avrebbe destabilizzato i legami sociali e le reti di parentela, costringendo contemporaneamente più bande a cooperare in modo insolitamente frequente; al contrario, gli attacchi alle bande meridionali e centrali le allontanarono socialmente e culturalmente dalle bande lontane dai peggiori combattimenti. I capi militari avevano anche imposto la propria categorizzazione ai Pai, riferendosi alle bande del nord e del sud divise a metà dalla Hardy Toll Road. Quelli sotto la pista a pedaggio sarebbero stati “presi di mira dalla morte”. I mesi più caldi del 1868 permisero ai Pais di riorganizzarsi, ma il colonnello Price ordinò alle truppe di distruggere ogni “wickiup” e ogni campo che incontravano. Inoltre, il Price avrebbe anche suscitato i timori dei Mohaves, a ovest, informandoli che se avessero assistito i Pais e i loro complici – alcuni Yavapais, alcuni Mohaves e diversi Paiutes – i militari avrebbero ridotto le loro razioni e li avrebbero arrestati. Indiscutibilmente, i Pais si stavano muovendo “dentro e fuori dalla Riserva indiana” del fiume Colorado per ottenere cibo e armi dai Mohaves, alcuni dei quali li avevano apertamente assistiti. Il Price avrebbe fortemente giocato sulle paure che i Mohaves avevano di alcune bande Pai e, inoltre, “aggiungeva disincentivi al loro sostegno furtivo alla ribellione anticoloniale”. La fine della resistenza era vicina e avvenne quando il “Leve Leve”, leader della “Hualapai Mountain band”, si arrendeva e deponeva le armi di fronte al colonnello Price, era il 20 agosto 1868. Con il capo vi erano più di trenta uomini armati, a Camp Willow Grove, e avrebbe ricordato che “quasi ottanta uomini Pai” avevano perso la vita durante gli scontri, con il doppio che era stato ferito. Il capo ricordava al Price che i “vigilantes militari” e gli americani avevano quasi spazzato via diverse bande di indiani Pais e che, durante il processo, avevano praticamente distrutto una generazione di membri tribali. In cambio della fine delle campagne militari, il Leve Leve diede al Price diversi uomini per affiancare le truppe in tutta la regione. Il colonnello voleva che i Pais lo incontrassero a Fort Mohave, ma nessun capo poteva far rispettare un tale ordine, quindi la situazione durante la fine dell’estate del 1868 rimase in evoluzione. Il “Quamalapoca”, nipote di Hitch Hitchi e capo della “Milkweed Springs band”, emerse come negoziatore per ridurre il bilancio delle vittime tra la sua gente, e decise di incontrare il Price il 10 settembre con diversi guerrieri ed anche il Leve Leve. Avrebbe incontrato nuovamente il Price (4 ottobre), quando lui, Schrum, Leve Leve e altri vennero ad incontrare il colonnello. Il Price rimase particolarmente interessato al capo Schrum, da lui ritenuto il vero responsabile di “tutti gli omicidi e le malvagità (sic!) che sono state commesse dalla tribù negli ultimi due anni”. Schrum apparve in settembre ai margini di un campo vicino ad Hualapai Springs, ma si sarebbe rifiutato di parlare con il Price perché temeva la prigione. Dopo questo fallito incontro, lo Schrum disse al Price che lo avrebbe incontrato a Fort Mohave per discutere i piani di pace; dal canto suo il Leve Leve portò 40 dei suoi uomini e informò il Price che Schrum, ed anche il suo fratellastro, l’altrettanto “testardo” Hualapai Charley, si rifiutò di entrare nel campo. Fu allora che il Price decise che avrebbe arrestato sia il Charley che lo Schrum e li avrebbe incarcerati in California e, soltanto successivamente considererà la creazione di due Riserve militari per gli indiani Pais, una su entrambi i lati della “strada a pedaggio”, citando come esempio positivo il caso dei Paiutes. Per quasi due settimane, tuttavia, i capi Schrum e Charley si rifiutarono di entrare nel forte, mentre il Leve Leve continuava a prendere tempo e discutere di pace con il colonnello Price che, ricordiamolo, si era “particolarmente agitato” per le manovre dilatorie dei tre leader. Infine, il 3 ottobre, i leader Schrum e Hualapai Charley entravano a Fort Mohave con quasi 250 indiani Pais e circa 50 Paiute per discutere di pace. La conferenza di pace sarebbe durata a lungo con Schrum che rimase in custodia per ben tre giorni. Comunque, Schrum e Charley sarebbero riusciti a sfuggire alla presa e si dettero alla fuga con parecchi dei loro uomini, sarebbero però rientrati alcune settimane dopo. Il 7 novembre il capo Schrum entrava nuovamente nella postazione, era ben conscio di non aver più alcuna possibilità di sfuggire alla presa, venne messo sotto strettissima sorveglianza in attesa dell’arrivo delle truppe che dovevano scortalo fino al carcere di Alcatraz in California. Il capo era ben sorvegliato e le guardie non lo perdevano assolutamente di vista, però, sorprendentemente, “fra la costernazione del Price”, il 12 novembre, ancora una volta lo Schrum prendeva nuovamente il largo.


Margaret Parker

Le ripetute fughe del capo si fecero beffa delle truppe a Fort Mohave, così il Price distrusse sei “rancherías” e uccise altri ventitré indiani Pais mentre era alla ricerca di Schrum; successivamente, nel febbraio 1869, il colonnello ricevette la notizia che ancora una volta lo Schrum si rifiutava di arrendersi e che preferiva vivere sulle montagne lontano dai bianchi. La resistenza anticoloniale del capo rappresentò una risposta alla conquista che le bande al seguito di Leve Leve avevano rifiutato. Non conosciuto come il “peace chief” degli Hualapai, il Leve Leve, cercò di porre fine ai combattimenti nel gennaio 1869. Però, almeno due bande, affiancate da pochi gruppi di Paiutes, Yavapais e Mohaves, si rintanarono nei canyon con lo Schrum. Forse per pura disperazione, il Price si decise a promettere al capo una fine onorevole se avesse aiutato le truppe a sconfiggere gli Yavapai. Questa combinazione della “fine della resistenza Hualapai in declino e dell’enfasi sulla conquista degli Yavapai” ridusse fortemente la pressione su Schrum, il quale sopravvisse ad un assalto militare di dimensioni profonde. Nella primavera del 1869, il Brigadier Generale Thomas C. Devin dichiarava la fine delle ostilità contro gli indiani Pais. Comunque, lo Schrum non si era ancora arreso e neppure aveva firmato alcun accordo di Pace con gli americani. Nonostante la situazione, i cinque anni di guerra avevano inflitto un pesante tributo ai Pais; capi come Wauba Yuma e Hitch Hitchi avevano perso la vita durante il conflitto ed erano leader importanti che portavano con loro saggezza ed abilità, tutte qualità che potevano permettere alle bande di negoziare al meglio i continui cambiamenti che avvenivano intorno a loro. Le morti, le malattie, le espropriazioni, le pressioni amministrative e altri fattori avevano ormai fratturato alcuni gruppi e causato la fusione di altri. La “Red Rock band” si era fusa con il “Cerbat Mountain people”, mentre la “Truxton Canyon band”, nota anche come “Hackberry band”, andava a fondersi con la “Peach Springs band” del nord. Come riportava il Sheperd, “la concentrazione della guerra nelle sezioni centrale, meridionale e occidentale delle terre d’origine dei Pai avrebbe risparmiato le bande Havasupai e Pine Spring dal peso maggiore della violenza, ma molti di loro avrebbero preso le distanze dalle postazioni militari vicine”. Sulla scia della “Pais war”, alcuni gruppi avrebbero cercato di rientrare nei loro ancestrali accampamenti, campi e terre tradizionali. Per alcuni gruppi, nelle zone settentrionali del loro paese, queste non avrebbero trovato grandi difficoltà.


Capitano William Redwood Price

Le “Pine Springs, Milkweed Springs, Grass Springs, Peach Springs and Cataract Canyon bands”, tutte localizzate nelle aree del Plateau e lungo l’asse est-ovest del Colorado River, avrebbero avuto un certo successo nel ricostruire le loro vite. Lontane dalla “strada a pedaggio” (“toll road”), dai campi minerari, dai forti e dalla popolazione bianca, queste famiglie mantenevano una certa parvenza di routine familiare. Gli “Havasooa Pa’a” iniziarono a favorire il Grand Canyon, sebbene continuassero a vivere buona parte dell’anno sull’altopiano; invece, per i membri delle “Big Sandy, Juniper Mountain, Hualapai Mountain, Mahone Mountain, Cerbat Mountain, Hackberry, and Clay Springs bands” la vita su questa frontiera razziale “ancora instabile” si sarebbe rivelata difficile. Alcuni guerrieri Pais avrebbero poi assistito le truppe americane come scout, truppe ancora impegnate a fronteggiare i ribelli Yavapai e Apaches. Parecchi guerrieri affiancarono la fanteria americana, a partire dalla metà del 1869, e furono impegnati contro gli Yavapai nelle aree comprese tra Prescott e Aubry Landing a nord, e il Gila River e Fort Yuma a sud. In queste operazioni si mise in luce il capo Leve Leve che, sotto la guida del colonnello Price, riuscì a bloccare eventuali iniziative di guerra da parte del “pericoloso Schrum”. Nel settembre 1872 il capitano J.W. Mason, affiancato da guerrieri Pais, inclusi alcuni leader come “Schrum, Hualapai Charley – da poco rilasciato dalla prigione di Alcatraz (California) -, Sukwana, Koara e Chief Navajo della Cataract Canyon band”, mosse contro le “rancherías” degli Yavapai. Quando poi i militari congedarono gli esploratori (primavera 1873), più di cento Pais avevano aiutato a soggiogare gli affini Yavapai. L’uso di scout nativi avrebbe segnato un importante punto di svolta nella regione perché avrebbe minato la possibilità di una resistenza multi-tribale alla dominazione americana. Ciò non significa che i popoli nativi dell’Arizona nordoccidentale avrebbero dovuto condividere automaticamente vari interessi, ma i militari hanno utilizzato politiche di divisione per incoraggiare i Pais a combattere gli Yavapai, anche se alcune bande Yavapai avevano collaborato con i Pais nella difesa della regione dall’aggressione bianca.
Sam Swaskagame
I militari hanno offerto ai Pais strumenti, cavalli e razioni, nonché il diritto di tornare nel loro territorio se avessero sostenuto le operazioni militari contro gli Yavapai. I registri militari e i documenti di arruolamento non gettano molta luce sulle prospettive dei Pais durante le campagne nei primi anni del 1870s, ma il significato più ampio delle tattiche coloniali sembrava chiaro. Nel 1873, meno di un decennio dopo che i Pais avevano affrontato la conquista militare, la resistenza armata era inutile, un movimento di resistenza regionale era terminato ed era passato il tempo per stipulare Trattati. Il futuro del popolo era davvero alla fine. Dopo la definitiva espulsione degli Hualapai dal loro territorio, il Dipartimento di Guerra decideva di internare in una Riserva questi indiani e, alla fine, nei primi anni del 1870s, i Pais vennero spostati da “Long Walk a La Paz”. Nel marzo 1871 il capitano Thomas Byrne stabiliva le sue truppe – la “Twelfth Infantry Unit” – a Camp Beale Spring, a sud di Kingman, il loro compito era quello di controllare gli indiani Hualapai. L’agente Vincent Coyler, inviato dal George Crook, raggiunse il territorio e, nel tardo 1871, seguendo i consigli del generale, dette vita a quello già fatto con alcuni gruppi apachean, avrebbe distribuito razioni ad un numero crescente di Pais che si riunivano intorno al campo, invitandoli a bandire i loro “vecchi ritrovi” e ordinando loro di sottomettersi alle autorità. Il Crook osservava che, “qualsiasi fallimento nel dar loro da mangiare non solo distruggerebbe la loro fiducia in me … causerebbe conseguenze spaventose se questi indiani dovessero ribellarsi”. I Pais che avevano assistito il Mason e il Crook, nelle campagne Yavapai, usarono questi servizi per richiedere più diritti e privilegi; ma lo Schrum, incoraggiato dal suo rifiuto di firmare un accordo di pace o di arrendersi al colonnello Price, ignorò i ripetuti inviti a stabilirsi dentro o nelle vicinanze del forte. D’altra parte, i circa duecento bianchi della regione vedevano il Pais in modo ambivalente. Alcuni li disprezzavano per i continui furti di bestiame, mentre altri offrivano ai Pais un impiego come braccianti nei ranch e nelle miniere. Gli americani esprimevano preoccupazione per una “rivolta indiana” quando non elogiavano i Pais per i loro servizi nelle campagne apache. Ma proprio mentre la situazione coloniale apriva spazi per l’adattamento indigeno, la stessa rivelava la crescente incapacità dei Pais di vivere come avevano sempre fatto. La situazione per questi indiani sarebbe radicalmente cambiata, era indiscutibilmente una nuova vita. Il campo era posto nella sezione nordoccidentale del loro territorio e sarebbe comunque servito come “magnete” per le varie bande; per esempio, la “Burro Creek band”, originariamente stanziata nelle aree a sud del Big Sandy e che, molto spesso, si imparentava matrimonialmente con gli Yavapai, si sarebbe mischiata con bande che da tempo erano vicine alle truppe americane. La Kate Crozier ricordava che quando stabilirono il campo, gli americani “hanno fatto una piccola prenotazione, ci hanno circondati e ci hanno messo (lì), a due miglia da Kingman chiamato Beale Spring, Ha Koome’ dove tutto il territorio circostante di Beale’s Springs era la casa degli Hualapai”.


Donne Walapai

Poi ricordava le esperienze dei suoi genitori, che avevano sentito una voce mentre visitavano la banda delle Cerbat Mountain. In quel periodo andarono anche i suoi genitori e si riunirono tutti a Beale Spring. Erano piuttosto spaventati, “sembrava che ci sarebbe successo qualcosa”, anche se gli ufficiali davano loro dei fiori (sic!), delle cose da mangiare, della carne, del manzo, mentre loro rimanevano a Beale Springs. Al contrario, i gruppi “Juniper Mountain, Pine Springs e Havasupai” riuscirono a restare al di fuori della sfera di influenza creata dai militari e, in misura maggiore, dalla crescente popolazione americana. La situazione divenne ben più problematica verso la fine del 1873, quando lo “Office of Indian Affairs” dette inizio alle discussioni sul trasferimento dei Pais nella Riserva indiana del fiume Colorado. Il J.A.Tonnber, l’agente indiano responsabile della Riserva meridionale, informava il generale Crook, il Byrne e lo “Indian Office” che il trasferimento a La Paz avrebbe giovato alle bande e le avrebbe allontanate dal crescente numero di operazioni minerarie nell’area. Inoltre, il Tonner sosteneva che l’agricoltura nella Riserva li avrebbe aiutati a dedicarsi alle attività agricole. Gli Hualapais vennero a sapere del loro trasferimento, previsto per il gennaio 1874, e fuggirono nelle immediate vicinanze del campo mentre, ancora una volta il Byrne cercava di convincere le famiglie Pai che la nuova Riserva avrebbe fornito loro opportunità agricole che non erano disponibili nell’alto deserto. Le notizie apparse in febbraio, al riguardo di un attacco contro i bianchi di Truxton Springs, avrebbero alimentato sentimenti anti-indiani e avrebbero confermato la determinazione dei militari a marciare verso sud nel cuore delle terre dei Pais. La minaccia di un attacco militare del generale Crook, e la promessa del Byrne di attrezzature agricole, convinsero le famiglie associate al Leve Leve ad arrendersi, era il 22 marzo, e ciò dava inizio alle prime fasi del trasferimento.
Ritratto di Tthaamja
Il Jeffrey P. Shepherd non aveva alcun problema nell’affermare che ricostruire la rimozione di questi indiani era alquanto complesso e difficoltoso. Vari informatori nativi hanno messo a disposizione i loro ricordi storici sulla rimozione a La Paz. Fra questi la giovane Crozier che ricordava la sua gente, stanziata nelle aree di Beale Spring, si sarebbe spostata nelle aree del Grand Canyon ma, due settimane dopo, il capitano Byrne riuscì a convincerli a rientrare a Beale Spring e, pochi giorni dopo, la gente della Crozier si spostava definitivamente nella Riserva. Il Bob Schrum, figlio dell’omonimo capo, nel 1944, riportava lo spostamento della sua famiglia dalle Hualapai Mountains al Bill Williams Fork, e ricordava che vennero obbligati a spostarsi a ovest attraverso la Chemehuevi Valley ed infine stabilirsi nella Riserva. Continuando, quando il gruppo iniziò il viaggio (6 aprile), il Byrne li costrinse a strazianti escursioni fino a quindici miglia al giorno. Il Bob Schrum ricordava come “gli indiani giovani e molto anziani (non sono stati) in grado di continuare la marcia”, marcia che si concluse due settimane dopo. Le stime del numero dei Pais trasferiti andavano dalle quattro alle seicento anime, ma tutti i resoconti concordano sul fatto che a dozzine sarebbero morti durante la rimozione. L’indiano Honga, che aveva all’incirca sette anni quando “gli indiani furono radunati per andarci”, raccontò i suoi ricordi di La Paz durante un’intervista nel 1943. L’Honga ricordava che, “la mia famiglia se la cavò con gli altri indiani appartenenti al gruppo di Pine Springs e siamo andati in montagna”. Allo stesso modo, un Hualapai di nome Koara, imparentato con Jim Fielding, un importante leader tribale all’inizio del XX secolo, ricordava, nel 1900, di aver preso le razioni a Camp Beale’s Springs quando l’agente Tonner gli parlò della prevista rimozione. Il Koara e la sua famiglia sarebbero poi fuggiti sulle Hualapai Mountains, “usando pistole prese dai militari”. Un altro Hualapai, nato nel 1880, ricordava le storie di suo padre ricordando che, “i Walapai si sono radunati a Beale Springs, e poi i soldati li hanno cacciati a sud. Arrivarono da Yucca e poi a Ookwatagijo … dove attraversarono il Bill Williams Fork. Quando li guidavano, li frustavano e li facevano venire. Molti di loro si sono ammalati per l’acqua e il cibo e sono morti durante il viaggio.


Una scuola Walapai

Mio padre aveva un cavallo e cavalcava. Alcuni di loro avevano le scarpe, altri no. I bambini avevano le scarpe e non avevano molto cibo da portare con sé, così hanno sofferto molto lungo il cammino e molte vite sono andate perdute”. Per concludere sentiamo ora il John R. Swanton, il testo è tratto dalla sua splendida opera “The Indian Tribes of North America”. Lo studioso riportava che il termine “Walapai” derivava dal nativo “Xawálapáiya” (“pine-tree folk”), poi elencava una serie di nominativi con cui questi indiani venivano chiamati.
Elenchiamoli:

  • “E-pa”, stando al A. Hrdli?ka (1906) il nome con cui si identificavano• “Gualiba”, termine riportato dal Garcés nel 1776, nome Yavapai
  • “Hawálapai”, riportato dal Curtis (1907-1909)
  • “Jaguallapai”, riportato dal Garcés nel 1776
  • “Matáv?k?-Paya”, riportato dal Corbusier e significante “people to the north”, nome Yavapai
  • “Oohp”, riportato dalla Ten Kate (1885), nome Pima
  • “Páxuádoám?ti”, riportato dal Gatschet (1886) e significante “people far down the river”, nome Yavapai
  • “SetáKóxnin?me”, riportato dalla Ten Kate (1884), nome Hopi
  • “Täbk?páya”, riportato dal Gatschet (1883), nome Yavapai abbreviato da “Matáv?k?-Paya”
  • “Tiqui-Llapais”, riportato dal Domenech (1860)

Lo Swanton ricordava che erano indiani di lingua Yuman appartenenti allo “Hokanlinguistic stock”, e strettamente connessi con gli Havasupai ed anche gli Yavapai. I Walapai erano stanziati nelle aree del medio corso del Colorado River, nelle vicinanze delle terre dei Mohave, tra Sacramento Wash e il National Canyon, ma estendenti anche a sud fino al Bill Williams Fork. Lo studioso elencava varie suddivisioni e villaggi degli indiani Walapai (Hualapai), riprendendoli dagli studi del Kroeber.

Vediamoli:

  • “Mata’va-kopai” (“north people”): divisione nordoccidentale della tribù, comprendente i villaggi noti come: “Had?’-ba, Hai’ya, Hathekáva-kió, Huwuskót, Kahwága, Kwa’thekithe’i’ta, Mati’bika, Tanyika’”
  • “Soto’lve-kopai” (“west people”): divisione occidentale delle Cerbat Mountains e delle aree a ovest del Colorado. Comprendente i seguenti villaggi noti come “Chimehi’ap, Ha-kamuê’, Háka-tovahádja, Hamté’, Ha’thewel?’-kio’, Ivth?’ya-tanákwe, Kenyu?’tci, Kwatehá, Nyi’?’ta, Quv?’-nyehá, Thawinúya, Waika’?’la, Wa-nye-ha’, Wi’ka-tavata’va, Wi-kavea’ta, Winya-ke-tawasa, Wiyakana’mo”
  • “Ko’o’u-kopai” (“mesa people”, “north-centralsection”) comprendente i seguenti villaggi: “Crozier(nome americano), Djiwa’ldja, Hak-tala’kava, Haktutu’deva, Hê’l, Katha’t-nye-ha’, Muketega’de, Qwa’ga-we’, Sewi’, Taki’otha’wa, Wi-kanyo’”
  • “Nyav-kopai” (“east people”) comprendente i seguenti villaggi: “Agwa’da, Ha’ke-takw?’va, Haksa’, H?’nya-djiluwa’ya, Tha’ve-nalnalwi’dje, Wiwakwa’ga, Yiga’t”
  • “Hakia’tce-pai” o “Talta’l-kuwa” (“cane?”), gruppo localizzato nelle aree delle Mohon Mountains e comprendente i seguenti villaggi: “Hakeskia’l, Hakia’ch, Ka’nyu’tekwa’, Tha’va-ka-lavala’va, Wi-ka-t?va, Witevikivol, Witkitana’kwa”
  • “Kwe’va-kopai” (“south people”) comprendente gli insediamenti noti come “Chivekaha’, Djimw?’nsevio’, Ha-djiluwa’ya, Hapu’k, Kwakwa’, Kwal-hwa’ta, Kwath?’wa, Tak-mi’nva”
  • “Hua’la-pai” o “How?’laa-pai” (“pine people”), gruppo localizzato sulla parte settentrionale delle Hualapi Mountains, con i villaggi noti come “Hake-djeka’dja, Ilwi’-nya-ha’, Kahwa’t, Tak-tada’pa”.

Lo Swanton riportava che gli Hualapai vennero incontrati, per la prima volta, dall’Hernando de Alarcón (1540), e poi incontrati dal Farfan de losGodos (1598) e dal Francisco Garcés (1776). Il Mooney (1928) stimava circa 700 Walapai intorno al 1680, mentre nel 1880 venivano riportati un migliaio di Walapai. Altre cifre riportate erano 728 (1889), 631 (1897), 501 (1910), 440 (1923), 449 (1932) ed infine 454 (1937).

Per i Commenti è possibile usare il nostro forum