Intervista a Stefano Jacurti, l’uomo più western d’Italia
A cura di Sergio Mura
Stefano Jacurti è il west. Lo incarna con la sua passione, con i suoi lavori teatrali, con i suoi film e… con i suoi libri! È un uomo con la faccia che più western non si può, con la grinta e le movenze che servono in qualsiasi ruolo della frontiera. Ho conosciuto Stefano agli albori di internet in Italia, quando iniziavano a crearsi i primi forum a tema e tra questi c’erano anche quelli dedicati al west. Fin d’allora si distingueva tra tutti per l’enorme preparazione sulla storia del west dei bianchi e specialmente sulla Guerra Civile Americana di cui è indiscusso maestro nel nostro stivale.
Tra film, libri e lavori teatrali, in occasione dell’uscita in libreria della sua ultima fatica “Il cinema western e non di ‘Bloody’ Sam Peckinpah”, siamo riusciti a fermarlo un attimo per realizzare questa piccola intervista in cui Stefano Jacurti accetta di parlare di Stefano Jacurti e del suo mondo che è anche il nostro.
INTERVISTA A STEFANO JACURTI
DOMANDA: Come e quando hai iniziato ad appassionarti alla storia del West a tutto tondo? E alla Guerra Civile che sappiamo essere la tua passione principale?
RISPOSTA: Prima era il cinema fin da bimbo, per la storia vera del West intorno ai 37 anni, mentre la civil war a 40.
DOMANDA: Quanti libri hai pubblicato fino ad oggi?
RISPOSTA: Rispetto a chi ne ha pubblicati 60, i miei 6 sono pochi, ma diventano molti se penso che tempo fa scrivere un libro lo consideravo una noia mortale, poi non so cosa sia successo, ho scoperto una grande passione con il mio primo racconto inserito nel libro “Il baule nella prateria”. Era “Il vecchio e il puma”. Da quel giorno è cominciato il mio percorso e non mi sono più fermato.
DOMANDA: Ti occupi anche di narrativa?
RISPOSTA: Certamente, sia romanzi che racconti ambientati nel mondo selvaggio della frontiera, anche se ho scritto qualcosa di più moderno nel mondo americano.
DOMANDA: Quale tra i libri che hai scritto libri ti è più caro?
RISPOSTA: D’istinto dico sempre l’ultimo, razionalmente il primo perché è da quel momento che si è accesa una miccia, ma quelli in mezzo mi sono cari come percorso di crescita.
DOMANDA: Come inquadrare il tuo ultimo libro nel lungo filo della tua passione per il west e il western?
RISPOSTA: Come un buco che andava assolutamente riempito. Sam Peckinpah ha lasciato un’eredità importante per molti di noi oltre al modo di girare i western assolutamente innovativo e di grande impatto.
DOMANDA: Quali sono i suoi autori western preferiti?
RISPOSTA: Il primo che ho letto è stato Louis L’Amour. So che molti lo considerano superato ma indubbiamente è stata una colonna del genere. Nell’epoca di oggi sicuramente Joe R. Lansdale è importantissimo, ma il vero scrittore western secondo me è Cormac McCarthy. C’è anche Sam Shepard che nel genere western e i suoi derivati è stato davvero poliedrico.
DOMANDA: Quali i film che preferisci?
RISPOSTA: Vero che nel cinema ci sono anche delle porcherie, non è sempre tutto stupendo ma se ho messo il western sul trono ciò non significa che non mi piacciano anche altri generi. Potrei parlare per ore di “C’eravamo tanto amati”, “Gangster story” (che a Peckinpah piacque moltissimo e si capisce perché) e “Sul Lago dorato” film con cui Jane Fonda si riappacificò con il padre. Sono film, tanto per citarne qualcuno, che con il western non c’entrano nulla eppure li ho apprezzati molto. Fra l’altro lo stesso Peckinpah ha girato dei film egregi seppur non siano dei western veri e propri. Potrei continuare con la bomboniera del cinema francese che mi ha sempre affascinato o con la commedia all’italiana ma bisogna guardare anche al cinema di oggi. Joker ad esempio mi è piaciuto moltissimo. Ora ho capito perché è diventato cattivo.
DOMANDA: Quali registi?
RISPOSTA: Come si fa a non ricordare Fellini, Visconti, Rossellini, Germi e tanti altri? Germi era un appassionato del western pur non avendone mai girati. Il tutto è percepibile dai film “Il cammino della speranza” e da “Il Ferroviere”. Il nostro Sergio Leone ha lasciato un’eredità importantissima e meritatamente molto ingombrante, magari averne di maestri così nell’epoca attuale! Ma sta a noi trovare altre strade a modo nostro, secondo sì i canoni del western che ha le sue regole, ma anche con tempi differenti, perché oggi, piaccia o non piaccia, viviamo ad una velocità completamente diversa da quella dagli anni 60 e 70. Per gli altri di chi vogliamo parlare? Del glaciale Kubrick? Di Cimino? Dei capolavori di Carpenter o del film “Gli spietati” il punto di non ritorno del western? Tanta roba!
DOMANDA: E quali attori?
RISPOSTA: In casa western non si possono dimenticare Clint Eastwood e John Wayne per tutto quello che hanno dato al genere, ma se dovessi citare tantissimi altri attori da ricordare nel western staremmo qui tutta la notte. Per le attrici penso che Jill, Claudia Cardinale (che è stata molto altro) non l’abbia dimenticata nessuno perché è impossibile! Ho avuto un debole per Candice Bergen in “Soldato blu” e Annette Bening in “Terra di confine”.
DOMANDA: Cosa pensi dei western all’italiana (lo spaghetti-western)?
RISPOSTA: Li adoro, in primis Sergio Leone, ma ne adoro una cinquantina, forse arriviamo a 60, i più belli. Quanti ne sono stati girati? 400? 500? Quanti sono effettivamente quelli tosti (che fecero il giro del mondo!) a mio avviso sono di meno. Personalmente non sono in linea nei gusti con chi dice che sono belli anche film tipo “Ehi gringo scendi dalla croce” oppure “Domani passo a salutare la tua vedova parola di epidemia”. Alcuni sono inguardabili. Però gli altri hanno lasciato il segno persino in America come “Django” con Franco Nero, “Il grande silenzio e tanti altri fra i più belli. Sono Incredibili le performances di Tomas Milian nei western e mi è molto caro, l’altro, cioè Ringo Giuliano Gemma per tutti quelli che ha girato.
DOMANDA: Sappiamo che hai sempre investito in tempo, passione e denaro nella realizzazione di cortometraggi western… pensi che vi sia uno spazio per essi?
RISPOSTA: Lo spazio dobbiamo cercarlo noi ma oggi, rispetto agli anni passati c’è qualche possibilità in più vedi Netflix e simili ma anche anni fa i percorsi western dei film che avevo scritto fecero un percorso lunghissimo on the road in Italia per le proiezioni che fu davvero incredibile!
DOMANDA: Pensi che lo Stato dovrebbe sostenere di più e meglio gli autori di film?
RISPOSTA: Appunto, se avessi dovuto aspettare le sovvenzioni dello Stato dei miei progetti ci sarebbe stato solo il nulla pneumatico. Pur non essendo un produttore, i miei western quando ho potuto me li sono autoprodotti.
DOMANDA: La prossima tappa western e se c’è qualcuno che vorresti ringraziare.
RISPOSTA: Nel cinema indipendente vi invito a seguire “Black Town” di Emiliano Ferrera. Sapete delle nostre avventure precedenti e come ci gettammo a capofitto nel western. Allora c’era un uomo e un ragazzo che trovarono oltre all’amicizia, un’intesa perfetta quando il tutto era molto pionieristico. Ad un certo punto era giusto che ognuno riprendesse la sua strada per i suoi lavori. Così sono passati gli anni ed oggi c’è un uomo ed un altro che si avvia verso la vecchiaia. Ma entrambi abbiamo capito che è ora di rivivere qualcosa di bello insieme. Infatti stavolta la regia è tutta di Emiliano e quando mi ha proposto di partecipare, ho accettato con grande entusiasmo, In Black Town infatti ci sarà la reunion ma il film è anche altro. E’ un corto ambientato durante la guerra civile americana con una storia scritta da Ferrera, molto originale. Quindi sotto con Black Town ai festival! Per il teatro sarà lo stesso. Il prossimo inverno sarò in scena con un western di Stefano D’Angelo: “L’Ultima ora” per la regia di Marco Belocchi. Sono sicuro che sul palcoscenico ne vedremo delle belle!
Vorrei ringraziare, tutti quelli con cui ho condiviso uno spettacolo, il cinema indie, una serata in libreria o un raduno western. Grazie per le emozioni vissute insieme! Un grazie a mio padre che mi ha trasmesso la passione parlandomi di Sergio Leone e Silvana Mangano che aveva conosciuto molto bene. Ma il mio grazie lo estendo anche a mia moglie Lilly che simpaticamente si mise addosso una divisa da cavalleggero per farmi compagnia come generale Grant nei raduni a tema.
Non lo dimenticherò mai.