A caccia di uccelli del tuono e di altri mostri volanti

A cura di Gian Mario Mollar


Uccelli del Tuono
Gli Uccelli del Tuono sono esseri mitologici presenti in molte culture native del Nord America, soprattutto tra quelle delle Grandi Pianure, quelle del Midwest e quelle della costa a Nord Ovest. Pur avendo nomi e caratteristiche che variano da tribù a tribù, i Thunderbird presentano dei tratti ricorrenti: vivono tra le nuvole, sono associati alle tempeste e ai temporali, generano i tuoni scuotendo le ali e i lampi scaturiscono dai loro occhi.
I Lakota li chiamano Wakinyan, parola composta da Wakan, sacro, e kinyan, alato. John Fire Lame Deer (1903 – 1976), uomo sacro dei Lakota, ne fornisce una descrizione molto bella e poetica:

“Quando cerco di descrivere gli uccelli del tuono, non riesco a farlo bene. Un volto senza lineamenti, una sagoma senza forma, artigli senza zampe, occhi che non sono occhi. Di tanto in tanto, qualcuno dei nostri antichi uomini sacri riuscì a scorgere questi esseri in una visione, ma vide solo di una parte di essi. Nessun uomo, nemmeno in sogno, è mai riuscito a vederli per intero. Chi sa come sono fatti veramente gli uccelli del tuono? Voi sapete come è fatto il vostro Dio? Tutto quello che sappiamo è ciò che ci hanno raccontato gli antichi, quello che le nostre visioni ci dicono”.

Le loro dimensioni sono gigantesche. Secondo alcune leggende, la loro apertura alare è pari a due canoe allineate, secondo altre, un uccello di questo tipo sarebbe in grado di stringere tra gli artigli acuminati un’orca assassina, con la stessa facilità con cui un rapace è in grado di ghermire un roditore o un piccolo pesce.
Nei racconti di molte popolazioni si narra di come questi mitici esseri alati abbiano sconfitto e sterminato i loro terribili nemici, che i Lakota chiamano Unktehila e i Cherokee Uktena, giganteschi serpenti acquatici dotati di corna, dal corpo grande quanto un tronco e dal fiato pestilenziale al punto da risultare mortale, una sorta di versione nativa dei draghi europei e asiatici.


Il serpente cornuto

In seguito alla lotta con gli esseri tonanti, questi rettili mostruosi scomparvero per sempre dalla terra.
Gli uccelli del tuono rappresentano una parte importante del folclore nativo e rivestono un ruolo di grande sacralità, al punto che i Lakota erano soliti giurare su di essi per porre fine alle contese. La loro essenza è di natura ambivalente, esattamente come quella dei tuoni e dei lampi: per un verso sono portatori di luce, come i lampi, per l’altro sono spaventosi e terribili, perché i fulmini possono anche uccidere. Non a caso, i Lakota rappresentano il fulmine con uno zig zag che termina con una punta biforcuta, ornata dalle piume dei Wakinyan. La duplice estremità rappresenta proprio la natura duplice di questo elemento e degli animali mitologici ad esso associati.
Per i nativi, il contatto con gli esseri del tuono avveniva soprattutto nei sogni e nelle visioni. Tra i Winnebago, ad esempio, chi sognava l’uccello del tuono era destinato a diventare un capo di guerra. Per i Lakota, invece, chi vede in sogno un uccello di tuono, oppure sogna altri esseri a loro spiritualmente connessi, come i cavalli grigi, i fulmini, oppure le rane, è destinato a raccontare e recitare in pubblico il proprio sogno, che solitamente contiene elementi imbarazzanti o bizzarri e, da quel momento in poi, diventerà un heyoka.


Uno heyoka

La figura dell’heyoka, o “contrario”, è una tra le più curiose e affascinanti del folklore di questo popolo. Per descriverlo, faremo ricorso alle parole di Archie Fire Lame Deer, figlio del John citato prima, anch’egli uomo sacro e carismatico (1935-2001): “Un heyoka è un folle sacro, un buffone il cui compito è far ridere la gente. La vita comporta molti pianti e molta tristezza, soprattutto per un indiano, così i Wakinyan inviano un sogno a un uomo, in modo che tra le lacrime possa nascere una risata”.
L’heyoka fa tutto in modo inverso: dice sì per dire no e no per dire sì, indossa i vestiti al contrario, cavalca rivolto verso la coda del cavallo, dice di odiare quando ama e di amare quando odia, trema di freddo quando fa caldo e si spoglia quando fa freddo; insomma, compie i gesti quotidiani in modo opposto rispetto all’uso comune, suscitando un senso di comico straniamento in chi lo osserva.
Sarebbe però riduttivo classificarlo come un semplice clown, proprio in quanto l’heyoka mutua dagli uccelli del tuono un potere grande e ambivalente, che lo rende al contempo temuto e rispettato. Tra le sue prerogative, ci sono quelle di curare i malati e di dominare gli eventi atmosferici.
Volendo tracciare un parallelo un po’ azzardato, lo si potrebbe avvicinare alla figura del giullare, del fool delle opere di Shakespeare, che, dietro un’apparenza buffa e insensata, cela una profonda saggezza che viene ascoltata anche dai re. È importante sottolineare che la tradizione degli heyoka non appartiene esclusivamente al passato. Un’amica menominee mi raccontava di una coppia di suoi conoscenti che si è recentemente sposata con un rito officiato da un “contrario” lakota: al termine della cerimonia i due dichiararono scherzosamente di essere confusi, di non sapere se erano appena sposati o già divorziati!
Torniamo però agli uccelli del tuono: la loro leggenda ebbe un forte impatto anche nell’immaginario collettivo degli Americani. Il nome Thunderbird, ad esempio, è stato usato come sinonimo di potenza e di rombo per denominare più di un modello di veicolo a motore, basti pensare alla Ford Thunderbird, la celebre auto che usava anche Fred Buscaglione in una estrosa versione rosa confetto, o alla moto Triumph Thunderbird.
Come in molti altri casi, però, la cultura dei bianchi ha travisato la complessità spirituale del sistema di pensiero nativo, limitando a coglierne gli aspetti più appariscenti e classificando il resto come mere leggende e superstizioni, perdendo così la complessità spirituale e simbolica di queste narrazioni, che rappresentano in realtà un modo di interpretare il mondo e di vivere in armonia con esso.


Un disegno con lo Teratornis Smilodon

Tra alcuni studiosi è invalsa l’ipotesi che le leggende sugli esseri tonanti siano delle reminiscenze di atavici incontri tra i nativi, giunti sul continente americano attraverso lo stretto di Bering verso la fine del Pleistocene, e i Teratornis merriami, antenati degli attuali condor con oltre tre metri e mezzo di apertura alare e quindici chilogrammi di peso. Un incontro tra i primi nativi e questi animali sarebbe stato senz’altro possibile, anche considerando che, allo stato attuale, la teoria della migrazione attraverso lo stretto di Bering, da lungo tempo accettata universalmente, sta subendo dure critiche. A quanto pare, infatti, il passaggio di quelli che oggi definiamo “indiani” dal continente eurasiatico a quello americano non sarebbe potuto avvenire 13.000 anni fa, in quanto la Beringia, la stretta lingua di terra che collegava i due continenti era a quell’epoca completamente deserta di vita biologica, cosa che avrebbe reso impossibile una migrazione. Le nuove teorie, invece, sembrano retro-datare l’arrivo dei nativi sul continente americano, ipotizzando una migrazione dalle coste del Pacifico avvenuta 15.000 anni fa a bordo di imbarcazioni. Senza voler prendere posizione su questioni così complesse, è interessante rilevare che siamo agli albori di un nuovo paradigma scientifico, un’ipotesi che è vista con simpatia dai nativi, in quanto proverebbe la loro appartenenza al territorio da tempi ancor più remoti.
Se l’ipotesi di un incontro tra i nativi e i giganteschi condor preistorici ha una qualche plausibilità storica, l’identificazione tra uccelli del tuono e pterodattili ne è del tutto priva, in quanto questi rettili volanti risalgono al periodo Giurassico, circa 15 milioni di anni fa, e all’epoca non c’erano uomini a poterli incontrare, in quanto i primi ominidi fecero la loro comparsa “soltanto” intorno ai due milioni e mezzo di anni fa.
Ciononostante, nelle cronache del West troviamo diversi racconti di incontri con gli uccelli del tuono e, in molti casi, essi sono descritti come molto simili a pterodattili.


Thunderbird o pterodattilo?

Il Tombstone Epitaph, la gazzetta di una città dell’Arizona che è familiare a qualsiasi appassionato di film western, il 26 aprile del 1890 riportava questo incredibile titolo: “Ritrovamento nel deserto. Strano mostro alato scoperto e ucciso nel deserto di Huachuca”. L’articolo riportava questa vicenda: “Un mostro alato, simile a un gigantesco alligatore con una coda estremamente allungata e un immenso paio d’ali, è stato ritrovato nel deserto tra i monti Wetstone e i monti Huachuca la scorsa domenica da due rancheros [proprietari di ranch] che stavano rincasando dagli Huachuca. La creatura era evidentemente spossata da un lungo volo e, quando venne scoperta, riusciva soltanto a volare per brevi distanze. Passato un primo momento di shock e stupefazione, i due uomini, che erano a cavallo e armati di fucili Winchester, hanno ritrovato il coraggio sufficiente per inseguire il mostro e, dopo un emozionante inseguimento di diverse miglia, riuscirono ad avvicinarsi abbastanza da aprire il fuoco con i loro fucili e riuscire a ferirlo.


Un altro colossale volatile

A quel punto, la creatura si rivoltò contro gli uomini, ma, a causa della sua spossatezza, i due riuscirono a tenersi fuori dalla sua portata e, dopo qualche colpo ben piazzato, il mostro rotolò su un fianco e rimase immobile. Gli uomini si accostarono cautamente, con i cavalli che sbuffavano per il terrore, e scoprirono che la creatura era morta. Procedettero quindi con un esame e scoprirono che aveva una lunghezza di circa 28 metri e il diametro più grande era di circa 1,27 metri. Il mostro aveva soltanto due zampe, collocate a breve distanza da dove le ali si congiungevano con il corpo.
La testa, a quanto potevano giudicare, era lunga circa due metri e mezzo, con le mascelle guarnite da una fitta chiostra di denti robusti e affilati. I suoi occhi erano larghi come piatti da portata e sporgevano per quasi metà dalla testa. Ebbero qualche difficoltà a misurare le ali, in quanto erano parzialmente ripiegate sotto il corpo, ma alla fine riuscirono a raddrizzarne una a sufficienza per ottenere la misura di quasi 24 metri, ricavando così una lunghezza complessiva dell’apertura alare di circa 50 metri. Le ali erano composte di una spessa membrana semi-trasparente ed erano prive di penne o peli, come il resto del corpo. La pelle del corpo era relativamente morbida e facile da penetrare con pallottole.
Gli uomini tagliarono una piccola porzione dell’estremità di un’ala e la portarono a casa con sé. Ieri sera tardi uno di loro è venuto in città per fare rifornimenti e per fare i preparativi necessari a scuoiare la creatura, la cui pelle sarà mandata all’Est, per essere esaminata dagli eminenti scienziati del giorno d’oggi. Lo scopritore è ritornato stamattina presto, accompagnato da diversi uomini importanti, che si sforzeranno di portare la strana creatura in città prima che venga mutilata.”
Che animale incontrarono i due uomini? Si trattava davvero del mitico uccello del tuono, oppure di uno pterodattilo sopravvissuto alle glaciazioni e tornato a solcare i cieli dopo millenni? In verità, l’ipotesi più probabile è che si trattasse di una bufala.
Come spesso accade nelle cronache del west, si tratti del ritrovamento di scheletri di giganti, di astronavi aliene o di altri mostri favolosi, a notizie sensazionali di questo tipo segue un rigoroso silenzio stampa, fino a quando il fatto non viene archiviato e dimenticato. Non sappiamo se la carcassa di questo volatile sesquipedale sia stata portata alla vicina università di Tucson, né se gli “eminenti scienziati” dell’epoca abbiano poi potuto formulare le loro ipotesi su un ritrovamento così inconsueto.
Quello di Tombstone non fu certo l’unico avvistamento di questo tipo: di tanto in tanto, gli uccelli del tuono facevano capolino sui giornali dell’epoca. Nel 1882 il Gridley Herald, un giornale della California, racconta lo strano incontro avvenuto a due uomini, Joseph Howard e Thomas Campbell, mentre stavano tagliando legna nei pressi della città di Hurleton. All’improvviso, i due notarono qualcosa che sfrecciava nel cielo, sopra le cime degli alberi. Sembrava un coccodrillo, ma aveva tre paia di ali e ben dodici zampe. I due ipotizzarono un’apertura alare di circa 12 metri e una lunghezza di circa 5,5 metri. L’ardimentoso Howard ebbe il tempo di imbracciare il fucile e di sparare qualche colpo, e dichiarò al cronista: “Emise un verso che era un incrocio tra il muggito di un vitello e il ruggito di orso, ma non diede segno di essere infastidito o ferito. Di fatto, quando i colpi andavano a segno, sentivamo le pallottole tintinnare come se avessero colpito un foglio di lamiera.” Il cronista, evidentemente perplesso per l’inconsueto racconto, giunse a questa conclusione: “È la prima volta sentiamo parlare di una creatura del genere, ma i nostri informatori sono uomini affidabili, e di conseguenza non possiamo mettere in dubbio le loro affermazioni.” Le fonti non riportano, purtroppo, la quantità di whiskey ingollata dai testimoni prima di un così memorabile incontro.


Una foto con ciò che parrebbe uno pterosauro

Gli articoli menzionati non recano fotografie, ma, con il passare del tempo e il progredire delle tecniche di fotoritocco, le narrazioni di questo tipo vennero corredate anche da fotografie suggestive, per quanto inequivocabilmente false.
Un diretto concorrente degli uccelli del tuono fu il Mostro di Elizabeth Lake, in California. Il lago in questione si trova nei pressi di Palmdale e, secondo le leggende locali, sarebbe stato costruito dal diavolo in persona, che avrebbe collocato proprio lì un collegamento sotterraneo con il regno dell’oltretomba e vi avrebbe messo a guardia una creatura orribile. Il mostro in questione è una creatura acquatica che è al contempo capace di volare, dotata di ali di pipistrello e di un collo da giraffa, con la testa di un mastino, sei zampe e una lunghezza di almeno quindici metri, circondata da un olezzo disgustoso e nauseabondo. Secondo i racconti locali, tutti i coloni spagnoli che, dal 1830 in poi, si insediarono sulle fertili terre che circondano il lago Elizabeth furono presto o tardi costretti ad abbandonarle, terrorizzati dalla scomparsa dei capi di bestiame e da inquietanti ombre alate che, nottetempo, sorvolavano le loro abitazioni mettendo in fuga i braccianti. Le fonti discordano su chi ebbe infine il coraggio di affrontare il drago. C’è chi dice che sia stato un tale Miguel Leonis, un coraggioso immigrato basco deciso a difendere la propria terra a tutti i costi, e c’è chi sostiene che, invece, sia stato un certo Don Felipe Rivera, che voleva catturare la creatura per venderla a un circo. Si dice che Rivera abbia sparato al mostro con la sua Colt .44 e che le pallottole rimbalzassero contro la pelle coriacea dell’animale. Lo stesso Felipe raccontò che, una volta che la creatura se n’era andata, andò a cercare le pallottole e le trovò “appiattite come dei piccoli pancake”.
Quel che è certo, è che, dal 1890 in poi, nessuno ha più visto il mostro di Elizabeth Lake. Basandosi sulla coincidenza temporale, alcuni sostengono addirittura che il drago, messo in fuga, si sia diretto verso l’Arizona e che il mostro alato catturato a Tombstone fosse in realtà lo stesso di Elizabeth Lake, ma sono semplici congetture che lasciano il tempo che trovano.


Pterosauri nella Guerra Civile?

I cieli del West, sebbene gli aerei fossero ancora di là da venire, sembravano essere piuttosto frequentati. Le storie di questo tipo, per quanto evidentemente inventate e non supportate da solide prove documentali, rimangono tuttavia testimonianze di un’epoca e conservano ancora oggi il loro fascino. La prossima volta che scrutate il cielo, fate bene attenzione: con la coda dell’occhio, potreste scorgere l’ombra alata di uccello del tuono!

Riferimenti bibliografici

A proposito di uccelli del tuono e heyoka:

  • John Fire Lame Deer & Richard Erdoes, Lame Deer, seeker of visions, Simon & Schuster, 1994
  • Archie Fire Lame Deer & Richard Erdoes, Gift of Power. The life and teachings of a Lakota medicine man, Bear & Company Inc., 1992

Sulla storia dell’umanità e la critica alla teoria dello stretto di Bering:

  • Yuval Noah Harari, Da animali a dei. Breve storia dell’umanità, Bompiani, 2014
  • Alexander Ewen, The death of the Bering Strait Theory, su Indian Country https://indiancountrymedianetwork.com/history/genealogy/the-death-of-the-bering-strait-theory/

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