I segreti di Dunfield

La copertina del libro
E’ appena uscito il terzo e ultimo libro della trilogia di “Dunfield”, scritto da Domenico Rizzi, uno degli autori di Farwest.it e informatissimo e prolifico scrittore di storia del west americano.
In questa terza fatica letteraria, Domenico Rizzi, riversa tutto il suo amore per i tempi ed i ritmi del periodo storico in cui è ambientata la saga di “Dunfield”, imprimendo al racconto un ritmo che passa dalla calma descrittiva di luoghi e personaggi, alla frenesia e alla turbolenza dei molti momenti d’azione, in una miscela che riesce particolarmente gradevole al lettore.
Di particolare gradevolezza risulta la capacità di descrivere i luoghi e i modi di fare e agire con una pregevole minuziosità e precisione storica.
Il romanzo completa la trilogia iniziata alcuni anni fa con “Le streghe di Dunfield” (2007) e proseguita con “I peccati di Dunfield” (2010). Ripropone i personaggi già presenti nei primi due libri (“Le streghe di Dunfleld” e “I peccati di Dunfield”), impegnati nell’ultima, avvincente avventura nel New England del XVII secolo, alle prese con un inafferrabile indiano – nemico di Francesi e Inglesi – che ha rapito due donne bianche.
Il protagonista Nathan Whitman dovrà difendersi dai reiterati attacchi del perfido Nestor Bligh e dall’ostilità di un ottuso ufficiale britannico che si opporrà al suo temerario tentativo di liberare le prigioniere.
Ma al suo fianco si schierano un’anziana schiava dai misteriosi poteri soprannaturali, due suoi antichi nemici e un colono che ha giurato vendetta contro la feroce tribù degli Abenaki. Mentre l’azione si snoda fra i boschi e le vallate del Massachussets con i pericoli sempre in agguato ed una serie di inspiegabili eventi, una mano invisibile sembra guidarlo e proteggerlo nella sua arrischiata impresa.

Titolo: I segreti di Dunfield
Autore: Domenico Rizzi
Editore: Parallelo 45
Collana: Secondo Millennio
Formato: Brossura
Pagine: 272
Prezzo: 12 €
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Una nostra intervista a Domenico Rizzi

Domanda: Con “I segreti di Dunfield” hai completato la tua trilogia, iniziata con “Le streghe di Dunfield” e proseguita con “I peccati di Dunfield”. Sei soddisfatto?

Risposta: Senz’altro. Quando scrissi il primo libro, non pensavo di poter disporre di così tanto materiale. Infatti “Le streghe di Dunfield” si conclude con la scena romantica di Nathan Whitman che corona il suo sogno d’amore, mentre cade la prima neve dell’autunno. Lascia intendere che la storia sia finita…

D. E poi invece cos’è successo?

R. Il diavolo ci ha messo le corna, in tutti i sensi, perché Nathan si lascia ammaliare dalle grazie di una ragazza che fino a quel momento non aveva mai preso in considerazione e da un incontro clandestino scaturiscono un sacco di guai, essendovi delle spie nascoste nell’ombra.

D. Allora il titolo “I peccati di Dunfield” si riferiva alle sue scappatelle…

R. Non soltanto alle sue trasgressioni. Ve ne sono altre e più misteriose, che si scoprono leggendo il romanzo. Inoltre non alludo solamente alle infedeltà sentimentali: alcuni dei protagonisti commettono peccati di presunzione che risulteranno fatali a loro e agli abitanti di Dunfield.

D. Insomma, un autentico intreccio da thriller, che può affascinare qualsiasi lettore dall’inizio alla fine. Ma ora parliamo dei “segreti”, cioè dell’ultimo libro.

R. Pur non potendoli anticipare, assicuro che gli altarini da scoprire sono più di uno. Vi sono personaggi al di sopra di ogni sospetto che nascondono episodi della loro vita passata, ma i segreti non si esauriscono qui. Accadono dei fatti inspiegabili, che quasi tutti considerano frutto della suggestione. Soltanto Nathan, che ha avuto un colloquio sconvolgente con una schiava africana, finisce per escluderne la casualità.

D. Nel secondo e nel terzo libro della trilogia ricompare prepotentemente la stregoneria, che pareva un capitolo chiuso nel primo romanzo. Eppure avevi concluso “Le streghe di Dunfield” con quella frase, che l’unica vera magia sia quella dell’amore.

R. Esattamente. Questo è però il pensiero di due persone innamorate quali sono Nathan e Susannah, che in quel momento, dopo aver superato molte difficoltà, credono di potersi godere il loro rapporto senza ulteriori sofferenze e vicissitudini. Invece la vita riserva molte sorprese, soprattutto in un contesto come quello in cui è maturata la vicenda. C’è una guerra in corso tra Francesi e Inglesi e gli Indiani sono sempre in agguato.

D. Tornando al discorso sull’esoterismo, a questo punto una domanda mi sembra d’obbligo: tu credi alla magia?

R. Non è importante che l’autore ci creda o meno, quanto piuttosto quello che pensano i suoi personaggi. Ricordiamoci che l’intera vicenda si svolge fra il 1690 e il 1695, in una regione che conosce la persecuzione alle “streghe” di Salem Village, un evento universalmente noto di cui si discute ancora ai giorni nostri. Sebbene le accuse siano poi risultate tutte infondate, vi erano persone – soprattutto donne – che la magia la praticavano per i più svariati scopi: legamenti d’amore, vendette, riti propiziatori per ottenere il potere o la ricchezza, o semplicemente per favorire un buon raccolto. Se poi guardiamo l’argomento dal punto di vista dei Pellirosse, il loro mondo era pressoché dominato dalle credenze magiche e sarebbe rimasto tale fino al tardo Ottocento. Abbiamo letto mille volte che i Cheyenne avevano paura a bagnarsi negli stagni perché li credevano popolati da spiriti maligni e che quasi tutte le tribù – esclusa quella dei Comanche e poche altre – non combattevano mai dopo il calar del sole per timore delle influenze maligne.

D. Risposta un po’ sibillina, ma tutto sommato esauriente. Quali sono le donne che compaiono nel nuovo romanzo?

R. Praticamente tutte quelle che figurano nei precedenti, ma forse ne “I segreti di Dunfield” alcune di esse acquistano un’evidenza maggiore rispetto ai primi due libri.

D. Quale di esse ammiri maggiormente, se lo puoi rivelare?

R. Senza fare nomi, quella che subisce ogni sorta di soprusi e umiliazioni, mantenendo i nervi saldi e dimenticando tutto per seguire nuovamente la voce del suo cuore.

D. Esaminando i protagonisti dell’intera trilogia, non emerge quasi nessun personaggio completamente senza macchia. Nathan Whitman sembra a tratti un avventuriero non troppo dissimile dal suo luogotenente Roger Dickinson; il maggiore Heywood si rivela tanto ottuso militarmente quanto morbosamente attratto dalle grazie femminili…per non parlare del reverendo Durgan e dei suoi scheletri nell’armadio!

R. Volevo che questo fosse il contesto. Si dimentica troppo spesso che, soprattutto alla Frontiera – in questo caso la Vecchia Frontiera, poiché l’azione si svolge alla fine del XVII secolo – la maggior parte della gente conduceva un’esistenza miserabile, povera di soddisfazioni e spesso priva di prospettive. Le tentazioni a cui soggiace Nathan e alcune operazioni che compie in maniera non del tutto limpida, quale l’assalto al villaggio di Opanango, sono il prodotto di queste situazioni. Che piaccia o no, questa era la realtà di quei tempi e la prima pietra non poteva scagliarla nessuno impunemente. Avrebbe poi pensato la leggenda ad innalzare i meritevoli e a screditare gli indegni anche al di là dei rispettivi meriti o delle colpe effettive.

D. Neppure i Puritani, all’apparenza tanto morigerati e timorati, sono esenti da critiche.

R. Il personaggio di Ephraim Durgan del primo libro la dice lunga al riguardo, no? Comunque sono convinto che la vicenda di Hester Prynne (“La lettera scarlatta”) non sia semplicemente un’invenzione del suo autore. E’ probabile che episodi di questo genere si verificassero anche in una società governata da una rigida morale.

D. Parliamo degli Indiani, che in tutti e tre i tuoi libri costituiscono una minaccia incombente e costante. In molti passaggi ne parli addirittura con una certa ammirazione.

R. Sei esperto di storia western quanto me e sai benissimo che la ragione, come sosteneva Burt Lancaster in un famoso film, non è mai da una sola parte. Opanango, il capo di guerra degli Abenaki, è vendicativo e sanguinario e trama una terribile rivincita contro Nathan Whitman, dettata anche da ragioni strettamente personali. La sua avversione per il rivale non gli impedisce tuttavia di ammirarlo molto più di quanto non stimi i propri alleati francesi. Se parliamo di Azeban, il guerriero protagonista del terzo romanzo, non si può non rimanerne impressionati: è risoluto e sicuro di sé, determinato a tenersi una delle donne che ha catturato e privo di quegli scrupoli morali che frenano l’azione dei suoi nemici inglesi o degli amici francesi. Ecco, secondo me questo è l’Indiano perfetto, fiero e irriducibile, quanto spietato con chi intralcia i suoi piani. Non li ha forse descritti così lo stesso generale Custer, che li combatteva ma si sentiva magicamente attratto dalla loro impenetrabile personalità?

D. In tutti e tre i tuoi libri usi i nomi dei Pellirosse nella loro lingua originale: Opanango, Steyawa, Kaskawan, Azeban, Wahta…Per quale motivo?

R. Ho voluto dare la maggiore credibilità possibile alla vicenda e ai suoi personaggi. Francamente, quando leggo certe storie in cui i guerrieri si chiamano puntualmente Aquila Nera o Falco Bianco e le donne Raggio di Luna o Gazzella Timida, mi viene da sorridere. I nomi usati dagli Indiani, secondo il gruppo linguistico di appartenenza, erano i più diversi. Non sempre i nomi femminili si riferivano ad immagini, animali o oggetti graziosi. Maschapi, protagonista del secondo e terzo libro, si chiama così perché portava un rosario al collo quando venne acquistata dai Delaware.

D. Nella conclusione della trilogia, non sembri ottimista circa il futuro di Dunfield. Puoi spiegare il motivo di questa scelta?

R. Un semplice calcolo. La Guerra di Re Guglielmo terminerà e dopo di essa anche i successivi conflitti coloniali, fino alla nascita degli Stati Uniti d’America. La colonizzazione prenderà sempre più piede e gli Indiani, in numero sempre più insignificante dinanzi alla marea di milioni di Europei immigrati, saranno costretti a spostarsi in altre aree, abbandonando le loro terre d’origine. Mi pare giusto che la leggenda di Dunfield si estingua insieme alla vicende dei suoi protagonisti, così come Mompracem non sopravvive al suo eroe Sandokan. Ogni storia tradizionale che si rispetti inizia con il classico “C’era una volta…”

D. Rimpianti per i tuoi personaggi?

R. Un poco sì. Ho combattuto insieme a Nathan e Opanango, ho corteggiato Liza e Susannah, sono inorridito di fronte alla condanna inflitta a Lucretia Flanders, ho goduto dei placidi tramonti nella quiete del bosco di Stony Oak…E’ stata una lunga, meravigliosa avventura, che l’autore ha condiviso con le sue creature.

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