Che ne sarà di Toro Seduto?

A cura di Maurizio Molinari (Corrispondente da New York per La Stampa)

Toro seduto (Sitting Bull)Un memoriale da dodici milioni di dollari in South Dakota, un antico sito funerario fra i boschi del North Dakota, un’elegante teca nel museo Smithsonian di Washington oppure la sepoltura sul campo di battaglia di Little Bighorn dove sconfisse il generale Custer: la sorte delle ossa di Toro Seduto fa discutere l’America per via del braccio di ferro sull’ipotesi di dedicargli un monumento destinato a diventare punto di attrazione turistica.
Ad aver progettato il memoriale sono due fan del famosissimo guerriero e capo Sioux che nel 1876 contribuì a sconfiggere il 7° Cavalleggeri del Generale Custer.
Tutto inizia a metà 2005 quando l’ambientalista Rhett Ablert e l’indiano-americano Bryan Defender si ritrovano assieme nell’iniziativa di raccogliere 55 mila dollari per ripulire dai rifiuti il sito dove sorge la stele del «Sitting Bull Monument» a Mobridge, in South Dakota, al fine di restiture dignità all’eroe più popolare dei pellerossa. Defender appartiene alla tribù sioux «Standing Rock» (Roccia Alzata) che rivendica di aver avuto Toro Seduto fra i suoi figli e la scelta di togliere detriti, bottiglie vuote e buste di plastica dall’area attorno alla stele alta circa due metri viene vissuta come un momento di rispetto postumo per il grande capo.


Distribuzione di razioni a Standing Rock

D’altra parte se le spoglie si trovano a Mobridge è perché proprio la tribù «Standing Rock» durante una tempesta di neve del 1953 andò a esumarle nel sito di Fort Yates, nel vicino North Dakota, dove avevano riposato da quando Toro Seduto era stato ucciso il 15 giugno del 1890 in un agguato tesogli da soldati americani e polizia indiana.

La stele dimenticata
Fort Yates non piaceva alla tribù perché ricordava l’uccisione avvenuta per mano del nemico mentre a Mobridge il nuovo sito, nel cuore del territorio della riserva, garantiva più riguardo nei confronti della memoria del guerriero, anche perché le autorità del South Dakota si erano espressamente impegnate a tutelarlo. Ma con il passare degli anni la promessa è venuta meno, la spazzatura ha circondato la stele e solo il volontariato di Abler e Defender ha evitato che si trasformasse in una discarica abusiva, rifugio di ubriachi, drogati e senzatetto.


La stele che ricorda Toro Seduto a Mobridge

Proprio il successo avuto spinge Abler e Defender a rilanciare la sfida, puntando a raccogliere fondi non più solo fra i sioux per arrivare alla cifra di 12 milioni di dollari che consentirebbe di onorare Toro Seduto con un imponente memoriale da fare invidia ai presidenti degli Stati Uniti, con tanto di museo per la ricostruzione delle gesta indomite del leader che non volle arrendersi alla colonizzazione bianca.

La tribù divisa
Il progetto del memoriale piace a molti Sioux perché preannuncia la creazione di un punto di attrazione turistica capace di fruttare entrate per milioni di dollari ma è proprio questo lo scenario che vuole evitare Ernie LaPointe ovvero il più diretto discendente vivente di Toro Seduto. L’anagrafe della tribù attesta che LaPointe è il bisnipote dell’eroe di Little Bighorn e tutti sanno che fu proprio l’assenso della madre nel 1953 ad autorizzare il blitz notturno che portò le spoglie in South Dakota.
Ernie LaPointeErnie LaPointe, bisnipote di Toro Seduto
Ma se allora la famiglia LaPointe era in sintonia con la tribù, ora le cose sono cambiate. «La verità è che vogliono trasformare le spoglie del mio bisnonno in un’attrazione per turisti al fine di incassare dollari americani» accusa LaPointe, parlando anche a nome delle tre sorelle, contrarie a infangare la memoria di Toro Seduto, degradandolo a qualcosa di simile di un parco divertimenti. A complicare il progetto del memoriale c’è il fatto che, secondo alcuni, la terra dove oggi è sepolto sarebbe un antico luogo funerario dove solo in pochi dovrebbero aver diritto ad arrivare.
L’idea del bisnipote è tutt’altra: «Se davvero si vogliono spostare un’altra volta i resti del corpo allora bisogna portarli a Little Bighorn, nel Montana, il posto adatto dove fargli passare l’eternità». Indicare Little Bighorn non significa solo voler rendere immortale l’umiliante sconfitta subita dalla cavalleria del genelare Custer ma anche coronare la vita di Toro Seduto che, si racconta, ben prima della battaglia aveva avuto la visione della «più grande vittoria del nostro popolo». Forse, lascia intendere il bisnipote, la visione di allora guardava anche oltre la battaglia vinta e preannunciava il desiderio di essere sepolto su quello stesso terreno, oggi situato nello Stato del Montana in prati sterminati a breve distanza dalla città di Billings.
A sostenere il desiderio del bisnipote è Darrell Cook, sovrintendente del monumento di Little Bighorn, secondo il quale «Toro seduto era un uomo umile e non avrebbe gradito un grandioso memoriale tutto per lui». Il braccio di ferro sta creando una spaccatura fra i sioux: chi sostiene la tesi del memoriale lo fa non soltanto per gli aspetti economici ma per il progetto di un «museo interpretativo» capace di diffondere i valori tribali di generosità, coraggio e saggezza mentre sul fronte opposto il richiamo all’eroismo di Little Bighorn attrae chi vuole rivendicare quella vittoria per l’eternità.


Il Little Bighorn Battlefield

In attesa che i sioux ritrovino il consenso sul loro figlio più famoso vi sono anche altre opzioni nell’aria: alcune tribù sioux del North Dakota hanno fatto sapere che le spoglie sarebbero ben accette se volessero tornare nel luogo di sepoltura originaria mentre il museo Smithsonian di Washington, molto cautamente, si è messo a disposizione nel caso in cui servisse una soluzione di compromesso e di tipo assai più tradizionale. Ovvero una teca.

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