Nuvola Rossa e Othniel Marsh tra fossili e dinosauri

“Da quanto ho capito è stato a Washington per chiedere un risarcimento per i cavalli che gli furono requisiti dal generale Crook durante l’ultima guerra indiana…” “No, questa è una semplice visita d’amicizia, e non ha niente a che vedere con la politica o questioni di competenza del Dipartimento per gli Affari Indiani”.
Il museo Peabody
A tratti si udivano frasi isolate delle risposte che il paziente professore forniva ai giornalisti. Ed Laramie, il giovane interprete di Nuvola Rossa, si chiese se fosse il caso di tradurle al capo. Non era sicuro che a Nuvola Rossa facesse piacere la curiosità indiscreta dei reporter e in ogni caso era meglio non rischiare di irritare il capo, sicuramente già stanco per il viaggio. “Gli stanno chiedendo di quando vi siete conosciuti” si decise a dire alla fine “E Wicasa pahi hohu, l’Uomo-che-Raccoglie-Ossa sta rispondendo”. Il volto di Nuvola Rossa si distese impercettibilmente. Anche se non capiva quasi nulla di quanto riusciva a udire, poteva stare tranquillo. L’Uomo-che-Raccoglie-Ossa era un amico che godeva della sua fiducia. Era, soprattutto, un uomo che manteneva le promesse. Quando, tanti anni prima, gli aveva promesso che avrebbe fatto sapere al Grande Padre Bianco tutto quello che i Lakota avevano da dirgli, Nuvola Rossa non si era fatto troppe illusioni. Gli anni che aveva trascorso a trattare con i bianchi gli avevano insegnato una cosa: per quella gente, le promesse erano merce a buon mercato, che si potevano buttar via alla prima occasione e non vedeva perché quell’uomo corpulento e quasi calvo (cosa che non deponeva molto a favore della sua sincerità) dovesse fare eccezione. Quella volta però il suo istinto lo aveva tradito. Marsh non lo aveva ingannato, e per una volta il capo Oglala era stato immensamente felice di essersi sbagliato.


La sala del museo coi ritrovamenti delle Black Hills

Il professore ritornò in fretta e invitò i suoi ospiti a entrare. Questa volta la sua impazienza non era dettata dalla semplice vanità: quelli in mostra non erano più i “suoi” tesori, ma quelli che i Sioux di Nuvola Rossa gli avevano concesso di portare via; per Marsh, quello era il momento di sdebitarsi con il suo ospite e giustificare la sua passata intrusione in quelle terre che poi gli indiani avevano finito comunque per perdere.
La grande sala dei fossili del Peabody, l’orgoglio del professor Marsh, non mancava mai di destare grida ed esclamazioni di meraviglia, ma quella volta le cose andarono diversamente. Lo sguardo di Nuvola Rossa si illuminò appena, come riconoscendo un vecchio amico nell’ultimo posto in cui ci si sarebbe aspettato di vederlo, ma nulla più. Dopo un attimo di perplessità, Marsh si rese conto che il capo non aveva mai visto uno scheletro di dinosauro rimesso insieme nella sua interezza e in posizione eretta. “Wakinyan sunka, il cavallo di tuono…Ricorda?” Marsh cercò disperatamente di richiamare alla mente le poche parole Sioux che aveva appreso durante le sue spedizioni. Gli dispiaceva di non poter conversare direttamente con il suo amico e di dover continuamente ricorrere alla mediazione di Laramie, ma d’altro canto Nuvola Rossa non sembrava conoscere una sola parola d’inglese e l’espressività gestuale di Marsh era molto limitata. “Alla fine abbiamo cercato di mantenere il nome Sioux e lo abbiamo chiamato Brontosaurus, una parola antica che significa “Rettile, serpente del tuono”.


Nuvola Rossa (in piedi, a destra) durante un viaggio a Washington nel 1875

Nuvola Rossa sembrò moderatamente interessato e iniziò a camminare per la stanza, soffermandosi sulle vetrine che esponevano fossili di dimensioni minori, senza fare tuttavia alcuna domanda o mostrarsi eccessivamente interessato. Era ormai ora di pranzo e il gruppetto si diresse verso gli appartamenti privati di Marsh, nel vicino complesso della Yale University.
Gli ospiti erano chiaramente stanchi, ma l’eccellente pasto preparato dalla cuoca del professor Marsh fece miracoli e il professor potè annunciare disinvoltamente che nel pomeriggio era prevista una visita alla galleria d’arte di Yale e che poi in serata il grande capo Sioux era stato invitato ad assistere a uno spettacolo, la prima locale dell’operetta Iolanthe di Gilbert e Sullivan. Nuvola Rossa sembrò accettare la cosa con serena stoicità e continuò a dedicarsi attivamente al piatto che gli stava davanti. Era chiaro che quell’abbondanza non era per lui cosa di tutti i giorni e Marsh si chiese quanto effettivamente fosse fondata la conclusione della commissione che nel 1874 aveva dichiarato infondate le accuse di cattiva amministrazione mosse da Nuvola Rossa all’allora agente Saville.
Al momento della sua partenza da Fort Laramie, Marsh aveva chiesto a Nuvola Rossa di fornirgli prove materiali della cattiva qualità delle razioni governative e gli erano stati fatti vedere sacchi di farina misti ad argilla, carne marcia e caffè amarissimo (di cui Marsh non era stato in grado di deglutire un solo sorso).


(Da sinistra) Othniel Marsh, Nuvola Rossa e Ed Laramie fotografati a New Haven, 22 gennaio 1883

Il professore si era quindi messo in viaggio verso Washington, dove aveva portato il caso di Nuvola Rossa davanti alla commissione nominata dal Dipartimento per gli Affari Indiani, prima a New York e poi di nuovo a Washington. Un anno dopo, nell’estate del 1875, lo stesso Nuvola Rossa era arrivato a Washington con una delegazione Sioux per discutere la cessione delle Black Hills e la commissione che doveva indagare sull’operato dell’agente Saville si era di nuovo riunita. Il professor Marsh, che si era recato di persona nella capitale per testimoniare una terza volta, ebbe un’amara sorpresa quando dalla bocca di Nuvola Rossa (o meglio da quella del suo interprete, Todd Randall) uscirono una serie di mezze ritrattazioni circa le accuse da lui mosse all’agente appena un anno prima. Marsh ricordava chiaramente che il capo era sembrato confuso, quasi non capisse bene quanto gli veniva chiesto dall’interprete e che le frasi tradotte da Randall erano stranamente discordanti in lunghezza con quelle pronunciate da Nuvola Rossa. Quando Marsh aveva fatto notare l’evidente confusione di Nuvola Rossa, gli era stato bruscamente risposto che probabilmente il capo aveva esagerato con l’alcol a pranzo. Una spiegazione frettolosa, che allora non aveva convinto Marsh e che lo convinceva ancora meno in quel momento, vedendo Nuvola Rossa rifiutare il vino e limitarsi a bere acqua. Cosa era accaduto quindi, prima che la commissione si riunisse? Nuvola Rossa era stato in qualche modo minacciato? O semplicemente, voleva prender tempo prima che si venisse a parlare della vera, grande questione, ossia la cessione delle Black Hills? A otto anni di distanza, Marsh ancora non sapeva dare una risposta a quelle domande, e non c’era tempo per farle direttamente a Nuvola Rossa.


Nuvola Rossa fotografato da Frank Bowman, New Haven, 22 gennaio 1883

In realtà, Marsh era convinto che Nuvola Rossa fosse stato in buona fede quando gli aveva presentato le sue lamentele e aveva continuato a sostenerlo, arrivando a scrivere di persona all’allora presidente Grant e suscitando le ire del Segretario agli Interni Delano. Alla fine, l’agente Saville era stato prosciolto, ma lo scandalo e il clima turbolento che si iniziava a respirare anche nell’agenzia di Nuvola Rossa lo avevano spinto a dare le dimissioni quattro mesi dopo la visita della delegazione Sioux a Washington. Quei fatti non avevano toccato l’amicizia nata tra Nuvola Rossa e il professor Marsh, ma il paleontologo di Yale aveva imparato una cosa: meglio stare alla larga dalle beghe interne delle agenzie indiane. Bagliori di guerra continuavano a provenire dalla nuova agenzia degli Oglala Sioux, ora battezzata Pine Ridge e si diceva che gli screzi di Nuvola Rossa con l’agente Saville sembravano ormai baruffe da innamorati a confronto di quelle che scoppiavano ormai quasi quotidianamente tra il capo e il nuovo agente, il dottor McGillycuddy.

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