“Volevo essere un eroe”. Il caso di Molti Cavalli

Il tenente si dimostrò un comandante fermo, coscienzioso e comprensivo, rivelando anche una rara comprensione della natura degli indiani, che ripagarono la sua sollecitudine con sentimenti di venerazione e dai quali fu soprannominato affettuosamente “Grande Naso”. Ben presto Casey trasformò il suo corpo di scout in un’unità scelta dell’esercito.
Nelle operazioni militari del 1890-91 a Pine Ridge, gli scout di Casey si fecero onore come unità di ricognizione. Nei giorni carichi di tensione che seguirono il massacro di Wounded Knee, i Cheyenne furono aggregati a uno squadrone di cavalleria comandato dal tenente colonnello George B. Sanford, che occupava una postazione sul fiume White, presso la foce del White Clay Creek, a circa otto miglia a nord dell’ accampamento “ostile” di No Water.


Scout indiani

Altre unità erano state schierate a est e a ovest. Il generale Brooke supervisionava la linea sul fiume White, mentre il generale Miles esercitava il comando generale dall’agenzia di Pine Ridge. Gli scout di Casey furono gli occhi del generale Brooke, sorvegliando il villaggio Sioux e incontrandosi quotidianamente con quei guerrieri che sgattaiolavano fuori per scambiarsi notizie. Il 6 gennaio, una mezza dozzina di Sioux si incontrarono con lo stesso tenente Casey. Il loro rapporto sui sentimenti contrastanti che animavano il campo lo convinse che avrebbe potuto perorare una soluzione pacifica incontrandosi personalmente con alcuni dei capi Brulé e Oglala.
Con questi pensieri, la mattina seguente Casey iniziò il suo viaggio fatale verso il White Clay Creek.
Quella stessa mattina, anche Molti Cavalli si mise in cammino, il cuore incupito dalle sue recenti esperienze. Dopo l’arrivo dei soldati a Pine Ridge e Rosebud in novembre, era fuggito verso le Badlands insieme alla banda di Due Colpi. Un mese più tardi era arrivato a Pine Ridge, dopo che la paziente opera diplomatica del generale Brooke era riuscita a far allontanare la gente di Due Colpi dai più fanatici dei seguaci di Toro Basso e Orso Scalciante. Il 29 dicembre Molti Cavalli aveva udito in lontananza il fragore dell’artiglieria ed era corso in direzione di Wounded Knee. “Era uno spettacolo terribile”, ricordò più tardi, “Il racconto dei sopravvissuti era straziante”.
Il giorno successivo Molti Cavalli, insieme ad altri giovani indiani, attaccò il Settimo Cavalleria, dirottandolo verso la Drexel Mission, per poi dirigersi verso il grande accampamento di No Water attraverso la White Clay Valley. Infiammati dai fatti di Wounded Knee, gli indiani danzarono la Danza degli Spettri e cominciarono a costruire barricate per difendersi dall’attacco che credevano ormai imminente.


Morti a wounded Knee

La mattina del 7 gennaio, come ricordò più tardi Molti Cavalli: “Ero fuori dal campo, a controllare che non venisse l’esercito a fare del male a mio padre e alla mia famiglia. Certo, ero mal disposto. La nostra casa era stata distrutta, eravamo stati separati dalla nostra famiglia e ogni speranza di tempi migliori era svanita. Non c’era più niente per cui vivere.”
Molti Cavalli faceva parte di un gruppo di circa quaranta Sioux che, sul clivio di una collinetta a circa due miglia e mezzo a nord dell’accampamento di No Water, si imbattè per caso in Casey e due scout Cheyenne, Luna Bianca e Strada Rocciosa. Dopo qualche amichevole stretta di mano e uno scambio di battute scherzose, molti dei Sioux si avviarono giù per la collina, dove altri indiani stavano macellando del bestiame. Altri dieci, tra cui Molti Cavalli, rimasero invece a parlare con l’ufficiale bianco. Tramite Strada Rocciosa, che parlava un po’ d’inglese, Casey chiese se uno degli indiani fosse disposto a offrirsi volontario per ritornare al villaggio e persuadere qualche capo, magari anche Nuvola Rossa, a uscire e prender parte a un colloquio. Il vecchio Braccio Rotto, che doveva il suo nome al braccio sinistro che gli penzolava inerte lungo il fianco, si voltò quindi verso un uomo alto e snello dal volto dipinto, di nome Orso che Giace, dicendogli di andare a riferire il messaggio. Orso che Giace, sposato con una sorella della madre di Molti Cavalli, era quindi lo zio di quest’ultimo.
Mentre Orso che Giace cavalcava rapido attraverso la valle, Casey, per ragioni ancora oscure, ordinò a Strada Rocciosa di tornare indietro al fiume White e poi si avviò lentamente dietro Orso che Giace. Molti Cavalli gli cavalcava al fianco e i due si scambiarono qualche parola in inglese. Li seguivano Luna Bianca e Braccio Rotto.
Al villaggio di No Water, Orso che Giace aveva intanto interrotto un consiglio all’interno della tenda di Nuvola Rossa, dove alcuni dei capi stavano discutendo se rispondere o meno all’appello del generale Miles, che li aveva richiamati all’agenzia per dei colloqui di pace. L’invito era stato comunicato da Pete Richard, membro di una vera e propria tribù di sanguemisto mezzo francesi e mezzo indiani che si trovavano a proprio agio in entrambi gli ambienti. Diverse generazioni di questi Richard (o Reshaw) avevano attraversato la storia dei Sioux per più di mezzo secolo. Pete, alto e robusto, di colorito bruno, con baffi e sopracciglia nere e folte, parlava un inglese stentato con forte accento francese. Se la cavava molto meglio con il Sioux e il fatto di essere il genero di Nuvola Rossa gli dava un certo credito presso i capi. Gli indiani si erano appena decisi a conferire con il generale Miles quando Cane Maschio, un sottocapo Oglala nipote di Nuvola Rossa, fece entrare Orso che Giace. Dopo aver ascoltato il messaggio di Casey, Nuvola Rossa disse a Pete Richard di correre ad avvertire Casey che nelle vicinanze c’erano parecchi giovani, come impazziti, che avrebbero potuto ucciderlo; era perciò meglio che tornasse indietro, visto che egli, Nuvola Rossa, e gli altri capi avevano già acconsentito a recarsi all’agenzia il giorno seguente per parlare con il generale Miles.
Richard e Orso che Giace si incontrarono con Casey e i suoi compagni a circa un miglio e mezzo dall’accampamento Sioux. Dopo una stretta di mano,disposero in cerchio i cavalli mentre Richard e Casey parlavano tra loro. Richard più tardi descrisse così l’incontro: “Il tenente mi strinse la mano e io gli chiesi dove stesse andando. Mi rispose “Il generale Brooke mi ha inviato qui”. Io allora gli dissi che sarebbe stato meglio che tornasse indietro, come Nuvola Rossa mi aveva detto di fare, e che i capi si sarebbero recati dal generale Miles il giorno successivo. Lui allora mi chiese se andare fino in cima alla collina al di sopra dell’ accampamento fosse pericoloso. Io gli risposi di tornare indietro subito, perché gli indiani più giovani erano come impazziti o ubriachi. Mostrai quindi al tenente Casey un lasciapassare che mi aveva dato il generale Miles, e gli dissi che Nuvola Rossa sarebbe evaso e si sarebbe recato da solo al campo del generale Brooke, se gli altri indiani non gli avessero permesso di andare all’agenzia. Quindi gli dissi di nuovo di andarsene subito e lui disse che lo avrebbe fatto…”
Durante questa conversazione, Molti Cavalli aveva lentamente ritirato il suo cavallo dal cerchio e si era posizionato alle spalle di Casey, a poco più di un metro. Mentre Richard e l’ufficiale facevano voltare i cavalli per prendere la via del ritorno, Molti Cavalli fece spuntare un Winchester dalla sua coperta, lo imbracciò con calma e fece partire un colpo. Il proiettile colpì Casey alla nuca e gli uscì fuori dall’occhio destro. Il cavallo si imbizzarrì e disarcionò il suo padrone. Casey cadde a faccia in giù sul terreno, morto.


Molti Cavalli tra i soldati

Luna Bianca fece per andarsene, ma Richard lo richiamò e gli disse di portare il cavallo e tutto l’equipaggiamento di Casey con sè. Luna Bianca rifiutò e prese solo il cavallo. Braccio Rotto smontò da cavallo e, dopo aver voltato il cadavere, gli sbottonò il cappotto e si impadronì delle sue due pistole. Intanto Molti Cavalli aveva iniziato a scendere lentamente in direzione del villaggio. “Perché non gli spari?” chiese Luna Bianca a Richard, usando il linguaggio dei segni. “Perché non gli spari tu?” rispose Richard allo stesso modo.
Quindi, dopo aver inviato Orso che Giace ad avvisare Nuvola Rossa dell’uccisione di Casey, Richard accompagnò lo scout Cheyenne fino giù alla valle, dove fecero rapporto al generale Brooke. Quel pomeriggio gli scout di Casey, sotto il comando del tenente Robert N. Getty, partirono per recuperare il corpo del loro amato Grande Naso.
Nonostante l’uccisione di Casey avesse riempito di rabbia e di dolore l’esercito, il generale Miles restò fermo nel suo proposito di porre fine ai tumulti senza ulteriore spargimento di sangue. Dopo una settimana, la sua strategia della persuasione, rafforzata dall’intimidazione, cominciò a dare frutti.
Il 15 gennaio 1891 i comandanti Sioux si arresero e si accamparono nell’agenzia di Pine Ridge. Una settimana dopo i reggimenti radunati da Miles, dopo un’ ultima rassegna, si sciolsero per ritornare ai loro stanziamenti originari.
L’ultima “guerra” indiana era finita.
Gli indiani a Pine Ridge pensarono che la pace avesse scongiurato ogni pericolo di rappresaglie nei confronti di Molti Cavalli. L’omicidio era avvenuto durante una guerra, quando tutti erano tesi e timorosi di un attacco da parte di quelle stesse forze cui apparteneva l’ufficiale ucciso. Nessuno pensò fosse sbagliato uccidere un nemico in simili circostanze.


Nuvola Rossa

Come lo stesso Nuvola Rossa spiegò a un giornalista, egli e tutti gli altri capi Sioux condannavano l’uccisione di Casey, un vero amico degli indiani, ma allo stesso tempo la consideravano una delle disgrazie di quella guerra, per cui nessuno poteva essere biasimato o punito.
Tuttavia l’esercito la pensava in modo diverso. Casey era stato colpito a tradimento, alle spalle, durante un colloquio amichevole finalizzato alla pace e questo, secondo gli standard bellici dei bianchi, non poteva essere scusato. Prima di lasciare Pine Ridge, il generale Miles aveva lasciato al colonnello William R. Shafter l’ordine di trovare e arrestare Molti Cavalli in un momento in cui l’operazione potesse essere condotta senza fracasso e senza suscitare tumulti tra gli indiani. Il 19 febbraio il tenente S.A. Cloman e un corpo di scout Oglala catturarono Molti Cavalli nel piccolo accampamento di Uomo Mais, a nord dell’agenzia. Molti Cavalli fu poi portato via in fretta dall’agenzia e gettato nella piccola prigione di Fort Meade, a circa 125 miglia a nord, presso Sturgis, South Dakota.
Sorse quindi la tormentata questione di cosa fare di Molti Cavalli, ora che era stato arrestato. L’intenzione di Miles era stata quella di consegnarlo alle autorità civili per il processo penale, anche se la precisa giustificazione legale per quel procedimento, come per qualunque altro, rimaneva ancora da chiarire. Ma il sostituto procuratore degli Stati Uniti per il South Dakota, William B. Sterling, richiedeva la consegna di Molti Cavalli e il gran giurì federale di Deadwood stese diligentemente l’atto d’accusa di omicidio richiesto. Già allora però gli ufficiali dell’esercito avevano iniziato a ripensare all’intera questione in termini diversi. In parte essi intuivano che, se il crimine di Molti Cavalli non era da considerare un atto di guerra, allora non erano atti di guerra neanche alcune delle azioni condotte dai militari durante i recenti disordini. Altri poi provavano genuini sentimenti di simpatia per Molti Cavalli, intrappolato nelle complessità di un sistema giudiziario che non comprendeva e da cui non poteva districarsi. Il cambiamento di opinione dell’esercito era dovuto però principalmente a un’altra tragedia, che nell’opinione pubblica era divenuta indissolubilmente legata al caso di Molti Cavalli.
Molti Cavalli seduto
Il giorno 11 gennaio, prima della resa, quando negli insediamenti fuori dalla riserva ancora si temeva una guerra indiana generale, due famiglie Oglala lasciarono il campo sul fiume Belle Fourche e, con dei carri, ripresero il loro viaggio verso Pine Ridge. Tornavano da una caccia presso Bear Butt e avevano con sè un lasciapassare rilasciato dall’ agente indiano. A nemmeno trecento metri dall’accampamento dove intendevano passare la notte, gli indiani furono investiti da una scarica di fucilate, fatte evidentemente partire da qualcuno in agguato nelle vicinanze. I finimenti dei due cavalli che trainavano il primo dei due carri finirono a terra. Code Scarse, che guidava il carro, morì sul colpo, fulminato da due colpi che lo raggiunsero al volto e nel petto. Clown, sua moglie, saltò giù dal carro, ma fu atterrata da un proiettile. Intanto Una Penna, che guidava il secondo carro, lanciava i suoi cavalli al galoppo proprio mentre sua moglie, Gufo Rosso, veniva raggiunta da un colpo e la figlia tredicenne e il loro bimbo si rannicchiavano in mezzo al carico di carne del carro. Più tardi, dopo aver abbandonato il carro e aver fatto scappare a cavallo i suoi familiari, Una Penna coprì coraggiosamente la loro fuga, riuscendo alla fine a far desistere i suoi assalitori che evidentemente preferirono non avvicinarsi troppo e rischiare di finire sotto il tiro del suo Winchester. Due settimane più tardi i familiari di Una Penna, esausti e impauriti, riuscirono finalmente a raggiungere l’agenzia di Rosebud. Gufo Rosso era sfinita per il sangue perso, il suo bambino era morto di fame. Anche Clown riuscì a sopravvivere. In una straordinaria prova di resistenza e determinazione durata cinque giorni, con un proiettile nel seno e uno nella gamba, riuscì a farsi penosamente strada fino all’agenzia di Pine Ridge, percorrendo cento miglia di prateria ghiacciata. Quando arrivò, il 18 gennaio, era quasi morta per il freddo e le ferite.
Le indagini dell’esercito provarono senza ombra di dubbio che i responsabili di questo crimine perpetrato a sangue freddo erano i tre fratelli Culbertson, proprietari di un ranch vicino al luogo della strage. I Culbertson sostennero che gli indiani avevano rubato loro dei cavalli e avevano fatto fuoco per primi, ma la falsità di questa ricostruzione crollò sotto il peso delle prove accumulate. Pete Culbertson rivelò poi le reali motivazioni del loro atto quando fu udito vantarsi: “Ho sparato a uno di questi dannati botoli del governo e se qualcun’altro di loro vuole una ripassata, che venga pure avanti”.
Il colonnello Shafter non tardò a vedere la connessione tra il caso di Code Scarse e quello di Molti Cavalli. “Se un indiano può essere arrestato e trattenuto per aver ucciso un uomo armato durante una guerra”, scrisse al generale Miles in un telegramma datato 23 febbraio, quattro giorni dopo la cattura di Molti Cavalli, “allora ritengo che non si possa permettere che gli assassini bianchi di un gruppo di indiani pacifici restino impuniti”.

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