La storia di Metacomet, Re Filippo

Era consultato dagli altri capi della tribù, che in genere seguivano il suo parere. Come suo padre, il buon Massasoit, era incline ad essere conservatore: in pratica, non gli piaceva cambiare l’ordine stabilito delle cose. Era molto amato dagli Indiani, che capivano come egli cercasse di trattarli tutti con onestà ed equità. Si recava frequentemente a Plymouth, a visitare i Bianchi e a commerciare. Allo stesso modo le Facce Pallide venivano spesso a Mount Hope a fargli visita.
Le relazioni fra Bianchi e Indiani erano tali che era perfettamente sicuro per un uomo bianco andare ovunque in territorio Wampanoag completamente disarmato. Ciò è qualcosa che non si può dire per ogni altra tribù indiana nel periodo coloniale. Gli Indiani, agendo sotto gli ordini di Re Filippo, trattavano i Bianchi con giustizia e onestà. Di conseguenza s’era creato un sentimento di grande amicizia fra i due popoli.
Dieci anni trascorsero in pace, eccetto che per un piccolo episodio che avvenne nel 1667, sei anni dopo che Filippo era diventato sachem. Un Indiano aveva detto alla gente di Plymouth che Filippo aveva espresso il desiderio che gli Olandesi battessero gli Inglesi nella guerra che si stava allora combattendo fra le due nazioni. Gli abitanti di Plymouth si sorpresero molto di questo, e chiamarono subito Filippo a rendere conto. Ma egli negò di aver mai preso una simile posizione e offrì di consegnare tutte le sue armi agli Inglesi per dimostrare che lui non aveva progetti ostili contro di loro. Questo soddisfò gli Inglesi. Le cose continuarono ad andare bene fino al 1671, quando cominciare a sorgere dei contrasti fra i due popoli.
In quell’anno Filippo si lamentò perché gli Inglesi non mantenevano gli impegni presi con l’accordo di dieci anni prima. Dietro richiesta della gente di Plymouth, Filippo si recò a Taunton, un villaggio situato nelle vicinanze dei suoi territori di caccia, per parlare con loro della questione. Era accompagnato da una banda di guerrieri dipinti e armati fino ai denti. L’incontro ebbe luogo nella piccola chiesa del villaggio. Filippo e i suoi guerrieri sedevano da un lato, gli Inglesi dall’altro. A presiedere l’incontro venne scelto un uomo proveniente da Boston, che si riteneva essere in rapporti amichevoli con entrambe le parti. Indiani e coloni fecero discorsi uno dopo l’altro. Filippo ammise che ultimamente aveva cominciato a prepararsi per la guerra e anche che qualcuno dei suoi Indiani non aveva trattato i Bianchi secondo giustizia. Ma dimostrò anche che a loro volta anche gli Inglesi si stavano armando, e che molti di loro avevano imbrogliato gli Indiani nel commercio. Filippo disse di preferire la pace alla guerra e che aveva armato i guerrieri per auto difesa. Infine si decise di stipulare un nuovo trattato.
Questo è il trattato come esattamente venne stilato. Notare il modo pittoresco di esprimere le idee e, anche come molte parole non vengono usate nella maniera di oggi. Notare anche che il documento è a senso unico, in quanto fu firmato solo da Filippo e dagli Indiani.

Trattato di Taunton – 10 Aprile 1671

In considerazione del fatto che mio Padre, mio Fratello, e io stesso abbiamo formalmente sottomesso noi stessi e il nostro popolo sotto i Re Maestà d’Inghilterra e questa Colonia di New Plymouth, con Patto solenne di nostra mano, ma avendo io di recente mostrato la mia indelicatezza e la disobbedienza del mio cuore, violato e spezzato questo mio Patto con i miei amici prendendo le armi, con intento malefico nei loro confronti, e ciò senza fondamento; essendo io ora profondamente consapevole della mia infedeltà e follia, desidero in questo momento rinnovare solennemente il Patto con i miei vecchi amici e gli amici di mio Padre sopra menzionato; e desidero che questo possa testimoniare al mondo contro di me se io dovessi mai ricadere nuovamente nell’infedeltà verso di loro (che io ora ed in ogni tempo ho trovato così cortesi nei miei riguardi) o verso ogni altra Colonia inglese; e come pegno reale delle mie buone intenzioni, che per il futuro saranno fedeli e amichevoli, mi impegno rinunciare, verso il Governo di New Plymouth, a tutte le mie armi di fabbricazione inglese, che gli Inglesi preleveranno per la loro sicurezza fina a quando essi stessi ne vedranno motivo. A leale conferma delle Premesse io ho posto a questo riguardo la mia mano insieme agli altri componenti del mio Consiglio.
Le firme: in presenza di William Davis, William Hudson, Thomas Brattle. Il segno di Filippo, sachem di Pokanoket, Tavoser, Capt. Wisposke, Woonkaponehunt, Nimrod.


La firma del trattato di Taunton

Ma Filippo dubitava della sincerità degli Inglesi. Esitava a consegnare loro le armi. Allora i coloni gli ordinarono di tornare a Plymouth a spiegarne i motivi. Invece di obbedire, egli si recò a Boston a lamentarsi là del trattamento che aveva ricevuto. Riferì che suo padre, suo fratello ed egli stesso avevano stipulato trattati di amicizia con gli Inglesi, i quali avevano tentato di trasformarli in trattati di sottomissione. Egli riferì di essere soggetto al Re d’Inghilterra, ma non alla Colonia di Plymouth e che non vedeva nessuna ragione per cui la gente di Plymouth dovesse cercare di trattarlo come un suddito. I coloni del Massachusetts mediarono ancora la pace tra Filippo e gli abitanti di Plymouth. Ma la cosa non poteva continuare, perché ciascuna parte ora era divenuta molto sospettosa nei riguardi dell’altra.
Nel 1674 un Indiano riferì ai coloni che Filippo brigava perché i sachem del New England dichiarassero guerra ai Bianchi. Pochi giorni dopo, il corpo dell’Indiano fu trovato in un lago. Gli Inglesi arrestarono tre Indiani e li processarono per l’omicidio. Essi furono dichiarati colpevoli e giustiziati, sebbene le prove contro di loro avevano una consistenza tale che non sarebbero mai state ammesse in una corte di giustizia contro un uomo bianco. Filippo ripensava a tutta la questione. Sentiva che gli Inglesi avevano fatto agli Indiani una grande ingiustizia. In primo luogo, la terra in origine era appartenuta agli Indiani. Non aveva un grande valore per loro, perché la usavano principalmente a scopi di caccia. Così avevano ceduto molto volentieri parecchi acri agli Inglesi in cambio di chincaglieria di molto poco valore – come coltelli a serramanico, perline di vetro, campanelli o coperte. Inoltre gli Inglesi avevano proibito ai Nativi di vendere la loro terra a qualunque uomo bianco. Avevano solo il permesso di vendere al governo coloniale. Questo ufficialmente allo scopo di proteggere gli Indiani dagli uomini bianchi che volevano imbrogliarli; ma Filippo vedeva solo che ciò gli impediva di alienare qualcosa che per lui aveva poco valore, per ottenere in cambio delle cose che gli interessava avere in cambio.
Prima dell’arrivo degli Inglesi, i boschi erano pieni di cacciagione e i torrenti abbondavano di pesce. Adesso Filippo notava che la cacciagione stava sparendo dai boschi e i pesci dai fiumi. Sentiva che gli Indiani si stavano impoverendo, mentre gli Inglesi diventavano sempre più ricchi. Ormai agli Indiani appartenevano solo le terre più povere: tutte le migliori erano nelle mani degli uomini bianchi. Filippo era anche stanco dell’aria di superiorità che i Bianchi avevano assunto. Essi consideravano gli Indiani adatti solo per fare i servi e gli schiavi, mentre lui pensava che il suo popolo fosse buono quanto quello dei visi pallidi. Sentiva che il legame di comprensione e simpatia fra i due popoli era stato rotto. In risposta alle sue molte lamentele e richieste, gli Inglesi avevano mancato nel punire gli uomini bianchi senza scrupoli che avevano trattato male gli Indiani. Infine, quegli Indiani che si erano convertiti alla cristianità avevano lasciato le loro tribù e il loro precedente modo di vivere. Questo aveva indebolito la potenza degli Indiani e Filippo era giunto a pensare che gli Inglesi volessero cristianizzare i Nativi semplicemente allo scopo di assumere il controllo sulle loro terre. Comunque la questione era troppo complessa per un solo capo, quindi radunò tutti i sachem dei Wampanoag, e trattò il problema insieme a loro. Si tennero varie riunioni e ciascun membro espresse liberamente la sua opinione sulla questione.
La domanda che sorse allora fu: che cosa avrebbero dovuto fare? Divenne ben presto evidente che vi erano due opinioni opposte. Non era costume degli Indiani votare su ogni argomento posto in discussione nel loro consiglio. Essi discutevano a lungo della questione e poi seguivano il piano che alla maggior parte di loro sembrava il migliore. Ma in quel momento essi non erano in grado di decidere cosa fare per riottenere quello che avevano perduto e come evitare di perderne ancora. E così ripresero a discutere altre prospettive.


Consiglio di guerra

Cinquantacinque anni di pace e di amicizia con gli Inglesi avevano avuto per risultato il concedere all’uomo bianco tutti i territori di qualche valore, mentre i Wampanoag stavano diminuendo di numero e ogni anno trovavano sempre più difficoltà a vivere.
I giovani guerrieri premevano per un’azione immediata. Volevano la guerra, e la volevano subito, e desideravano proseguirla finché gli Inglesi non fossero stati scacciati dal paese. Filippo si opponeva a questo. Sapeva quanto fossero forti gli Inglesi e che sarebbe stato impossibile scacciarli. Egli disse che il tempo in cui gli Inglesi avrebbero potuto essere cacciati ormai era passato. Egli usò la sua influenza con i vecchi guerrieri e per un po’ di tempo riuscì a tenere in scacco i più giovani. Sentiva che gli Indiani non sarebbero mai riusciti a vincere una guerra contro gli Inglesi dal momento che la tribù possedeva solo trenta fucili e non aveva da parte provviste da poter sfruttare in una lunga guerra.
Volendo esaminare più a fondo le cause della guerra che scoppiò, possiamo dire che le stesse si possono ricondurre in parte alla condizione delle colonie in quel tempo, in parte al carattere di Filippo. Gli insediamenti inglesi si stavano estendendo verso i territori selvaggi dell’ovest, terra degli Indiani, e aumentavano rapidamente la loro forza. I Nativi li consideravano intrusi e valutavano la probabilità che, un giorno non lontano, sarebbero stati spogliati dell’eredità dei loro padri. Erano guardinghi sulle intenzioni degli Inglesi e irritati per le violazioni già perpetrate. Si consideravano i veri signori delle foreste e vedevano che i loro territori di caccia erano ridotti, che gli animali selvatici da cui dipendevano per sopravvivere stavano sparendo, mentre l’uomo bianco abbatteva gli alberi, coltivava la terra ed erigeva le sue abitazioni.


Puritani inglesi del New England – dipinto di Jennie A. Brownscombe

In considerazione di questa avanzata dei Bianchi, sembrava che al Nativo selvaggio non restasse altro che rassegnarsi ad essere rimosso dai suoi amati luoghi e perdere i suoi adorati possedimenti, o ribellarsi e, con un disperato tentativo fatto di forza e di valore, riconquistare ciò che gli apparteneva.
John Sassamon, un Nativo convertito al Cristianesimo, giocava all’epoca un ruolo chiave in qualità di “mediatore culturale”, negoziando con entrambe le parti senza appartenere a nessuna delle due. Fra i primi laureati dell’ Harvard College, fungeva da interprete e consulente per Metacomet. Egli riferì al governatore della Colonia di Plymouth che Filippo meditava di raccogliere alleati tra i Nativi per attaccare gli insediamenti coloniali sparsi per il territorio. Filippo venne portato davanti a una pubblica corte, dove gli ufficiali di corte ammisero di non avere prove a suo carico, ma lo avvertirono che, se avessero avuto ulteriori rapporti a lui sfavorevoli, le terre e le armi dei Wampanoag sarebbero state confiscate. Non molto tempo dopo, il corpo di Sassamon venne ritrovato ad Assawompset Pond. Si è sempre discusso se la sua morte fosse il risultato di un incidente, suicidio oppure omicidio. Gli ufficiali della Colonia di Plymouth arrestarono tre Wampanoag, compreso uno dei consiglieri di Filippo. Sulla testimonianza di un Nativo, una giuria che comprendeva sei anziani della tribù giudicò i tre colpevoli dell’assassinio di Sassamon. Essi furono impiccati l’8 giugno 1675 a Plymouth. Molti Wampanoag ritennero che sia il processo che la sentenza della corte violassero la sovranità della tribù. I giovani guerrieri cominciarono a rubare dei maiali e altro bestiame dei coloni e in nella piacevole domenica del 20 giugno effettuarono un’incursione contro la cittadina di Swansea. Mentre i cittadini erano in chiesa, una banda di giovani guerrieri del gruppo Pokanoket incendiò alcune case isolate nei dintorni del villaggio, che era il più vicino alla base Wampanoag di Mount Hope. Poi assediarono il villaggio, che distrussero cinque giorni dopo, uccidendo parecchie persone.

Filippo in quell’occasione non era con i guerrieri. L’attacco contro i Bianchi era stato condotto contro i suoi espressi ordini. Quando apprese che Indiani e coloni si erano veramente scontrati in battaglia, pianse per il dispiacere, cosa che un Indiano fa molto raramente. Il 27 giugno 1675 si verificò un’eclissi di luna in tutta l’area del New England. Varie tribù del luogo lo considerarono un buon auspicio per attaccare i coloni.
Intanto gli ufficiali delle colonie di Plymouth e di Massachusetts Bay risposero con prontezza agli attacchi contro Swansea: il 28 giugno mandarono una spedizione militare punitiva che distrusse il villaggio dei Wampanoag di Mount Hope (oggi Bristol, Rhode Island). Subito dopo Filippo abbandonò il suo luogo di residenza, lasciandolo agli Inglesi. La causa della sua precipitosa ritirata fu la seguente: avendo gli Inglesi bisogno di rinforzi, le autorità di Boston inviarono il maggiore generale Savage con 60 cavalieri e parecchi uomini di fanteria. Essi setacciarono il territorio marciando verso Mount Hope, dove si supponeva si trovassero Filippo e sua moglie in quel momento. Giunsero nelle vicinanze senza essere scoperti, così Filippo fu costretto ad interrompere la cena e a dileguarsi nei boschi, insieme a quelli che erano con lui. Gli Inglesi lo inseguirono nelle paludi fin dove essi poterono spingersi, uccidendo una quindicina di Indiani. Su richiesta di Benjamin Church, una compagnia di 36 uomini venne posta agli ordini suoi e del capitano Fuller, e l’8 luglio arrivò fino alla località di Pocasset Neck. Questa spedizione, già poco numerosa, si divise ulteriormente: Church prese 19 uomini, Fuller i restanti diciassette. Il gruppo di Church raggiunse un punto chiamato Punkateeset (oggi la parte meridionale di Tiverton), dove venne attaccato da circa 300 Indiani. Dopo pochi minuti di sparatoria, gli Inglesi retrocedettero fino alla spiaggia, salvandosi dalla completa distruzione; infatti Church aveva capito che l’ intenzione degli Indiani era di circondarli completamente. In ogni caso anche ora potevano aspettarsi ben poco, se non perire tutti, ma sapevano di essere nella situazione di poter vendere cara la pelle.
Così circondato, Church aveva un duplice compito da perseguire: tenere alto lo spirito dei suoi uomini, parecchi dei quali si vedevano in situazione disperata, ed erigere barricate di pietre per difenderli. Poiché erano stati approntati dei battelli al servizio degli Inglesi della spedizione, dalla sua postazione difensiva il gruppo guardava ad essi come alla salvezza, ma sebbene le barche fossero comparse, esse erano state prese sotto il fuoco degli Indiani, e Church, in un momento concitato, ordinò loro di andarsene. Gli Indiani, ora rinfrancati, intensificarono il fuoco. Ora la situazione degli Inglesi s’era fatta disperata al massimo, sebbene, miracolosamente, nessuno di loro fosse stato nemmeno ferito. Stava arrivando la notte e le munizioni erano quasi finite e gli Indiani si erano impadroniti di una casa di pietra che sovrastava la posizione nemica. Ma, proprio in tempo per salvare gli assediati, si vide arrivare un’imbarcazione diretta verso la riva. Era comandata da un uomo risoluto, il capitano Golding, che fece imbarcare la compagnia, utilizzando una canoa e portando solo due uomini per volta verso la nave. Durante questo tempo, gli Indiani ricaricavano le loro armi da fuoco e Church, che fu l’ultimo ad imbarcarsi, a stento sfuggì alle pallottole del nemico, una delle quali gli sfiorò i capelli ed un’altra che si piantò in un palo che stava davanti a lui, proprio all’altezza del suo petto. Il gruppo del capitano Fuller ebbe analoga fortuna, e scampò al nemico rinchiudendosi in una vecchia costruzione che sorgeva proprio sulla riva del mare, venendo più tardi tratto in salvo dalle imbarcazioni. Il gruppo ebbe due feriti.
Poco dopo Church si unì a un corpo di spedizione inglese e penetrò di nuovo in Pocasset, rinnovando le schermaglie con gli Indiani. Non molto tempo dopo arrivò sul posto il corpo principale della spedizione inglese; a questo punto Filippo si ritirò nei recessi di una grande palude. Qui la sua situazione fu, per un certo tempo, estremamente critica; ma alla lunga riuscì ad eludere gli assedianti e, nella fuga, si rifugiò presso i Nipmuck, dai quali fu accolto senza difficoltà.


La fuga da Mount Hope

La guerra si accese rapidamente, coinvolgendo ben presto le tribù Podunk e Nipmuck. L’intera popolazione del villaggio di Middleborough trovò rifugio entro i confini di un forte costruito lungo il fiume Nemasket. Dopo non molto tempo questi coloni si spostarono più al sicuro nella Colonia di Plymouth; in loro assenza, l’intero villaggio di Middleborough venne incendiato e raso al suolo. Occorsero molti anni prima che potesse essere ricostruito. L’8 luglio fu la volta di Dartmouth, che subì un pesante attacco, e il 14 luglio toccò a Mendon, dove molti residenti furono uccisi e venne distrutto il mulino di Albee. Questi furono i primi coloni morti dello stato del Massachusetts in questa guerra. Si conosce il nome del primo colono ucciso a Mendon, un certo Richard Post di Post’s Lane. La città subì un altro attacco più tardi, all’inizio del 1676, in seguito al quale venne praticamente distrutta; fu ricostruita poi nel 1680.
Nello stesso momento i coloni mandavano Ephraim Curtis da Boston ad ovest, nel territorio Nipmuc, per trattare con la tribù e ottenerne la lealtà verso gli Inglesi. La spedizione Curtis trovò solo villaggi vuoti, il che significava che c’era qualcosa già in atto. Appena riuscì a individuare l’esatta posizione del grande sachem dei Nipmuc, Muttawmp, Curtis si accordò per fissare un incontro in un luogo stabilito. Ma egli non sapeva che era troppo tardi per i negoziati, perché i Nipmuc, sotto il comando del sachem Matoonas, avevano già attaccato Mendon e si erano uniti alla rivolta di Metacom. Dopo poco, Curtis venne raggiunto dal capitano Thomas Wheeler e dal capitano Edward Hutchinson. Il 14 luglio, lo stesso giorno in cui Matoonas attaccava Mendon, Curtis e i suoi incontrarono Muttawmp. In quel momento Muttawmp si considerava già in guerra con gli Inglesi; e mentre i suoi guerrieri si comportavano in maniera rude con gli emissari bianchi, lo stesso sachem riteneva fosse meglio fingere amicizia con i coloni e così disse a Curtis che egli stesso si sarebbe presentato a Boston entro sette giorni.
Dopo che Curtis fu tornato a Boston ed ebbe informato i suoi superiori dell’accordo, venne presa la decisione di non aspettare l’arrivo di Muttawmp, ma di mandare invece i capitani Hutchinson e Wheeler con trenta soldati a cavallo, con alcune guide native Natick (Indiani convertiti), per negoziare direttamente con il sachem dei Nipmuc. Il gruppo giunse a New Norwich il 31 luglio, ma trovò il villaggio deserto. Allora vennero a sapere che i Nipmuc avevano spostato il loro accampamento principale a circa 10 miglia da Brookfield e mandarono Curtis con le guide indiane a parlare ancora con Muttawmp. Nuovamente gli emissari vennero trattati rudemente dai guerrieri Nipmuc, mentre Muttawmp continuava il suo raggiro e si accordò per incontrare Hutchinson a Brookfield il giorno seguente. Quando il giorno dopo i coloni arrivarono sul posto prestabilito non trovarono nessuno. A questo punto le guide Natik tentarono di persuadere gli Inglesi a tornare a Brookfield. Invece Hutchinson e Wheeler decisero di marciare verso il campo Nipmuc, dove si era svolto l’incontro del giorno precedente. Per arrivare fin là, gli Inglesi dovevano attraversare una palude, passando per uno stretto sentiero in fila indiana. Nonostante le molte proteste delle guide indiane, Hutchinson e Wheeler decisero di rischiare, pur essendo consapevoli che sarebbero potuti cadere in una trappola.
Infatti non avevano percorso 400 metri che i guerrieri di Muttawmp spuntarono dalle alte erbe della palude e li attaccarono con gli archi e i fucili. Quando gli Inglesi fecero dietro front e cercarono di fuggire per lo stretto sentiero, trovarono un altro gruppo di Nipmuc che bloccò loro la ritirata. La pattuglia dei coloni era così totalmente disorganizzata che inizialmente non fu nemmeno in grado di rispondere al fuoco. Sia Hutchinson che Wheeler rimasero seriamente feriti. Nell’attacco iniziale furono uccisi altri otto uomini, mentre molti altri vennero feriti.


Milizia inglese

L’intera compagnia sarebbe stata probabilmente annientata se non fosse stato per le guide Natik, una delle quali assunse il comando al posto dei due capitani inglesi feriti e riuscì a condurre i superstiti inglesi fuori dalla trappola, sulle colline nei dintorni della palude. Scampato il pericolo immediato, la truppa si diresse verso Brookfield, pienamente consapevole che Muttawmp era all’inseguimento. Wheeler e gli uomini restanti, guidati dagli scout Natik, si rifugiarono nell’insediamento inglese di Quabaug (che in seguito divenne la cittadina di west Brookfield). Il villaggio era relativamente isolato, il che significava che nessun aiuto sarebbe presto arrivato, anche se i coloni delle restanti parti del New England avessero avuto notizia dell’attacco.
A Brookfield i soldati si radunarono nella casa del sergente John Ayers (il quale era rimasto ucciso nell’imboscata) e qui essi vennero raggiunti da circa 70 abitanti del villaggio, che avevano appreso dell’imminente attacco Nipmuc. L’edificio di Ayers era la costruzione più grande di tutto l’insediamento. Una volta all’interno della casa, Wheeler, che si era ripreso, prese di nuovo il comando dei suoi uomini e ordinò loro di fortificare le difese. L’ esterno venne rinforzato con dei tronchi ammassati frettolosamente, e l’interno con dei materassi di piume per smorzare la forza delle pallottole. Si tentò anche di mandare due soldati in cerca di aiuto, ma essi non riuscirono a partire prima dell’arrivo di Muttawmp e dei suoi guerrieri. Nell’edificio di Ayers c’erano in quel momento circa 80 persone. Quando gli Indiani irruppero nel villaggio, alcuni di loro presero a bersagliare il fortino con un fuoco costante, mentre altri rubavano il bestiame, saccheggiavano le altre case e poi le incendiavano. Una volta che Muttawmp ebbe radunato tutti i suoi uomini e circondato completamente l’edificio, lanciò tre attacchi successivi. Tutti e tre furono infruttuosi e le sole perdite inglesi riscontrate il primo giorno furono due coloni che avevano fatto l’errore di portarsi all’esterno ed erano stati subito uccisi. Muttawmp si rendeva conto che era necessario un approccio differente.
Il secondo giorno dell’assedio, all’alba, Muttawmp e i suoi uomini riempirono un carro del villaggio con materiale combustibile e lo spinsero contro l’edificio fortificato, sperando di incendiarlo e costringere così i difensori allo scoperto. Il piano però non funzionò, a causa della forte pioggia che cominciò a cadere mentre il carro era ancora in preparazione. Nella confusione che accompagnò questi preparativi, Ephraim Curtis riuscì a sgattaiolare fuori della casa e a raggiungere i boschi con una corsa affannosa. Infine raggiunse Malborough, sebbene a quel punto la milizia coloniale del villaggio fosse già stata avvertita da alcuni viaggiatori dei fatti che si stavano verificando a Brookfield. E infatti un gruppo di quarantotto dragoni, comandato dal maggiore Simon Willard, capo militare della Middlesex County, Massachusetts, che si trovava nelle vicinanze di Lancaster, aveva appreso delle condizioni critiche di Brookfield. Con una marcia forzata di trenta miglia si affrettò verso il posto e lo raggiunse la notte del 3 agosto. Gli Indiani furono costretti a interrompere l’assedio. In seguito continuarono ad arrivare rinforzi, finché alla fine Willard si trovò al comando di 350 soldati inglesi e un numero imprecisato di Indiani Mohegan alleati.
La battaglia continuò fino alla mezzanotte del 4 agosto, ma nessuno dei due schieramenti riusciva a sloggiare l’altro dalla sua posizione finché Muttawmp, che aveva capito di aver ottenuto molto di ciò che si aspettava (compresi i rifornimenti fondamentali provenienti dal saccheggio di Brookfield), decise che non era il caso di rischiare la morte di altri suoi guerrieri e si ritirò dal campo di battaglia. Quindi condusse i suoi guerrieri a Hatfield. Lo stesso Metacom, con 40 guerrieri Wampanoag, arrivò là poco più tardi. Metacom – Re Filippo, sentito lo svolgimento dell’attacco, ricompensò i capi Nipmuc con cinture wampum.


Il carro infuocato di Brookfield – stampa del 1827

Il maggiore Willard lasciò ben presto la regione di Brookfield, per trasportare la maggior parte delle sue truppe ad Hadley, al fine di proteggere l’insediamento colonico ivi esistente. Completata la sua missione, tornò a Boston, lasciando ad Hadley i capitani Lathrop e Beers. Ad un miglio circa dalla cittadina, un certo numero di Indiani convertiti che abitavano nelle vicinanze occupò un piccolo forte disabitato. In considerazione delle difficoltà che c’erano nella regione, costoro, come tutti gli altri Indiani, erano controllati e sospettati di connivenza con Filippo. Per mettere alla prova la loro fedeltà, Lathrop e Beers, al comando di una compagnia di centoottanta uomini, ordinarono a questi Nativi di arrendersi e cedere le armi. Questi esitavano a conformarsi all’ordine, ma promisero una pronta obbedienza. Ma la notte seguente, il 25 agosto, essi abbandonarono il forte e risalirono il fiume verso Deerfield per andare a congiungersi a Filippo. Alle prime ore del mattino dopo i capitani inglesi cominciarono l’inseguimento e li raggiunsero mentre si trovavano in una palude di fronte all’attuale cittadina di Sunderland, dove cominciò un’aspra battaglia. Gli Indiani combatterono valorosamente, ma infine furono messi in fuga, perdendo 26 guerrieri. Gli Inglesi persero 10 combattenti. Gli Indiani fuggiti raggiunsero i guerrieri di Filippo, mentre Lathrop e Beers tornarono alla loro sede di Hadley.
Il 22 agosto gli Indiani effettuarono una scorreria contro la cittadina di Lancaster (Massachusetts). Entrati nel villaggio in ordine sparso, con la tattica di muoversi furtivamente per colpire il più possibile prima che si potesse dare l’allarme, gli Indiani uccisero otto persone in zone differenti dell’abitato, per sparire subito dopo nell’oscurità della foresta e delle paludi circostanti.
Il 2 settembre 1675 per gli abitanti di Northfield era una giornata come le altre. Voci di attacchi indiani erano circolate per tutta l’estate e la cittadina aveva richiesto a Hadley rinforzi per i soldati della locale guarnigione, ma non si era ancor visto nessun aiuto. Improvvisamente crepitarono colpi di fucile e donne e bambini corsero al forte in cerca di salvezza. Gli uomini, intenti al raccolto del grano nei campi, furono colti di sorpresa e otto rimasero uccisi. Il bestiame venne macellato sul posto dagli attaccanti, il grano distrutto e alcuni edifici incendiati. I sopravvissuti si raggrupparono dentro il forte, con nelle orecchie i colpi di fucile, le urla degli attaccanti e i lamenti del bestiame.
Nel frattempo, Hadley aveva effettivamente inviato truppe a Northfield e una colonna di 38 soldati al comando del capitano Robert Beers era in viaggio. Quando i soldati arrivarono a quattro miglia da Northfield, decisero di fermarsi per la notte e la mattina presto del giorno dopo continuarono il viaggio a piedi, lasciando una guardia armata per i cavalli. Improvvisamente scattò un’imboscata: vennero uccisi 22 soldati, compreso il capitano Beers. I sopravvissuti tornarono a Hadley per dare l’allarme e il 5 settembre una missione di salvataggio composta da 100 soldati accorse a Northfield per accompagnare i coloni in salvo a Hadley. Con qualche protesta i coloni acconsentirono a lasciarsi alle spalle i campi e le bestie e a cercare la salvezza nel forte di Hadley. Dopo la loro partenza, gli Indiani incendiarono Northfield; Re Filippo usò il villaggio nei mesi successivi come punto d’incontro con le altre tribù del fiume Connecticut.
Verso la metà di settembre, il capitano Lathrop venne inviato, con 88 uomini, a Deerfield per approvvigionarsi di mais, grano ed altri generi alimentari. Ciò avveniva nello stesso momento in cui la compagnia del capitano Mosely, acquartierata a Deerfield, intendeva inseguire il nemico indiano. Ma il 10 del mese (definito il giorno fatidico, il più cupo che mai abbia intristito il New England), la compagnia di Lathrop fu attaccata dagli Indiani, che avevano scelto un posto molto vantaggioso per il loro proposito, sapendo che gli Inglesi sarebbero passati proprio in quel punto. Il luogo si trovava nei pressi del villaggio ora chiamato Muddy Brook, nella parte meridionale di Deerfield, dove la strada ancor oggi attraversa un piccolo ruscello, costeggiata da uno stretto pantano.
Qui gli Indiani, in gran numero, si erano posizionati per un’imboscata; Lathrop era appena giunto sul posto, che gli Indiani scatenarono sulla colonna un fuoco intenso e distruttivo, quindi corsero fuori con furia per ingaggiare il corpo a corpo. I ranghi degli Inglesi si scompigliarono, le truppe sparpagliate vennero attaccate ovunque. Quelli che sopravvissero al primo assalto affrontarono il nemico in lotte individuali, cercando di vendere la pelle il più cara possibile. Cercando il riparo di un albero, ciascuno sceglieva un obiettivo, e la tremenda battaglia divenne ora una gara di abilità nel mirare giusto, azione da cui dipendevano la propria vita o la morte. Ma la soverchiante superiorità in numero degli Indiani non lasciava spazio alle speranze per gli Inglesi: rimasero tagliati fuori da ogni possibilità di ritirata, finché vennero distrutti quasi tutti. I morti, i feriti, i moribondi coprivano il terreno in ogni direzione. Del centinaio di uomini, compresi i conduttori dei carri, solo sette o otto sfuggirono alla strage. I feriti vennero massacrati senza pietà. La compagnia era formata da giovani scelti, “il fior fiore della contea di Essex, nessuno dei quali si vergognava di parlare col nemico per la strada”. Diciotto uomini erano di Deerfield.


Battaglia di Muddy Brook (ribattezzata Bloody Brook dopo lo scontro)

Il capitano Mosely, trovandosi alla distanza di sole quattro o cinque miglia, udì le scariche di fucileria ed arguì quale ne fosse la causa. Con una rapida marcia in soccorso di Lathrop, giunse sul posto alla fine della battaglia, quando trovò gli Indiani che spogliavano e straziavano i morti. Subito le sue truppe avanzarono in ordine compatto e irruppero fra le schiere nemiche, caricando avanti e indietro e abbattendo chiunque si trovasse alla portata del suo fucile. Dopo molte ore di strenua lotta, costrinse gli Indiani a fuggire rifugiandosi nelle zone più remote della foresta. Le sue perdite ammontarono a due morti e undici feriti. Ad ogni modo il villaggio di Deerfield venne evacuato.
Fino a questo momento, gli Indiani della zona di Springfield si erano mantenuti amichevoli verso gli Inglesi, rifiutando gli appelli di Filippo di cooperare con lui contro la popolazione bianca. In particolare, gli indiani Mawaga (della tribù Pocomtuc) erano stati molto accomodanti con i coloni di Springfield, fin dal loro primo incontro, avvenuto nel 1635 a Roxbury, Massachusetts. Allo stesso modo, gli abitanti di Springfield – conformi ai comportamenti di amichevole commercio raccomandati dal fondatore dell’insediamento, Wiliam Pynchon – erano stati in buoni rapporti con i Nativi della zona. Diversamente dagli insediamenti immediatamente a sud di Springfield – come Hartford, Connecticut, che aveva combattuto nelle guerre con i Pequot e trattato spesso i Nativi da nemici – durante i suoi primi 39 anni d’esistenza Springfield non aveva mai subito un’incursione indiana. Fino al 1675 era molto facile vedere dei Nativi camminare per le strade di Springfield, visitando i coloni inglesi ed entrando nel commercio locale.


Ancora una stampa sulla battaglia di Muddy Brook

L’armonia finì nell’ottobre 1675, quando lo stesso Filippo andò in visita ai Mawaga di Springfield, presso la loro fortificazione cui oggi corrisponde Longhill Street, nella zona sud. Dopo questo incontro, centinaia di indiani Mawaga si spostarono verso l’area di Sprinfield oggi nota come “la palizzata di Filippo”. Qui si dice che Filippo abbia incitato i Mawaga alla rivolta contro i coloni inglesi di Springfield e a bruciare la città dalle fondamenta. Ormai Filippo aveva in pugno le città del nord, e i Mawaga erano attentamente controllati dagli Inglesi, che supponevano che tutti gli Indiani potessero schierarsi al suo fianco, visto che la sua causa sembrava prevalere. I sospetti che erano sorti su di loro furono confermati. Wampanoag e Mawaga avevano predisposto un piano d’azione per distruggere il villaggio inglese. Questo piano, però, venne rivelato da un Indiano di Windsor, di nome Toto: i coloni di Springfield ebbero a malapena il tempo di rifugiarsi nei loro fortini.
Nonostante l’allarme sull’avanzata indiana, 45 delle 60 abitazioni di Springfield vennero incendiate e rase al suolo, e così fu anche per il raccolto e i mulini, che appartenevano al capo del villaggio, John Pynchon. La maggior parte della città divenne rovine fumanti e la maggior parte degli abitanti pensava di abbandonarla completamente. Quest’idea venne respinta e gli abitanti di Springfield resistettero sotto assedio per tutto l’inverno del 1675. In quell’inverno, il fortino del capitano Miles Morgan divenne la postazione difensiva di Springfield. Molti dei cittadini sopravvissuti vissero là per tutto il periodo dell’attacco a Springfield. Col favore delle tenebre, Morgan mandò uno dei suoi servitori indiani ad Hadley, dove permanevano le truppe della Colonia di Massachusetts Bay sotto il comando del maggiore Samuel Appleton, per avvertirlo della brutta situazione in cui versava Springfield. Allora gli armati marciarono sulla cittadina e ruppero l’assedio.
La sicurezza di Filippo e dei suoi Indiani adesso era enormemente incrementata dai successi ottenuti. Il successivo obiettivo cui miravano era il quartier generale dei Bianchi, con la speranza di distruggere Hatfield, Hadley e Northampton come avevano fatto con Springfield. Ma questo piano fallì. Il capitano Appleton, con una compagnia, si trovava ad Hadley, mentre i capitani Mosely e Poole, con due compagnie, erano ad Hatfield; inoltre il maggiore Treat era appena tornato a Northampton per rinforzare la difesa dell’insediamento. Contro tali comandanti, era impossibile per gli Indiani vincere una battaglia in campo aperto. In ogni caso il 19 ottobre 1675 gli uomini di Filippo fecero un audace tentativo, radunandosi in sette-ottocento su una collina che sovrastava Hatfield, attaccando la cittadina contemporaneamente da tutti i lati. Preventivamente avevano tagliato fuori diversi gruppi di coloniali che stavano pattugliando i boschi nelle vicinanze. Mentre Poole difendeva valorosamente un’estremità, con non minor vigore Mosely proteggeva il centro e Appleton, sopraggiunto con le sue truppe, manteneva l’altra estremità. Dopo una dura lotta gli Indiani furono respinti da tutti i punti.
Si sa che Filippo, dopo aver lasciato la frontiera occidentale del Massachusetts, si avvicinò al paese dei suoi alleati Narraganset. Il 2 novembre 1675 Josiah Winslow condusse un’armata composta da 1000 uomini delle milizie coloniali di Plymouth, Connecticut e Massachusetts Bay, compresi 150 guerrieri Pequot e Mohegan, con lo scopo di abbattere il potere di Filippo sulla tribù Narragansett, che viveva sulla Narragansett Bay. I Narragansett erano stati alleati degli Inglesi nella guerra contro i Pequot (1637-1638), e finora non si erano impegnati nella guerra con entusiasmo, ma pare avessero dato asilo a molti uomini, donne e bambini Wampanoag, e si diceva che parecchi guerrieri della tribù fossero stati visti partecipare alle incursioni dei Nativi contro i villaggi inglesi; non c’erano dubbi che avevano intenzione di intervenire ed era nei piani di Filippo di spingerli all’intervento diretto.


I Coloni non si fidavano dei Narragansett, temendo che in primavera la tribù avrebbe aderito alla causa di Re Filippo, cosa che causava grande preoccupazione, vista la dislocazione dei Narragansett sul territorio. La decisione che si prese fu di colpire preventivamente i Narragansett prima di una loro presumibile rivolta. La milizia che marciò nel freddo inverno intorno alla Narragansett Bay trovò e diede alle fiamme molti villaggi Narragensett già abbandonati.

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