L’inizio della corsa all’oro del Klondike

A cura di Angelo D’Ambra


La Klondike Gold Rush ha avuto luogo in quello che oggi è lo Yukon, regione canadese delimitata dall’Alaska ad ovest, dalla Columbia Britannica a sud, dai Territori del Nord-Ovest ad est e dall’Oceano Artico a nord. Prima del 1898, tuttavia, questa immensa area coperta da una secolare foresta di conifere che si sbroglia in una grande tundra verso nord fino a lambire i perenni ghiacci polari, faceva parte del vasto Territorio del Nord-Ovest del Canada.
L’area che i cercatori individuarono come Klondike prese il nome dall’omonimo corso d’acqua che inizia il suo percorso nelle montagne Ogilvie e sfocia nel fiume Yukon presso l’attuale Dawson City. Leggi il resto

La febbre dell’oro del Klondike

A cura di Sergio Mura
Un cercatore d’oro
Il 16 agosto 1896, un giorno qualunque nel calendario delle speranze dei cercatori d’oro, a George Washington Carmack e ai suoi due amici pellerossa accadde il miracolo: pescarono una pepita d’oro – una vera! – dal letto del Rabbit Creek, un tributario del Klondike River canadese. Quella che ne seguì, con codazzo di gioie e disperazioni, fu la più importante corsa all’oro di cui si serbi ricordo nella storia del west nordamericano. Oltre 100.000 cercatori d’oro, perlopiù improvvisati, poveri e disperati, si riversarono nel Klondike; cercavano la fortuna che però arrise solamente ad una piccolissima minoranza. Solo 40.000, tra l’altro, riuscirono a trovare spazio nei campi auriferi.
A fianco alla marea montante di emigranti che si spostarono dagli Stati Uniti verso il Canada, si mosse anche una nutrita e intrigante folla di piccoli trafficoni, uomini e donne molto scaltri che sfruttarono la corsa all’oro da una posizione comoda avviando attività commerciali di supporto ai veri cercatori. Leggi il resto

Il falco, un western metafisico

A cura di Gian Mario Mollar
Håkan Söderström è un gigante, fatto della stessa sostanza delle leggende. Lo chiamano Hawk, il Falco, perché incapaci di pronunciare le aspre vocali che compongono il suo vero nome. È “grande quanto lo può diventare un essere umano pur restando tale” e avvolto in un mantello fatto di pelli cucite insieme, da cui pendono teste e zampe di diversi animali. Sul suo conto, si narrano storie incredibili: pare abbia strangolato un puma a mani nude e ucciso donne e bambini, si dice che sia stato un capo indiano e abbia trascorso lunghi anni vagando nel deserto e nascondendosi in canyon profondi e irraggiungibili.
L’equipaggio della Formidable, una nave rimasta incagliata in prossimità dell’Alaska, lo guarda emergere dai ghiacci affascinata e intimorita, e lo ascolterà raccontare la sua storia: la storia meravigliosa e al contempo desolante di un migrante, sbarcato tanti anni prima nella neonata San Francisco, un porto spettrale, fatto di relitti di imbarcazioni, per sfuggire al freddo e alla fame della propria patria, la Svezia. Leggi il resto

Storia dei popoli del Nord-America – 2

A cura di Claudio Ursella
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (ultima).


IL PRIMO AMERICANO

Come è noto il termine “indiani”, con cui furono denominati gli abitanti del Nuovo Mondo, fu conseguenza dell’equivoco di Cristoforo Colombo, convinto di essere approdato in quell’ottobre del 1492, sulle coste agognate del Catai o di Cipango, i nomi allora in uso per la Cina e il Giappone, le Indie lontane del tempo; d’altra parte quell’equivoco è forse in qualche modo giustificabile, non solo a causa delle conoscenze geografiche del tempo, ma anche e soprattutto per le caratteristiche morfologiche comuni a tutti i nativi americani, che certo in qualche modo ricordano le popolazioni asiatiche. Leggi il resto

Soapy Smith, re dei malfattori

A cura di Sergio Mura

Soapy Smith
Jefferson Randolph Smith, noto ai più come “Soapy Smith” (l’Insaponato), fu probabilmente la persona più conosciuta tra quelle collegate in qualche maniera alla Corsa all’Oro. Senza dubbio fu un criminale scaltro e intelligente nello stesso tempo, come ce ne furono pochissimi in tutta la storia del west americano. Grazie a queste doti riuscì a mettere su e a gestire un sottobosco umano fatto di malfattori, rapinatori, ladri che ebbe la ventura di durare per parecchi mesi durante la corsa all’oro dell’Alaska. Leggi il resto

La frontiera delle “città del miraggio”

A cura di Renato Genovese

L’Hotel Empire, definito pomposamente “uno dei migliori alberghi di tutta l’alta California”, non era altro che una baracca due piani, costruita con grosse tavole di legno con il tetto coperto da un semplice telone.
Ma aveva ben tre finestre a vetri che si affacciavano sulla “main street”, la polverosa strada principale della cittadina mineraria di Rich Bar, e questo dettaglio veniva considerato dei ricercatori del luogo come il massimo della sciccheria. L’interno, poi, secondo il metro di giudizio di quegli uomini rudi e senza pretese, che passavano le loro giornata a scandagliare il fondo del fiume Feather per ricavare qualche oncia di polvere d’oro, era ancora più lussuoso: a parte l’angolo adibito a magazzino (con padelle, lardo, palle, piccoli, sacchi di patate, barili di sottaceti e merce di tutti i generi ammonticchiata alla rinfusa di qua e di là), e trascurando le latrine a cielo aperto poste sul retro della costruzione, tutto il resto dell’hotel era foderato di quella orribile stoffa rossa damascata così diffusa nei più rinomati bordelli dell’epoca. Leggi il resto

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