- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

Viaggio nel West (giugno 2007)

A cura di Omar Vicari

Quest’anno Farwest.it ha contribuito ad organizzare un viaggio nel West a cui hanno partecipato numerosi appassionati. Quello che segue è il resoconto scritto da Omar Vicar, uno degli autori del nostro sito.
Subito dopo il testo vi è un’ampia raccolta di immagini.
Per vederle in dimensioni generose è sufficiente cliccarci sopra. Ogni immagine è anche corredata da una didascalia che aiuta a inquadrarla nell’ambito del racconto di viaggio.
Buona visione!

Diario di un viaggio nel Wyoming e… dintorni!

1 giugno (venerdì)
Levataccia in mattinata, puntuale il taxi ci porta (io e l’amico Walter) dall’albergo all’aeroporto di Verona dove espletiamo le operazioni di check-in. L’aereo decolla in perfetto orario e alle 8.30 siamo a Monaco di Baviera dove dopo un’ora ci attende quello per Denver (Colorado).
Il viaggio è molto lungo e a bordo in pratica si dorme la maggior parte del tempo. Riesco dopo un po’ a individuare la comitiva partita da Ancona con la quale scambio solo un rapido saluto dal momento che occupiamo posti lontani. All’arrivo a Denver abbiamo solo un’ora per la coincidenza con Rapid City e oltretutto dobbiamo ritirare i bagagli e passare la dogana, cosa che ci farà perdere molto tempo. Purtroppo Corvo Rosso (Benvenuto) e compagni devono anche fare l’imbarco per l’ultima tratta e l’inconveniente ci impedisce di rimanere uniti.
Io e Walter riusciamo con fatica (aeroporto immenso) a prendere il volo per Rapid City, mentre degli altri non abbiamo più notizie. Si spera riescano a prendere l’aereo successivo.
Il volo dura solo un’ora, l’aereo scivola su nuvole minacciose e infatti a Rapid City piove.
Una volta scesi non troviamo nessuno ad attenderci e solo dopo due ore arriva Ferdinando (uno dei proprietari del ranch) che gentilmente ci aiuta a noleggiare una macchina all’aeroporto.
Ci riuniamo col gruppo di Benvenuto che nel frattempo è arrivato e insieme, guidati da Ferdinando, prendiamo l’autostrada “90” per andare verso il ranch.
Mi accorgo subito che le distanze tra località diverse negli USA sono un’altra cosa. Ciò che nelle cartine sembra vicino, in realtà è molto di più. Ci vogliono infatti più di due ore per raggiungere il ranch, oltretutto sotto un diluvio di pioggia.
Arriviamo al ranch attorno alle 23.00 dei nostri orologi che ancora segnano l’ora italiana. Sul posto sono solo le 3.00 del pomeriggio, ma è come se fosse notte fonda dato che il cielo è oscurato completamente da nuvole nere e basse che continuano a vomitare pioggia. Mi dicono che nel Wyoming non pioveva in tal modo da circa otto anni, per cui gli abitanti del posto considerano la pioggia una vera manna. Io ho pensato che forse si poteva attendere ancora per quindici giorni.
Al ranch disfiamo le valigie, conosciamo gli altri ospiti e dopo qualche ora ci serviamo la cena (al ranch è tutto molto spartano, in altre parole facciamo da soli).
Dopo cena facciamo quattro chiacchiere discutendo del programma per il giorno dopo che prevede una visita ad un’asta di cavalli a New Castle un piccolo paese a sud di Sundance (già!, proprio la cittadina che ha dato il nome a Harry Longbaugh alias “Sundance Kid”).
Siamo ormai molto stanchi, per cui ci scambiamo un rapido saluto e andiamo di corsa a dormire.

2 giugno (sabato)

Stranamente, nonostante la stanchezza del giorno prima, ci svegliamo molto presto. Facciamo una rapida colazione e poi col pulmino del ranch partiamo per New Castle.
La strada che percorriamo lambisce la sagoma della “Devil’s Tower”, una montagna di circa 250 metri che sembra un enorme fungo spuntato chissà come dalla terra circostante. Per inciso, la montagna, sacra ai Sioux, è ormai nota in tutto il mondo per il film “Incontri ravvicinati del terzo tipo” che Spielberg ha ambientato là. Ci fermiamo per prendere delle fotografie, quindi ripartiamo portandoci sulla “US 14” che conduce sino a Sundance.
La città (si fa per dire) è molto piccola, qualche casa qua e là e niente di più. Eppure l’emozione è tanta perché, come ho già detto, è proprio qui che a Harry Longbaugh, ospitato nella locale prigione, è stato affibbiato il soprannome di “Sundance Kid”.
Ripartiamo da Sundance e arriviamo a New Castle attorno alle ore 12.00. La vendita dei cavalli inizia dopo un’ora per cui approfittiamo per mangiare l’unica cosa che c’è, cioè un hamburger con fagioli, del pane immangiabile e una brodaglia che qui definiscono caffé.
La gente del posto è tutta vestita alla maniera western, con l’immancabile “Stetson” sul capo, jeans e stivali da cowboys. Alle 13.00 inizia la vendita dei cavalli accompagnata da una curiosa e monotona litania di uno speaker al microfono che alla fine aggiudica gli animali al miglior offerente. Ci intratteniamo a New Castle sino a metà del pomeriggio, quindi ripartiamo per Spearfifh, una cittadina del Sud Dakota nella zona delle Black Hills, dove ci fermiamo per fare delle compere. E’ già tardi quando ripartiamo, per cui ci affrettiamo a raggiungere il ranch. Una volta a casa ci serviamo la cena, le solite quattro chiacchiere e poi di corsa a letto.

3 giugno (domenica)

Personalmente, dopo aver fatto colazione, passo la mattinata a scrivere dato che sono l’unico del gruppo a non aver mai montato un cavallo. Gli altri sono abbastanza esperti e insieme sono usciti per una cavalcata tra i boschi vicini al ranch. Devo confessare che mi annoio un po’ e sto pensando che domani, se gli altri usciranno a cavallo, di andarmene anche da solo sino a “Little Big Horn”.
Nel pomeriggio, grazie a Francesca (una ragazza di Roma esperta di cavalli), ho potuto montare un cavallo per la prima volta in vita mia. Per carità, sono andato solo al passo, ma è stata comunque una esperienza piacevole, per cui credo riproverò ancora.
Una rapida doccia (fredda, cavolo!), la cena e poi subito a letto.

4 giugno (lunedì)

Alzataccia alle 5.00. Il proposito è quello di andare insieme a Benvenuto e Lorenzo (Piccolo Ranger) a “Little Big Horn”, distante circa quattro ore di macchina dal nostro ranch.
Venire nel Wyoming e non arrivare sino alla collina di Custer (nel Montana), sarebbe un peccato.
Dopo qualche chilometro di strade che si inoltrano nelle Black Ills, prendiamo la “US 90”.
Passiamo città come Gillette, Buffalo e Sheridan. Entriamo nel Montana e la strada ci porta proprio alla collina che circa 130 anni fa è stata testimone del massacro di circa 250 uomini del 7° Cavalleria. Una volta sulla collina l’emozione è tanta e ti accorgi che soltanto il vento accarezza un cippo e le bianche pietre tombali posate nelle posizioni in cui giorni dopo furono trovati i corpi dei soldati caduti. Presso il “Visitor Center” c’è un bellissimo museo nel quale sono raccolte armi, uniformi, la giubba di Custer, costumi indiani ecc.
Prima di arrivare alla collina, siamo passati al “Garry Owen Point”, la località dove in pratica sono iniziate le operazioni finite poi con la battaglia sulla collina. Un piccolo museo e centinaia di libri sono testimoni di ciò che sarebbe accaduto in seguito.
La zona che stiamo percorrendo è piena di cosiddetti “Historical Site”, posti in cui la cavalleria americana che proteggeva l’avanzata dei pionieri verso ovest, si scontrava di continuo con bande di Sioux e Cheyenne che invece tentavano arginare la marea di bianchi che affluivano nelle loro terre.
Di ritorno verso il ranch infatti, a sud di Sheridan nel Wyoming, ci siamo fermati presso il luogo del “massacro di Fetterman”. In quel punto c’è solo un cippo che ricorda la morte di circa 80 cavalleggeri condotti dal capitano Fetterman, un arrogante ed inesperto ufficiale attirato in una imboscata dal genio di Crazy Horse.
Poco distante, verso sud, ci sono i resti (pochi per la verità) di quello che una volta era il “Fort Phil Kearney”. Il forte che serviva come avamposto per favorire l’avanzata dei pionieri, venne abbandonato, come è noto, secondo gli accordi presi con Nuvola Rossa e successivamente bruciato da una banda di Cheyenne.
Visitato il luogo, mi rendo conto che si sta facendo tardi, per cui riprendiamo la “90” e ci dirigiamo di corsa verso il ranch.
Una volta a casa ripenso ai luoghi visitati appena qualche ora prima, posti che mille volte avevo visto solamente nei libri e che ora invece sono stampati a caratteri indelebili nella mia mente.
Faccio una rapida doccia e finalmente una buona cena a dispetto di quello che ci hanno rifilato nel ristorante (si fa per dire) vicino alla collina gestito da indiani Crow.
Vado dormire pensando al programma di domani.

5 giugno (martedì)

Mattinata tranquilla. Gli altri sono a cavallo e io sto scrivendo qualcosa qui al ranch.
Nel pomeriggio andremo a Belle Fourche (Sud Dakota) per delle compere e, tempo permettendo, faremo una capatina a Deadwood.
Alle ore 14.00 ci mettiamo in macchina (Io, Peet Pat , Sandro e Stefania, due amici che ancora non frequentano il sito). Raggiungiamo in un’ora Belle Fourche dove facciamo delle compere.
Ripartiamo per raggiungere White Wood. Anche qui compere.
E’ ancora presto e allora di corsa verso Deadwood (finalmente!). La città che oggi si presenta ai nostri occhi appena entrati nella valle, non è neanche lontana parente di quella che una volta era una fogna a cielo aperto. La città comunque presenta ancora oggi un aspetto tipicamente western anche se Deadwood oggi può essere considerata una piccola Las Vegas dato l’alto numero di locali dove è legalizzato il gioco d’azzardo. Ai tempi della corsa all’oro da queste parti sciamavano avventurieri, emarginati e morti di fame e i primi insediamenti della città (si fa per dire) erano letteralmente circondati da tronchi d’albero abbattuti dagli incendi naturali causati dai fulmini. Proprio quei tronchi secchi avrebbero dato il nome alla città: Deadwood.
La città,come ho già detto, conserva ancora intatta l’atmosfera avventurosa del diciannovesimo secolo. Uno dei suoi punti caratteristici è il “Bullock Hotel” che prende il nome da Seth Bullock, il primo sceriffo della città e contemporaneo di personaggi leggendari come Wild Bill Hickok e Calamity Jane.
Un altro impedibile luogo della città è “l’Old Style Saloon N° 10″, quello per intenderci dove Wild Bill pescò la sua ultima carta.
James Butler Hickok, come è noto, venne assassinato (è il termine esatto) alle spalle da Jack Mc Call durante una partita a carte. Al giudice che gli chiedeva il perché non avesse affrontato apertamente Hickok, Mc Call rispose candidamente che non avrebbe potuto dato che sarebbe stato sicuramente la sua trentasettesima vittima.
Non avrei potuto lasciare Deadwood senza prima fare una visita al ” Mount Moriah Cemetery ” dove ancora oggi riposano insieme Wild Bill e Calamity Jane.
Il cimitero, tipicamente anglosassone, ha una vista panoramica sull’intera vallata. Devo confessare di aver provato una certa sensazione nel trovarmi vicino alle tombe di questi straordinari personaggi. Lasciato il cimitero, mi dirigo presso il “Visitor Center” dove compero alcuni libri.
E’quasi sera e decidiamo di fermarci a Deadwood per una buona bistecca . Nel locale tipicamente western risuona musica country a tutto volume. Dopo cena riprendiamo la macchina e, lasciato il Sud Dakota, ci avviamo lunga la “90” verso il Wyoming. Arriviamo al ranch che è ormai molto tardi. Un rapido saluto e subito a letto.

6 giugno (mercoledì)

Mattinata tranquilla. Dopo colazione faccio una passeggiata tra i boschi vicini al ranch, quindi mi accingo a scrivere qualcosa in attesa del pranzo.
A parte la presenza di un serpente nel ranch, il resto della mattinata scorre tranquillo.
Nel primo pomeriggio faccio una breve lezione a cavallo, quindi passo la serata in lettura. Si cena e si va a letto più presto del solito.

7 giugno (giovedì)

Mattinata con temporale forte. Sta piovendo dalla sera precedente e le previsioni non sono buone.
E’ impossibile uscire a cavallo per cui si decide di raggiungere Hulett, il più vicino paese per fare delle compere e spedire le cartoline.
Rientriamo al ranch per l’ora di pranzo. Nel pomeriggio sembra che il cielo si apra per cui alcuni si avventurano in una cavalcata nei boschi vicini. Io passo il tempo sino alla cena riposando e scrivendo qualcosa. Dopo cena, con gli altri, faccio il punto della situazione e decidiamo l’eventuale percorso che ci porterà a Wounded Knee, Fort Robinson ecc.

8 giugno (venerdì)

Mattinata tra i boschi e resto della giornata tranquilla al ranch.

9 giugno (sabato)

Mattinata a Hulett dove nell’arco della giornata si svolge il rodeo annuale. Lo spettacolo è ottimo con i cowboy che si cimentano con cavalli, tori e vitelli.
Sul tardi facciamo una scappata ai piedi della ” Devil’s Tower “. Si torna al ranch pensando al domani, giorno della partenza.

10 giugno (domenica)

Partenza dal ranch. Inforchiamo la “90” che ci porta in due ore circa a Rapid City. Da Rapid City, tra le foreste delle Black Hills raggiungiamo “Mount Rushmore”.
Lo spettacolo, a dire il vero, non mi procura una qualche emozione, anche perché avevo immaginato le facce dei quattro presidenti più grandi di quello che in realtà sono.
Lasciamo “Mount Rushmore” e ci avviamo verso il “Crazy Horse Memorial” che raggiungiamo dopo 17 miglia. Il monumento iniziato circa cinquanta anni fa, è al di là dall’essere finito.
Solo la testa, immensa, è in pratica finita e chissà il resto del corpo quando lo sarà.
Al museo, veramente bello, compero gioielli indiani e qualche libro. Ce ne sono a centinaia, libri che, come ho già detto, in Italia non arriveranno mai.
Dopo il “Crazy Horse Memorial” ci inoltriamo nel “Custer State Park” nella speranza di vedere i bisonti liberi al pascolo. A dire il vero ne vediamo pochi, in compenso vediamo moltissimi “prairie dogs”, ovvero cani della prateria. Una volta fuori dal parco ci avviamo verso la zona delle “Bad Lands”.
Arriviamo sul tardi a Scenic, una tipica città western che, complice la luce ormai serale, assomiglia decisamente a una di quelle città fantasma, una “ghost town” tanto per intenderci.
Non troviamo uno straccio di motel (figuriamoci), per cui siamo costretti a tornare verso Rapid City. Mangiamo qualcosa e poi subito a letto nel primo motel che incrociamo.

11 giugno (lunedì)

Partiamo da Rapid City e in un’ora siamo alle “Bad Lands”.
Lo spettacolo è a dir poco eccezionale. Canyon, dirupi e burroni si succedono lungo la strada. Ci fermiamo a scattare molte fotografie e nel frattempo mi chiedo come la natura possa a volte sbizzarrirsi nel creare simili meraviglie. Mangiamo qualcosa presso il “Visitor Center” di “Cedar Pass” e poi in macchina corriamo verso il Nebraska non prima di aver fatto una visita a Wounded Knee, la località dove nel 1890 i Sioux di Big Foot furono sterminati dal rinato 7° cavalleria.
Un cippo modesto onora le centinaia di vittime della banda di Big Foot. Il numero esatto rimarrà per sempre ignoto e tra essi molte donne e bambini massacrati assieme a qualche guerriero dalle giacche blu. Lasciato il piccolo cimitero, ci inoltriamo lungo la strada che conduce nel Nebraska all’interno della riserva di “Pine Ridge”. La riserva è classificata tra le regioni più povere degli Stati Uniti. Il tasso di disoccupazione sfiora l’80 % e pure molto alto è il livello di alcolismo.
Decrepite sono le stazioni di servizio ricolme di auto da rottamare e i negozi da terzo mondo, complice una tempesta di acqua e polvere che ci ha sorpreso, fanno da corollario a un quadro che assomiglia più a un girone infernale.
Passata “Pine Ridge”, siamo nel Nebraska e visto che è quasi sera ci fermiamo a Chadron per passare la notte. Domani faremo una visita a “Fort Robinson”, il luogo dove Crazy Horse venne assassinato.

12 giugno (martedì)

Siamo a “Fort Robinson”, il luogo dove oltre a Crazy Horse venne imprigionata e poi decimata una banda di Cheyenne condotta da Dull Knife e Little Wolf.
Colpisce subito il contrasto tra l’accuratezza dei viali del forte, le case ben tenute, la rasatura dell’erba dei giardini e la desolazione che circonda invece “Wonded Knee” e in generale la riserva di “Pine Ridge”.
E’ evidente che il governo americano sa dove spendere bene i propri soldi.
Visitiamo il museo con armi e divise dei cavalleggeri dell’epoca. Scattiamo molte fotografie, una tra l’altro nel luogo esatto dove venne “baionettato” Crazy Horse.
Dopo la visita risaliamo sulle macchine e ci dirigiamo sotto un temporale apocalittico verso la città di Kearney, nelle cui vicinanze c’è quello che rimane del vecchio “Fort Kearney” (chiamato così in onore di Stephen Kearney), un avamposto edificato nel 1846 per favorire l’avanzata dei pionieri lungo la pista dell’Oregon.
Finita la visita, mangiamo qualcosa e andiamo subito a letto.

13 giugno (mercoledì)

Partiamo in mattinata sotto una pioggia torrenziale e ci dirigiamo verso lo stato del Missouri.
Nel primo pomeriggio, complice il tempo rimesso, siamo a St. Joseph, la città dove il 3 aprile 1882 Bob Ford assassinò Jesse James.
Visitiamo la casa del famoso bandito che è in pratica un piccolo museo. Originale è il quadro che Jesse stava sistemando quando Bob Ford lo uccise. Originale è anche la sedia che Jesse usò per sistemare il quadro e il buco nella parete provocato dal proiettile è lo stesso di quel tragico giorno.
Facciamo molte fotografie e personalmente mi dilungo nel comperare libri che, ripeto, in Italia non troveremo mai. Mi fa un certo effetto constatare che sto camminando nelle stesse stanze in cui Jesse ha camminato e che ho sfiorato con le dita lo stesso quadro che l’antico guerrigliero stava sistemando prima del colpo di Bob Ford. Usciamo dalla casa di Jesse e ci dirigiamo verso il motel di Kansas City con l’intenzione di visitare domani a Kearney la casa natale dello stesso Jesse.

14 giugno (giovedì)

Ci mettiamo in macchina di buon’ora e dopo circa mezz’ora raggiungiamo Kearney, il paese natale di Jesse Woodson James. La fattoria, un po’ fuori dal paese, è molto bella e circondata da molto verde. All’interno troviamo molti degli oggetti appartenuti a lui e al fratello Frank James.
Ci sono anche molte fotografie dei due fuorilegge e quelle degli altri componenti la famiglia.
Fuori nel giardino c’è tutt’ora il cippo collocato nel posto esatto dove Jesse venne sepolto dopo la sua morte. Il corpo del bandito è stato in seguito riesumato al fine di eseguire il test del DNA in quanto più di un impostore ha gridato al mondo, in anni neanche poi tanto lontani, di essere il vero Jesse il bandito. Il corpo, dopo la riesumazione, è stato di nuovo sepolto nel vicino cimitero di Mounth Oliveth. Purtroppo riesco a fare solo alcune foto all’interno della casa dato il divieto, ma mi consolo comperando diversi libri e la bandiera di “Dixie”, per intenderci quella della Confederazione, che a parer mio è più bella di quella a stelle e strisce.
Usciamo dalla casa e torniamo verso Kansas City pensando al domani, il giorno in cui lasceremo gli States per tornare in Italia.

15 giugno (venerdì)

Beh! non c’è molto da dire se non che siamo sull’aereo sulla via del ritorno con la sicurezza di aver trovato quello che cercavo e la speranza di tornare tra qualche anno a vedere i luoghi in cui non è stato possibile arrivare. Stiamo arrivando ragazzi!

Il ranch Walter entra nel recinto dei cavalli
Immagini del ranch Omar, per la prima volta su un cavallo
Garryowen Point Oggetti appartenuti a Custer
Oggetti appartenuti a Custer Armi nel museo sulla collina
Armi nel museo sulla collina Armi nel museo sulla collina
Armi nel museo sulla collina La collina di Custer
Lapidi dei soldati sulla collina Accanto al cippo sulla collina
Il cippo del massacro di Fetterman Palizzata del vecchio Fort Phil Kearny
Interno del ranch La tomba di Wild Bill Hickok e Calamity Jane
Calamity Jane sepolta accanto a Hickok Sulla main street di Deadwood
Il mitico saloon n° 10 Seth Bullock hotel a Deadwood
Birreria a Deadwood La main street di Deadwood
Immagini del ranch Immagini del ranch
Attorno al ranch Il ranch in lontananza
I fuorilegge li fotografavano cosi Hulett, tipica cittadina western
Ancora Hulett Ancora Hulett
Ancora Hulett Rodeo a Hulett
Devil’s Tower Bisonti in un ranch
Mandria in autostrada Mount Rushmore
Tra le Black Hills Il Crazy Horse Memorial
Scenic, decisamente western Ancora Scenic
Ancora Scenic Ancora Scenic
Con un indiano del luogo Le Badlands
Ancora le Badlands Ancora le Badlands
Sempre le Badlands Le Badlands dietro le spalle
Visitor Center delle Badlands Cimitero di Wounded Knee
La targa a ricordo dell’eccidio Fort Robinson – il museo
Armi al museo di Fort Robinson Johnson, comandante al tempo di Crazy Horse
Qui morì Cavallo Pazzo Fort Kearny (Nebraska)
La palizzata del forte Dove Jesse venne assassinato
Armi appartenute al fuorilegge La famosa sedia di Jesse
Il proiettile che colpì Jesse Camera da letto di Jesse
Il quadro che Jesse stava sistemando Armi e oggetti nel museo della sua casa
Resti della bara Esterno della casa di Jesse
Qui fu interrato Jesse Lato posteriore della casa di Jesse
Tombe di Jesse e della moglie Tomba di Archie P. Samuel

Considerazioni finali:

E’ stata un’ottima esperienza dal momento che abbiamo visto e toccato con mano i posti che da sempre stuzzicavano la nostra fantasia o quantomeno la mia.
Little Big Horn, il Garryowen Point, il posto del massacro di Fetterman, il vecchio Fort Phil Kearney, Deadwood, Wounded Knee, Fort Robinson, le due case di Jesse e inoltre il Mount Rushmore, il Crazy Horse Memorial e il Custer State Park sino a pochi giorni fa potevo solo immaginarli. Ora sono fortemente impressi nella mia mente. Certo, non ho potuto mettere piede a Dodge City o a Sand Creek, ma credetemi, gli Stati Uniti sono enormi e tutto non si può vedere.
Forse tra due o tre anni si potrebbe organizzare un nuovo viaggio, questa volta nel sud-ovest, visitando ad esempio città come Tombstone.
Devo confessare di aver trovato gli americani gentilissimi e disponibili anche se qualcuno col brutto vizio di sputare in terra.
Il traffico nel Wyoming e nel Dakota è pressoché zero, ma bisogna fare molta attenzione a cervi e ad altri animali che hanno la cattiva abitudine di incrociare le macchine. Ne abbiamo visti diversi morti lungo il ciglio delle strade.
Il mangiare, almeno per me, stata una vera tragedia, ma credo lo sia per gli stessi americani data l’altissima percentuale di persone obese. E’ impressionante il numero di persone (specialmente donne) che viaggiano dai 150 ai 200 kg.
Per le bevande stesso discorso. Gli americani fanno un uso smodato di ghiaccio e il vino, a parte qualche ristorante di lusso, è quasi introvabile.