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Rapimenti e scorrerie

A cura di Giovanni De Sio Cesari

L’incontro fra culture molto diverse porta a incomprensioni altrettanto profonde: ciascuno dei due gruppi culturali interpreta le azioni dell’altro secondo i propri principi senza rendersi conto che esse invece possono avere diverso significato nella cultura di coloro che le compiono. Ciò avvenne anche nell’incontro fra i bianchi e i pellerossa, generando odi profondi che sfociarono il più delle volte in scontri aperti, razzismo, emarginazione, guerre indiane.
In questo piccolo approfondimento vogliamo concentrarci su un paio di usi indiani che risultavano inaccettabili ai coloni ed ai pionieri che si spostavano ad ovest, invadendo tra l’altro i territori dei Nativi.
Parliamo del rapimento (o dell’adozione) dei bambini e la scorreria.

Rapimenti e adozioni di bambini
Gli indiani accoglievano nelle proprie famiglie i bambini ed i giovani che venivano “catturati” al termine di battaglie o spedizioni guerresche.


Una fattoria attaccata dagli indiani

Questa abitudine ebbe quasi sempre tragiche conseguenze sui rapporti con i bianchi quando ad essere “adottati” erano fanciulli di quella razza. Le bande indiane non perpetravano dei veri e propri rapimenti, ma nelle continue guerriglie fra le tribù avveniva che restassero, dopo lo scontro, dei bambini orfani dei vinti. In questo caso gli indiani adottavano ed allevavano tali bambini come propri. Non era una malvagia usanza anzi… Un bambino senza famiglia si poteva considerare morto; se adottato, invece, poteva avere una vita come tutti gli altri. Questa usanza può essere considerata molto umana oltre a venire incontro alla esigenze proprie delle culture primitive di accrescere il numero dei membri delle proprie comunità.


Il pericolo di attacco era causa di ansia tra i coloni

Ma dal un punto di vista dei bianchi si trattava di un rapimento di bambini, uno dei crimini più nefandi che si possa concepire. Se poi si trattava di una bambina questa rischiava di essere data in sposa molto presto, secondo l’uso tribale, ma per i bianchi questa era ancora più terribile. Nella cultura giuridica dei bianchi era una violenza sessuale perpetrata contro una ragazzina, oltre che il rischio concreto della inaccettabile nascita di un figlio “bastardo”.

Le scorrerie
Per gli indiani era perfettamente lecito, anzi meritorio operare delle scorrerie presso le altre tribù per procurasi dei beni. I giovani per acquistare prestigio, per farsi belli agli occhi delle ragazze, compivano l’ardita impresa di assalire o rubare presso gli altri gruppi. Questo fatto entrava nella logica e nello spirito di quei bellicosi guerrieri e ciascuna tribù ricambiava allo stesso modo e con lo stesso stile. Effettivamente gli indiani potevano assalire diligenze e fattorie semplicemente per predare secondo i loro usi tradizionali dato che i bianchi, in fondo, possedevano una quantità di oggetti che essi non erano in grado di produrre e apparivano ricchissimi. Ma se per gli indiani erano quelle imprese gloriose di cui fare vanto intorno al fuoco del loro campo, per i bianchi era tutta un’altra questione! Gli indiani erano considerati ladri, rapinatori, assassini, criminali.


Una famiglia di pionieri nel cortile della loro casa

Per questi fatti i coloni invocavano l’intervento dell’esercito con l’intenzione di reprimere dei crimini più che per combattere un nemico. Gli indiani erano sostanzialmente equiparati ai banditi e delinquenti comuni: non erano sentiti come un popolo o un esercito nemico che si può combattere anche senza odio e secondo leggi di guerra e leggi umanitarie come era avvenuto per i Francesi del Canada o per i Messicani o anche nella Guerra Civile. Almeno in una prima fase dei rapporti tra popoli. La recrudescenza di certi fatti trasformarono rapidamente la richiesta di tutela in vero e proprio odio razziale.


Anche le donne rischiavano il rapimento

L’odio dei bianchi quindi era dovuto alle scorrerie e al rapimento dei bambini che per le mentalità indiana non erano “colpe” ma che tali apparivano invece ai bianchi; crimini propri di polpoli “selvaggi” per i quali non poteva esserci comprensione e che esigevano repressioni inflessibili, collettive come erano stato i “crimini” perpetrati. Mentre le tribù potevano rispondere a una scorreria con un’altra scorreria e ammiravano i guerrieri più bravi invece i furti e gli assalti provocavano nei bianchi reazioni abnormi, almeno secondo la mentalità indiana.