Nuvola Rossa e Othniel Marsh tra fossili e dinosauri

Othniel Marsh non aveva alcuna intenzione di trovarsi di nuovo nell’occhio del ciclone e Nuvola Rossa aveva accettato la sua posizione, continuando a scrivergli solo per inviargli dei regali e per chiedere cose di scarsa importanza.
Profilo di Nuvola Rossa
Il pomeriggio alla galleria d’arte passò in tono minore, tra le zelanti spiegazioni di Marsh e l’educato disinteresse di Nuvola Rossa. Dopo una rapida cena, il professore comunicò al suo ospite che era ora di cambiarsi d’abito e andare a teatro, ma Ed Laramie lo informò, in tono abbastanza depresso, che i soli abiti “da bianchi” che avevano erano quelli che indossavano. L’improbabile terzetto – Marsh in abito da sera, Nuvola Rossa e il suo interprete nei loro abiti visibilmente vissuti – fecero il loro ingresso a teatro. Per tutta la sera, gli spettatori impegnarono attivamente i muscoli del collo, voltandosi continuamente a guardare il palco dove Marsh e il suo ospite assistevano allo spettacolo. Nuvola Rossa non sembrò turbato dall’attenzione che gli riservavano gli indiscreti visi pallidi e seguì con apparente attenzione lo spettacolo, anche se l’umorismo graffiante dell’operetta per forza di cose doveva sfuggirgli. Dopo aver accompagnato il capo e Laramie al loro albergo, Marsh gli chiese, con uno sforzo penoso, se pensavano di recarsi in chiesa l’indomani mattina. “In chiesa?” domandò dubbioso l’interprete. “E’ domenica” rispose asciutto Marsh. Dopo essersi consultato con Nuvola Rossa, in un rapido scambio di battute, Laramie riferì che il capo non si sentiva molto bene e probabilmente sarebbe rimasto a letto a riposare per tutta la mattinata successiva. Marsh sospirò. Evidentemente le sue frequentazioni con i bianchi avevano insegnato qualcosa a Nuvola Rossa circa le “bugie diplomatiche”, ma d’altra parte l’ipocrisia di certe convenzioni non meritava di meglio.
Per tutta la giornata di domenica, Marsh fu impegnato a definire i dettagli del programma di lunedì, l’ultima giornata che Nuvola Rossa avrebbe trascorso a New Haven prima di ripartire per Washington. Erano previste una visita all’armeria locale e al dipartimento dei vigili del fuoco, ma la parte speciale, almeno per il professore, era costituita dalla visita allo studio del fotografo Frank Bowman che aveva riservato loro l’intera mattinata, eccitatissimo alla prospettiva di riprendere il famoso capo Sioux e di ricavarne una serie di immagini commercialmente appetibili.
Alle nove e mezzo di lunedì 22 gennaio, quando Nuvola Rossa e Othniel Marsh arrivarono allo studio di Bowman trovarono la consueta folla di reporter che era ormai quasi diventata parte di un cerimoniale ben preciso. In quel caso però Marsh non dimostrò la solita benevolente tolleranza e invitò bruscamente i giornalisti ad andarsene, chiedendo inoltre a Bowman che nessun estraneo fosse ammesso nello studio fotografico. Certo, gli dispiaceva quell’atto di scortesia nei confronti di una categoria a cui la sua fama doveva indubbiamente molto, ma non era sicuro che la loro presenza sarebbe risultata gradita a Nuvola Rossa, che già doveva essere piuttosto nervoso all’idea di posare davanti a un macchina fotografica.


Othniel Marsh e Nuvola Rossa fotografati da Frank Bowman

Marsh aveva sentito parecchie storie su certe superstizioni indiane per cui l’obiettivo si sarebbe impadronito delle anime dei soggetti fotografati e voleva evitare che la confusione provocata dai giornalisti risvegliasse in Nuvola Rossa quel timore atavico. Fu perciò con grande sorpresa che il professore osservò il capo Oglala mettersi disinvoltamente in posa davanti all’obiettivo di Bowman, pronto ad assecondarne ogni indicazione e rimanendo rigido e immobile anche durante scatti particolarmente laboriosi, cosa in più di una volta lo stesso Marsh fallì miseramente. Più tardi, parlando con i giornalisti che avevano pazientemente aspettato davanti all’ingresso dello studio per tutta la durata della seduta, dalle 10.30 fino alle 12.15, Frank Bowman descrisse così il capo Oglala davanti all’obiettivo: “..Pensavo che Nuvola Rossa sarebbe stato un soggetto difficile da riprendere ma non è stato così. Al contrario, si è dimostrato molto più civile e paziente dei clienti con cui tratto di solito…Durante l’intera seduta, ha dato provo di un’enorme pazienza e la sua unica preoccupazione è stata quella di assecondarmi…Ho notato in particolare la sua rapidità nel cogliere ogni mio sguardo o gesto d’indicazione, a cui ha risposto puntualmente voltandosi verso il punto che gli indicavo, con un mezzo sorriso e una singolare espressione d’intelligenza. Era chiaro che capiva perfettamente cosa volevo facesse e che era compiaciuto nel vedere che era riuscito nell’intento.”
All’uscita dallo studio, Marsh si soffermò a rimirare gli scatti di Bowman. Le pipe che lui e Nuvola Rossa stringevano in mano non erano quelle che gli aveva inviato in dono il capo insieme alle sue missive, ma oggetti che facevano parte della collezione del Peabody Museum. Il risultato era un poco artificiale, ma d’altro canto tutto era stato organizzato troppo in fretta e comunque anche l’espressione dei loro volti nelle fotografie era tutt’altro che naturale. Aveva quindi provato a chiedere a Nuvola Rossa se fosse disposto a far prendere un calco del suo cranio per il Peabody Museum, ma Nuvola Rossa aveva scosso la testa orripilato e a nulla era valsa l’assicurazione di Marsh che il processo era completamente indolore e che anche Toro Seduto, l’altro grande capo Sioux, vi si era una volta sottoposto. Nuvola Rossa non si era fatto convincere e al professore non era sembrato opportuno insistere ulteriormente.
La seconda tappa della giornata fu l’armeria di New Haven; per il professor Marsh, il punto più degno di nota della visita fu l’espressione deliziata con cui Nuvola Rossa osservò il processo di manifattura dei Winchester e i prodotti ultimati.


Una lettera spedita dall’Agenzia di Nuvola Rossa a Marsh

L’apparente entusiasmo del capo Oglala per le armi stonava parecchio con i suoi discorsi pubblici in cui ribadiva la buona volontà sua e del suo popolo nel mantenere la pace con l’uomo bianco. Ma forse era semplicemente il suo sangue di guerriero che si risvegliava e iniziava a lottare per uscir fuori dalla fodera di civiltà che i bianchi gli avevano cucito addosso. Il professor Marsh continuò ad osservare pensoso il sorriso beato con cui il suo amico Sioux osservava la pila di Winchester appena ultimati.
La visita al dipartimento dei vigili del fuoco non fu particolarmente memorabile, se non per l’espressione divertita di Nuvola Rossa di fronte alle figure dei vigili che si arrampicavano con movimenti quasi scimmieschi sui tetti durante le loro esercitazioni. Probabilmente, oltre alla comicità delle movenze, lo divertiva anche il pensiero di come si complicassero la vita i bianchi. Uscire di corsa da un tepee in fiamme era indubbiamente molto più semplice.
La cena con cui si concluse la serata fu consumata quasi del tutto in silenzio. La mattina successiva, alle nove, Nuvola Rossa e il giovane Laramie sarebbero ripartiti per Washington, da cui avrebbero preso un altro treno che li avrebbe riportati a Pine Ridge. Forse, pensò il professor Marsh, non si sarebbero rivisti mai più. Nuvola Rossa cominciava a invecchiare e anche per lui, Marsh, i tempi delle spedizioni di ricerca all’Ovest erano finiti. Magari, se il capo Sioux si fosse di nuovo recato a Washington, si sarebbe potuto organizzare un altro incontro, ma non era detto che il Dipartimento per gli Affari Indiani avrebbe acconsentito. Il permesso era già stato negato due volte, in occasione delle due precedenti visite di Nuvola Rossa a Washington, nel 1877 e nel 1880. Sarebbe mai arrivato il giorno in cui un uomo avrebbe potuto prendere liberamente un treno per vedere un amico, senza smuovere tutto il Ministero degli Interni?
Marsh acompagnò i suoi ospiti alla carrozza che li avrebbe ricondotti in albergo e, prima che salissero, tese la mano a Nuvola Rossa. Il capo la prese tra le sue e la strinse con calore. “E’ meglio salutarsi ora” disse Marsh “Naturalmente domani mattina verrò alla stazione, ma ci saranno i soliti curiosi, i giornalisti…” Ed Laramie tradusse in fretta e Nuvola Rossa annuì gravemente. Ci fu un attimo di silenzio e il capo Oglala disse qualcosa, lentamente e scandendo bene le parole, di cui Marsh riuscì a comprendere soltanto una, wasicu. “Ha detto di dirle, insomma vuole che lei sappia…” balbettò uno stupefatto Ed Laramie “Vuole che sappia che lei è il migliore dei bianchi che abbia mai conosciuto”.

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