Chihuahua e Ulzana, Cosacchi della Sierra Madre

“Sono venuto per catturare o distruggere te e la tua banda” replicò Maus. Alla fine, gli Apache acconsentirono a incontrarsi con Crook “due lune dopo”, al Canon de los Embudos, non lontano dal confine con gli Stati Uniti. [7, 251].
Il 25 marzo il generale Crook incontrò i capi dei Chiricahua ostili. Quel giorno egli e Geronimo si scambiarono perlopiù accuse reciproche di mendacità e non si pervenne ad alcun risultato. Il giorno successivo il generale inviò Kaytennae (che era già stato rilasciato dal carcere ed era stato profondamente colpito dalla Potenza dell’uomo bianco) e il capo degli Apache White Mountain Alchise a tentare di persuadere I capi che esitavano ad arrendersi, dietro promessa di un periodo di reclusione di soli due anni. I capi decisero che Geronimo, identificato dagli americani come il capo degli ostili, non sarebbe mai venuto a patti col generale e che la tribù aveva bisogno di un portavoce più flessibile.
L’ultimo giorno dei negoziati (il 27 dicembre) Chihuahua fu il primo a parlare: “Sono molto lieto di vederto e di poter parlare con te. Come hai detto tu, qui fuori siamo costantemente in pericolo. Spero che da oggi avremo la possibilità di avere una vita migliore insieme alle nostre famiglie, senza fare del male a nessuno. Io desidero ardentemente comportarmi nel migliore dei modi e credo che il sole adesso stia abbassando lo sguardo su di me e la terra mi stia ascoltando. Ho i pensieri più chiari. Credo di aver visto Colui che fa piovere e che invia i venti, e che Egli ti abbia mandato qui. Mi arrendo a te perché ho fiducia in te e non ci ingannerai. Devi essere il nostro Dio e tutto quello che farai mi soddisferà. Tu devi essere colui che ha fatto i verdi pascoli, che manda la pioggia e che comanda ai venti. Tu devi essere colui che fa apparire i frutti sui rami degli alberi ogni anno. Molti sono al mondo i grandi capi che comandano parecchie genti, ma tu, credo, sei il più grande di tutti o non saresti venuto fin qui per vederci. Voglio che tu sia un padre per me e che mi consideri tuo figlio. Voglio che tu abbia pietà di me. Non c’è dubbio che tutto quello che fai è giusto, perché ciò che fai è proprio ciò che Dio ha fatto. Questo è quello che penso, questo è quello che credo tu sia. Credo a tutto ciò che dici: tu non ci inganneresti. Tutto quanto ci hai detto è vero. Ora sono nelle tue mani e mi metto a tua disposizione e a te mi arrendo. Fai di me quello che vuoi. Ti stringo la mano (e a questo punto gli strinse la mano). Voglio venire immediatamente nel tuo accampamento insieme alla mia famiglia e restare con te. Ho vagato per queste montagne, da un fiume all’altro e mai ho trovato un posto dove vedere mio padre o mia madre fino ad oggi, quando ho visto te, padre mio. Ora mi arrendo a te e non voglio più sapere di pensieri o parole cattive. Starò con te nel tuo accampamento.


Chihuahua a Mount Vernon

Quando un uomo si prende cura di qualcuno, fosse anche un cane, pensa bene di lui e cerca di occuparsi di lui nel migliore dei modi e di trattarlo bene. Questo voglio che tu senta per me e che tu sia buono con me e che non permetta agli altri di dire cose cattive su di me. Ora mi arrendo e andrò con te”.
Il secondo a parlare fu Naiche: “Faccio mie le parole di Chihuahua e mi arrendo, come ha fatto lui, e alle stesse condizione. Ciò che ha detto lui, lo ripeto io”. [6, 207]. Solo dopo questi due discorsi Geronimo prese la parola, e si arrese anche lui.
Il discorso di Chihuahua, un capo risoluto e talvolta impulsivo, ce lo rivela come un eccellente oratore e un politico lungimirante. Molti anni dopo Eugene Chihuahua affermò: “Mio padre, come Cochise, non voleva vedere la sua banda sterminata fino all’ultimo uomo e comprendeva bene cosa li avrebbe aspettati se avessero continuato quella lotta senza speranza…Chihuahua non sapeva, come nessun altro sapeva, che saremmo restati in prigionia per ventisette anni”. [2, 99].
Il generale Crook portò con sé al Canon de los Embudos Camillus S. Fly, un fotografo che realizzò una serie di immagini eccezionali degli ultimi leggendari guerrieri Chiricahua. Geronimo, che era già una celebrità, si fece fotografare di buon grado. Nana e Naiche cercarono di sfuggire all’obiettivo fotografico, ma non si nascosero. Tuttavia i leader delle ultime scorrerie, Chihuahua e Ulzana, rifiutarono decisamente di farsi fotografare, nonostante le preghiere di Fly. Solo una volta il fotografo riuscì a imbrogliarli: dopo la prima seduta dei negoziati, “i principali leader degli ostili”, vedendo i preparativi per gli scatti fotografici, si alzarono e si ritirarono nelle retrovie.


Ulzana (primo a sinistra) a Fort Marion

Il fotografo scattò la prima foto e, quando i capi nascosti si rilassarono e abbandonarono il loro nascondiglio, scattò in tutta fretta la seconda.
Subito dopo la resa, Crook partì per Fort Bowie, seguito dai Chiricahua che si erano arresi e che si muovevano lentamente, scortati da appena un gruppetto di scout. Una volta raggiunto il confine, la colonna si accampò e gli Apache comprarono una grande quantità di whisky da un contrabbandiere locale, Godfrey Tribolet. Quest’ultimo disse agli Apache che arrendersi agli americani era stata una vera idiozia, dal momento che questi li avrebbero senza dubbio impiccati. Quella notte Geronimo e Naiche, ubriachi, iniziarono a fare fuoco e, insieme ai loro sostenitori, scapparono di nuovo verso le montagne, dando inizio a sei mesi di ulteriore guerra.
Chihuahua mantenne però la sua parola: la sua gente rimase nell’accampamento. I prigionieri di guerra giunsero a Fort Bowie il 2 aprile e il capo si ricongiunse con sua moglie e i suoi figli. Secondo le istruzioni inviate per telegrafo dal Segretario Militare USA, il 7 aprile alle 4 di mattina i prigionieri lasciarono Fort Bowie, sotto la responsabilità del primo tenente J. R. Richards jr. del Quarto Cavalleria, scortati da una compagna dell’Ottavo Fanteria e vennero caricati su un treno che li condusse a Fort Marion [16], St. Augustine, in Florida. Quello fu il primo gruppo di Chiricahua esiliati dall’Arizona. Il gruppo era composto di 77 persone: 15 uomini, 33 donne e 29 bambini [17]. Durante il viaggio, nacque un altro bambino. Insieme alla comunità di Chihuahua c’erano il vecchio Nana e due mogli e tre figli di Geronimo, la famiglia di Naiche e diversi parenti degli Apache ancora nascosti in Messico.
Il 16 aprile, un giornalista del Florida Times Union scrisse un resoconto dell’arrivo del primo gruppo di Apache a Jacksonville (Florida) da dove si sarebbero diretti a Fort Marion in battello: “Gli uomini erano robusti, muscolosi e in apparenza ben nutriti; in genere la loro espressione era torva e sprezzante e, invece di apparire sottomessi, avevano piuttosto un’aria di sfida, anche se impossibilitati a tentare la fuga o altri atti di violenza”. Le donne erano “ugualmente sgradevoli; in generale vestite di gonne di cotonina malfatte e sformate, con calze impossibili da descrivere e altri indumenti indefinibili; gli unici ornamenti, o parvenze di ornamenti, erano collane di acciaio di bassa lega o di vetro, e cinture ornate di alluminio, bottoni di ferro o perline scintillanti”.


Chihuahua e la sua famiglia

Le ragazze avevano cercato di adornarsi. Erano più pulite e le loro vesti di cotonina “in molti casi avevano dei pizzi o altri accessori alla moda”. Uno sguardo ai giovani permise al giornalista un esame più attento degli abiti maschili, permettendogli scoprire che molti ragazzi (“e persino alcuni degli adulti”) non portavano biancheria intima sotto i pantaloni. Alla fine il reporter arrivò alla conclusione che gli abiti indiani fossero “estremamente primitivi”. I ragazzini in generale scorrazzavano nudi. Molte squaw avevano legato i loro bimbi in “curiose culle di vimini (chiamate “tsach” dagli Apache) appese alle schiene delle amorevoli mammine”.
Il reporter scrisse inoltre che “i bagagli di questo curioso gruppo di turisti erano una cosa degna di esser vista. Grosse borse di tela, fornite dal governo, riempite di abiti; pacchi squadrati tenuti insieme da corde; scatole di alluminio annerito, secchi e pentole; pacchi di pelli splendidamente conciate e ornate; mucchi di carne secca, sacchi di cibo, coperte, cappotti, altre coperte dall’aspetto curioso e molto altro bottino sparso alla rinfusa su carri, tra i lazzi dei facchini negri che stavano caricando la roba per trasferirla sul battello a vapore Armsmear, che era attraccato al porto in attesa di trasportare il gruppo al di là del fiume”. [17, 54-55].
Il gruppo di Chihuahua giunse a Fort Marion il 16 aprile e gli indiani, che non volevano vivere nelle vecchie, umide armerie del forte, furono temporaneamente sistemati in tenda. Nel settembre del 1886 furono raggiunti da altri 434 Apache inviati dal generale Nelson A. Miles dalla riserva dei White Mountain (Arizona).
Nell’aprile del 1887 tutti i prigionieri Apache furono trasferiti da Fort Marion alle Mount Vernon Barracks – un accampamento militare 22 miglia a nord di Mobile (Alabama). Ben presto furono raggiunti dai guerrieri di Geronimo, Naiche e Mangus che in precedenza erano stati imprigionati a Fort Pickens. A tutti i prigionieri di guerra furono assegnate capanne e piccoli lotti di terra da coltivare.
Nel 1890 nella riserva venne costruita una nuova chiesa dedicata a S. Tommaso. Il primo bambino a esservi battezzato fu il figlio di Chihuahua, di appena due mesi, che ricevette il nome di William St. Clair (Sinclair). I padrini del bambino furono l’ex-comandante di Mount Vernon, il signor Thomas Rogers e sua figlia [17, 295]. In quello stesso periodo, una delle mogli di Chihuahua morì, lasciandogli due figli. Secondo quanto stabilito dalle tradizioni Apache, la famiglia di Chihuahua abbandonò la vecchia casa e si stabilì in una nuova abitazione, ma, con uno strappo alla tradizione, non distrusse le proprietà personali della morta [17, 292].
Durante gli anni di prigionia, Chihuahua mantenne il suo ruolo di capo. Il primo ufficiale di Fort Marion riconobbe l’autorità del capo e gli concesse di indossare l’uniforme di capitano della cavalleria USA. Da quel momento, contrariamente agli altri prigionieri, gli fu risparmiato il lavoro coatto. Secondo Aca Daklugie, l’unico a cui fu concesso questo privilegio oltre a Chihuahua fu Geronimo: “Non aveva le due barrette (i gradi di ufficiali), ma era Geronimo e finché vissero, nessuno dei due fu costretto al lavoro. Non era volere di Usen che i guerrieri Apache dovessero lavorare” [2, 129]. Critiche reciproche rivelarono la malcelata ostilità tra i due capi. Durante gli anni di prigionia, Chihuahua non bevve mai e condannò il consumo d’alcol e il gioco d’azzardo, mentre Geronimo lo definì un ipocrita altezzoso [17, 293].
Nonostante le condizioni di vita nella riserva fossero abbastanza soddisfacenti, gli Apache soffrivano di depressione a causa del clima caldo e umido del sud-est, per lo spazio ristretto e per la propria incapacità di coltivare la propria terra. Nell’agosto 1894 il tenente Hugh L. Scott e il capitano Marion P. Maus incontrarono i leader Chiricahua per discutere del loro futuro. Chihuahua, il capo più anziano, espresse così le sue aspirazioni : “Dio ha creato la Terra per tutti e io voglio avere il terreno che mi spetta, voglio che vi crescano grano e frutti”. Indicando poi il fitto bosco tutt’intorno continuò: “Voglio che il vento possa spirare libero, come tutti gli uomini [Apache].” Nana appoggiò i progetti circa le coltivazioni, dicendo di essere troppo vecchio per lavorare, ma che desiderava che i giovani coltivassero i propri campi [7, 362].


Lapidi di Chihuahua e Ulzana al Chief Chihuahua Apache Cemetery

Dopo sette anni di innumerevoli discussioni sul destino dei Chiricahua, il governo USA decretò che i prigionieri fossero trasferiti nella riserva militare di Fort Sill, in Oklahoma. Gli Apache formarono dei piccoli villaggi a capo dei quali furono messi dei capi rispettati che in quel periodo servivano l’esercito USA come scout. Il villaggio di Chihuahua era situato su una collinetta a sud del vecchio ufficio postale di Fort Sill, non lontano dai villaggi di Geronimo e del suo “fratellastro” Perico.
Il capo si mostrò sempre preoccupato per il futuro della sua famiglia e dei suo figli, che in quell momento si trovavano lontani da casa. Durante i negoziati al Canon de los Embudos aveva chiesto a Crook di essere riunito alla propria famiglia: “Se non mi lascerai tornare alla riserva, vorrei almeno che mi riportassi la mia famiglia, ovunque vorrai mandarmi…se vogliono venire, falli venire, ma se volessero restare dove sono, lascia che rimangano lì” [7, 261].
La figlia maggiore di Chihuahua, Ramona, fu tra i primi bimbi Apache inviati dal Florida al collegio industriale per indiani di Carlisle, in Pennsylvania. Dopo vari anni di studio, la ragazza tornò presso la propria famiglia e sposò un altro ex-studente di Carlisle – Aca Daklugie. Molto tempo prima, nei tumultuosi giorni liberi degli Apache, Chihuahua e il suo vecchio amico Juh avevano progettato il matrimonio tra i rispettivi figli e dopo molti anni essi esaudirono i desideri dei propri genitori e si amarono per il resto della propria esistenza [2, 73-74].
Ramona e Aca furono tra gli informatori principali di Eve Ball, insieme a un altro dei figli di Chihuahua, Eugene (1.06.1881–16.12.1965) [18] che era a sua volta sposato con Viola (Ziah) Massai, figlia del famoso bronco [19].
Durante gli anni di prigionia i capi Apache nutrivano una grande ansietà al pensiero dei loro figli costretti a partire per il collegio indiano di Carlisle. Durante un’ispezione in North Caroline nel gennaio 1890 il generale Crook visitò i prigionieri Apache in Alabama. Nelle sue annotazioni circa l’incontro con i capi, il generale riportò le seguenti parole di Chihuahua: “Mia figlia e altri due miei parenti stretti sono andati lontano, a scuola. Vorrei rivederli presto. Puoi fare qualcosa per permettermi di incontrarli presto?” [7, 347]. Un altro vecchio capo in Oklahoma chiese varie volte alle autorità di costruire una scuola vicino alla riserva. [20]
Chihuahua morì il 25 luglio 1901. Fu seppellito nel cimitero che oggi porta il suo nome. Due delle mogli del capo erano morte in Alabama e la sposa più giovane, Ilth-Gazie si risposò poco dopo la sua morte.
Ulzana aveva due mogli (Nah-Zis-Eh, Nahn-Tsh-Klah), due figlie e cinque figli, di cui solo due sopravvissero: Richard (che nel 1894 si recò a studiare a Carlisle) e Samuel (che venne cresciuto da dei parenti, l’ex-scout William Coony (or Coonie, Kuni), e sua moglie Tah-das-te (o Dah-te-ste) [21]. Ulzana morì nella riserva di Fort Sill il 21 dicembre 1909 e fu seppellito nel Chief Chihuahua Apache Cemetery (Comanche County, Oklahoma) accanto a suo fratello, alle mogli e ai figli .
Nell’aprile del 1913, quando il governo rese ufficialmente la libertà ai Chiricahua, i discendenti di Chihuahua e Ulzana si trasferironop nella riserva degli Apache Mescalero nel New Mexico, dove oggi vivono i loro nipoti e bis-nipoti.

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