Chihuahua e Ulzana, Cosacchi della Sierra Madre

Gli Apache subirono perdite spaventose: 78 morti, di cui soli 11 guerrieri. Le perdite dell’esercito messicano, soldati e ufficiali, ammontarono a 30 tra morti e feriti.
Gli Apache sopravvissuti si insediarono nella loro residenza favorita – le inaccessibili montagne della Sierra Madre ai confini con gli stati messicani del Chihuahua e del Sonora, nella cosiddetta roccaforte di Juh. Gli americani ebbero tregua fino al marzo 1883, quando una nuova spedizione Chiricahua sconvolse il sud-ovest, razziando e sterminando tutto ciò che incontrò sul proprio cammino. Quest’evento è entrato nella storia americana con il nome di “Raid di Chato”[7], dal nome del supposto capo della banda. Tuttavia Aca Daklugie negò decisamente che il leader della spedizione fosse Chato: il capo della famosa spedizione in cui, tra Lordsburg e Silver City trovarono la morte il giudice McComas e sua moglie sarebbe stato in realtà Chihuahua. Quello che gli storici chiamano “il raid di Chato” non fu in realtà guidato da quest’ultimo, che riuscì tuttavia a convincere del contrario Britton Davis. Il vero capo di questa banda era Chihuahua e il fatto dovrebbe essere noto piuttosto come “il raid di Chihuahua”. [2, 50-51].
Si potrebbero avanzare dei dubbi sulla versione di Daklugie, considerando che, quando riportò gli eventi a Eve Ball negli anni Cinquanta del XX secolo, il suo vecchio odio per Chato potrebbe aver prevalso sui propri ricordi, portandolo a rifiutare anche solo l’idea che il suo nemico potesse esser stato a capo della spedizione.


Chat(t)o in una foto di Reed & Wallace

Jason Betzinez, nella sua testimonianza sull’inizio di quella campagna, non fa parola di dissidi o ostilità tra Chato e altri capi Apache della Sierra Madre: “… i nostri due gruppi si separarono; la gente di Geronimo e quella di Chihuahua proseguì in direzione del fiume Bavispe, mentre Chatto e Benito e i loro uomini si diressero a nord, verso gli Stati Uniti” [4,102]. [8]
Il raid di Chato fornì al generale George Crook, comandante per il dipartimento dell’Arizona, il motivo ufficiale per organizzare una spedizione punitiva mirata allo sterminio o alla resa dei Chiricahua ostili. Il 23 aprile 1883 la colonna di Crook, composta da 193 scout Apache e 42 bianchi tra ufficiali e mulattieri, attraversò il confine, invadendo un altro stato sovrano (il Messico). Il 15 maggio gli scout del capitano Emmett Crawford attaccarono la rancheria Apache. Le perdite degli indiani furono lievi, ma il fatto stesso che le truppe americane fossero riuscite a penetrare nel cuore dell’inespugnabile roccaforte Chiricahua suscitò una profonda impressione tra i capi ostili. Il capitano John J. Bourke riporta la testimonianza della figlia del capo Bonito, catturata dagli scout di Crawford, che riferì che gli Apache attaccati appartenevano alle comunità di Chato e Bonito. Tuttavia John Rope (uno degli scout di Crawford), che era molto più competente in materia di strutture tribali Apache, riferì verso la fine degli anni Venti a Greenville Goodwin che la rancheria attaccata era quella di Chihuahua. Questa contraddizione potrebbe forse indicare come all’epoca Chato e Bonito avessero riconosciuto Chihuahua come loro capo e considerassero la propria gente e la sua come un unico gruppo. Un’altra testimonianza riporta la seguente variante: durante l’attacco “Chihuahua era l’unico capo dell’accampamento” ed era “appena tornato, insieme al fratello, da una spedizione di guerra da cui avevano riportato parecchi capi di bestiame” [3, 161] [9].
Il ritratto del Generale Crook
John G. Bourke riportò nel suo diario che la mattina del 18 maggio si present ò un gruppo di 16 indiani, uomini, donne e bambini dichiarandosi disposti alla resa. “Tra essi c’era lo stesso “Chihuahua”, un uomo di bell’aspetto, il cui contegno rivelava grande coraggio e determinazione” [5, 82].
Quando incontrò Crook, Chihuahua espresse il suo forte desiderio di pace. Bourke notò che “era stanco di combattere. Il suo villaggio era stato distrutto e tutti i suoi beni erano in mano nostra. Voleva arrendersi insieme a tutta la sua banda non appena gli fosse riuscito di riunire tutti i suoi uomini.” [5, 82]. Dopo questo colloquio fruttoso, il generale premise al capo di lasciare l’accampamento per radunare la sua gente dispersa. Lo scout John Rope ricordò anch’egli il primo incontro tra Chihuahua e Crook , ma in modo molto diverso: secondo la sua testimonianza il capo entrò nell’accampamento americano da solo, attraversando impavido le file degli scout e, dopo essere smontato da cavallo, con grande sangue freddo si avvicinò al generale dicendo in tono irato: “Se mi vuoi come amico, perché hai ucciso quella vecchia, mia zia? Se io volessi farmi amico qualcuno, non andrei a devastare il suo accampamento e a sparare ai suoi parenti. A me pare che le tue offerte di amicizia siano solo menzogne ” [3, 164]. Crook cercò di rassicurare Chihuahua circa la sincerità delle sue offerte di pace e gli offrì tabacco e cibo; quindi Chihuahua si allontanò rapidamente dall’accampamento.
La maggioranza degli Apache si arrese a Crook il 24 maggio e la colonna, con l’ulteriore carico dei prigionieri, intraprese il cammino di ritorno verso gli Stati Uniti. Diversi capi Chiricahua (Geronimo, Naiche, Mangus) avevano concluso un accordo con il generale secondo cui sarebbero rimasti in Messico per radunare la loro gente smarrita nelle montagne, per poi far ritorno a San Carlos (10).
Chihuahua non viene nominato né tra i capi che fecero ritorno alla riserva né tra quelli rimasti sulle montagne. Angie Debo ritiene che egli, insieme a Mangus e 50 o 60 guerrieri, si arrese al tenente Britton Davis il 16 novembre 1883 [7, 196]. Lo stesso Davis ricordò nelle sue memorie Chato e Mangus [6, 144-146], ma potrebbe darsi che, dopo così tanti anni, abbia fatto confusione con i nomi di questi capi che allora aveva visto per la prima volta. Il nome di Chihuahua compare più di frequente nelle memorie di Davies a partire dall’inizio della descrizione delle tensioni tra gli Apache arresi e fatti accampare a Turkey Creek,a 10 miglia da Fort Apache.
Il tenente Britton Davis (comandante della Compagnia ‘B’ degli scout Apache ) venne incaricato della gestione militare dei Chiricahua. Il giovane ufficiale si trovava in una situazione piuttosto difficile. Gli Apache non perdevano occasione di mostrargli il loro scontento a ogni incontro. In questi casi, il leader era di solito Chihuahua. Il motivo principale dell’indignazione degli Apache era l’ordine del generale Crook che vietava agli Apache di picchiare le mogli e bere alcolici. Davis scrisse che “Chihuahua in particolare era fermo nella sua opposizione alla proibizione dello tizwin [11], data la sua passione per l’alcool” [6, 123].
Ulzana, ultimo a destra
Gli informatori di Eve Ball affermano che Chihuahua si arruolò di nuovo tra gli scout ma che, per caso, udì delle conversazioni tra Davis, l’interprete Mickey Free e il sergente degli scout Chato che accusavano Geronimo e il giovane capo Kaytennae [12] di stare preparando una rivolta. Chihuahua era parente di Kaytennae. Dopo aver udito le calunnie degli aiutanti di Davis, il capo si recò da quest’ultimo dicendo indignato: “Sono stato scout molti anni più di Chato. Vi ho servito fedelmente e mai ho detto bugie. Tutto ciò che vi ho riportato finora si è rivelato vero e ci sono varie prove della mia fedeltà. Mai ho detto una menzogna. Non ho mai cercato di introdurmi furtivamente nella tua tenda di notte. Però non sono una spia e non sarò mai al servizio di chi si serve di spie.” Detto questo, si tolse l’uniforme da scout e la gettò in un angolo dicendo “Riprenditi questa roba e dalla alle tue spie”. “Non puoi andartene” replicò Davis “Ti sei appena riarruolato e dovrai prestare servizio ancora per parecchio tempo [13].” “Ho chiuso qui” rispose Chihuahua e uscì dalla tenda. Fece quindi ritorno al suo accampamento e iniziò ad aspettare i soldati che sarebbero venuti a impiccarlo. Tuttavia, all’incidente non seguì alcun provvedimento [1, 162-163; 2, 50]; il tenente Davis non ne fa nemmeno parola nelle sue memorie.
Il rancore dei Chiricahua si accrebbe ulteriormente nella primavera del 1884, quando Kaytennae venne condannato a tre anni di reclusione per aver complottato l’assassinio del tenente Davis e inviato ad Alcatraz, in California.
Infine, la mattina del 15 maggio 1885 diversi capi, accompagnati da circa 30 dei loro seguaci armati, si riunirono nell’accampamento di Davis. I capi, dopo essere entrati nella tenda del tenente, si sedettero a semicerchio di fronte a lui. “Loco iniziò a parlare lentamente e con una certa esitazione; Chihuahua lo interruppe con impazienza e, balzando in piedi, disse: “Per quello che ho da dire, mi bastano poche parole e poi Loco, se lo desidera, può parlare anche per tutto il resto del giorno”. Chihuahua continuo quindi a esporre le sue lamentele sul divieto di picchiare le mogli e consumare tizwin. Avevano consentito a far pace con americani, messicani e con le altre tribù indiane; non c’era stato nessun accordo circa i comportamenti all’interno della tribù. Non erano bambini e nessuno doveva dir loro come trattare le loro donne e cosa mangiare o bere. Avevano mangiato e bevuto tutto ciò che sembrava loro buono per tutta la vita; inoltre anche l’uomo bianco beveva vino e whiskey, persino i soldati dei forti. In quanto al modo in cui trattavano le mogli, quello era affar loro.” Davis rispose che la questione degli alcolici era troppo seria per essere decisa da lui e che avrebbe dovuto contattare il generale. “La notte scorsa abbiamo bevuto tutti tizwin” continuò Chihuahua, “tutti, dentro e fuori la tenda, tranne gli scout; e molti altri ancora. Che farai? Ci metterai tutti in prigione? Anche se potessi, non avresti una prigione abbastanza grande.” Bonito e Zele tentarono di frenare le tirate aggressive di Chihuahua, ma egli, l’unica persona effettivamente ubriaca tra tutti i presenti, continuo a sostenere la sua opinione. “Alla discussione non presero parte né Geronimo né nessun altro” [6, 144-146]. Gli Apache quindi si congedarono da Davies senza aver ottenuto nulla; Davies, da parte sua, inviò immediatamente un telegramma in cui veniva riportato l’incidente al proprio supervisore, il capitano Francis E. Pierce di stanza San Carlos. Pierce, che occupava il posto di comandante militare della riserva da appena due mesi, chiese consiglio ad Al Sieber, il capo degli scout indiani. Questo bianco, che era un’autorità indiscussa sugli Apache in tutta l’Arizona, aveva però trascorso la notte precedente a bere e giocare d’azzardo. Con la testa ancora confusa per la sbornia della sera precedente, Sieber gettò via il telegramma: “Sono solo ubriachi di tizwin. Non fateci caso, Davies saprà gestire la situazione da sé.” Pearce decise quindi di non trasmettere il dispaccio al generale Crook e di non adottare ulterior provvedimenti.
Mickey Free
Non avendo ricevuto alcuna risposta da Crook, i Chiricahua scontenti lasciarono la riserva il 17 maggio 1885 diretti verso il Messico. I fuggitivi erano 134: 44 guerrieri (34 uomini e 8 giovanissimi in grado di imbracciare le armi e due ragazzini) e il resto donne e bambini. Il tenente Davis affermò che 3 scout Chiricahua [14] avevano in mente di uccidere lui e Chato ma per qualche ragione non lo fecero. Geronimo e Mangus mentirono agli altri dicendo che Davis e Chato “erano stati uccisi, gli scout avevano disertato e tutti gli indiani stavano per lasciare la riserva”. [8, 490].
Chihuahua e Naiche, seriamente spaventati all’idea di essere accusati per le incomprensioni avute in passato con l’esercito, appoggiarono i ribelli; dopo aver raggiunto I monti Mozalton si fermarono a riposare e in quel momento l’inganno fu rivelato. La notte Chihuahua, Ulzana e un guerriero di nome Atelueitze cercarono di uccidere Geronimo, che era accampato a poca distanza da loro. “Mangus e Geronimo vennero a sapere delle sue [di Chihuahua] intenzioni e si misero immediatamente in cammino con le loro bande diretti a sud” [8, 490].
Chihuahua e Ulzana decisero di nascondersi nelle montagne a nord del fiume Gila e di trattenersi dal compiere razzie almeno fino a quando il tumulto non fosse cessato e poi di tornare alla riserva per arrendersi e spiegare ai soldati le vere circostanze dietro la loro fuga. Tuttavia furono avvistati e attaccati da un gruppo di scout e ciò li costrinse a intraprendere il sentiero di guerra, guerra che si rivelò essere quasi la più sanguinosa nella storia delle campagne contro gli Apache. Allo stesso tempo, era rimasta loro solo una cosa da fare: aprirsi un varco fino al Messico.
Il primo scontro con i soldati si verificò il 22 maggio sui monti Mogollon nel New Mexico. Due squadroni del Quarto Cavalleria sotto il comando del capitano Allen Smith e gli scout del tenente Gatewood, dopo un lungo inseguimento, si erano accampati a Davil’s Creek. Diversi scout andarono in avanscoperta alla ricerca di tracce dei fuggitivi e furono attaccati dalla vetta della montagna più vicina. I soldati (alcuni dei quali uscirono dall’acqua nudi) si precipitarono sul luogo dello scontro ma gli Apache, come al solito, si erano dispersi. Le truppe scalarono la montagna e scoprirono i resti di un accampamento: 19 fuochi semispenti, “una grande quantità di carne messa ad essiccare, un cavallo sellato e altri due cavalli. In questo campo c’erano diciannove fuochi” . Due militari e uno scout erano rimasti feriti (lo scout dichiarò che a colpirlo era stato lo stesso Geronimo) e due cavallli erano stati uccisi. I soldati si dichiararono certi di aver ferito “diversi” nemici. [10, 27].
Gli Apache si diressero quindi a sud-est, verso Fort Bayard, con l’intenzione di fare provviste saccheggiando le abitazioni dei coloni. Poco tempo dopo uccisero diversi bianchi ad appena tre miglia da Silver City.
Gli articoli dei giornali dell’epoca (talvolta piuttosto attendibili, talvolta meno) riflettevano la consueta insoddisfazione dei cittadini del sud-ovest circa l’incapacità dell’esercito di catturare questi inafferrabili “banditi Apache”. Uno di questi articoli afferma che circa 24 persone furono uccise nelle vicinanze di Alma e un altro parla di omicidi nelle montagne di San Mateo. I giornali di Silver City titolavano: “Scout indiani disertano per unirsi agli ostili”, “L’esercito non fa nulla”.
Vennero inviate truppe di cavalleria da ogni parte in direzione delle montagne, senza che fosse risolto il problema principale: il fatto che si ignorasse dove gli Apache ostili si erano nascosti. Il capitano Allen Smith riportò a Crook: “ Gli indiani si trovano almeno a cinquanta miglia avanti a me. Hanno cavalli freschi e riposati e non si sono ancora accampati…li inseguirò, anche se le probabilità di raggiungerli sono scarse”. [19, 320].
Kaytennae
Il 2 giugno Crook riportò ai suoi superiori “Dopo aver passato il confine con il New Mexico, gli indiani si sono evidentemente divisi in piccoli gruppi, che stanno razziando aree parecchio distanti tra loro, mentre le donne e i bambini sono rimasti nascosti nelle montagne. Le truppe hanno inseguito i vari gruppi di guerrieri con il solo risultato di privarli del bestiame razziato” [19, 322].
Il 4 giugno, 20 soldati di cavalleria e un numero compreso tra i cento e i duecento scout indiani si trovavano in un’area dove si supponeva fossero gli Apache ostili, ma questi ultimi riuscivano facilmente a sfuggire ai loro inseguitori, tranne quando erano loro stessi a voler ingaggiare battaglia. Gli Apache uccisero almeno 17 coloni, senza alcuna perdita tra i loro guerrieri. Crook era certo che a capo di questo gruppo vi fosse Geronimo, che in realtà aveva attraversato da tempo il confine. La gente di Chihuahua era invece penetrata nei monti Chiricahua nel sud-est dell’Arizona, dopo aver lasciato la zona a sud, in Messico, presidiata da soldati, e si stava dirigendo verso il confine seguendo la loro pista favorita, che attraversava il Guadalupe Pass (o Canyon) nel punto dove i confini di quattro stati (due americani e due messicani) si incontrano.
Contemporanemente, le truppe del Quarto Cavalleria comandate da Henry Lawton e Charles Allen P. Hatfield erano già in ricognizione in quella stessa zona. La mattina dell’8 giugno, il distaccamento fu inviato in cerca degli indiani, mentre un sergente e 8 soldati rimasero a guardia dell’accampamento nel canyon. A mezzogiorno, mentre i soldati preparavano il pranzo, gli indiani attaccarono l’accampamento dopo essere abilmente sfuggiti al distaccamento di Lawton. Nel combattimento che seguì, gli Apache uccisero cinque soldati e rubarono 2 muli, 5 cavalli e parte delle attrezzature presenti nell’accampamento. Dei colpi d’arma da fuoco fatti esplodere dai soldati nascosti dietro i carri con le munizioni provocarono inoltre l’esplosione di uno dei carri e buona parte dei beni dell’esercito venne distrutta dal fuoco.

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