Padre Kino, l’apostolo a cavallo

A cura di Enrico Emiltri

La statua di Padre Kino
Il cattolicesimo, si sa, non gode di buona fama negli Stati Uniti, innanzitutto perché ricorda le lunghe persecuzioni cui furono soggetti i protestanti (costretti ad emigrare in massa oltreoceano), poi per le strette connessioni con il colonialismo europeo (specie spagnolo), infine perché legato all’idea stessa di mafia (soprattutto irlandese ed italiana): eppure, sono molti i cattolici cui gli USA devono molto, quali, per es., Rodolfo Valentino, Fiorello La Guardia, Joe Di Maggio, i fratelli Kennedy, Mel Gibson e, da ultimo, Arnold Schwarzenegger.
Tra questi personaggi positivi vi è anche un missionario gesuita trentino, Padre Eusebio Francesco Chini, passato alla Storia come Padre Kino. La sua storia si snoda nei confini del vecchio west, anche se ne anticipa lungamente i tempi con la sua azione.

Dalla nascita all’ordinazione
Quarto ed ultimogenito (nonché unico maschio) di Francesco e Margherita Lucchi (o Luchi), entrambi appartenenti alla piccola nobiltà terriera trentina, Eusebio Chini nacque a Segno, in Val di Non (oggi frazione di Taio, TN), il 10 Agosto 1645 (l’interessato contestò sempre questa data, sostenendo di essere nato tre anni prima) e venne immediatamente battezzato nella chiesa pievana di Torra (anch’essa oggi frazione di Taio).
Un ritratto di Padre Kino
Rimasto presto orfano di padre, studiò presso il Collegio dei Gesuiti di Trento (oggi sede della biblioteca comunale), poi passò ad Innsbruck (A), dove si ferì accidentalmente; presto la ferita degenerò in cancrena, e – ormai vicino alla morte, il novizio noneso pregò s. Francesco Saverio promettendogli, in cambio della guarigione, di farsi sacerdote e missionario nella speranza di andare in Cina onde proseguire e completare il lavoro di p. Martino Martini, gesuita di Trento (con cui vantava una millantata parentela, in parte smentita da autorevoli studi recenti), autore del Novus Atlas Sinensis, prima raccolta cartografica del grande Paese asiatico. Una volta ripresosi, completò gli studi specializzandosi, oltre che in teologia, anche in geografia, astronomia e cartografia.
Nel 1677 venne finalmente ordinato sacerdote, associando al proprio nome di battesimo (Eusebio) quello di Francesco in onore del santo cui sosteneva di dovere la vita, ma la sua speranza di andare missionario in Cina furono quasi subito frustrate dai suoi stesi superiori e, ancor più, dal duca Massimiliano di Baviera, che – intuite le sue capacità di insegnante – gli offrì la cattedra di matematica presos l’Università di Monaco, che egli cortesemente ma in modo fermo rifiutò, deciso com’era ad andare in missione.
A quel punto anche i suoi superiori si rasegnarono e decisero di inserirlo in una delle due squadre di missionari destinate l’una alle Filippine (da dov’era relativamente facile spiccare il volo verso la Cina), l’altra alla Nueva España (Messico ed America Centrale). Principale concorrente era p. Anton Kerschpamer (o Kerschbaumer), di Salorno (BZ), amico e – per qualche tempo – compagno di studio di p. Chini, che non aveva particolari preferenze, pur ambendo al Messico. Non volendosi danneggiare a vicenda, i due conterranei non seppero o vollero scegliere, per cui i superiori tirarono a sorte. Con p. Eusebio Francesco il destino fu beffarso, destinandolo proprio in Messico. Ritenendo ciò frutto della volontà divinà, il giovane missionario noneso accettò la destinazione assegnatagli e si accinse a partire con i propri confratelli.

La partenza e la permanenza in Spagna
Nel 1678 giunse finalmente il momento della partenza. Dopo una breve sosta a Segno per salutare la madre e le sorelle (che non avrebbe più riviste), Padre Eusebio Francesco raggiunse finalmente Genova, dove s’imbarcò sulle navi comandate da Francesco Colombo (pronipote di Cristoforo).


Un missionario si presenta agli indiani

Dopo essere scampato ad una tempesta e ad un assalto piratesco (nonché ad una sosta forzata a Ceuta), la spedizione giunse finalmente a Cadice (E), da dove vide allontanarsi la Flotta delle Indie, il che costrinse i gesuiti ad una forzata permanenza di circa due anni e mezzo in Spagna, dove il missionario noneso perfezionò lo spagnolo (che divenne la sua lingua madre) e gli idiomi amerindi, oltre alle discipline in cui era maggiormente versato. Fu proprio durante questa “vacanza” che egli assunse lo pseudonimo che lo rese celebre, poiché gli spagnoli pronunciavano il suo cognome come Cini, plurale spurio di Cino (=cinese), che allora era anche un insulto, per cui lo mutò in Kino, rendendolo simile al greco kynòs (=movimento).
Nel 1680 parve finalmente giunto il momento di partire, ma la nave Nazareno (su cui, oltre ai gesuiti, viaggiavano anche il vicerè De Paredes e la moglie) dapprima s’incagliò su una secca e, dopo le riparazioni, urtò uno scoglio detto “Gran diamante”, colando a picco. Si dovette così attendere il 3 Gennaio 1681 perché la spedizione potesse prendere il mare e lasciare l’Europa per sempre.

L’arrivo in Messico e le prime esplorazioni
Dopo 96 giorni di navigazione, il 3 Maggio 1681 la comitiva giunse finalmente a Veracruz, da dove un mese dopo raggiunse Città del Messico, dove il conte De Paredes confermò a Padre Kino la nomina a Cosmografo Réal (= cartografo ufficiale) della Nueva España, specie dopo che Kino gli aveva mostrata una mappa da lui stesso disegnata del passaggio sui cieli spagnoli di una cometa (che molti ritengono erroneamente essere quella di Halley) e che venne pubblicata proprio a Città del Messico.
Ancora un ritratto del Padre
Dopo circa due anni Padre Kino venne affiancato all’amm. Isidro Atondo y Atillon, già governatore di Sonora e Sinaloa, in qualità di missionario e magistrato eclesiastico, ma soprattutto di cartografo, nella spedizione che doveva esplorare la Baja California (allora semplicemente California), all’epoca da molti ritenuta erroneamente un’isola.
La prima spedizione, basata a La Paz, si risolse in un sostanziale fallimento causa i contrasti con la popolazione amerindia sfociati in un massacro dopo la notizia dell’uccisione di un marinaio (che, in realtà, aveva disertato). Una seconda spedizione venne subito inviata questa volta più a nord, al forte di San Bruno, da dove Padre Kino e Atondo partirono nell’Ottobre 1684 per esplorare l’interno e la costa occidentale della California. Superati il Rio Purissima e la Sierra Giganta, essi ragiunsero Bahia de Año Nuevo (oggi Bahia de San Gregorio) il 2 Gennaio 1685, ma al loro ritorno scoprirono che la colonia era in condizioni disastrose a causa della siccità e della conseguente epidemia proprio quando il missionario di Segno cominciava ad ottenere risultati anche nel campo dell’evangelizzazione.
A quel punto Atondo gettò la spugna ed ordinò il rientro immediato. Padre Kino tentò invano di organizzare una terza spedizione, anche perché i soldi ad essa destinanati dovettero essere versati ai francesi per la perdita di una nave erroneamente ritenuta un vascello pirata.
Ma il gesuita anuane non rimase a lungo inattivo, perché stava per esere inviato alla sua destinazione finale: la Pimeria Alta.

L’arrivo in Pimeria: esplorazione ed evangelizzazione
Cuore del Gran Deserto del Sonora, la Pimeria Alta è oggi divisa tra Arizona (USA) e Sonora (MEX), ma allora era parte della Nueva España. Malgrado numerose spedizioni (sino ad allora infruttuose), era risultava ancora pressoché totalmente sconosciuta; inoltre, ogni tentativo di evangelizzazione era sino ad allora sostanzialmente fallito.


Padre Kino arriva tra gli indiani

Padre Kino vi giunse il 15 Marzo 1687, forte della Cédula Réal (decreto varato da Carlo II d’Asburgo-Spagna nel 1686, che per almeno vent’anni vietava lo sfruttamento degli indiani convertiti al cattolicesimo, esentandoli pure dal pagamento delle imposte) e di un ritratto della Vergine Addolorata, stabilendosi nel villagio di Cosari, dov’era stata appena consacrata la missione di Nuestra Señora de los Dolores (dedicata, appunto, alla Vergine Addolorata), il cui nome (abbreviato in Dolores) si estese in seguito all’abitato, di cui Padre Kino fece il proprio quartier generale.
Nei 24 anni successivi Padre Kino fondò in Pimeria ben 24 missioni, tra cui quella celebre di San Xavier del Bac, poco fuori Tucson (AZ, USA), convertendo ben 30.000 anime (in pratica l’intera popolazione indiana della Pimeria) ricorrendo non alla forza, bensì passando attraverso la loro cultura, impartendo il catechismo loro lingua ed adattandosi alle usanze degli indiani, che, in forza proprio della Cédula Réal, difese contro le prepotenze degli hidalgos spagnoli, ma anche dagli apaches, che, soprattutto nel periodo del raccolto, razziavano la Pimeria, insegnando ai Pima e ai Papago (principali etnie della regione) a difendersi usando le armi da fuoco e trasformandoli in abilissimi cavalieri; non solo, ma insegnò loro a coltivare la terra (abiutalmente brulla) ed allevare il bestiame (soprattutto bovini e cavalli).
Un episodio, in apparenza banale, fu tuttavia decisivo nella sua attività di esploratore.

La scoperta della peninsularità della Baja California
Nel 1694 egli si recò in un villaggio yuma, dove, oltre ad un pregevole crocefisso, un capo indiano gli regalò alcuni abaloni, o conchiglie azzurre, che Padre Kino aveva già notate durante le sfortunate spedizioni californiane e che si trovano solo ed esclusivamente nella Baja California.


Padre Kino a cavallo fuori dalla missione

Alla domanda su come le avessero; la risposta è che erano state loro portate via terra, cosa in apparenza impossibile, visto che – come s’è detto – la California era allora ritenuta un’isola: Padre Kino decise, pertanto, di verificare la cosa, tantopiù che il suo stesos insegnante di geografia aveva sostenuta la peninsularità della Baja California, ma era stato smentito da un dotto francescano e, soprattutto, da Francis drake, che sosteneva di aver “circumnavigato la California”. Da solo o con l’amico cap. Juan Matéo Manje, Padre Kino compì ben nove spedizioni in sette anni, finché nel 1701, dall’alto del Cerro di Santa Clara (un antico vulcano spento) scoprì finalmente il punto di saldatura, rappresentandolo nel Paso por Tierra ala California, carta che in Europa fu inizialmente accolta con stupore e diffidenza, e addirittura rifiutata dagli inglesi, poiché (da buon cattolico) Padre Kino aveva bollato Drake (notoriamente protestante) come bugiardo ed eretico.


Un mobile appartenuto al Padre

Grazie a queste sue scoperte, Padre Kino tentò invano di raggiungere la California per riprendere il lavoro interrotto, senza tuttavia mai riuscirci; cionostante, la sua opera venne universalmente apprezzata, anche se molti confratelli lo accusarono di dedicarsi più all’esplorazione e alla promozione umana che non all’evangelizzazione (la verità è che si attendevano di godere dei frutti del lavoro di Padre Kino e dei suoi collaboratori), accuse cui lo stesso missionario anaune, sdegnato, non rispose cominque mai.

Le ultime esplorazioni e la morte
Se il Paso por tierra alla California era stato il suo più grande successo, Padre Kino non va famoso solo per questo: senza più mettere piede su una nave, egli scoprì anche le isole di Santa Ines e San Felipe (oggi Angel de la Garda e Tiburon), oltre ai Pozzi della Luna e il Camino del Diablo (esaltati in tanti racconti e film western).
Ormai anziano, stanco e ammalato, Padre Kino fu invitato a presiedere la consacrazione della missione di Santa Magdalena de Sonora. Durante la funzione si sentì male: immediatamente soccorso, morì poco prima di mezzanotte del 15 Marzo 1711 poco più che 65enne, e fu sepolto presso l’altare maggiore della chiesa.


La missione di Padre Kino

I suoi successori (soprattutto svizzeri e tedeschi) non si dimostrarono alla sua altezza; immediatamente dopo i gesuiti vennero espulsi dalla Nueva España e, più tardi, soppressi. Tutto il lavoro di Padre Kino andò perduto soprattutto a causa delle ribellioni indiane causate dalla ripresa delle prepotenze spagnole (la Cédula Réal era nel frattempo scaduta) e dalle incursioni degli apaches, che distrussero anche molte delle missioni chiniane: la stessa Dolores, ormai divenuta insalubre, venne definitivamente abbandonata, ed oggi restano solo la facciata della chiesa ed il camposanto perrennemente invaso dalle erbacce.

Eredità di Padre Kino

Ma Padre Kino era ben lungi dall’essere dimenticato (i suoi indiani lo ricordano tutt’ora come un santo benché la Chiesa non l’abbia ancora canonizzato).
Nel 1902 lo storico statunitense Herbert Eugene Bolton riscoprì la sua opera maggiore, Favores Celestiales (veri e propri diari di missione), sugli scaffali dell’Archivio Centrale di città del Messico, e, dopo un breve saggio biografico [The Padre on horseback (1932, tr. it. Il Padre a cavallo)] ne scrisse la biografia Rim of Christedom (Ai confini del Cristianesimo, 1936-80).


Padre Kino guidato da un indiano

Nel 1965 l’Arizona (entrata a pieno titolo tra gli Stati federati degli USA nel 1912) scelse Padre Kino come suo secondo padre fondatore (il primo era stato il gen. John Campbell Greenway, 1872-1926, primo governatore dello Stato) e ne ordinò la statua, realizzata da Suzanne Silvercruyse, nata in Belgio da famiglia nobile, che utilizzò il ritratto realizzato dalla pittrice Frances O’Brien, che lo realizzò mettendo a confronto quelli dei suoi discendenti, dato che ritratti coevi o immediatamente successivi di Padre Kino non ne esistevano; la statua venne poi inaugurata nel campidoglio di Washington da Giuseppe Chini, lontano discendente del missionario, il 14 Febbraio 1965.
Nel 1966, durante i lavori preparatori per i giochi Olimpici estivi (1968) ed i Campionati Mondiali di Calcio (1970), svoltisi entrambi in Messico, vennero rinvenute tre sepolture gesuitiche; una di queste venne quasi immediatament ericonosciuta come quella di Padre Kino: sovrapponendo al profilo frontale del teschio il ritratto della O’Brien questi combaciavano, per cui venne deciso di rendere omaggio al gesuita di Segno ponendolo all’interno di un mausoleo inaugurato nel 1971, quando la città di Magdalena de Sonora mutò definitivamente nome in Magdalena de Kino (in Sonora esiste, peraltro, anche la città costiera di Bahia de Kino).


Una statua eretta in onore di Padre Kino

Contemporaneamente venenro eretti numerosi monumenti, soprattutto equestri, a Padre Kino, l’ultimo dei quali (realizzato da Julian Martinez e gemello di quelli di Tucson e Magdalena de Kino) inaugurato il 16 Giugno 1991: in quell’occasione il Comitato Chiniano si trasformò (1992) nell’Associazione “Eusebio francesco Chini”, che nell’edificio retrostante ha ricavato un piccolo ma fornito museo a lui dedicato ed in cui sono raccolti numerosi cimeli tra cui molte testimonianze della civiltà e della cultura pellerossa, un corporale da messa appartenuto a Padre Kino ed una bellissima borraccia in rame sbalzato datata 1706 (ma, probabilmente, più tarda), dedicata a Padre Kino nelle vesti di missionario ed esploratore dell’Arizona (coem recita la scritta in spagnolo).


Le ossa del frate

A differenza che all’estero, e benché non manchino studi e monografie precedenti (tre cui la “Genealogia dei Chini d’Anaunia” di Marco Benedetto Chini, ferma – però – al 1938), Padre Kino è stato riscoperto solo di recente, tanto che nel 1986 venne indetto a Trento un convegno internazionale a lui dedicato; in tale circostanza sono stati ripubblicati i Favori Celesti (1986-91), da tempo peraltro esauriti.
Attualmente la rivalutazione di Padre Kino è in piena espansione (è in corso la pubblicazione di una sua biografia a puntate addirittura a fumetti!): ad ogni modo, è giusto ricordare un personaggio come lui, che ha certo contribuito alla Storia del West, ma tanto ha fatto anche per le popolazioni locali, anticipando di oltre tre secoli la stessa dottrina sociale e la promozione umana della chiesa, nonché – sotto molti aspetti – il terzomonidismo (anche se non così radicale).

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