Chi “Ha Paura Dei Suoi Cavalli”? I nomi tra i Lakota

Animali e nomi personali

Vista la stretta dipendenza economico-sociale, oltre che religiosa, dei Lakota con il mondo naturale, è normale che richiami alla fauna si ritrovino anche nel contesto dell’onomastica. Per esemplificare, tratteremo dei nomi di due noti personaggi Lakota i cui nomi che hanno provocato problemi e discussioni tra esperti e traduttori sia italiani che anglofoni.
Il primo di questi personaggi è il celebre capo Si?angu/Wajaja Mato Wayuhi, ucciso nel 1854 nel preludio all’episodio noto come “massacro di Grattan”. Il nome di questo personaggio è stato tradotto in vari modi: Brave Bear/ “Orso Coraggioso” o Conquering Bear/ “Orso Vincitore” da George Hyde , Stirring Bear da Stanley Vestal (“Orso che Agita, che Crea Confusione” – in un combattimento o una mischia) e infine Scattering Bear da in una traduzione alternativa di George Hyde, confermata successivamente da Ella Deloria che traduce il nome come “Orso che Disperde” o “Orso che Crea Confusione” (15).
La traduzione di Ella Deloria (madrelingua Dakota) è quella più corretta: il verbo wayuhi significa “agitare, sparpagliare, mettere in rotta” (16). Come bisogna interpretare però “Orso che Sparpaglia”?
Ella Deloria propone l’interpretazione “Orso che Crea Confusione tra i Nemici”, un’interpretazione che si concilierebbe parzialmente con quelle di Hyde e Vestal e che sarebbe riferita all’eccezionale valore guerriero di questo capo e, in un’interpretazione più naturalistica, al terrore e alla confusione di un orso ritto sulle zampe posteriori in posizione d’attacco (posizione richiamata anche da un altro nome piuttosto diffuso Mato Najin “Standing Bear”/Orso in Piedi). Kingsley Bray (17) ha però recentemente proposto una nuova interpretazione in “Scattering Bear”, che richiamerebbe piuttosto l’immagine di un orso che scava nel terreno, spargendo radici tutt’intorno.


Pittogramma con l’uccisione di “Orso che Disperde” (dal winter count di Cavallo Americano)

Un altro problema, che è stato però posto dai traduttori italiani e non da quelli inglesi, è stato quello del nome del celebre capo Kuhinyan/Kiyuksa Mato Tatanka, Bull Bear. Nella maggior parte delle traduzioni italiane viene correttamente tradotto come “Orso Toro”, ma in almeno un paio di testi è comparsa la sconcertante traduzione “Orso Maschio”. Un’ idea sull’origine di questo errore è stata che il traduttore avesse interpretato “Bull” come una metafora linguistica volta a rappresentare la “mascolinità” dell’animale. Ora, se è vero che il toro è simbolo di mascolinità nelle culture europea ed euro-americana, non lo è in quella dei Lakota (dove l’animale che personifica il potere sessuale maschile è piuttosto l’alce); inoltrr, per determinare il sesso di un animale (salvo alcune eccezioni, legate spesso al linguaggio sacro), in Lakota si aggiungono i suffissi bloka (“maschio”) e winyela (“femmina”) e in questo modo li ritroviamo anche in alcuni nomi personali (es. Šunka Bloka, “He Dog”/Cane Maschio) (18).
Un’altra spiegazione potrebbe essere che, dato che in inglese il termine “bull “ viene usato per indicare il maschio di alcuni mammiferi; questo non avviene però nel nome originale dove i due animali, l’orso (mato) e il toro/bisonte (tatanka) sono ben distinti.


Mato Tatanka, Orso Toro/Bisonte in un ritratto di A. J. Miller

Ma come poteva capitare che in un singolo nome proprio potessero trovarsi due animali diversi? Una risposta indiretta la dà Henry Crow Dog con il suo resoconto orale (1969) in cui narra come il suo famoso nonno Kangi Šunka, “Crow Dog”/Cane Corvo (noto soprattutto per aver ucciso Coda Chiazzata nel 1881) ottenne il suo nome:

“Mi chiamo Henry Crow Dog. Ecco come mio nonno, il primo “Cane Corvo” ottenne il suo nome. Era un capo di guerra e doveva condurre una spedizione nel posto ora noto come Cedar Valley, South Dakota. Prima di avviarsi, ebbe una visione: vide un cavallo bianco tra le nuvole che gli avrebbe dato il potere del sacro cavallo. Il suo pony divenne così shunkaska-luzhan (lett. “il veloce cavallo bianco”), il cavallo più veloce dell’intera banda.
Ma la visione era proseguita; il capo udì poi la voce di Šunka-manitu, il Coyote, che diceva “Sono io!” Il cavallo aguzzò quindi le orecchie e il vento soffiò tra le due penne d’aquila che il capo indossava. Le penne quindi presero voce e gli dissero: “C’è un uomo su quella collina laggiù, tra gli alberi”. Il capo e i suoi compagni potevano vedere con chiarezza quell’uomo, che alzò le mani per poi sparire. Il capo inviò due esploratori, uno a nord e uno a sud, ma entrambi tornarono dicendo di non aver visto nessuno.
Il capo disse “Quell’uomo sulla collina doveva essere un fantasma, un wanagi. Ha cercato di darci un avvertimento, ma su cosa? Non lo so e so solo di essere un guerriero a capo di una spedizione; non posso badare ai fantasmi”. Proseguirono quindi, fino a quando giunsero a un fiume. Il capo decise di accamparsi lì in modo che, se fossero arrivati dei nemici, il fiume avrebbe impedito loro di circondare il gruppo.
Durante la notte, il capo udì il coyote ululare per quattro volte. Šunka-manitugli diceva “Sta per capitarti qualcosa di brutto!”. Il capo comprese e riunì gli uomini del suo gruppo. Tra di loro c’erano dei Tokala, dei guerrieri della società dei Kit-Foxes. Cantarono quindi un canto dei Cuori Forti:
Sono la volpe / devo morire. / Ho già gettato via la mia vita. / Voglio fare qualcosa di audace qualcosa di rischioso.
Si dipinsero i visi di nero, rendendosi sacri. Erano pronti a combattere e morire. Dissero che quello era un buon giorno per trovare la morte.
All’alba il nemico attaccò. Erano waši?u, coloni bianchi, guidati da una giubba blu, con molti esploratori Crow e guerrieri Absaroka tra loro. Indiani che aiutavano i bianchi a combattere altri indiani! Era proprio una brutta cosa.
Nel gruppo del capo c’erano però molti guerrieri famosi. C’era Due Colpi, “Two Strikes”, Numpa Ka?pa, che aveva ottenuto il proprio nome colpendo con lo stesso proiettile due soldati bianchi che cavalcavano lo stesso destriero. C’erano anche Uccide In Acqua, il figlio di Orso Corno Cavo e Uccide Davanti a Sé. Gli esploratori Crow ferirono Uccide Davanti a Sé e gli uccisero il cavallo. Il capo accorse subito in suo aiuto, uccise i traditori, contò il primo coup su di loro e fece salire Uccide Davanti a Sé sul suo veloce cavallo. Uccide Davanti a Sé frustò il cavallo, a cui si aggrappò stretto durante la corsa; il cavallo galoppò così forte che nessun nemico poté avvicinarsi e Uccide Davanti a Sé tornò a casa sano e salvo.
Il capo ora era a piedi e si guardava intorno, sperando di catturare i due cavalli dei Crow, ormai privi di cavaliere. A quel punto fu però colpito da due frecce nemiche, una al petto, proprio sotto la clavicola, e una al fianco. Quest’ultimo freccia penetrò in profondità, nella vescica. Il capo se la strappò via da solo e il figlio di Orso Corno Cavo e altri due vennero in suo aiuto, anche se erano stati feriti anche loro. Persino i loro cavalli si erano presi almeno una freccia ciascuno. Il capo disse loro “Non serve a nulla badare a me ora. Sono ferito gravemente e morirò. Pensate a salvarvi!” Tuttavia essi presero il cavallo di uno dei due nemici uccisi e vi posero sopra il capo dicendo “Sii forte e aggrappati!”. Gli Absaroka e i bianchi stavano però lanciandosi su di loro e dovettero faticare parecchio per farsi strada tra di loro. Combattendo per le loro vite contro tutti quei nemici, i compagni persero di vista il loro capo. Pensarono fosse rimasto ucciso e tornarono a casa, dove raccontarono le loro sventure.
Il capo era stato portato via dal cavallo, ma ben presto si sentì così debole per il sangue perduto che cadde a terra. Disteso tra la neve, in preda al dolore, ebbe appena la forza di cantare il suo canto di morte. Era solo, senza un amico o un nemico vicino.
All’improvviso giunsero due coyote, ringhiando, ma in modo quasi dolce. Quindi parlarono e dissero “Noi ti conosciamo!” e per tutta la notte scaldarono il capo sdraiandosi ognuno a un suo fianco. Gli leccarono via il sangue dalla faccia e gli portarono carne di cervo, per dargli forza, e poi una medicina sacra per le ferite che gli dissero di spalmare nei punti in cui le frecce lo avevano colpito. Quella medicina gli ammorbidì le carni, facendole aprire e permettendogli di estrarre le punte delle frecce rimaste dentro. La medicina dei coyote risanò il capo e la carne che loro gli avevano portato lo rese di nuovo forte. Quando fu di nuovo in grado di camminare, giunse un corvo che, volando dinnanzi a lui, lo ricondusse a casa. Tutti si meravigliarono dopo averlo visto e averlo sentito narrare la sua storia.
…E fu così che il capo prese il suo ultimo nome: Kangi Sunka, Coyote Corvo, che nel censimento dei bianchi fu tradotto in modo sbagliato con “Cane Corvo”.
Questa storia (imprecisioni storiche a parte: Hollow Horn Bear/Orso Corno Cavo aveva trent’anni meno di Cane Corvo e quando suo figlio sarebbe potuto andare in guerra con Cane Corvo, questi era già a domicilio coatto a Rosebud per l’omicidio di Coda Chiazzata e da tempo portava il suo nome; inoltre lo scontro con i bianchi e i Crow è cronologicamente improbabile e probabilmente è da inserire piuttosto in un contesto di guerra intertribale (19)) rivela chiaramente le origini e i motivi di nomi come “Cane Corvo”, “Orso Toro”, “Aquila Lupo”: si tratta semplicemente di “protettori” o animali-medicina di chi li porta, spesso rivelatosi durante visioni o sogni.


Crow Dog/Cane Corvo ritratto nel 1905, poco tempo prima della sua morte

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