La proprietà delle terre nel West

A cura di Sergio Mura

Prima del 1803, i territori che avrebbero composto il futuro West americano furono contesi e controllati a fasi alterne tra Francia e Spagna. L’acquisto della Louisiana da parte degli Stati Uniti segnò una svolta decisiva: una porzione enorme di quelle terre entrò ufficialmente sotto la sovranità americana. Tuttavia, fino agli anni Quaranta dell’Ottocento, anche la Spagna, il Messico e la Gran Bretagna continuarono a rivendicare diritti su parti significative del West. Proprio in quel decennio, l’espansione statunitense raggiunse l’intero territorio.
Parallelamente, la Russia rivendicava l’Alaska e le coste occidentali del Canada fino al 54° parallelo. Più a sud, il Texas si estendeva a oriente del Rio Grande. Le aree a nord del Red River e del Texas — spingendosi dal Midwest fino al Pacifico, sopra la linea delle Montagne Rocciose — erano considerate “Indian Country”, zone riservate agli indiani e teoricamente vietate agli insediamenti bianchi. Sotto il Rio Grande e a ovest della Continental Divide, invece, il controllo restava spagnolo, comprendendo territori destinati a diventare Nuovo Messico, California e parti di Utah, Colorado e Nevada.
Nel dicembre 1823, il presidente James Monroe, preoccupato dalle mire spagnole sul West, definì la propria politica di opposizione a ogni ingerenza europea negli affari del continente americano.


Il Presidente Monroe

Nacque così la Dottrina Monroe, destinata a diventare un pilastro della strategia espansionistica statunitense, anche se, all’epoca, Washington non disponeva realmente della forza militare per farla valere. Gli Stati Uniti si allearono con la Gran Bretagna per frenare le mire spagnole sul West e, quando i russi tentarono di spingersi fino al 51° parallelo, di nuovo Stati Uniti e Gran Bretagna agirono insieme per fermarli.
Negli anni Trenta dell’Ottocento, il governo americano avviò la politica di rimozione delle tribù indiane, trasferendole dai territori a est del Mississippi verso zone a ovest del fiume, nell’Indian Country. Questa strategia veniva giustificata in due modi: offrire agli indiani un’area dove vivere lontani dall’invasione bianca, e allo stesso tempo contenere la pressione migratoria verso ovest, ritenuta potenzialmente ingestibile. Trattati e provvedimenti successivi sancirono il trasferimento forzato delle popolazioni native, stabilendo che i nuovi territori loro assegnati sarebbero rimasti preclusi agli insediamenti dei coloni bianchi.


La rimozione dei nativi dalle loro terre

Nonostante tali previsioni, tra il 1825 e il 1840 molti trapper americani iniziarono a installarsi in avamposti commerciali nel West, esplorando la regione e tracciando rotte di trasporto. Fino al 1840, la colonizzazione bianca legale non poteva spingersi oltre il Mississippi: le terre oltre quel confine restavano formalmente riservate agli indiani. La fascia tra la Continental Divide e l’Oceano Pacifico, a sud del territorio russo e a nord di quello spagnolo e californiano, prese il nome di “Oregon Country”, comprendendo gli attuali Oregon, Washington, Montana, Idaho e Wyoming. Gli Stati Uniti condividevano la rivendicazione dell’Oregon con la Gran Bretagna.
Nel frattempo, già dal 1839, in diversi stati orientali sorsero società di colonizzazione per favorire la migrazione verso l’Oregon. Il 16 dicembre 1841, il senatore del Missouri Lewis Linn presentò un progetto di legge per incentivare queste spedizioni, che pure non passò; ciò nonostante, la spinta migratoria verso l’Oregon continuò e, parallelamente, iniziò quella verso la California nel 1841. Due anni dopo, i primi gruppi di pionieri raggiunsero Oregon City, aprendo la strada a un flusso migratorio di massa verso il West.
Nel 1842 John Charles Fremont intraprese la sua prima spedizione sulle Montagne Rocciose, guidato da Kit Carson. Tre anni dopo tornò nell’Ovest per nuove esplorazioni al servizio del governo americano, proseguendo l’opera di tracciamento già iniziata nel 1819 da Stephen A. Long.


Trapper accanto alla loro baita di tronchi

In questo stesso periodo, l’editorialista John L. O’Sullivan accusò il governo federale di esitazioni nei confronti del Messico, sostenendo sulle pagine dello United States Magazine and Democratic Review nel luglio 1845 che era “manifesto destino” degli Stati Uniti estendersi sull’intero continente. Da allora la formula “Manifest Destiny” divenne lo slogan dell’espansione verso occidente, alimentando non solo la spinta migratoria ma anche la guerra col Messico e la continua espropriazione delle terre native.
Nella metà degli anni Quaranta eventi cruciali ridisegnarono la mappa. Nel 1846 la guerra col Messico consentì agli Stati Uniti di annettere California, Nuovo Messico e parti di Utah, Colorado e Nevada. Inoltre il 13 ottobre 1845 la Repubblica del Texas votò per l’annessione e divenne ufficialmente stato americano il 29 dicembre successivo.
La fine del conflitto con il Messico venne sancita dal Trattato di Guadalupe Hidalgo (2 febbraio 1848), che trasferì agli Stati Uniti le terre comprese tra l’Oregon Country e il Rio Grande, dal Pacifico fino al Texas, delimitate a oriente dalla Continental Divide. Successivamente, con la cessione da parte del Texas di alcune aree, si completarono i confini generali del nuovo West americano.
Un’ulteriore espansione si ebbe nel 1853 con l’Acquisto Gadsden, che consentì di estendere leggermente la frontiera meridionale a sud del fiume Gila, nell’attuale Arizona e sud-ovest del Nuovo Messico, allo scopo di agevolare la costruzione di una ferrovia transcontinentale.
Alla fine del 1853, l’assetto del West vedeva inclusi gli stati di Texas, Louisiana, Arkansas, Missouri, Iowa e California, i territori di Minnesota, Oregon, Utah e Nuovo Messico, e ampie aree ancora prive di organizzazione amministrativa tra il Missouri e la Continental Divide, dal Canada al Texas.
Uno dei conflitti più accesi dell’epoca esplose nei primi anni Cinquanta in Kansas e Nebraska, dove la questione della schiavitù divise profondamente la popolazione. Con il Kansas-Nebraska Act del 1854, il Congresso permise a ciascun territorio di scegliere liberamente se entrare nell’Unione come stato libero o schiavista. Il Kansas divenne teatro di violenti scontri, tanto da meritarsi l’appellativo di “Bleeding Kansas”, ma fu ammesso come stato libero nel 1861.
Verso il 1860, il territorio a ovest del Mississippi era ormai ripartito in: Indian Territory (futura Oklahoma), Kansas Territory (dal Missouri fino alla Continental Divide) e Nebraska Territory (includendo porzioni degli attuali Nebraska, Wyoming, South Dakota, North Dakota ed est del Montana). A ovest della Continental Divide, l’Oregon divenne stato, mentre il resto dei territori fu organizzato come Washington Territory. Nel 1867 gli Stati Uniti acquistarono l’Alaska dalla Russia.


L’acquisto dell’Alaska dalla Russia

Secondo cronache del tempo, nel 1865 il Missouri stava vivendo un mutamento radicale: molti vecchi simpatizzanti sudisti lasciavano lo stato per trasferirsi altrove, mentre arrivavano nuovi coloni dall’Est e dal Sud. Con l’aumento delle vendite di terre, lo stato stava già raccogliendo i frutti della libertà.
Nel 1870 quasi tutto il West era ormai suddiviso secondo i confini attuali degli stati, con l’unica eccezione del Dakota, ancora unito tra Nord e Sud, e destinato a rimanere territorio federale per alcuni decenni prima della statalità.
In quegli anni, la stampa celebrava anche l’espansione verso l’estremo nord: l’Alaska, acquistata nel 1867, pur contando all’epoca circa 61.000 abitanti (di cui solo 6.000 tra russi, creoli, kodiak e aleuti, il resto eschimesi), prometteva secondo gli osservatori ottime prospettive di sviluppo commerciale e colonizzazione.

La colonizzazione delle terre

Dal 1841, il Congresso americano approvò una serie di leggi volte a regolare la distribuzione delle terre pubbliche. Con il Preemption Act, chi si stabiliva su un appezzamento di 160 acri poteva riscattarlo per 1,25 dollari l’acro dopo avervi costruito una casa e rispettato alcuni requisiti. Nel 1849 il Swamp Land Act aiutò gli stati con terre paludose a incentivare l’insediamento, mentre nel 1854 il Graduation Act stabilì prezzi proporzionati alla qualità dei terreni, arrivando anche a vendere lotti a 12,5 centesimi l’acro.
Fra il 1842 e il 1853, con i Donation Acts, si offrirono terre gratuite a chi si trasferiva in aree remote come l’Oregon o il Nuovo Messico, alimentando le prime grandi ondate migratorie. Fra i promotori di queste politiche vi fu il senatore Thomas Hart Benton del Missouri, convinto che la terra andasse venduta a prezzi equi a chi poteva permettersela, e regalata a chi invece non aveva mezzi.
Vent’anni dopo, anche il futuro presidente Andrew Johnson sostenne proposte simili, affermando che trasferire un colono su 160 acri di terra fertile lo avrebbe reso in pochi anni economicamente più forte.


Il Presidente Johnson

Abraham Lincoln, leader repubblicano, fece proprio questo approccio e nel 1862 firmò l’Homestead Act, che entrò in vigore nel 1863. La legge concedeva fino a 160 acri di terreno a uomini e donne maggiorenni, cittadini americani o in corso di naturalizzazione, purché non avessero combattuto contro gli Stati Uniti. Il requisito per ottenere la proprietà era vivere sul terreno almeno sei mesi l’anno per cinque anni e migliorarne le condizioni; oppure, pagando 1,25 dollari l’acro, si poteva riscattare subito il titolo.
Nel 1873 il Timber Culture Act garantì ulteriori 160 acri a chi piantava 40 acri di alberi per otto anni (ridotti a dieci acri nel 1878), senza specificare la specie arborea da piantare.
Nel 1877 fu varato il Desert Land Act, che consentiva di acquistare o reclamare fino a 640 acri di terre aride, da irrigare prima di coltivarle, pagando 25 centesimi l’acro e occupandole per tre anni, oppure 1 dollaro l’acro per l’acquisto diretto. In molti casi i coloni si limitavano a pagare la quota minima per sfruttare i pascoli senza mai realizzare opere di irrigazione definitive.
L’Homestead Act restò in vigore per decenni, subendo modifiche nel 1904 grazie al deputato Moses Kinkaid, che permise di reclamare fino a 640 acri in Nebraska.
Secondo un rapporto del 1856, il governo federale possedeva allora circa 1.600 milioni di acri, con vendite dirette di circa 14 milioni di acri all’anno e concessioni quadruplicate attraverso sovvenzioni e provvedimenti a favore di privati e imprese.

Il ruolo delle ferrovie e delle comunità locali

Il progresso nel West fu irregolare, perché la statalità di molti territori dipese da equilibri politici complessi. Tra il 1867 e il 1889 solo il Colorado divenne stato (nel 1876), mentre altri territori rimasero in attesa a causa del timore reciproco tra repubblicani e democratici di alterare gli equilibri del Congresso. Solo dopo il consolidamento della maggioranza repubblicana furono ammessi nel 1889-90 ben sei nuovi stati: Washington, North Dakota, South Dakota, Montana, Wyoming e Idaho.
Ottenere lo status di capitale territoriale o di capoluogo di contea era cruciale per le comunità locali: garantiva lavoro, uffici postali, tribunali e stabilità. In alcuni casi si giunse a furti di documenti ufficiali per rivendicare la sede di contea, dando origine a liti giudiziarie e vere e proprie faide.


La ferrovia è stata una chiave dell’espansione verso ovest

Un’altra leva di sviluppo essenziale furono le ferrovie. Le città che non disponevano di una ferrovia rischiavano il declino, mentre quelle servite da binari prosperavano grazie ai traffici di persone e merci. Alcuni centri arrivarono a raccogliere fondi per aiutare la costruzione delle linee ferroviarie, consapevoli che rimanere esclusi significava condannarsi all’isolamento.

Gli stati del West

Ecco una sintesi delle tappe di formazione degli stati occidentali:

  • Alaska: acquistata dalla Russia nel 1867, divenne stato nel 1959
  • Arizona: ceduta dal Messico, entrò come territorio nel 1863, stato nel 1912
  • Arkansas: stato dal 1836, uscì con la Confederazione e rientrò nel 1868
  • California: conquistata nel 1846, annessa nel 1848, stato dal 1850
  • Colorado: territorio nel 1861, stato nel 1876
  • Idaho: territorio dal 1863, stato nel 1890
  • Iowa: territorio dal 1838, stato nel 1846
  • Kansas: territorio dal 1854, stato dal 1861
  • Louisiana: stato dal 1812
  • Minnesota: territorio dal 1849, stato dal 1858
  • Missouri: stato dal 1821
  • Montana: varie annessioni territoriali tra 1863 e 1864, stato dal 1889
  • Nebraska: territorio dal 1854, stato dal 1867
  • Nevada: separato dallo Utah nel 1861, stato dal 1864
  • New Mexico: territorio dal 1850, stato nel 1912
  • North Dakota e South Dakota: divisi dal Dakota Territory nel 1889
  • Oklahoma: da Indian Territory nel 1889 a stato nel 1907
  • Oregon: territorio dal 1848, stato nel 1859
  • Texas: repubblica indipendente dal 1836, stato dal 1845, rientrato nell’Unione nel 1870
  • Utah: territorio dal 1850, stato nel 1896
  • Washington: territorio dal 1853, stato nel 1889
  • Wyoming: territorio dal 1868, stato nel 1890

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