Nel west alle prese con meteo e disastri naturali
A cura di Sergio Mura
L’elemento che nel West influenzava la vita di tutti, in ogni tempo, era il clima. Così fu nel 1840 e così rimase nel 1900. Siccità, bufere di neve, inondazioni, freddo, caldo, neve e sole determinarono l’abbigliamento, le abitudini abitative, la prosperità o meno delle persone. I venti che spazzavano le pianure agivano anche sul carattere e sulla salute fisica e mentale degli abitanti.
I coloni delle praterie costruivano rifugi sotterranei per ripararsi dai venti più violenti, come cicloni e tornado. Impararono a osservare il cielo, riconoscendo che un colore verdastro delle nuvole preannunciava spesso la grandine, anche se talvolta quella tinta proveniva da milioni di cavallette che calavano a nuvola sulla terra. Questi insetti divoravano rapidamente ogni cosa, dai raccolti di mais e grano fino ai vestiti e ai finimenti in cuoio.
Invasioni devastanti di cavallette colpirono Kansas e Nebraska nel 1873, 1874 e nuovamente nel 1893. I contadini bruciavano zolfo sperando che il fumo le allontanasse, e costruivano trappole in legno o metallo per catturare questi flagelli che non solo distruggevano i raccolti, ma inquinavano anche le riserve d’acqua. Le cavallette si infilavano persino nella paglia, costringendo i contadini a incendiarla per ucciderle.

I contadini bruciano lo zolfo contro le cavallette
Nel luglio 1874, l’Osceola Homesteader del Nebraska scriveva:
I nostri lettori stranieri ci perdonino se parliamo tanto di cavallette. Non possiamo farne a meno. L’aria ne è piena, il suolo ne è coperto, la gente non pensa né parla d’altro. Piovono cavallette, nevicano cavallette. Non si può camminare per strada senza essere colpiti in faccia e negli occhi dalle cavallette, né dormire senza sognarle, e se questi diavoletti non se ne andranno presto, impazziremo per le cavallette.
Il Miner’s Register stampato a Central City, Territorio del Colorado, il 7 settembre 1864, raccontava:
Le immense nuvole di cavallette che ieri hanno attraversato la città erano uno spettacolo mai visto prima nel Territorio. Guardando verso il sole si potevano scorgere in un ammasso denso come uno sciame di api. Parevano arrivare dal versante occidentale e dirigersi verso le pianure a est. Erano molto in alto, probabilmente a 600 metri, e volavano sopra tutte le montagne intorno a noi. Alcune isolate si posarono, ma la maggior parte passò oltre. Ovunque andranno, ci aspettiamo che spazzino via tutto sul loro cammino.
Nel 1819, durante la sua spedizione di esplorazione, Stephen Long definì la regione delle Grandi Pianure, che oggi corrisponde a Nebraska e Kansas centrali e occidentali, “Il Grande Deserto Americano”. I cartografi successivi confermarono questa denominazione. Quando, dopo il 1870, i coloni cominciarono a stabilirsi in quelle terre, sfidarono le teorie di Long arando e coltivando.
Una teoria molto diffusa in quel periodo sosteneva che la pioggia segue l’aratro.

L’attraversamento delle pianure
Alcuni agricoltori e studiosi dal Canada al Texas credevano che dissodare la terra liberasse umidità nell’aria, che poi sarebbe tornata al suolo sotto forma di pioggia. Erano convinti che più si arava l’erba di prateria, maggiore sarebbe stata la piovosità. Quando la pratica smentì la teoria, si passò all’irrigazione, che tuttavia non garantì sempre il successo, perché la siccità colpiva periodicamente la regione rendendo l’acqua scarsa anche per irrigare.
Anni particolarmente difficili per siccità nelle Grandi Pianure furono il 1873 e il 1893, coincidenti con forti invasioni di cavallette. Ma la siccità non risparmiava nemmeno altre aree del West.
Un giornale del 21 gennaio 1865 annotava:
La California è stata colpita da una grande tempesta, terminata il 28 novembre. Ha causato notevoli danni, ma i benefici che ha portato hanno superato di gran lunga le perdite. L’attività mineraria e agricola, ferma da tempo a causa della siccità, è ripresa rapidamente con ottime prospettive di successo.
All’opposto della siccità vi erano le tempeste violente, con inondazioni dovute a piogge torrenziali o bufere di neve che colpivano soprattutto le regioni settentrionali e le pianure. In molti casi, come nella “School Children’s Blizzard” del 1888 che investì le Dakotas, il Nebraska e il Kansas, le tempeste arrivarono con una furia improvvisa, proprio all’uscita dei bambini da scuola.

Una tempesta improvvisa
Alcuni non riuscirono a tornare a casa e rimasero negli edifici scolastici con gli insegnanti; altri tentarono di raggiungere fattorie vicine ma furono sorpresi dalla bufera. Alcuni trovarono rifugio nei covoni di fieno, altri persero la vita.
Durante le bufere la gente cercava rifugio in case, scuole o negozi, oppure addirittura nei fienili. Se era necessario uscire, spesso ci si legava con una corda alla porta per poter ritrovare la strada di ritorno nella tormenta. Le bufere potevano durare giorni, uccidendo uomini e animali.
Il terribile inverno del 1886-87 fu ricordato come la “Grande Moria” (Great Die-Up), con la morte di centinaia di migliaia di capi di bestiame dal Canada al Texas. Le tempeste portarono neve abbondante e freddo estremo, seguiti da un breve periodo di disgelo e poi da nuovo gelo, che formò una crosta di ghiaccio sui pascoli. Il bestiame, sospinto dal vento, rimase intrappolato nei cumuli di neve, nei fossi o contro le recinzioni, morendo sul posto. John Clay, uomo d’affari di Chicago e poi direttore della Swan Land and Cattle Company in Wyoming, scrisse:
Tre grandi correnti di sfortuna, cattiva gestione e avidità culminarono nella più terribile strage di animali mai vista nel West, seconda solo allo sterminio dei bisonti.
Altri articoli documentavano l’impatto degli inverni più rigidi:
I giornali dell’Ovest dicono che l’inverno, ormai finalmente finito, sia stato il più severo da diciotto anni a questa parte. Alcuni attribuiscono alle difficoltà climatiche e alla carestia anche parte delle incursioni indiane.
(FLIN, 1 aprile 1865)
Le tempeste di neve lungo la linea ferroviaria della Union Pacific hanno interrotto i viaggi, causando grandi disagi ai passeggeri diretti a Est. La tratta tra Ogden e Cheyenne era in condizioni pessime. Appena un treno superava un cumulo di neve, il vento riempiva nuovamente i binari, obbligando il treno successivo a un lavoro immane. Alcuni passeggeri rimasero bloccati quasi tre settimane. A Cheyenne si ammassarono 800 carri merci e diverse locomotive guaste. Il termometro scese fino a meno 25 o 30 gradi. I tentativi di liberare i binari per i treni postali portarono i lavoratori a trovarsi nuovamente intrappolati nella neve da entrambi i lati.
(FLIN, 17 febbraio 1872)
Una tazza di tè costava un dollaro per i viaggiatori bloccati nella neve sulla linea del Pacifico.
(FLIN, 9 marzo 1872)
Altrettanto devastanti per allevatori e agricoltori erano gli incendi di prateria, che si sviluppavano quando l’erba seccava e bastava una scintilla di un cacciatore, un cuoco all’aperto o un fulmine a incendiarla. I coloni scavavano fossati protettivi, aravano intorno a case, campi e villaggi e falciavano l’erba per ridurre il rischio, ma un incendio poteva comunque propagarsi su centinaia di ettari.
In questi casi si combatteva il fuoco tracciando altri fossati, portando acqua, battendolo con stracci bagnati o sacchi di grano. Talvolta si accendeva un contrafuoco per bruciare in direzione delle fiamme in arrivo, privandole di combustibile.
I giornali delle praterie pubblicavano ogni anno avvisi per ricordare a contadini e abitanti di preparare difese contro gli incendi. Nel novembre 1860, il Nebraska Advertiser scriveva:
L’orizzonte ogni sera è illuminato dagli incendi di prateria, talvolta più luminosi della luna piena, e paragonabili per bellezza all’aurora boreale. Si sentono numerosi casi di perdite: alcuni hanno perso il fieno, altri il mais, altri ancora le recinzioni. Ogni anno il danno è enorme, ma ogni anno i contadini dimenticano di proteggere le proprie proprietà… Lettore, se il tuo fieno, le tue recinzioni, il mais, gli edifici o altri beni non sono protetti, provvedi subito. Non aspettare domani. Chi ha perso di più, quest’anno come l’anno scorso, “voleva ararci intorno domani”, ma lo fece con un giorno di ritardo.
Anche il Beatrice Express del Nebraska, il 24 ottobre 1872, ammoniva:
Gli incendi di prateria tornano a devastare le fattorie e i granai degli agricoltori negligenti che hanno rimandato le precauzioni fino a quando è stato troppo tardi… Il lavoro di un anno intero spazzato via in un lampo, eppure ogni anno si trovano altrettanti ritardatari.
Nell’agosto 1869 il FLIN riferì di vasti incendi nelle foreste del Territorio di Washington, lungo il Puget Sound, che distrussero migliaia di ettari di prezioso legname.
Le perdite per l’incendio di Virginia City, Nevada, probabilmente superarono i 750.000 dollari. Le assicurazioni coprivano 350.000 dollari. Quattro interi isolati bruciarono. Il fuoco partì da una canna fumaria difettosa di un impianto di lavorazione del legno. Molti pompieri rimasero feriti per crolli o ustioni.
(FLIN, 7 ottobre 1871)
Non tutto il fuoco, tuttavia, era considerato un male. Le tribù native appiccavano regolarmente incendi controllati sulle praterie e persino sulle montagne per favorire la ricrescita dell’erba destinata ai propri pony.

Un incendio controllato
Terminologia
- Blizzard: bufera invernale molto intensa, con forti venti, temperature rigide e neve. Comune nelle pianure settentrionali. La prima volta che il termine fu usato in senso meteorologico risale a un giornale dell’Iowa nel 1870.
- Butte: rilievo isolato simile a una mesa ma più piccolo, tipico del Sudovest e delle High Plains settentrionali.
- Chinook: vento caldo che soffia dal lato est della Continental Divide, dal Montana al Colorado, capace di far salire rapidamente la temperatura e sciogliere neve e ghiaccio.
- Mesa: altopiano rialzato, talvolta lungo anche un miglio e largo mezzo miglio, comune nel Sudovest.
- Norther: vento freddo del Texas che soffia da nord, spesso accompagnato da nubi nere e un brusco calo di temperatura anche di 15-30 gradi in un’ora circa. Alcuni “northers” possono durare più di tre giorni.