Il Generale William T. Sherman, dalla guerra civile alle guerre indiane

A cura di Sergio Mura

Il Generale Sherman
William Tecumseh Sherman nacque l’8 febbraio 1820 a Lancaster, nell’Ohio, in una famiglia numerosa di origini inglesi e scozzesi. Alla morte del padre, quando William aveva solo nove anni, fu affidato a Thomas Ewing, senatore degli Stati Uniti e futuro Segretario degli Interni, che gli garantì un’educazione solida e lo introdusse nei circoli politici e militari dell’epoca. Grazie all’influenza dello zio fu ammesso all’Accademia Militare di West Point, dove si diplomò nel 1840 con buoni risultati, distinguendosi non tanto per la disciplina quanto per l’intelligenza e le qualità logistiche.
Venne assegnato inizialmente alla Seconda Artiglieria e partecipò senza grande risalto alla guerra contro i Seminole in Florida, poi fu trasferito in California proprio negli anni della scoperta dell’oro e della corsa frenetica che ne seguì. In quegli anni maturò una profonda conoscenza delle dinamiche politiche e sociali del nuovo Occidente americano.


sherman in California

Non partecipò attivamente alla guerra col Messico, cosa che lasciò in lui una certa frustrazione, ma si fece notare per le sue capacità amministrative e organizzative. Dopo oltre un decennio di servizio, nel 1853 lasciò l’esercito per tentare la carriera civile: fu banchiere a San Francisco, avvocato in Kansas, e infine direttore di un’accademia militare in Louisiana, incarico che abbandonò con riluttanza quando il Sud si preparava alla secessione. Benché avesse amici e legami personali al Sud, rimase fedele all’Unione e, dopo aver inizialmente rifiutato incarichi di comando che giudicava troppo gravosi, accettò infine un posto come colonnello nell’esercito unionista. La sua carriera militare durante la Guerra Civile fu rapida e inarrestabile: combatté nella battaglia di Bull Run e, nonostante l’esito disastroso, si fece notare per la sua risolutezza e per la capacità di mantenere la calma sotto il fuoco. Dopo un periodo di grave depressione e un allontanamento temporaneo dal comando, fu richiamato in servizio e affidato a Grant, con cui instaurò una collaborazione strettissima, basata sulla fiducia reciproca. Partecipò alla presa di Fort Donelson, alla battaglia di Shiloh, dove rimase ferito, e alla campagna del Mississippi che portò alla conquista di Vicksburg nel 1863, una delle svolte decisive della guerra.


Sherman nella Guerra Civile

Dopo la battaglia di Chattanooga, nella quale guidò uno degli attacchi fondamentali, ricevette il comando del fronte occidentale. La campagna di Atlanta nel 1864 fu l’opera strategica più nota e complessa della sua carriera: affrontò l’esercito confederato guidato da Johnston prima e da Hood poi, adottando una tattica fatta di manovre logistiche, accerchiamenti e pressione costante sulle linee di comunicazione. Dopo la caduta di Atlanta, che suscitò grande entusiasmo nell’opinione pubblica del Nord e contribuì alla rielezione di Lincoln, Sherman mise in atto la celebre “Marcia verso il mare”, una campagna di distruzione organizzata attraverso la Georgia che colpì infrastrutture, scorte, vie di comunicazione e industrie, con lo scopo di spezzare la volontà del Sud di continuare la guerra. La strategia, definita guerra totale, mirava non tanto all’annientamento fisico dell’esercito nemico quanto alla disarticolazione del suo sistema produttivo e del morale civile. Dopo aver conquistato Savannah, proseguì verso le Caroline, dove la città di Columbia fu in gran parte distrutta da un incendio ancora oggi dibattuto negli studi storici.


Columbia brucia

L’avanzata si concluse con la resa dell’armata confederata di Johnston nella primavera del 1865. Dopo la guerra, Sherman divenne comandante militare nei territori del West e quindi Comandante Generale dell’Esercito dal 1869 al 1883. Fu in quegli anni che mise in atto una nuova fase della sua carriera, dedicata alla pacificazione forzata delle grandi pianure e alla gestione delle guerre indiane. Promosse la costruzione delle linee ferroviarie occidentali, favorì la concentrazione delle tribù native in riserve e applicò una versione adattata della guerra totale contro i nativi che continuavano a opporsi al dominio federale. Fu tra i promotori del Trattato di Medicine Lodge e di Fort Laramie, ma quando i negoziati fallivano era il primo a sostenere l’uso della forza. Ritenne necessario distruggere i villaggi, le mandrie e ogni mezzo di sussistenza dei nativi per costringerli alla resa. Il suo ruolo fu centrale nella campagna contro i Cheyenne, i Comanche, i Kiowa e più tardi contro i Sioux, con l’obiettivo di aprire definitivamente le Grandi Pianure alla colonizzazione bianca.


Sherman, uno dei protagonisti delle guerre indiane

Autorizzò l’arresto e il processo di capi come Satanta e Big Tree e supervisionò la politica di sterminio del bisonte, con l’intento dichiarato di affamare i nativi fino alla sottomissione. Era convinto che, una volta cessata la resistenza, i sopravvissuti andassero affidati agli agenti federali per la loro “civilizzazione”. Le sue idee erano dure ma coerenti con la visione nazionalista dell’epoca: per lui l’espansione dell’Unione, dell’industria e della ferrovia erano priorità assolute, anche a costo di distruggere culture millenarie. In pubblico era schietto e diretto, ammirato per la sua eloquenza, e le sue memorie pubblicate nel 1875 diventarono un’opera di riferimento per comprendere la guerra e il pensiero militare americano dell’Ottocento. Dopo il ritiro dalla vita militare visse tra New York e St. Louis, rifiutando con fermezza ogni proposta di candidatura politica, compresa quella alla presidenza. Morì il 14 febbraio 1891 e venne sepolto con onori militari. La sua figura, ancora oggi, è al centro di vivaci discussioni storiche: per alcuni fu il primo grande teorico della guerra moderna, per altri un simbolo di spietata distruzione, ma nessuno mette in dubbio la sua influenza sul modo di concepire e condurre le guerre nel XIX secolo.

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