Il telegrafo, un filo che unì l’America
A cura di Matteo Pastore
Dopo 145 anni, uno degli ultimi ricordi del Vecchio West si è spento il 27 gennaio 2006, quando la Western Union ha inviato il suo ultimo telegramma. Senza troppi clamori o annunci si è detto addio a questa tecnologia.
Con quel gesto silenzioso si chiudeva una delle pagine più affascinanti della storia americana, l’epopea del telegrafo, quella sottile linea elettrica che aveva cucito assieme l’intero continente, anticipando di mezzo secolo l’era della comunicazione di massa.
Per 145 anni, quel filo invisibile aveva percorso le grandi pianure, superato le Montagne Rocciose, affiancato i binari delle ferrovie e corso accanto ai sogni dei pionieri. Era stato testimone silenzioso di guerre, lutti, amori e speranze. Nelle sue brevi frasi, spesso incise su fogli gialli e consegnate da fattorini frettolosi, si poteva trovare la gioia di una nascita, l’angoscia di una perdita, la promessa di un futuro.
Eppure, tutto era cominciato con lo scetticismo. Quando nel 1831 Samuel Morse iniziò a lavorare all’idea di trasmettere messaggi tramite impulsi elettrici, pochi credevano che quell’invenzione potesse avere un futuro. Pittore e professore d’arte alla New York University, Morse non era certo uno scienziato accademico, ma aveva intuito che un filo di rame potesse trasportare molto più che corrente: poteva trasportare parole. Nel 1835 riuscì a trasmettere segnali su un cavo e a registrarli su una striscia di carta. Un anno dopo, aveva già elaborato quel codice fatto di punti e linee che ancora oggi porta il suo nome.

Morse presenta il telegrafo
Le sue prime dimostrazioni pubbliche suscitarono più curiosità che entusiasmo. E quando nel 1837 chiese al governo un finanziamento per realizzare una linea sperimentale, si trovò davanti un’America in crisi: era l’anno del grande crollo economico, il “Panico del 1837”. I fondi furono negati.
Ma Morse non si arrese. Continuò a perfezionare il suo strumento, viaggiò, mostrò, spiegò. E alla fine, nel 1843, il Congresso cedette: gli furono assegnati 30.000 dollari per costruire una linea tra Washington e Baltimora. Il 24 maggio 1844, fu finalmente inviato il primo telegramma della storia: “What hath God wrought” — “Che cosa ha fatto Dio”. La frase, tratta dalla Bibbia, fu scelta per sottolineare il potenziale quasi divino di quella nuova forma di comunicazione. L’America entrava in una nuova era.
Il successo, però, non fu immediato. Il governo esitava a investire ulteriormente. Furono le imprese private a cogliere l’occasione, dando vita a una corsa allo sviluppo telegrafico simile, per spirito, a quella dell’oro o delle ferrovie. Decine di compagnie nacquero e si fecero concorrenza, spesso sovrapponendosi con linee parallele o brevettando versioni leggermente diverse dello stesso meccanismo.
Nel 1851 nacque una compagnia destinata a dominare il settore: la New York and Mississippi Valley Printing Telegraph Company, che nel 1856 assunse un nome destinato a diventare leggendario: Western Union.

La nascita della Western Union
Il nuovo nome simboleggiava la fusione delle reti telegrafiche dell’Est con quelle emergenti dell’Ovest, creando una vera e propria spina dorsale per le comunicazioni degli Stati Uniti.
Il punto di svolta arrivò il 24 ottobre 1861, quando la Western Union completò la prima linea telegrafica transcontinentale. Il Pony Express, glorioso e romantico simbolo dell’epoca pionieristica, fu dismesso due giorni dopo. Il West, che fino ad allora aveva comunicato al passo dei cavalli, fu improvvisamente raggiunto dalla voce del mondo.

L’ultima corsa del Pony Express
Durante la Guerra Civile americana, il telegrafo divenne un’arma strategica: permise al presidente Lincoln di mantenere i contatti con i generali sul campo in tempo reale, contribuendo in modo determinante all’efficacia delle operazioni militari. Il filo telegrafico divenne così un’arteria vitale, invisibile ma essenziale, per tenere unita una nazione divisa.
Il telegrafo non fu soltanto un mezzo di comunicazione: divenne presto un’arma strategica nella conquista del West. Laddove un tempo le notizie correvano a cavallo, ora viaggiavano lungo i fili sospesi su pali di legno, tracciando una linea invisibile ma potente che collegava gli avamposti militari, le stazioni ferroviarie, i presidi civili. Fu così che il telegrafo si trasformò in un simbolo di dominio, un’estensione del controllo federale sui territori selvaggi e contesi.

I fili del telegrafo univano luoghi assai distanti
Non stupisce, dunque, che molti capi indiani lo vedessero con sospetto e lo considerassero un nemico silenzioso. In più occasioni, durante gli scontri tra l’esercito statunitense e le tribù delle Grandi Pianure, i fili telegrafici vennero presi di mira come fossero nervi scoperti dell’uomo bianco. I Cheyenne, i Sioux, i Comanche e altri popoli delle praterie compresero l’importanza di interrompere quelle comunicazioni che permettevano ai soldati di ricevere rinforzi, rifornimenti e ordini.
Gli attacchi contro il telegrafo divennero una forma di resistenza diffusa. Durante le guerre indiane del 1867, lungo la Kansas Pacific Railroad e in altre zone di frontiera, si verificarono numerosi sabotaggi: pali telegrafici abbattuti o incendiati, fili tagliati o divelti, stazioni bruciate.

Una banda di guerrieri Cheyenne cerca di bruciare i pali del telegrafo
I soldati erano costretti a pattugliare costantemente le linee di comunicazione, riparando ogni giorno ciò che era stato distrutto nella notte.
Tra gli episodi più noti vi fu il raid di Julesburg, in Colorado, avvenuto nel gennaio del 1865, come risposta diretta al Massacro di Sand Creek. Una coalizione di Cheyenne, Arapaho e Sioux, tra cui molti superstiti del massacro, attaccò la cittadina e le sue infrastrutture. Oltre a saccheggiare gli avamposti di frontiera e le stazioni postali, i guerrieri distrussero deliberatamente le linee telegrafiche, spezzando le comunicazioni tra i forti militari e le città orientali. Quel gesto fu simbolico e strategico al tempo stesso: dove non potevano fronteggiare l’esercito sul piano tecnologico, i nativi colpivano la rete che ne garantiva la rapidità.
In altre zone, singoli gruppi di guerrieri danneggiavano i fili telegrafici durante le incursioni, consapevoli che quei cavi trasportavano ordini, richieste d’aiuto e piani militari. In un caso documentato, nei pressi di Plum Creek, nel Nebraska, nel 1867, alcuni guerrieri Cheyenne sabotavano contemporaneamente la ferrovia e il telegrafo, causando il deragliamento di un treno e l’interruzione delle comunicazioni.

Un ufficiale dell’epoca scrisse che “i fili spezzati ci parlano più delle parole: sono il grido muto di una resistenza che non si piega”. In quelle battaglie senza polvere da sparo, ogni palo tagliato era un piccolo atto di guerra contro un progresso che avanzava troppo in fretta.
Ma il filo continuava a risorgere. Ogni volta che un palo cadeva, altri due venivano piantati. E alla fine, la linea vinse. Il telegrafo sopravvisse a quei tentativi di resistenza, diventando lo strumento che permise al governo di accelerare la penetrazione nel cuore del continente, consolidando insediamenti e ordinando movimenti militari in tempo reale.
Il filo, così fragile a vedersi, fu in realtà uno dei più robusti strumenti con cui l’America piegò il proprio destino verso occidente.
Negli anni successivi, Western Union estese il suo dominio. Negli anni ’20 e ’30, con le telefonate interurbane ancora costose, il telegramma divenne il mezzo più rapido ed economico per comunicare a distanza. Era usato per affari, per comunicazioni ufficiali, ma anche per inviare auguri, notizie familiari, e perfino dichiarazioni d’amore. Era il mezzo di comunicazione “serio”, l’equivalente di una PEC ante litteram.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’eco cupa dei telegrammi Western Union si fece dolorosamente familiare: il Dipartimento della Guerra li utilizzava per comunicare ai familiari la morte o il ferimento dei propri cari. Ancora oggi, in alcune case americane, quegli antichi fogli gialli sono conservati come reliquie sacre.
Ma il mondo correva veloce. Con l’arrivo dei fax, delle e-mail, della telefonia mobile e infine dei messaggi istantanei, il telegramma divenne obsoleto. Negli anni ’60 e ’70 la Western Union cominciò a ridurre il servizio telegrafico.

L’incedere veloce della tecnologia
Negli anni ’90 era ormai un residuo del passato, sopravvissuto più per nostalgia che per utilità. Nel 2005, solo 20.000 telegrammi furono inviati in tutto il mondo. E infine, il 27 gennaio 2006, il sipario calò per sempre.
O quasi. Perché Western Union, oggi, è tutt’altro che morta: ha saputo reinventarsi, spostando il proprio business nel settore dei servizi finanziari. Ma il cuore pulsante di quella leggenda fatta di fili e di impulsi si è spento. Con lui, se n’è andato anche un pezzo d’America.
Quell’America del West, fatta di saloon, diligenze, cercatori d’oro e messaggi “urgenti” battuti al telegrafo. Un’America che, almeno su *Farwest.it*, continua a vivere.