Il massacro di Shelton Laurel

A cura di Angelo D’Ambra


Il 19 gennaio del 1863 si consumò l’orribile massacro di 13 presunti sostenitori dell’Unione. Elison King, Jo Woods, Will Shelton, Aronnata Shelton, James Shelton, James Shelton, David Shelton, James Madcap, Rod Shelton, David Shelton Joseph Cleandon, Helen Moore e Wade Moore furono fucilati nella Shelton Laurel Valley nella contea di Madison, Carolina del Nord da parte di un reggimento confederato guidato dal tenente colonnello James A. Keith, deciso a vendicarsi del sacco della cittadina di Marshall.
I monti Appalachi furono il teatro di una delle vicende più buie della guerra civile. In quella gelida giornata d’inizio 1863, furono spezzate le vite di ragazzini e padri di famiglie, di persone tra i 13 e i 56 anni.
All’origine di tutto ci fu il sale. Allora era una risorsa importantissima, ancor più nel contesto di privazioni che imponeva la guerra. Il sale era fondamentale per la conservazione della carne, dunque fu razionato. Le autorità si preoccupavano di distribuire le quote ai cittadini in base alla disponibilità e al fabbisogno, ma quando lo negarono ai cittadini di Shelton Laurel, noti per le loro simpatie unioniste, insorsero problemi.
Ci furono contestazioni, obiezioni e polemiche, ma nulla smosse le autorità dalla loro decisione, così un gruppo di cittadini di Shelton Laurel, capeggiati da John Kirk, cavalcò fino alla cittadina di Marshall chiedendo la loro razione. Davanti al diniego fermo e risoluto, essi impugnarono le armi. Spararono al capitano che sorvegliava le scorte, un parente del comandante del 64°, il colonnello Lawrence Allen. Poi i rivoltosi passarono al saccheggio della città.


L’assalto per le razioni di sale

Il New York Times riferì: “Il loro obiettivo principale era il deposito di sale, e portarono via circa 50 staia del prezioso minerale. Fecero anche irruzione in diverse case, sparando a un ufficiale confederato in licenza”.
Diedero pure alle fiamme ogni edificio, compresa la casa del colonnello Lawrence M. Allen, comandante del 64° North Carolina reggimento confederato. I suoi bambini erano lì, malati di scarlattina.
Quando si seppe del raid, Allen insistette per una rappresaglia. Chiese a Henry Heth, comandante confederato nell’East Tennessee, il permesso di guidare una missione per punire John Kirk. Heth acconsentì, a due condizioni. I testimoni riferirono che non voleva né un rapporto ufficiale né prigionieri. Bisognava semplicemente compiere vendetta.
Affiancato dal tenente colonnello James A. Keith, suo secondo in comando, marciarono con due colonne su Shelton Laurel. Anche per Keith, originario della contea di Medison, dove sorgeva Marshall, era una questione personale. La contea era estremamente divisa tra filounionisti e filoconfederati.


La spedizione punitiva

Erano filoconfederate molte famiglie dell’alta aristocrazia legate all’economia schiavista, ma è altresì vero che i filoconfederati erano la maggioranza tra la gente delle montagne. Inoltre, non mancavano dei confederati moderati. Molti politici di montagna, per esempio, tiepidi sulla secessione, tra cui i proprietari di schiavi come Zebulon Vance e Augustus Merrimon, si schierarono con la Confederazione. Sia Merrimon che Vance si unirono o organizzarono reggimenti prima di diventare rispettivamente procuratore generale e governatore. I due ebbero poi un ruolo chiave nei fatti che seguirono. Ad ogni modo l’animosità tra le due fazioni era aspra ed esagitata e Keith era uno dei prodotti, rabbioso, vendicativo, inesorabile.
Il piano era semplice, si sarebbero scagliati sulla città con un movimento a tenaglia che prevedeva gli uomini di Keith sulla più alta cresta in cima alla valle, e quelli di Allan all’estremità opposta.
Quando s’avvidero di ciò che stava per succedere, i cittadini di Shelton Laurel corsero ad armarsi. Furono i primi ad aprire il fuoco sugli uomini di Allen. I confederati entrarono in città seminando la morte.


L’attacco alla cittadina

Presso la casa di Bill Shelton si ebbe lo scontro a fuoco più duro. Cinquanta uomini, armati di fucile, provarono ad opporre resistenza, ma l’arrivo della colonna del colonnello Keith stroncò le loro speranze. Nel frattempo, Allen fu raggiunto dalla tragica notizia che suo figlio Romulus, di appena sei anni, era morto e Margaret, la sua bambina di quattro anni, era in agonia. Raggiunse la sua famiglia a Marshall giusto in tempo per seppellire entrambi i figli, poi tornò a Shelton Laurel, per vendicarsi di chi aveva dato la morte ai suoi figli.
Il piano era semplice, si sarebbero scagliati sulla città con un movimento a tenaglia che prevedeva gli uomini di Keith sulla più alta cresta in cima alla valle, e quelli di Allan all’estremità opposta.
Alla ricerca di informazioni su chi avesse guidato il raid su Marshall, Keith non esitò a frustare e torturare persino delle donne anziane, addirittura impiccarono Unus Riddle, una donna di 85 anni.


La tortura delle anziane donne e l’impiccagione di una di esse

Infine, bruciarono le case e uccisero il bestiame. Dopo diversi giorni di rastrellamento dei presunti sostenitori, Keith iniziò a far marciare i prigionieri verso Knoxville, in Tennessee, che era occupata da un consistente esercito confederato. Li si sarebbe potuto tenere un processo.
Quando, però, diversi prigionieri iniziarono a fuggire – ricordiamo che il 64° reggimento della Carolina del Nord aveva perso quasi due terzi della sua forza originale a causa di combattimenti e diserzioni -, Keith si decise a giustiziarli sul posto. I tredici furono inginocchiati e uccisi. I loro corpi furono gettati in un fosso poco profondo, appena coperti e lasciati ai maiali selvatici che ne mutilarono i cadaveri. Tra gli ammazzati c’erano un tredicenne di nome David Shelton, un quattordicenne di nome Aronnata Shelton ed un quindicenne di nome Joseph Cleandon.


I corpi in un fosso poco profondo, lasciati ai maiali selvatici

La notizia sconvolse la comunità e l’intero stato. Il governatore Zebulon B. Vance condannò il massacro, definendolo “scioccante e oltraggioso all’estremo” e chiese al procuratore generale dello Stato Augustus S. Merrimon di indagare sulla questione. Scrisse il 16 febbraio: “Non ho alcuna conoscenza personale in merito alla sparatoria di diversi prigionieri a Laurel. Ho appreso, tuttavia, da una fonte molto attendibile che 13 di loro sono stati uccisi; che alcuni di loro non sono stati presi in armi ma nelle loro case; che tutti gli uomini colpiti (13, se non di più) erano prigionieri al momento in cui sono stati colpiti; che sono stati portati in una grotta isolata o in una gola sulle montagne e poi costretti a inginocchiarsi e sono stati così colpiti. Un uomo è stato gravemente e mortalmente colpito alle viscere e mentre si contorceva in preda all’agonia e pregava Dio di avere pietà, un soldato gli ha sparato alla testa senza pietà e brutalmente con la sua pistola. Diverse donne sono state frustate; questo l’ho appreso da uno che ha ottenuto le sue informazioni da alcuni dei colpevoli. Ho appreso che tutto questo è stato fatto per ordine del tenente colonnello James A. Keith. Non so cosa intendi fare con i responsabili, ma suggerisco che siano tutti colpevoli di omicidio. Non credo che avessero alcun ordine di compiere un atto così barbaro; ma se lo avessero fatto, l’ordine sarebbe stato assolutamente nullo, non importa da chi fosse stato emesso. Una crudeltà così selvaggia e barbara non ha eguali nello Stato, e spero in una risposta”.
Pochi giorni dopo Merrimon pubblicò il suo rapporto finale al governatore Vance: “Ho fatto delle indagini e raccolto i fatti che ho potuto in riferimento alla sparatoria di alcuni prigionieri a Laurel Creek, nella contea di Madison… Tredici prigionieri, almeno, sono stati uccisi per ordine del tenente colonnello J.A. Keith. La maggior parte di loro è stata presa a casa e nessuno di loro ha opposto resistenza quando è stato preso; forse alcuni di loro sono scappati.


Il rapporto di Merrimon

Dopo che sono stati presi prigionieri, i soldati li hanno portati in un luogo appartato, li hanno fatti inginocchiare e li hanno fucilati. Sono stati sepolti in una trincea scavata per lo scopo. Circa due settimane fa i loro corpi sono stati rimossi in un cimitero. Ho appreso che probabilmente 8 dei 13 uccisi non facevano parte della compagnia che ha rapinato Marshall e altri luoghi. Immagino che siano stati fucilati per sospetto. Non riesco a scoprire i nomi dei soldati che li hanno fucilati. Alcuni di loro all’inizio si sono ritratti da quella transazione barbara e brutale, ma sono stati costretti ad agire… I prigionieri sono stati catturati un venerdì e uccisi il lunedì successivo. Diverse donne sono state duramente frustate e hanno avuto delle corde legate intorno al collo. Si dice che il colonnello L. M. Allen non fosse al comando e che Keith comandasse… Una cosa è certa, 13 prigionieri sono stati fucilati senza processo o udienza e nel modo più crudele. Non ho modo di costringere i testimoni a rivelarmi i fatti e non so se sarò in grado di fare un rapporto più completo a Vostra Eccellenza in un giorno qualsiasi”. Redasse pure delle lettere al generale W.G.M. Davis e al Segretario alla Guerra James Seddon, chiedendo una punizione. Proprio Vance, però, quando aveva saputo del raid a Marshall, aveva sollecitato un intervento deciso affinché certi episodi non portassero emulazioni. Scrisse, infatti, ad Heth: “Spero che non vi rilasserete finché i Tories non saranno schiacciati. Ma non lasciate che la nostra gente eccitata tratti troppo duramente questi uomini fuorviati”.
Nonostante accuse ed evidenze, non c’erano rapporti ufficiali, non c’erano documenti che potessero incastrare Heth che negò ogni coinvolgimento.


Keith scappò sulle montagne

Ad Allen fu commutata una multato di sei mesi di paga, mentre Keith scappò sulle montagne e, a fine guerra, fu catturato e rinchiuso in cella in attesa di un processo civile. Sorprendentemente, nel 1869, riuscì a scappare – probabilmente aiutato – e a riparare in Arkansas fino a quando, nel 1871, una legge di amnistia frenò ogni procedimento.

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