Capo Bufalo degli Ojibwe e l’incontro col presidente Fillmore

A cura di Angelo D’Ambra

Il tentativo di rimozione degli ojibwe del Lago Superiore fu un atto illecito, ipocrita e disumano che portò, in quell’inverno del 1850, alla tragedia di Sandy Lake. Il tentativo di rimozione fu reiterato l’anno seguente e così davanti a tanti morti innocenti, bambini, anziani e donne colpiti da fame, malattie e freddo, molti giovani ojibwe erano pronti a ribellarsi al governo. I più decisi erano i giovani ojibwe di La Pointe. L’anziano capo Buffalo, però, sapeva che questa strada non avrebbe portato a nulla di buono, aggiungendo sangue a sangue, e allora si decise ad affrontare un viaggio lungo e impegnativo per poter incontrare il presidente Millard Fillmore.
Capo Buffalo aveva novantadue anni e compì questo difficile cammino dal Lago Superiore a Washington D.C. con canoa, nave a vapore e treno, proseguendo poi a piedi fino alla capitale. Con lui c’era una delegazione composta da quattro uomini, tra i quali Oshogay, che l’anziano Buffalo scelse come suo portavoce, e l’interprete bianco Benjamin Armstrong. Lasciata La Pointe in primavera, la delegazione sfidò la durezza del viaggio con febbri e maltempo. Riuscì pure a raccogliere firme di solidarietà di diversi importanti bianchi del Wisonsin e, quando non ebbe più soldi, trovò la gentile ospitalità di benestanti famiglie di New York. All’arrivo a Washington D.C., nel giugno 1852, capo Buffalo, però, non fu il benvenuto, non trovò le autorità ad accoglierlo a braccia aperte. Il dipartimento per gli affari indiani si rifiutò di incontrarlo, rigettò la sua petizione e ordinò alla delegazione di tornarsene da dove era venuta. Per fortuna incontrarono un membro del Congresso che organizzò un incontro speciale con il presidente Fillmore.


Capo Bufalo respinto al suo arrivo

L’intera vicenda è raccontata da Benjamin Armstrong nel suo libro “Early Life Among the Indians”, pubblicato nel 1891. Col presidente ebbero due incontri. Nel primo, capo Buffalo, con Oshogay e Fillmore, fumarono insieme e il presidente ascolto un lungo discorso di rimostranze degli ojibwe. Nel secondo, Fillmore comunicò loro che le loro istanze erano state accolte, concesse a capo Buffalo ciò che chiedeva, lo stop alla deportazione degli ojibwe del Wisconsin. Così la delegazione poté tornare a La Pointe felice, annunciando la notizia dell’accordo alle comunità ojibwe sparse lungo il tragitto. La rimozione fu fermata, non ci fu più alcun tentativo di scacciare gli ojibwe dalle loro terre e, due anni dopo, il Trattato di La Pointe confermò per sempre le promesse fatte a Buffalo da Fillmore.
Recenti studi, incentrati sui documenti d’epoca rinvenuti negli uffici dell’agenzia indiana, mettono però in discussione la ricostruzione fornita da Armstrong. A quanto pare, capo Buffalo non ottenne nulla da Fillmore. Ci sono lettere che lo confermano e persino studiosi che hanno iniziato a dubitare che ci sia davvero stato un incontro tra il capo ojibwe e il presidente americano. Delle due udienze di quell’estate del 1852 forse non ce ne è stata neppure una. Non esistono elementi comprovanti, anzi il Trattato di La Pointe del 1854 tolse altra terra agli ojibwe. In base al trattato del 1854, infatti, gli Stati Uniti abbandonarono la politica di rimozione, ma stabilirono per gli ojibwe le riserve di Bad River, Red Cliff, Lac Courte Oreilles e Lac du Flambeau.
Il viaggio di capo Buffalo, a prescindere dalla veridicità dell’incontro col presidente Fillmore, non raggiunse i suoi obbiettivi, non pose fine alla minaccia della rimozione degli ojibwe. Capo Bufalo era nato nel 1749, a La Pointe sull’isola Madeline, una delle Apostle Islands, era membro del clan Loon, stimato e amato dagli ojibwe. E’ lecito supporre che, dopo gli inverni 1850 e 1851, la sua leadership fosse però messa fortemente in discussione dalla sua gente, criticata in particolare dai giovani animati da spirito combattivo. Capo Bufalo, infatti, aveva firmato tutti i trattati tra gli ojibwe e gli Stati Uniti dal 1837 in poi, trattati con cui aveva ottenuto che la sua gente non lasciasse il Lago Superiore, aveva ottenuto pure denaro e forniture di cibo annuale ed aveva mantenuto diritti di caccia, pesca e raccolta ma, in cambio, la terra ojibwe era stata notevolmente ridotta. Fino al 1842, con i trattati, gli ojibwe avevano ceduto terre nel Minnesota orientale, nel Wisconsin settentrionale e nella penisola superiore occidentale del Michigan. La porzione di terreno consegnato agli Stati Uniti nel solo Wisconsin ammontava a più di 22.000 miglia quadrate.


La cessione delle terre degli Ojibwe

Quando, dopo tante cessioni di terra, apparve chiaro che il governo intendeva comunque rimuovere gli ojibwe, con la triste vicenda di Sandy Lake, dovettero insorgere malumori tra gli ojibwe e capo Bufalo dovette sentir la propria autorità traballare e il proprio prestigio indebolirsi. Così si decise ad approntare quel lungo viaggio che, dal punto di vista del ritorno d’immagine, rafforzò la sua autorevolezza e gli confermò la stima del suo popolo, ma in concreto non garantì ulteriori cessioni di terra due anni dopo, nel 1854. Ciò non deve però gettare ombre su un capo che seppe perseguire quella che, a ben vedere, era l’unica strada perseguibile per evitare altri spargimenti di sangue.

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