Il massacro di Goingsnake: tragedia al tribunale Cherokee
A cura di Sergio Mura
La sparatoria al tribunale
Il massacro di Goingsnake è il nome con cui si ricorda la sanguinosa sparatoria avvenuta il 15 aprile 1872 all’interno di un’aula di tribunale della Nazione Cherokee, nel Distretto di Goingsnake (oggi parte della Contea di Adair, Oklahoma). Undici uomini persero la vita in quello che doveva essere un semplice processo per omicidio e tentato omicidio. Tra i caduti vi furono tre Cherokee vicini all’imputato, incluso il suo avvocato e suo fratello, un vice maresciallo federale degli Stati Uniti e quattro membri della sua squadra, oltre a tre parenti della vittima Cherokee. Altri dieci uomini rimasero feriti, sia bianchi che nativi.
Sotto processo c’era Ezekial “Zeke” Proctor, un Cherokee accusato di aver ucciso Polly Beck, anch’ella Cherokee, e di aver ferito suo marito, Jim Kesterson, un uomo bianco. Il processo si annunciava esplosivo, per motivi sia personali che politici. Da un lato, c’erano forti legami familiari tra l’imputato e le vittime. Dall’altro, vi era un acceso conflitto giurisdizionale tra la Nazione Cherokee e il governo federale degli Stati Uniti, legato al fatto che Kesterson era bianco. Sebbene il fatto fosse avvenuto in territorio Cherokee, la Corte Distrettuale Federale per il Distretto Occidentale dell’Arkansas rivendicava la giurisdizione per processare Proctor per l’aggressione a un non-nativo, dato che la legge federale si applicava in tutti i reati che coinvolgevano cittadini bianchi nel Territorio Indiano.

La foto autentica che ritrae Zeke Proctor
Per garantire la propria autorità, la corte federale inviò due vice marescialli e una squadra di otto uomini, tra cui sei civili appena reclutati a Fort Smith. Con loro viaggiarono anche cinque membri del clan Beck. Se Proctor fosse stato assolto dalla corte Cherokee, i federali erano pronti ad arrestarlo immediatamente e portarlo a Fort Smith per essere processato secondo la legge degli Stati Uniti
Ma durante il procedimento, nell’edificio stipato di gente, scoppiò l’inferno. Si aprì il fuoco e in pochi istanti furono uccisi un vice maresciallo federale, sette membri della sua squadra (tra cui tre Beck), l’avvocato e il fratello dell’imputato, oltre ad altri Cherokee. Dieci uomini rimasero feriti.
Durante la Guerra Civile Americana, Zeke Proctor, un Cherokee originariamente rimosso dalla Georgia, aveva combattuto per l’Unione. I Beck, anch’essi Cherokee, si erano invece schierati con la Confederazione. La maggior parte della Nazione Cherokee simpatizzava per i sudisti, non solo perché molti erano schiavisti, ma anche perché i Confederati avevano promesso la creazione di uno stato indiano indipendente in caso di vittoria. Finita la guerra, le tensioni tra i Proctor e i Beck restarono accese. A ciò si aggiungevano i pettegolezzi su una presunta relazione romantica tra Proctor e Polly Beck.

Un quadro con Zeke Proctor
Zeke era un membro della Keetoowah Nighthawk Society, una confraternita Cherokee tradizionalista che si opponeva all’influenza europea e disapprovava le relazioni tra donne Cherokee e uomini bianchi. Polly, vedova di un primo marito Cherokee morto nella guerra, aveva sposato in seguito Jim Kesterson, un bianco. Proctor, che pure aveva padre bianco come Polly, si identificava pienamente nella cultura Cherokee e riteneva inaccettabile quella relazione.
Zeke era conosciuto per le sue risse nei saloon della cittadina di Cincinnati, in Arkansas, ma anche per il suo senso di responsabilità: tornava sempre il giorno dopo per risarcire i danni.

Una delle risse in cui veniva coinvolto Zeke
Polly Beck era descritta come una donna attraente e dalla vita sentimentale movimentata. Il marito attuale, Kesterson, era probabilmente il suo quarto o quinto sposo. Aveva parenti stretti che lavoravano come collaboratori dei vice marescialli a Fort Smith.
Esistono più versioni sui fatti che portarono alla sparatoria. Tutte, però, concordano su alcuni punti:
1. Proctor era fermamente contrario ai legami tra donne Cherokee e uomini bianchi;
2. Jim Kesterson era stato in passato legato sentimentalmente a Susan Proctor, sorella di Zeke;
3. Kesterson avrebbe lasciato Susan per Polly, lasciando la prima e i suoi figli (non riconosciuti da lui) in miseria.
Altre versioni sostengono che Kesterson avesse scoperto Zeke a rubare bestiame e volesse denunciarlo. Secondo un’altra voce, Zeke era stato in passato innamorato proprio di Polly. Ma c’è chi sostiene che tra i due non ci fosse mai stato nulla, se non la rabbia ideologica di Proctor per l’unione tra una Cherokee e un bianco.
Quel che è certo è che il 27 febbraio 1872, Zeke affrontò Polly e Jim nel mulino dell’ex marito di lei, nel Territorio dell’Oklahoma. Tra urla e tensioni, estrasse il fucile, colpì Jim alla testa – ferendolo leggermente – e poi sparò a Polly, uccidendola. Sostenne che si fosse trattato di un incidente.

Il mulino di Hilderbrand (o di Beck)
Secondo alcune fonti, Proctor si consegnò volontariamente allo sceriffo del distretto di Goingsnake. Il giudice incaricato del processo fu Blackhawk Sixkiller. Kesterson, convinto che la corte Cherokee non avrebbe condannato Zeke, fece appello alla corte federale affinché lo arrestasse e lo processasse secondo la legge statunitense.
I trattati fra la Nazione Cherokee e il governo degli Stati Uniti garantivano la giurisdizione tribale nei casi che coinvolgevano cittadini Cherokee. L’interferenza federale fu vista come una minaccia alla sovranità tribale, scatenando forte indignazione. La corte federale inviò dieci uomini, tra cui due vice marescialli, con l’ordine di prelevare Proctor se fosse stato assolto. Con loro, di nuovo, cinque Beck.
A causa del clima infuocato, il processo fu spostato in una scuola, più facile da difendere rispetto al tribunale. Tutti i partecipanti erano pesantemente armati. E fu proprio qui che si compì la tragedia: senza alcun avvertimento, il gruppo dei federali attaccò. Otto membri della squadra morirono o furono mortalmente feriti. Nove Cherokee, incluso lo stesso Proctor e il giudice Sixkiller, furono colpiti, alcuni in modo grave.
Le vittime
Tra i federali caduti:
– Jacob Owens, vice maresciallo, morì il giorno seguente
– William Hicks
– George Selvidge
– Jim Ward
– Riley Woods
Tra i Beck:
– William Beck, morto il giorno dopo
– Black Sut Beck
– Sam Beck
Feriti:
– Joseph G. Peevey (vice maresciallo)
– Paul Jones
– George McLaughlin
– White Sut Beck
Tra i Cherokee caduti:
– Johnson Proctor, fratello di Zeke
– Moses Alberty, avvocato di Zeke
– Andrew Palone, veterano di guerra
Feriti:
– Zeke Proctor
– Giudice Blackhawk Sixkiller
– John Proctor
– Isaac Vann
– Ellis Foreman
– Joe Chaney
Julius Pinkey Killebrew, inizialmente creduto morto, si era nascosto sotto una panca.
Le autorità Cherokee spostarono il processo in altra sede. Zeke Proctor fu assolto. Il procuratore distrettuale James Huckleberry inviò un’altra squadra da Fort Smith, guidata dal vice marshal Charles Robinson, con due medici al seguito per curare i feriti Cherokee.

Verso la riserva Cherokee
Diversi uomini ritenuti coinvolti nell’uccisione dei federali furono arrestati, incluso il capogiuria Arch Scaper. Questa volta i Cherokee non opposero resistenza, ma Proctor era già fuggito. Una giuria federale di Fort Smith incriminò venti Cherokee presenti al processo e tutti i funzionari della corte tribale. Tuttavia, a causa della mancanza di prove e di testimoni, tutti furono rilasciati. Le accuse federali furono infine ritirate.
Proctor tornò a vivere nella zona. Negli anni ’80 dell’Ottocento possedeva un piccolo ranch. Nel 1877 fu eletto senatore Cherokee e nel 1894 divenne sceriffo del Distretto di Flint. Tra il 1891 e il 1894 servì addirittura come vice maresciallo degli Stati Uniti, sotto il famigerato giudice Isaac Parker, lo stesso in carica al tempo del massacro.
Morì il 23 febbraio 1907, all’età di 76 anni, e fu sepolto nel Johnson Cemetery, a West Siloam Springs, Oklahoma.