La tragedia del Sandy Lake
A cura di Angelo D’Ambra
La tragedia del Sandy Lake si consumò nel 1850 coinvolgendo migliaia di Ojibwe, costretti con l’inganno a lasciare la loro terra natia, il Lago Superiore, per riunirsi presso il Sandy Lake, nel territorio del Minnesota e ricevere il pagamento previsto dai trattati. I soldi però arrivarono tardi, quando i fiumi erano ghiacciati e sarebbe stato impossibile per loro tornare al Lago Superiore. Tardi giunsero anche le razioni di cibo ed erano avariate e scarse. Molti Ojibwe tentarono di tornare in Wisconsin, ma la fame, le malattie e il freddo portarono molti alla morte.
L’11 ottobre 1849, l’Assemblea territoriale del Minnesota approvò un accordo di allontanamento del popolo Ojibwe dalle sponde meridionali del Lago Superiore. L’accordo fu inviato al congresso e firmato dal presidente Zachary Taylor il 6 febbraio del 1850. Agli Ojibwe fu comunicato immediatamente che dovevano abbandonare le loro terre, ma, ribadendo quando stabilito nel Trattato di La Pointe del 1842, essi si rifiutarono di andar via. Dinanzi a ciò, Alexander Ramsey, governatore e sovrintendente agli Affari Indiani in Minnesota, ideò un piano furbesco e fraudolento. Doveva allontanare gli Ojibwe da lì con l’inganno e così pensò di cambiare la sede dei pagamenti.

L’incontro per le forniture
Se fino ad allora i pagamenti erano avvenuti presso La Pointe, nel Wisconsin, stavolta sarebbero avvenuti al Sandy Lake, noto agli ojibwe come Gaamiitawangagaamag, un sito distante 150 miglia che necessitava di un lungo viaggio fatto in canoa e a piedi. Una volta giunti al Sandy Lake, Ramsey avrebbe ritardato il pagamento fino a che i corsi d’acqua si sarebbero ghiacciati, impedendo così agli ojibwe di rientrare nelle proprie terre. Agli Ojibwe fu quindi detto di recarsi per il pagamento al Sandy Lake il 25 ottobre 1850. In migliaia si radunarono e si misero in cammino per raggiungere quel luogo, ma, come era previsto, il pagamento non arrivò. Una piccola quantità di provviste, marce e inadeguate al fabbisogno delle comunità lì riunite, che probabilmente contavano circa 5.000 persone, fu garantita ai primi di dicembre quando i corsi d’acqua si erano ghiacciati, come previsto.
L’inverno si presentava rigido e aspro. Erano caduti più di trenta centimetri di neve e non c’erano ripari per gli ojibwe. John Watrous, il vice agente agli Affari Indiani, visitò l’accampamento del Sandy Lake il 10 dicembre e compilò un rapporto per Ramsey precisando che i naviti soffrivano di morbillo e dissenteria ed erano già morte almeno 150 persone.

La lunga marcia per tornare in Wisconsin
Molti Ojibwe provarono a tornare a casa, ma necessariamente dovettero fare a meno delle loro canoe. Durante quella lunga e fredda marcia verso il Wisconsin morirono altri 230 nativi. Solo a metà dicembre arrivò il pagamento. In tutto, si stima che morirono circa 400 uomini, donne e bambini.
Watrous e Ramsey avevano violato la legge federale, tuttavia non furono puniti e continuarono le loro politiche contro gli Ojibwe per rimuoverli dal loro territorio ripetendo la stessa e identica operazione. Solo nel 1853, quando una nuova amministrazione sostituì Ramsey e Watrous e a Zachary Taylor subentrò Millard Fillmore, gli Ojibwe ottennero un nuovo trattato che li ripristinava nei diritti della riserva e nel pagamento in loco.
A memoria di ciò, ancora oggi, al palazzo del Campidoglio di Washington, sede del Congresso degli Stati Uniti d’America, sono esposti due busti in marmo di Kechewaishke, Capo Bufalo. Uno è al senato e uno alla camera e omaggiano un capo Ojibwe che riuscì in una impresa fondamentale per il suo popolo. Capo Bufalo, infatti, con una missione di cinque Ojibwe, tra cui il vicecapo Oshaga, e l’interprete Benjamin Armstrong, raggiunse Washington e incontrò il presidente Fillmore mostrandogli uno strano documento ricco di segni e figurazioni.

L’incontro tra il capo ojibwe Kechewaishke, noto anche come Capo Bufalo, e il presidente Millard Fillmore a Washington
Il documento era in realtà un pittogramma, era redatto su corteccia di betulla e includeva i cinque clan Ojibwe, o totem, degli Ojibwe del Wisconsin settentrionale e dell’area della penisola superiore, quelli della gru, della martora, dell’orso, dell’uomo e del pesce gatto. Dal cuore e dagli occhi di ogni raffigurazione si dipanavano delle linee che li univano agli altri, ad indicare che erano una sola cosa, un solo popolo. Il risultato di quell’incontro fu positivo perché Fillmore annunciò che l’ordine di rimozione sarebbe stato annullato e che sarebbero state stabilite riserve permanenti per gli Ojibwe nel Wisconsin.