Gli indiani Ojibwe

A cura di Angelo D’Ambra

Primo contatto sul Lago Superiore (1622)
Si ritiene che gli ojibwe abbiano preso contatto con gli europei nel 1615 quando l’esploratore francese Samuel de Champlain arrivò al Lago Huron. Nel 1622, uno degli uomini di Champlain, Etienne Brule, esplorò il Lago Superiore e prese contatto con gli ojibwe più a ovest, quelli che vivevano presso il fiume St. Mary. Nel 1667 accolsero la prima missione cristiana.
Gli ojibwe era una delle tribù del Consiglio dei Tre Fuochi, assieme agli odawa, meglio noti come ottawa, e ai potawatomi. Queste tre tribù sono considerate tre ceppi di un unico popolo o comunque sono ritenute strettamente imparentate. Utilizzando i rotoli Midewiwin, l’anziano potawatomi Shup-Shewana datò la formazione del Consiglio dei Tre Fuochi al 796 d.C. a Michilimackinac.
Il rapporto con i francesi fu pacifico e all’insegna del reciproco vantaggio, tuttavia alterò profondamente il loro stile di vita, accrescendo il ricorso alla caccia non per cibo ma per procacciarsi pelli a fini commerciali. Dai francesi, così come poi dagli inglesi, ottennero in cambio pistole, tessuti, alcol e oggetti che rapidamente andarono a soppiantare le produzioni artigianali tradizionali e gli strumenti in pietra. Ciò si tradusse in una totale dipendenza dai coloni.
Gli ojibwe combatterono anche per loro, in particolare durante la Guerra dei Sette Anni, e quando gli inglesi presero Canada e Midwest subirono il loro ostracismo. Fu a seguito di ciò che la tribù dello Stretto di Mackinac scelse di unirsi alla rivolta degli ottawa di capo Pontiac nel 1763. Quelli del Wisconsin settentrionale e della sponda meridionale del Lago Superiore non lo fecero, e si salvarono dal massacro. Da allora i rapporti con gli inglesi divennero più distesi. Dopo la rivoluzione americana, il commercio delle pellicce continuò a lungo ad essere monopolizzato dagli inglesi della Compagna del Nord Ovest che occupavano le stazioni commerciali nelle terre ojibwe del Wisconsin settentrionale e del Minnesota e quando gli Stati Uniti iniziarono ad interessarsi delle pellicce, gli ojibwe restarono fedeli agli inglesi, temendo che avrebbero perso le loro terre. La Guerra Anglo-Americana, in ogni caso, non li vide particolarmente attivi, nonostante la loro fedeltà agli inglesi.
Il commercio delle pellicce stravolse però anche nelle relazioni con le altre tribù. Gli irochesi, per ottenere l’assoluto controllo della regione dei Grandi Laghi e monopolizzare il commercio delle pellicce, li costrinsero a spostarsi ad ovest, intorno al 1640.


il cuore del commercio delle pellicce tra gli Ojibwe e i coloni europei nel XVIII secolo

Tra i più acerrimi nemici degli ojibwe c’erano anche i dakota, tuttavia, nel 1679, in piena età del commercio delle pellicce, fu sancita tra i due popoli un’alleanza in virtù della quale gli ojibwe si impegnavano a fornire pelli ai dakota i quali concedevano a loro volta piena libertà di movimento nei loro territori. La pace permise agli ojibwe di fronteggiare meglio gli irochesi e ottenere alcune vittorie importanti nel 1690. Dopo 57 anni però una nuova guerra scoppiò con i dakota e, tra il 1736 e il 1760, sparse centinaia di morti, ancora una volta per il controllo delle terre di caccia tra la punta occidentale del Lago Superiore e le sorgenti del fiume Mississippi nel Minnesota. Gli ojibwe non ripiegarono fino al 1745 quando dovettero spostarsi nell’entroterra del Wisconsin, con il loro primo villaggio permanente a Lac Courte Oreilles, alle sorgenti del fiume Chippewa. Gli Stati Uniti tentarono due volte di stipulare trattati di pace tra ojibwe e dakota, a Prairie du Chien nel 1825 e a Fond du Lac nel 1826, ma fallirono. Il conflitto intertribale si smorzò solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando le terre indiane che confinavano tra i territori ojibwe e dakota furono prese e colonizzate dagli americani. In questo quadro, gli ojibwe cedettero la maggior parte delle loro terre nel Wisconsin centro-settentrionale e nel Minnesota orientale nel 1837 e poi le restanti nel Wisconsin e nella penisola superiore del Michigan nel 1842 col trattato di La Pointe.
Si intensificarono allora gli sforzi degli agenti governativi per far spostare gli ojibwe dal Lago Superiore. I funzionari di Washington si limitarono a cambiare il luogo dei pagamenti ponendolo in un sito distante 150 miglia che necessitava di un lungo viaggio fatto in canoa e a piedi. Questa semplice scelta comportò la morte di centinaia di persone. Migliaia di ojibwe, infatti, dovettero lasciare il Wisconsin e riunirsi al Sandy Lake, in Minnesota, per ricevere il pagamento annuale.


La tragedia del Sandy Lake

I soldi non arrivarono e le razioni giunsero tardi e avariate. Molti cercarono di tornare in Wisconsin, ma era pieno inverno, non avevano cibo e così circa 400 nativi morirono di fame, malattie e freddo. Ciò è oggi ricordato come la tragedia del Sandy Lake. Molti capi ojibwe andarono a Washington nel 1849 e pregarono il presidente Zachary Taylor di consentire loro di restare nelle terre che avevano ceduto nel 1842. Taylor si rifiutò di ascoltarli, ma andò diversamente col presidente Millard Fillmore.
Il 5 aprile 1852, però, con una missione di cinque ojibwe, tra cui il vicecapo Oshaga, e l’interprete Benjamin Armstrong, Kechewaishke, ovvero Capo Bufalo, intraprese un viaggio verso Washington per presentare una petizione al presidente Millard Fillmore. Il documento era in realtà un pittogramma con disegni e linee. Era redatto su corteccia di betulla e includeva i cinque clan ojibwe, o totem, degli ojibwe del Wisconsin settentrionale e dell’area della penisola superiore, quelli della gru, della martora, dell’orso, dell’uomo e del pesce gatto. Dal cuore e dagli occhi di ogni raffigurazione si dipanavano delle linee che li univano, ad indicare che erano una sola cosa. Il risultato di quell’incontro sembrò positivo perché Fillmore annunciò che l’ordine di rimozione sarebbe stato annullato e che sarebbero state stabilite riserve permanenti per gli ojibwe nel Wisconsin.


Il viaggio di Capo Bufalo a Washington (1852)

In realtà, di lì a qualche anno, gli ojibwe avrebbero firmato due dei trattati forse più dannosi della loro storia, il trattato di La Pointe nel 1854 e il Trattato di Washington del 1855. Non mancarono incomprensioni, problemi connessi a traduzioni vaghe, conflitti con le leggi statali. In virtù di questi accordi, gran parte della terra ojibwe finì al governo degli Stati Uniti, mentre i nativi, in cambio pagamenti e beni, venivano chiusi nelle riserve Leech Lake e Millelaces. Questi trattati obbligarono il popolo ojibwe a rinunciare alla pesca e alla caccia e ad orientare il proprio sostentamento all’agricoltura. La crescente povertà costrinse molti ojibwe a lavorare come taglialegna per aziende di proprietà dei bianchi. Il trattato del 1854, in particolare, creò quattro delle moderne riserve Ojibwe nel Wisconsin: Bad River, Red Cliff, Lac du Flambeau e Lac Courte Oreilles.


Lo scontro tra Ojibwe e Dakota (1736–1760)

Più tardi, nel 1887, il Dawes Act impose la divisione delle terre delle riserve in modo che ciascun indiano potesse assumere lo stile di vita dei bianchi possedendo una propria fattoria. La terra nel Wisconsin settentrionale, però, non era adatta all’agricoltura e molti ojibwe preferirono venderla a compagnie di legname col risultato che, in alcune riserve, oltre il 90% della terra passò in mano ai bianchi. Si consumò così la fine dello stile di vita degli ojibwe. Non poterono più cacciare perché i territori di caccia non erano più loro e per la stessa ragione non poterono più praticare i metodi di raccolta tradizionale, divennero così sempre più dipendenti dalle forniture esterne e dal lavoro salariato per le compagnie dei bianchi. Ciò, unito alla diffusione dei matrimoni misti, distrusse anche l’importanza dei clan che si videro di fatti esautorati del loro ruolo e potere.
Le comunità del fiume St. Croix nel Wisconsin nordoccidentale e quelle presso il Mole Lake nel Wisconsin nordorientale, invece, videro dei miglioramenti agli inizi del Novecento, sotto l’amministrazione Roosevelt.


Il crollo dello stile di vita tradizionale (fine Ottocento)

Non avevano ricevuto riserve dal trattato del 1854, ma adesso la ottennero: 1750 acri per gli ojibwe del St. Croix nel 1938 e 1680 per quelli del Mole Lake nel 1937. Ciò significò ben poco perché gli ojibwe conobbero povertà, disoccupazione, dissoluzione delle famiglie e droga, disagi che foraggiarono le migrazioni e il governo, anche col Volunteer Relocation Program del 1954, fu ben lieto di favorire l’allontanamento di indiani dalle riserve. E’ vero però che la crescita economica delle aree intorno alle riserve, l’integrazione nei tessuti lavorativi e urbani degli ojibwe ha permesso loro di ripensare i legami tribali, riscoprire aspetti della vita tradizionale e dare il via ad una insperata reintegrazione. Ne sono derivate anche imponenti battaglie per i diritti civili che, nel 1983, riottennero il diritto alla pesca e alla caccia senza licenza nelle loro riserve e in tutte quelle che avevano ceduto con i trattati.

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