Gli Ojibwe e la rivolta dei dakota del 1862

A cura di Angelo D’Ambra

Il 18 agosto del 1862 diverse bande Santee Sioux, Mdewakanton, meglio note come Dakota, comandate da Little Crow, impugnarono le armi contro gli Stati Uniti. Attaccarono l’agenzia indiana nella loro riserva, dando il via a quella guerra che, per cinque settimane, seminò sangue e morte e sancì la sconfitta dei Dakota e la loro reclusione nelle riserve. Gli Ojibwe di Gull Lake, guidati da capo Bagone-giizhig alias Hole in the Day, stavano discutendo la loro adesione alla rivolta e forse un attacco a Fort Ripley, quando, gli Ojibwe di Fond du Lac di capo Naw-Gaw-Nub e capo Shin-Gwack inviarono una lettera al governatore Alexander Ramsey diretta al presidente Abraham Lincoln, perché accettasse il loro aiuto nella guerra contro i dakota.
Pregarono il presidente perchè accettasse il loro aiuto contro quello che definivano “vecchio nemico”, chiesero armi e sostegno alle loro famiglie durante la campagna.
I giornali dettero grande risalto alla cosa. Ne parlarono il Chicago Tribune, New York Times, il Washington D.C Evening Star e, nel mentre, il 6 settembre, Zhaaboshkang, capo dei Ojibwe di Mille Lacs, sventolando la bandiera americana, si affrettò a guidare settecento guerrieri a Fort Ripley offrendosi volontario per combattere i Dakota. Con lui c’erano anche gli Ojibwe di Sandy Lake, del fiume Chippewa e del fiume Snake.
William P. Dole, il commissario indiano di Fort Ripley, William P. Dole, chiese loro di tornare nella riserva, li minacciò anche di rappresaglia, ma una buona parte di essi, circa duecento guerrieri Mille Lacs e circa cento guerrieri del Sandy Lake, rimasero al forte.


L’incontro degli indiani con Lincoln

Quando la gente di Little Falls, quindici miglia a valle di Fort Ripley, chiese protezione, capo Mou-Zoo-Mau-Nee dei Mille Lacs inviò loro centocinquanta guerrieri che furono accolti positivamente dalla cittadina.
Tre giorni dopo, l’8 settembre, un altro capo dei Mille Lacs con cento guerrieri, deciso ad unirsi all’esercito che combatteva i Dakota, fu fermato a Watab, Minnesota, appena a nord di St Cloud. Il capitano Hall di Fort Ripley volle ospitarli. Quella stessa settimana, anche gli Ojibwe di Red Lake si offrirono.
Il 22 settembre, su invito del governatore Ramsey, una cinquantina di capi ojibwe si portarono al Campidoglio di Saint Paul, sede governativa dello Stato del Minnesota.
Pensavano che la loro offerta fosse stata accolta, ma Ramsey si limitò a ringraziarli e a promettergli una futura valutazione del loro supporto. Il giorno successivo i Mdewakanton si arresero a Camp Release. La guerra si era conclusa senza che gli Ojibwe avessero impugnato le armi.
Riconoscenti per l’aiuto offerto volontariamente, gli Stati Uniti gli Ojibwe di Mille Lacs e Sandy Lake si videro confermate le loro riserve. Nell’aprile del 1863, infatti, il presidente Lincoln convocò a Washington i Mille Lacs e altre bande del Mississippi, li ringraziò e disse loro che avrebbe potuto rimanere nella loro riserva per 1.000 anni per le loro azioni a sostegno del governo.


Gli indiani escono dal forte

Capo Shaw-Bosh-Kung, dei Mille Lacs, ricordò quel giorno con queste parole: “Il presidente ci prese le mani e ci incoraggiò e ci promise fedelmente che avremmo potuto vivere nella nostra riserva per 10 anni e disse che se fossimo stati fedeli ai bianchi e ci fossi comportati amichevolmente con i bianchi, avremmo aumentato il numero a 100 e potremmo aumentarlo a 1.000 anni se siamo buoni indiani, grazie alla nostra buona condotta in tempo di guerra (eravamo buoni e non alzavamo mai la mano contro i bianchi). Il ministro degli Interni e il presidente hanno detto che dovremmo essere considerati buoni indiani e restare a Mille Lacs finché vogliamo”.
In queste vicende, però, resta da chiarire quale fu la posizione di Hole in the Day, capo degli Ojibwe di Gull Lake. Hole in the Day fu uno dei più influenti capi Ojibwe, provò a farsi riconoscere come capo di tutta la nazione e forse per questo poi finì ucciso in un misterioso agguato.


Tra Hole in the Day, capo degli Ojibwe di Gull Lake e Little Crow non vi era accordo

La sua inimicizia verso Little Crow era nota. Quando il giudice Cooper arrivò al villaggio di Hole in the Day, durante la prima settimana di guerra, lo trovò a danzare attorno agli scalpi dei Dakota. Al contempo, però, Hole in the Day capiva benissimo che il suo popolo era vittima dei governi americani esattamente come i dakota, vittime dell’alcol venduto dai bianchi e vittima dei loro sotterfugi per acquisire nuove terre. Sui media trapelarono queste le insoddisfazioni di Hole in the Day soprattutto per la preoccupazione che il governo stesse reclutando la sua gente per farle combattere la sua guerra contro la Confederazione. Si era infatti negli anni della Guerra Civile e Lincoln aveva assoluto bisogno di uomini. Si spargeva la voce che gli agenti federali arruolassero Ojibwe e meticci corrompendoli con l’alcol.


La diffusione illegale di alcol tra gli indiani

Quando ebbe la conferma che tutto ciò era vero e meticci Ojibwa White Earth erano stati arruolati nella Compagnia G del 9th Minnesota, andò su tutte le furie. Fece quindi girare degli appelli affinché gli ojibwe si unissero a Little Crow ed effettivamente Ojibwa Pillager assaltarono e bruciarono l’agenzia indiana a Walker, Minnesota, ma incontrò l’opposizione degli altri capi che accorsero invece ad offrire il loro aiuto al governo. Hole in the Day era più che mai deciso ad unirsi ai Dakota ma ciò che lo fece desistere fu l’intervento del missionario cattolico padre Francis Xavier Pierz che addirittura lo convinse a recarsi con lui a Crow Wing per firmare un accordo di pace con il governo federale degli Stati Uniti. Il 15 settembre, infatti, Hole in the Day era tra i ventidue capi Ojibwe che ribadirono la volontà di servire i bianchi.

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