Stephen Foster, padre della musica americana
A cura di Lorenzo Barruscotto
Stephen Foster
Stephen Foster, nato a Pittsburgh nel 1826 e morto a New York nel 1864, è noto come “il padre della musica americana”. Le sue canzoni, fra cui la celeberrima “Oh Susanna” – ora i più inizieranno sicuramente a raccapezzarsi – sono tutt’oggi conosciute e riconosciute anche semplicemente da meno di una strofa in tutto il mondo. Pensate che, pare, il buon Stephen cedette praticamente gratuitamente i diritti proprio di “Oh Susanna”, della quale sono nate differenti versioni nel corso dei decenni.
Tra il 1849 ed il 1854 nascono molti dei suoi pezzi più famosi, tra cui: “Camptown Races”, “Old Folks at Home” nota anche come “Swanee River”, “I would not die in the summertime” e “Jeanie With the Light Brown Hair”, scritta per la moglie Jeanie McDowel.
Brani e motivi che divennero molto popolari nonchè eseguiti in tutti i locali, teatri e auditorium d’America.
Foster si spense all’età di soli 37 anni. Al momento della sua dipartita possedeva meno di un dollaro, sembra esattamente 38 cents. Il fratello Henry descrisse l’incidente che lo portò alla fine: obbligato a letto da giorni per una febbre persistente, Stephen cadde sbattendo contro il lavabo frantumandolo e ferendosi gravemente. Fu portato all’ospedale ma spirò tre giorni dopo.

Stephen Foster in un ritratto di Lorenzo Barruscotto
Nelle sue mani, quando morì, c’era una lettera mai terminata che cominciava così: “Dear friends and beloved…” cioè “Cari amici e persone a cui voglio bene…”
Venne sepolto nell’ “Allegheny Cemetery” di Pittsburgh.
Lo stato della Florida ha battezzato lo “Stephen Foster State Park” in suo onore.
Sono svariati i riferimenti al compositore che si possono trovare ormai inseriti nel mondo della letteratura o del cinema, essendo a buon diritto entrato nella Storia del suo Paese ed in generale delle sette note, divenendo, sebbene non in prima persona quanto attraverso le canzoni scritte che moltissime persone hanno certamente canticchiato senza magari soffermarsi a pensare chi ne fosse l’autore, un’icona della cultura popolare.
18 sue composizioni sono state registrate nell’album “Beautiful Dreamer: The Songs of Stephen Foster” che ha addirittura vinto un Grammy nel 2005 come miglior album di musica folk tradizionale.
Se vi fosse capitato di fermarvi per un boccone in uno dei tanti trading post sparsi per la Frontiera o di mettere piede in un affollato saloon di una boom town, nove su dieci avreste “rischiato” di trovare un pianista o forse un saltimbanco di passaggio fornito di violino e sostenuto da un paio di bicchierini di bruciabudella, buttati giù unicamente per scaldarsi o vincere la timidezza beninteso…, che si sarebbero lasciati facilmente convincere a “suonarne una allegra”, o anche malinconica, perché no, a seconda dei gusti del pubblico e soprattutto del complessivo livello di whisky presente nelle vene degli avventori.

Una statua dedicata a Stephen Foster in Ohio
Avrebbe anche potuto funzionare per calmare i bollenti spiriti e, chissà, sedare una rissa: altro che karaoke, le serate potevano prendere pieghe inaspettate, specie se in uno dei tavoli delle sale da gioco si mettevano sul piatto un paio di centoni in più del solito. Motivo per cui in non pochi locali vigeva la regola di consegnare all’entrata la diffusa invenzione del “giudice Colt” o qualunque altro tipo di ferraglia ci si portava appresso.
In ogni caso, per fortuna nel West gli assoli non erano necessariamente sempre quelli che comprendevano le sei-colpi!
Ma ora basta dare aria ai denti: Larry sta iniziando a strimpellare. E di solito è uno che non fa troppe stecche…
Shhh, hasta luego, hermanos!