Kit Carson, dalla California alla guerra civile
A cura di Matteo Pastore
Da quando Kit Carson aveva lasciato le montagne nel 1841, dopo il crollo del commercio di pellicce, aveva accompagnato due volte l’esploratore dell’esercito, John C. Fremont, verso ovest. I rapporti di Fremont su queste spedizioni, parzialmente scritti dalla moglie, Jessie Benton Fremont, divennero estremamente popolari, trasformando Fremont e Carson in celebrità. Carson, tuttavia, era più preoccupato per la sua nuova vita.
Nel 1843, sposò Maria Josefa Jaramillo a Taos, New Mexico, e iniziò coltivare la terra sul Little Cimarron.
Lui e Dick Owens erano determinati a stabilirsi e per questo motivi costruirono alcuni edifici e piantarono cereali. Ad agosto, un messaggero da Bent’s Fort portò la notizia che Fremont aveva di nuovo bisogno di lui. Fedele alla sua promessa, Carson lasciò la sua fattoria e si diresse a nord.
Il gruppo di Fremont, composto da 60 uomini, partì da Bent’s Fort il 16 agosto 1845, equipaggiati con oltre 200 cavalli e muli e una piccola mandria di bestiame. Tra loro c’erano uomini molto esperti della frontiera come Lucien Maxwell, Bill Williams e Joseph Walker. Gli ordini erano quelli di mappare il corso dei fiumi Arkansas e Red ma il vero obiettivo era diverso. Fremont aveva ricevuto istruzioni di procedere verso la California.
Nel dicembre 1845 raggiunsero Sutter’s Fort, dove John Sutter, un colono svizzero e cittadino messicano, li accolse.

Sutter’s Fort
La California era divisa tra fazioni rivali guidate dal generale Jose Castro, a Monterey, e dal governatore Pio Pico a Los Angeles. Gli 800 coloni americani della regione erano visti con sospetto. A marzo, Castro ordinò a Fremont di andarsene, spingendo Fremont a innalzare la bandiera americana a Gavilan Peak in segno di sfida.
Quando si trovò di fronte a una grande forza messicana, si ritirò a nord verso l’Oregon per evitare un vero e proprio conflitto.
Al lago Klamath, l’accampamento di Fremont fu attaccato dai nativi. Pochi giorni dopo, gli esploratori, si vendicarono duramente, bruciando un villaggio del popolo Klamath. Carson ebbe un ruolo chiave negli scontri, sfuggendo per poco alla morte. Questa battaglia sottolineò i pericoli dell’espansione occidentale e le relazioni instabili tra coloni e tribù di nativi americani. Poco dopo, nella Valle del Sacramento, Fremont si alleò con i coloni ormai esasperati dalle minacce messicane e dalle incursioni dei nativi. I coloni, temendo di perdere le loro terre, cercarono la protezione americana e nel giugno 1846 si impadronirono di Sonoma, catturarono il generale Vallejo e dichiararono la “Repubblica della Bandiera dell’Orso” (Bear Flag Republic), che però ebbe vita breve. Questa ribellione era una sfida diretta al dominio messicano e successivamente passò in secondo piano poiché fu oscurata dagli sforzi militari degli Stati Uniti in California.

Battaglia di San Pasqual – dicembre 1846
Nel luglio dello stesso anno, il commodoro John Sloat occupò Monterey, rivendicando la California per gli Stati Uniti. Fremont decise di unirsi a lui guidando il “Battaglione California” verso sud. Nel frattempo, Carson, fu inviato a Washington con le notizie della conquista, ma durante il tragitto, incontrò il generale Stephen Kearny, che gli ordinò di guidare le sue truppe verso la California vista la grande esperienza dell’ormai celebre Kit.
Le forze di Kearny subirono una disastrosa sconfitta a San Pasqual, dove Carson e altri due uomini riuscirono eroicamente ad oltrepassare le linee nemiche per cercare rinforzi. Le forze di Stockton arrivarono in tempo per salvarli e, nel gennaio 1847, Los Angeles era stata riconquistata. Fremont accettò la resa di Andres Pico, assicurando la California agli Stati Uniti. Nonostante il trionfo, Fremont si scontrò con Kearny per motivi legati al governo. Quando tornò ad est, fu deferito alla corte marziale per insubordinazione, il che lo portò alle dimissioni. In seguito divenne il primo senatore della California e, nel 1856, il primo candidato repubblicano alla presidenza.

Un ritratto di Kit Carson
Nel frattempo, Carson continuò la sua carriera come scout e agente indiano, combattendo poi per l’Unione nella Guerra Civile e raggiungendo il grado di generale di brigata.
Gli ultimi anni di Carson furono segnati dal suo continuo lavoro nel West, assistendo i coloni, negoziando con le tribù dei nativi americani e aiutando a creare avamposti militari. La sua reputazione di scout impavido e di leader pragmatico crebbe e la sua conoscenza del territorio lo rese indispensabile nella spinta dell’America verso ovest. I suoi sforzi contribuirono a mappare i territori e a garantire un passaggio sicuro ai pionieri lungo le principali rotte migratorie. Partecipò anche a campagne contro varie tribù di nativi americani, talvolta negoziando la pace e altre volte combattendo in conflitti brutali.
Carson divenne un sostenitore del trattamento equo dei nativi americani, anche se il suo ruolo militare lo mise spesso in contrasto con loro. Negli ultimi anni della sua carriera, fu nominato agente indiano e si adoperò per migliorare le relazioni tra i gruppi indigeni e il governo degli Stati Uniti. Tuttavia, l’espansione verso ovest dei coloni e le politiche del governo resero questo compito quasi impossibile, portando a ulteriori conflitti e all’allontanamento delle tribù native.
Allo scoppio della Guerra Civile, Carson si unì alla causa dell’Unione, guidando i volontari del Nuovo Messico nelle battaglie contro le forze confederate nel Sud-Ovest. Svolse un ruolo chiave nella difesa della regione e in seguito partecipò alle campagne contro i Navajo, culminate nel loro trasferimento forzato noto come il “Long Walk”. Nonostante le controversie che circondarono questo evento, Carson, credeva di agire nell’interesse del governo e dei Navajo, anche se la storia lo avrebbe poi giudicato diversamente.
Alla sua morte, avvenuta nel 1868, Carson era ormai una leggenda vivente. Il suo contributo all’espansione verso ovest e il suo ruolo nella conquista della California lasciarono un impatto duraturo sulla storia americana.
Jessie Benton Fremont riassunse, anni dopo, la loro eredità con queste parole “dai loro falò sono nate le grandi città dell’Ovest americano. I loro sforzi spianarono la strada a generazioni di coloni, plasmando il futuro degli Stati Uniti che si estendevano dall’Atlantico verso il Pacifico. Il suo nome rimane sinonimo di spirito di esplorazione e la sua vita continua ad essere studiata come un esempio emblematico dell’esperienza della frontiera
americana”.