Intervista a Stefano Jacurti per “La Storia di Ulysses S. Grant”
A cura di Sergio Mura
Stefano Jacurti con il suo ultimo libro
Se c’è una persona in Italia che incarna l’amore per la storia del west a tutto tondo è Stefano Jacurti. E si badi che il termine “incarna” non l’ho scelto a caso, ma riflettendo sui 25 anni che conosco Stefano e su tutto ciò che lui ha fatto, detto e scritto sulla storia del west, sulla guerra civile americana e sui suoi protagonisti. Dai suoi scritti, ai suoi commenti nei forum, dalle interviste ai libri, dalle piece teatrali ai film… Stefano è il west italiano a tutto tondo. Certo, la sua enorme passione per la guerra civile emerge quasi sempre e in questo caso, nel caso del suo ultimo libro “La storia di Ulysses S. Grant”, il protagonista è uno di quelli monumentali, di quelli che attraversano quasi tutta la storia del west. In merito a tutto questo abbiamo pensato di intervistare Stefano Jacurti.
DOMANDA: Cosa ti ha spinto a scrivere la prima biografia in italiano su Ulysses S. Grant?
RISPOSTA: Mi ha spinto il panorama editoriale italiano, era assurdo che non esistesse una biografia su Grant. Volevo colmare una lacuna enorme.

Stefano Jacurti impersona il Generale Grant
DOMANDA: Quali aspetti della sua vita o tratti della sua personalità ti hanno affascinato al punto da volerli condividere con il pubblico italiano?
RISPOSTA: Premetto che la biografia non è dalla partedi Grant qualsiasi cosa abbia fatto, perché non è così. Le vicende di questo grande americano sono state particolari e i personaggi che vengono dal basso, in me destano sempre molta curiosità. Grant durante la vita da civile ebbe difficoltà enormi con fallimenti completi e se fosse stato in situazioni sempre perfette e senza crepe, per me non sarebbe stato interessante approfondirlo. Debbo dire che scrivere sui grandi personaggi della storia, non esclude un coinvolgimento emotivo per chi li racconta, sopra tutto quando non sono ancora famosi ma semplicemente dei bimbi come tanti altri, oppure quando nel privato, sono dei genitori come altri. Certe situazioni sono universalmente capaci di restituirci flash della nostra stessa infanzia per una gita in campagna che leggiamo, ma che abbiamo vissuto anche noi. Ad esempio, quando ho letto che Grant giocava con suo figlio alla lotta rotolandosi sul pavimento con il ragazzino facendo finta di soccombere per far vincere il bambino, mi sono dovuto fermare. Ho avuto un nodo alla gola per il tenero ricordo di mio padre che faceva la stessa cosa con me. Certe situazioni sono valori che possono essere universali e che vanno oltre il Grant, o Il Carlo Magno, della storia.

DOMANDA: Grant è una figura complessa, descritto con appellativi che vanno da “macellaio” a “grande generale”. Come hai affrontato questa dualità nella scrittura del libro? Hai trovato difficile bilanciare i suoi errori e debolezze con i suoi trionfi e le sue virtù?
RISPOSTA: Non è stato difficile perché è la realtà del suo percorso. Grant è stato il primo generale moderno, non solo della guerra civile ma proprio della storia, contrapposto al generale Lee, l’ultimo generale antico, ma uno dei più grandi dell’ottocento. Non c’è dubbio che la mentalità di U.S.G, portò nel conflitto un piglio totalmente nuovo per l’esercito dell’Unione. Era più avanti, e le sue idee permisero di salvare un Paese perché come è noto, all’inizio del conflitto, le cose non andavano affatto bene per i nordisti. Una delle sue caratteristiche era quella di prendere l’iniziativa che troppe volte era mancata alle giacche blu per una parte della guerra a causa dei generali silurati dal presidente Lincoln perché mai all’altezza. In questo senso Grant, che veniva dal fronte occidentale dove aveva prevalso con molti successi, ripensò una guerra costringendo i suoi nemici a ripensarla allo stesso modo. La frase giusta penso sia rubare l’iniziativa sul campo di battaglia. Grant, rispetto ai suoi predecessori, ragionava in modo molto diverso. Era più importante prendere Richmond, la capitale della Confederazione ( l’ossessione degli unionisti per diverso tempo) oppure distruggere o fare arrendere l’esercito del generale Lee, uno dei più grandi comandanti dell’ottocento? Infatti ecco la foto metaforica: quando Richmond assediata capitola con l’evacuazione di Robert Lee, Grant la ignora completamente. Non mette nemmeno un piede in città. Un altro generale sarebbe entrato trionfante nella capitale nemica appena conquistata, ma lui si impegna nella caccia al generale Lee, lo circonda e lo costringe alla resa. Ma Grant di errori ne commise, si veda quello di Cold Harbor perché stiamo parlando di un uomo e non di un super eroe. Il costo della guerra fratricida a livello di vite umane fu molto alto, quindi le macellerie sono avvenute eccome e il libro, molto approfondito, non si nasconde dietro un dito riguardo a questo aspetto. Dopo lo sterminio degli Indiani D’America il conflitto fratricida fu un altra tragedia che vide più di 600.000 caduti. A questo proposito, i lettori capiranno come anche altri in quella guerra siano stati macellai e questo al di là del colore delle loro divise. Massacri come quello di Fredericksburg provocato dal nordista Burnisde o quelli delle campagne del sudista Hood contro Sherman causarono stragi tremende agli eserciti.
Proprio questo argomento è l’occasione per avvisare i lettori di prepararsi perché chi avrà il libro fra le mani, non vivrà una lettura passiva, ma sarà arruolato per scendere con me nell’inferno delle trincee, nel vortice degli assalti, sugli spalti di un forte e a bordo di una cannoniera. La civil war fu un’epoca buia, una vicenda horror e nel volume di 446 pagine, non si potrà non parlare delle motivazioni del conflitto, visto da entrambi le parti nonostante si parli di Grant.
DOMANDA: Nel tuo libro esplori il Grant generale, presidente e viaggiatore. Quale di queste fasi della sua vita pensi sia la più significativa per comprenderlo a fondo? E quale ti ha coinvolto di più a livello personale?
RISPOSTA: Le fasi presidenziali sono state tormentate, contraddittorie, funestate da bufere politiche e scandali molto invasivi dei quali si narra in modo preciso. Il presidente Grant di certo non fu uno dei migliori, costretto come accadde a cacciare molti corrotti che tradirono la sua fiducia quando dinanzi a fatti compiuti, lui capìì di aver sbagliato completamente uomini che non si dimostrarono all’altezza. Ma non si può dimenticare che Grant in alcuni momenti dei suoi mandati alla Casa Bianca cercò fino in fondo la giustizia per le etnie che non l’avevano ( e purtroppo non l’hanno ancora oggi) La lotta al KKK compiuta da Grant fu molto importante, al punto da mettere la setta fuorilegge e schiacciarla con forza. Ma la setta degli incappucciati era quella dell’ottocento, non quella del novecento quando successivamente si riformò. Tuttavia Grant con altre etnie come come cinesi ed indiani, o nativi come lo chiamano oggi, non fu coerente allo stesso modo, lasciando forti contraddizioni. Per quanto riguarda il generale lo conoscevo da tempo, (la sanguinosa campagna Overland), da minimo trent’anni, come tu stesso caro Sergio, hai sottolineato per le nostre passioni condivise. Riguardo all’Ulisse viaggiatore non sapevo nulla, sono rimasto stupito per l’accoglienza offerta al personaggio da parte degli altri Paesi che andò oltre ogni immaginazione. In pratica quanti in Italia sono conoscono la terza fase, ovvero i viaggi in forma privata di Grant? L’Ulisse viaggiatore, oltre a girare il mondo, toccò anche diverse nostre città, ma non lo sa quasi nessuno!
DOMANDA: Hai già interpretato Grant in teatro e al cinema, in spettacoli come “Dalla Guerra Civile al West” del regista Alessandro Iori e nel film “Torve Fantasie” di Diego Bonuccelli, quanto questa esperienza artistica ha influenzato il tuo approccio al libro? Ti sei sentito più vicino al personaggio grazie a queste interpretazioni?
RISPOSTA: Un attore quando deve interpretare un personaggio realmente esistito deve sapere vita, morte e miracoli di quello che la gente vedrà in un film o sul palcoscenico. Non tutti sapranno la storia di quel personaggio, ma dovranno essere coinvolti, quindi l’importante è che l’attore sappia tutto di lui, anche le cose apparentemente più banali per restituire al pubblico un forte quadro emozionale, un mix di atmosfere diverse e più i personaggi sono contraddittori meglio è. Come interpretazione di Grant ho un ricordo dei lavori a teatro e nel cinema indipendente meraviglioso, ma un attore deve essere pronto a fare molti ruoli. L’ho detto alla presentazione del mio libro coadiuvato dal regista Marco Belocchi, dove fra gli ospiti ha partecipato anche Emiliano Ferrera, regista del western Oltre il confine di cui un episodio, “Black Town” è ambientato proprio negli ultimi giorni di guerra di secessione. Oltre il confine sarà presto distribuito e invito tutti gli appassionati del western a seguirlo!

La copertina del libro di Stefano Jacurti
DOMANDA: Condividiamo l’amore per la storia del West e della Guerra Civile da quasi 30 anni. Pensi che Grant abbia ancora qualcosa da insegnarci oggi, in particolare al pubblico italiano, spesso meno familiare con la storia americana? Quali messaggi universali trovi nella sua figura?
RISPOSTA: In metafora l’insegnamento è quello di non mollare mai, perché sicuramente è stata una delle caratteristiche del personaggio nel conflitto. L’amico Andrea B Nardi, scrittore, giornalista e sceneggiatore, mi ha ricordato la frase di Ralph Waldo Emerson “Grant è stato un personaggio atmosferico, che si sviluppò dalla nuvola di guerra come un fulmine”
Credo che il lascito di Grant sia importante per quei giovani che oggi vogliono tutto e subito in una società dove si pretende un risultato immediato senza versare una goccia di sudore. Se potessi mostrare ad un giovane l’esempio di USG non partirei dal vincente, da quello che imponeva la Resa incondizionata ai nemici, ma esattamente dal suo opposto: dal miserabile, dal personaggio che andava in giro vestito di stracci, quello dall’aspetto sciatto che somigliava ad uno spaventapasseri, una sorta di barbone fallito che non ne azzeccava una nel mondo del lavoro. Fu in quel frangente che si formò il mastino perché Grant fu costretto a lottare contro lo spettro della miseria. Il messaggio di oggi è che prima o poi ad un giovane capiterà di passarsela male, perché anche gli eventi avversi fanno parte della vita dove bisogna ricominciare daccapo. Del resto Grant a Vicksburg non fece altro che ripetere le vicende vissute da civile. Fallì più volte, e riprovò più volte, incessantemente, i vari progetti d’assedio, finché non trovò l’idea giusta. Quello che resta stranissimo su Ulysses. S. Grant sono le vicende controverse post mortem. La storia del Mausoleo di Grant sembra ricalcare stalle e stelle della sua vita dove si arrivò ad una situazione assurda, fin quando l’attenzione di un ragazzo di origine italiana…
Beh a questo punto, oltre a ringraziare tutti i compagni di viaggio incontrati fin ora a teatro e nel cinema indie, buona lettura!