La corsa al vero tesoro nell’Alaska di fine ‘800

A cura di Paolo Scanabucci

Pescatori lungo un fiume dell’Alaska
Due anni dopo la fine della Guerra Civile, gli Stati Uniti d’America, nella persona del Segretario di Stato William Henry Seward, acquistarono l’Alaska dalla Russia. L’operazione, ratificata dal Senato USA il 9 aprile 1867, non incontrò il favore dell’opinione pubblica americana che vedeva l’Alaska come un territorio inospitale e quindi inutile, arrivando a definire l’oggetto dell’acquisto come “la ghiacciaia di Seward” o addirittura “il capriccio di Seward”.
Nel 1898, però, quando in Alaska si diffuse la febbre dell’oro ed una folla sterminata di cercatori , provenienti da tutto il mondo ,percorse la Stampede Trail (La pista Stampede) alla ricerca del metallo giallo, molti dovettero ricredersi.


Immagine colorata di cercatori d’oro in Alaska

Coloro che cercavano l’avventura in quel freddo paese a nord del Canada non potevano, però, sapere che la vera manna di quei luoghi proveniva dal mare. Solo l’anno successivo, nel Daily Alaskan di Skagway, si leggeva che l’Alaska era rinomata per il suo pesce prelibato “di cui non si butta via quasi nulla”, “fresco o sottosale” e che “non è necessario oltrepassare la baia per trovare pesce nella stagione della pesca”.
L’articolo del giornale proseguiva prefigurando scenari solo apparentemente incredibili: gamberetti più grandi del normale, granchi dalla carne più dolce di qualsiasi mollusco della costa, halibut (o ippoglossi) pesanti tra i 36 e i 68 kg circa che si trovavano facilmente in tutti i mercati della città.
Nei quattro pontili di Skagway erano reperibili anche tomcod, grossi come salmoni, con dimensioni che variavano dai 15 ai 18 cm.circa e platessa a volontà.
Nella stagione della pesca del 1899 anche il salmone era abbondante ma l’anno prima numerosi esemplari affollavano la baia di Skagway in maniera così eccessiva che migliaia di essi venivano spinti a riva.


La zona del porto di Skagway

La presenza importante di pesce sviluppò enormemente l’industria ittica dell’Alaska. Aziende conserviere e fabbriche di imballaggi spuntarono come funghi e offrirono lavoro tanto ai cittadini locali quanto ai cercatori.
Si intensificarono i commerci verso l’Est e verso l’Europa; dall’Alaska cominciarono a partire pochi carichi di pesce fino ad arrrivare a 100 spedizioni all’anno nel 1901.
L’obbiettivo comunque era di raggiungere i mercati più importanti, come Londra e Amburgo ad esempio, oltre all’Est statunitense.
Una società che si muoveva in tal senso ed aveva aperto, a quel tempo, una filiale a Taku Harbor, era la Società di Pesca ed imballaggi di San Juan che aveva come maggiore investitore la Società di conservazione a freddo del Pacifico.


Barche da pesca in Alaska

Un argomento così importante, così, potremmo dire, alla moda, non poteva evitare di essere bersaglio della satira. Spicca tra le varie barzellette e scherzi in merito la simpatica storia di Little Johnny che una domenica, tornando a casa, si sentì chiedere a bruciapelo dalla sospettosa madre se era stato al catechismo.
Questo Pierino di oltreoceano con lo sguardo perso in direzione di un punto indefinito dell’orizzonte disse di esserci andato. La madre lo incalzò come un’ispettrice di polizia dicendo a suo figlio che le sue mani puzzavano di pesce. Little Johnny, ritrovando la sua presenza di spirito, disse che ciò dipendeva dal fatto di aver portato a casa il giornale della scuola domenicale di catechismo e che la copertina parlava dell’episiodio biblico di Jona e…la balena!
Gli abitanti dell’Alaska non si limitavano certo a commercializzare il pesce ma sapevano bene anche come cucinarlo.


Pesca in Alaska

Per trovare il pesce non c’era problema, bastava chiamare il proprio commerciante di fiducia o andare al ristorante o recarsi ai pontili.
Un certo Peter Madsen, nel 1901, fece molto parlare di sè pubblicizzando una grossa scorta di halibut e hot dogs a sua disposizione e, ovviamente, ci teneva a precisare che lui vendeva solo pesce fresco.
I ristoranti erano veri e propri templi del pesce. Una ricetta molto semplice e che era molto popolare prevedeva:
– una tazza di salmone cotto
– una tazza di maionese riempita per un quarto
– aceto
– 2 cetrioli da 15 cm.
– sale e pepe a propria discrezione
Le massaie dell’Alaska univano poi il salmone, la maionese, l’aceto, il sale e il pepe in una ciotola e aggiungevano altra maionese a piacere. Dopo aver messo temporaneamente da parte il preparato, tagliavano i cetrioli a metà per lunghezza, rimuovendone le estremità. Sbucciavano ogni altra striscia in modo che il cetriolo alternasse strisce verdi e bianche. Tiravano, quindi, fuori la polpa per ottenere delle vaschette svuotate. Posizionavano la miscela di salmone nei cetrioli in parti uguali e decoravano con crescione o prezzemolo fresco.
Con questa ricetta, nel numero del 16 maggio 1911, il giornale “Il cittadino dell’Alaska” fece venire l’acquolina in bocca ai suoi lettori.
Chi non aveva voglia nè tempo di stare in cucina si affidava, allora come oggi, ai ristoranti che offrivano ai loro clienti ogni ben di Dio, dalle palline di merluzzo al merluzzo bollito con salsa cardinale, dal’halibut fritto all’halibut stufato o con besciamella, dal salmone secco con salsa di pancetta ai gamberetti di Skagway con alghe, e per finire insalata di gamberetti oppure pance di salmone al forno.

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