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John Grass, un Sioux a cavallo tra due mondi

A cura di Sergio Mura
John Grass
Nella storia dei Nativi Americani vi sono figure di primissimo piano che non hanno mai avuto l’onore della ribalta perchè, nella sintesi storica, non occupavano posti di grande rilevanza in un contesto bellico. Non erano, cioè, dei guerrieri famosi per le loro eventuali imprese guerresche.
Tra questi non possiamo scordare John Grass (Mato Watakpe 1837-1934), un importante Lakota del raggruppamento dei Black Feet che si trovò a vivere in un’epoca in cui le grandi battaglie si erano quasi concluse e decisamente, alla fine, a vincere era stato l’uomo bianco. La mamma apparteneva alla suddivisione Oohenonpa (Due Pentole). Il padre era invece un vero Blackfoot ed apparteneva alla banda Sihasapa-Hkcha (Piedineri).
Era un uomo a cavallo tra due mondi, il suo (quello degli indiani) e quello dei bianchi e della loro cultura.
In quel mondo, completamente diverso e meno libero rispetto alla vita delle pianure del nord-ovest, era necessario trovare il miglior modo per starci e John Grass dimostrò coraggio, intuizione e caparbietà nel guidare la sua gente su nuove vie.
La maggior fama di John Grass arriva dalla vita nella riserva di Standing Rock, quella grande area in cui gran parte dei Sioux si era trovata ad abitare dopo una fitta serie di trattati mai rispettati dai bianchi. A Standing Rock condivise il suo destino di guida “civile” con Gall e altri guerrieri di primissimo piano che avevano combattuto contro l’esercito americano fino all’epilogo vittorioso di Little Bighorn.


John Grass (in basso, al centro), nella città dei bianchi

La riserva di Standing Rock stava adagiata tra il Nord ed il Sud Dakota e l’agente indiano di quel tempo (1880-1890) era James McLaughlin, un uomo che credeva molto nell’opera pacificatrice e di mediazione di John Grass. In questo senso, se anche era innegabile l’ascendente esercitato da Gall – che aveva importanti meriti legati alla sua lotta negli anni precedenti contro i soldati -, alla fine la persona giusta per risolvere i problemi della vita di tutti i giorni dei Sioux della grande riserva era proprio John Grass.
John Grass apparteneva ad una delle famiglie più in vista del suo raggruppamento e, come tutti i Sioux, aveva anche altri nomi con cui si faceva chiamare. Era noto anche come Jumping Bear, ma in tempo di guerra si era fatto conoscere come Charging Bear.
Aveva preso parte ad alcune battaglie contro le tribù nemiche, i Crow, i Mandan, gli Assiniboine e gli Arikara, ma molti Sioux ricordavano bene che aveva partecipato anche ad alcuni episodi di lotta contro i soldati blu. Si parla degli anni a ridosso del 1860 ed allora il nemico dei Sioux portava nomi del generale Alfred Sully e del generale Sibley, pezzi da novanta dell’esercito statunitense.


Un bel ritratto di John Grass

Forse, però, l’episodio di quegli anni per cui John Grass si distinse fu l’intervento per liberare dalla prigionia la povera Fanny Kelly (dicembre del 1864).
Un nipote di Toro Seduto, White Bull, ebbe a sostenere che nel 1865 John Grass aveva partecipato anche all’assalto a Camp Conner, una postazione che sarebbe poi diventata Fort Reno.
Tra questi ricordi un po’ incerti dobbiamo inserire un punto fermo: quando si trattò di abbandonare le riserve per riunirsi a Cavallo Pazzo e Toro Seduto nella lunga guerra contro i bianchi, John Grass preferì rimanere a Standing Rock per un lungo periodo. E quando ne uscì finì a Slim Buttes dove il 6 settembre venne catturato dopo un assalto dei soldati del generale George Crook al campo dei Minneconjou.
Toro Seduto
Dopo la cattura subì numerose pressioni affinchè si adoperasse decisamente per convincere gli altri guerrieri e i capi affinchè decidessero di abbandonare la via della guerra per rientrare nelle riserve. John Grass provò a resistere a queste pressioni, ma dopo almeno dieci giorni di prigione accettò persino di arruolarsi come scout in una compagnia agli ordini di Crook.
In questa veste riuscì a convincere qualche capo di primo piano, ma non volle spingersi oltre.
Alla base di questo modo di comportarsi – che oggi potrebbe risultare fastidioso – c’era l’assoluta convinzione di John Grass (e di una folta massa di indiani e donne indiane) che la via della guerra con i bianchi non potesse essere quella giusta e che, anzi, sarebbe stata l’unica che avrebbe portato alla disintegrazione delle nazioni indigene del Nord-America. John Grass pensava che fosse necessario procedere lungo la difficile via dell’integrazione con la cultura dei bianchi, quella che aveva vinto il confronto e che avrebbe potuto garantire la sopravvivenza del popolo Sioux.
Da quel momento – siamo oltre la metà degli anni 1870 – John Grass divenne quello che gli antropologi chiamano un “culture broker”, un uomo che tentava in tutti i modi di gettare un ponte tra due diverse culture, cercando di salvare la più debole.
Così, quando la commissione Manypenny propose di acquistare un’ampia fetta delle terre dei Lakota, John Grass fu sostanzialmente d’accordo, ma chiese con forza di avere in cambio non solo somme di denaro e razioni alimentari, ma anche strumenti e bestiame e una vera formazione professionale e culturale che consentisse ai Sioux di diventare allevatori e agricoltori.


Gall

In quegli anni si determinò in maniera chiara la sua leadership all’interno della riserva indiana, accanto ad autentici monumenti come Gall e Crow King, anch’essi chiaramente convinti della necessità di sposare la cultura dei bianchi.
Uno dei versanti su cui Grass impegnò le sue energie fu quello di educare i giovani ad essere ordinati, a lavorare per progetti e ad essere convinti dell’importanza di studiare e conoscere il mondo dominante dei bianchi.
Un elemento di grande preoccupazione fu rappresentato dall’arrivo nella riserva – nel 1883 – di Toro Seduto e di un gruppo di suoi seguaci. Il vecchio e valoroso capo aveva un forte seguito ed esercitava un grande ascendente sui Sioux, specialmente tra quelli adulti. A loro si rivolgeva con dure parole di condanna per tutto ciò che veniva dai bianchi. Toro Seduto invitava col suo stesso esempio a non scordare gli elementi fondamentali della cultura indiana e questo andava contro le disposizioni dell’agente McLaughlin che si scontrò col grande capo a più riprese.
Crow King
Negli anni successivi i problemi aumentarono a dismisura, almeno proporzionalmente all’ingordigia senza fine dei bianchi. Si tentò a più riprese di frazionare e svendere la terra dei Sioux, consentendo l’ingresso dei coloni bianchi e il disfacimento del senso di unità tribale degli indiani. Il Dawes Act rappresentò il culmine di questa politica e lo stesso John Grass si espresse chiaramente contro la parcellizzazione delle terre.
Ma i bianchi erano determinati e alla fine imposero la loro decisione, un po’ con le minacce e un po’ riuscendo a convincere una parte degli indiani ad accettare la difficile scelta. Così la grande riserva Sioux si trasformò in 6 riserve più piccole, ciascuna dotata di una sua autonomia.
La posizione tutto sommato conciliante di John Grass e di Gall finì per ritorcersi contro i due Sioux che finirono per diventare invisi al loro stesso popolo in un momento in cui si stava diffondendo la Ghost Dance, un movimento spirituale che faceva credere agli indiani che il vecchio tempo andato della libertà e della caccia sarebbe presto ritornato e con esso sarebbero spariti gli odiati bianchi.
L’ulteriore cessione di ampie fette di terra, l’aumento della povertà e della disperazione, l’annientamento culturale di un intero popolo fecero il resto, fino al terribile epilogo del massacro di Wounded Knee del dicembre 1890.
In quei drammatici mesi Grass e Gall, convertitisi al cristianesimo, si opposero con forza alla Ghost Dance, ma nulla poterono per evitare il disastro.
Nonostante tutto, all’interno del sistema delle riserve, il prestigio di John Grass si ristabilì abbastanza rapidamente e non subì ulteriori scossoni nei decenni seguenti, fino alla sua morte nel 1918.