- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

Le armi lunghe nell’epopea del west

A cura di Nino Polimeni

Armi lunghe – clicca per INGRANDIRE
Dopo aver parlato delle pistole e delle rivoltelle che erano più in uso all’epoca del selvaggio West, passiamo ad occuparci ora, per completare l’argomento oggetto della nostra ricerca, delle armi lunghe che sono state utilizzate in quello stesso periodo sulle frontiere dell’Ovest. Anche in questo settore è il caso di limitarsi a fornire un quadro d’insieme generale ed indicativo, ma, al contempo, abbastanza documentato ed esauriente, in quanto i contenuti di un articolo semplice e sintetico possono racchiudere e condensare solo gli elementi più significativi ed essenziali di un settore vastissimo: basti pensare, per intenderci, che soltanto su alcuni modelli della Colt e della Winchester esistono tutta una serie di testi e tante di quelle pubblicazioni da costituire una vera e propria letteratura.
E’ indiscutibile che fra le armi lunghe, quelle che più vengono alla mente dei tanti appassionati del mondo western, sono i vari modelli di carabine prodotte a partire dal 1866 dalla Winchester. Furono sicuramente i più apprezzati ed i più popolari, tanto che oggi alcuni di essi, assieme al revolver Colt SAA mod. 1873, sono diventati uno dei miti e dei simboli indiscussi di un’epoca.


Fucile militare Harper Ferry Hall mod. 1819, cal. 52

Ma è fuori di dubbio che le armi prodotte dalla Winchester non furono le uniche ad essere considerate affidabili ed efficienti nei territori del lontano Ovest. Sappiamo che, al tempo della corsa all’oro alle Black Hills e della prima colonizzazione (a cavallo del 1850), Oliver Fisher Winchester era ancora un oscuro camiciaio e nelle regioni di frontiera i pionieri utilizzavano delle armi lunghe a colpo singolo, logicamente ad avancarica, prima a pietra focaia e poi trasformate a percussione, come i fucili di marca Kentucky, Hawken, Harper Ferry ed Hall.


Un fucile ad avancarica a tamburo con innesco a capsula

Successivamente, per la continua evoluzione tecnologica e meccanica incalzata dalle richieste che provenivano incessanti dal mercato, si fece uso di modelli più potenti e funzionali prodotti dalle ditte Remington, Springfield, Sharps, Lidner, Gwin & Campbell e Ballard, sempre a colpo singolo, mentre la fabbrica Spencer proponeva modelli a ripetizione dotati di un serbatoio tubolare ricavato nel calcio, capace di sette cartucce, e la stessa Colt (sì, proprio la Colt) iniziava a realizzare delle carabine a tamburo, ancora ad avancarica, derivate dai meccanismi della rivoltella modello Paterson 1836 e da quella “side-hammer” modello 1855.


Carabina Colt ad avancarica del tamburo cal. 10

Nel 1860 nasce la rivoluzionaria carabina a leva Henry, che sfrutta un brevetto della “Volcanic Repeating Arms Co.”, di Horace Smith e Daniel B. Wesson (proprio quelli della futura S&W), che qualche anno prima aveva immesso sul mercato una inconsueta arma, prodotta sia in versione corta che lunga, nota appunto come “Volcanic”, di cui abbiamo già accennato parlando delle armi corte. Essa era il primo rudimentale esempio di arma con funzionamento a leva. In effetti, dopo ogni sparo, tramite il movimento del ponticello para-grilletto collegato ad un meccanismo interno, si ricaricava la camera di scoppio con una delle palle autopropellenti (portavano in sé anche polvere ed innesco) contenute in un serbatoio tubolare posto sotto la canna.


Una carabina Sharps mod. 1852

Questa concezione meccanica, adeguatamente rielaborata e perfezionata, sarà di base a tutte le armi a leva (Winchester, Marlin, Witney, Colt) che saranno di scena sui sentieri del West di lì a poco.
Nel 1860 Oliver Fisher Wincheter, dimostrando acume, intraprendenza e senso degli affari, decise di cambiare attività, lanciandosi nel settore della produzione di armi. Egli rilevò, con tutti i debiti ed i brevetti, la “Volcanic Repeating Arms Co.”, ormai decotta, e fondò la “New Haven Arms Co.”.


Una carabina Sharps mod. 1863

Partendo dalla concezione meccanica dei modelli Volcanic, progettò, produsse e mise in commercio la sua prima arma, la carabina a leva Henry, dal nome del tecnico che aveva perfezionato i meccanismi di base. Ottenne un immediato successo, sia per la richiesta dal mercato civile ma anche per alcune sostanziose commesse militari.


L’inconfondibile bascula di una carabina Sharps

Era un’arma dotata, come i modelli “Volcanic” a cui si ispirava direttamente, di un serbatoio tubolare posto sotto la canna che conteneva fino a 15 cartucce in cal. 44 anulare, e divenne proverbiale per la sua quantità e rapidità nella ripetizione dei colpi, tanto da essere presa in dotazione anche da alcuni reparti dell’esercito dell’Unione durante la Guerra di Secessione.
I sudisti, che ne subirono le prime devastanti conseguenze, solevano dire, riferendosi all’elevatissima cadenza di fuoco, che “i maledetti yankees disponevano di un’arma che caricavano la domenica e poi sparavano per tutta la settimana”.


Una carabina a ripetizione Spencer con canna da 20 pollici

Essa può essere considerata la progenitrice di tutti quei modelli a leva che faranno entrare Winchester nella leggenda. Se la cartuccia autopropellente delle armi “Volcanic” aveva scarsa potenza e quindi relativo potere d’arresto, la carabina Henry in calibro .44 anulare, sebbene dimostrasse prestazioni balistiche migliori (ma non eccezionali), presentava anche forti limiti per il complicato sistema di caricamento dalla parte anteriore del serbatoio. Quest’ultimo, inoltre, realizzato in trafilato di ferro dolce e senza nessuna protezione, andava incontro a danneggiamenti ed ammaccature che rendevano spesso l’arma praticamente inutilizzabile al fuoco a ripetizione.


Una carabina prodotta dalla ditta Gwin & Campbell, cal. 52

Sulla base di tali evidenti limiti e di queste nuove esigenze, Winchester dette incarico a Nelson King di trovare un’adeguata soluzione a tali problemi; quest’ultimo si impegnò alacremente nel suo difficile mandato, elaborando e brevettando, in poco tempo, l’omonimo sportellino di caricamento ricavato sul lato destro della bascula, concezione meccanica tanto intelligente che, con lievi modifiche, sarà utilizzata fino ai nostri giorni. Era il 1866! Nasceva così la prima arma prodotta e marcata “Winchester Repeating Arms Co.”, la carabina a leva Modello 1866 in calibro .44 (all’inizio a percussione anulare), entrata nella leggenda della Frontiera con l’appellativo di “Yellow Boy” (ragazzo giallo) per il colore della luccicante bascula in ottone. A parziale protezione del serbatoio tubolare, posizionato sotto la canna, venne utilizzata un’astina in legno, fissata tramite una fascetta fermata da una vite passante.


Una carabina a percussione della ditta Edward Lindner

La carabina ‘66, rispetto all’Henry, era sicuramente più solida e compatta, era più pratica e funzionale, ma dall’Ovest, dove erano in atto le guerre indiane, arrivavano pressanti le richieste di armi ancor più robuste ed efficienti per potere sparare cartucce più potenti e dal maggiore potere d’arresto. Winchester non era tipo che si faceva crescere l’erba sotto i piedi ed in poco tempo mise sul mercato una nuova carabina a leva (in diverse versioni e varie lunghezze di canna, tonda o ottagonale) che passerà alla storia come l’arma che ha conquistato il West: il modello 1873.


Un fucile militare modello Rolling-block della Remington

Essa, che ricopiava sostanzialmente la linea ed i meccanismi del modello 1866, venne realizzata con materiali più moderni ed irrobustita mediante una bascula in acciaio; fu inoltre dotata di dust-cover, cioè di uno sportellino a slitta sulla parte superiore del castello (sarà realizzato in tre diversi tipi), che riparava la camera di scoppio dalla polvere, dagli insetti e dalla pioggia.


US Springfield musket mod. 1861, cal. 58, canna da 40 pollici

Venne camerata per i calibri 25-20, 32-20, 38-40 e 44-40 (ci saranno anche versioni in cal. .22 L.R.), che poi saranno adottati dalla coeva rivoltella Colt SAA mod. 1873, in una intelligente campagna atta ad agevolare il comune munizionamento per carabina e revolver, binomio che sarà compagno inseparabile di quanti si avventuravano nelle sperdute e pericolose lande della Frontiera. Ma già qualche anno dopo la Winchester si rese conto che il suo modello 1873 non disponeva della necessaria potenza per garantire grandi prestazioni balistiche, né poteva considerarsi adatta ai tiri dalle lunghe distanze e per la caccia agli animali di grossa mole, ed al bufalo in particolare.


Moschetto miltare US Whitney mod. 1861, cal. 69

In questo settore la ditta di New Haven non disponeva di un’arma che potesse fare concorrenza ai potenti fucili della Sharps, della Springfield e della Remington (tutti a colpo singolo), ma l’ambizione di entrare anche in quel mercato convinse Winchester a realizzare un fucile che sparasse cartucce con delle caratteristiche balistiche eccezionali. Utilizzando in pratica la stessa concezione meccanica ed ispirandosi alla stessa linea estetica del modello ’73, venne prodotto e immesso in commercio il modello 1876, con cui la Winchester pensava di colmare finalmente anche quella carenza in quel particolare settore delle armi di grande potenza.


Una rarissima carabina Volcanic

Questa nuova arma, che non era altro che una versione maggiorata del modello 1873 (oltre quattro chili di peso!), aveva sicuramente il vantaggio, in quanto munita del consueto meccanismo a leva, di sparare a ripetizione quelle cartucce che le armi della concorrenza esplodevano una alla volta. Ad un’attenta ed obiettiva analisi, il modello 1876 disponeva di grandi caratteristiche di affidabilità e di potenza, anche se la sua linea non si poteva definire di estrema eleganza, specialmente per la massiccia presenza della pesante bascula. Malgrado le grandi aspettative della ditta costruttrice, non ricevette dal mercato il successo sperato.


Un fucile Henry a ripetizione

Verrà comunque adottato, in versione “musket”, dal corpo della North West Mounted Police del Canada, le pittoresche e leggendarie “Giubbe Rosse”. Un rifle 1876 in versione deluxe, con serbatoio corto, inciso e con legni selezionati, sarà al fianco di Theodore Roosevelt in tante sue battute di caccia grossa, in America ed in Africa. Sono inoltre ricercatissime dai collezionisti di tutto il mondo le versioni “Uno su Mille” e “Uno su Cento” dei modelli 1873 e 1876, quasi sempre dotate di rifiniture particolari o deluxe (incisioni, dorature o argentature, legni selezionati e zigrinati, congegni di mira extra).


Un fucile Henry artisticamente inciso

La casa di New Haven tentò di rimediare alla tiepida accoglienza del modello 1876 con la produzione, quasi dieci anni dopo, di un’altra carabina di grosso calibro, il modello 1885 single-shot (a colpo singolo). Ma stavolta, a progettare la nuova arma per la Winchester, troviamo la mente geniale di John Moses Browning.
Nel 1883 avvenne il primo contatto fra la Winchester e quest’ultimo, che può essere definito, a buon diritto, uno dei più grandi geni nel campo della progettazione di armi da fuoco, appartenente ad una famiglia di mormoni che gestiva una dignitosa armeria ad Ogden, uno sconosciuto paese nello Utah.


Una carabina Winchester mod. 1866“Yellow Boy”

Da questa collaborazione verranno fuori tanti modelli che otterranno grande successo sui mercati di tutto il mondo, sia per quanto riguarda fucili da caccia a pallini ed a palla nei più svariati calibri, che nel settore delle armi da guerra, a ripetizione ed automatiche. Ma noi che siamo appassionati del mito del Far West e che intendiamo occuparci solo di quel periodo, vogliamo soffermarci a parlare soltanto sui progetti di Browning nel campo delle carabine a leva. In tale campo, egli progettò nuove e rivoluzionarie concezioni meccaniche, linee estetiche più moderne ed eleganti, modelli più maneggevoli ed efficienti.


Una serie di carabine Winchester

La Frontiera richiedeva armi ancor più affidabili e sicure, capaci di sopportare le pressioni di cartucce più potenti e dalle traiettorie più radenti. L’otturatore del modello 1876, basato su di un congegno di chiusura a “ginocchiello”, articolato in più pezzi e derivato direttamente dalla concezione meccanica dell’Henry, mal si adattava alle sollecitazioni di cartucce di grande potenza. Browning predispose alcune soluzioni meccaniche, utilizzando degli elementi interni capaci di resistere alle pressioni delle nuove cartucce, irrobustendo l’otturatore ed i chiavistelli di chiusura. Tali soluzioni gli consentivano di dare alle sue bascule, modello per modello, un disegno più elegante e ricercato, garantendo però, allo stesso tempo, compattezza e solidità alle sue progettazioni.


Una serie di carabine e fucili Winchester mod. 1866

Realizzò così il Winchester modello 1886, un’arma a leva di grosso calibro che prese il posto del modello 1876, e subito dopo il modello 1892, una carabina leggera e maneggevole che ricalcava, in scala ridotta, il precedente modello ’86 e che andò praticamente a sostituire il modello 1873, entrato ormai nella leggenda. Il ’92 è infatti camerato per gli stessi calibri del ’73, ma è strutturato per assorbire le pressioni delle cartucce che vengono ora caricate con polvere infume. E’, almeno a parer mio, la più bella creatura disegnata da Browning per la Winchester.


Una carabina Winchester mod. 1866 con le caratteristiche decorazioni degli indiani

Compatta e leggera, maneggevole e grintosa, funzionale ed affidabile, la carabina modello 1892 venne prodotta fino agli inizi della Seconda Guerra Mondiale in oltre un milione di esemplari: senza dubbio un grande successo. Fu una delle armi preferite dalla tiratrice Annie Oakley: a lei è appartenuto un esemplare inciso e dorato, con canna a due ordini (metà tonda e metà ottagonale) e legni selezionati, conservato oggi in un museo degli USA.


Una serie di carabine e rifle Winchester mod. 1873

Due anni la messa sul mercato del ’92, il fertile genio di Ogden progetta, sempre per conto della Winchester, la carabina modello 1894, sempre a leva, adatta a sparare una cartuccia ancora più potente: la 30-30 WCF, ma fu camerata anche per il calibro 32-40 ed il 38-55 (a polvere nera) e per il 25-35 ed il 32 special (a polvere senza fumo). Essa, per la sua impressionante attualità, sarà prodotta dal 1894 fino ai nostri giorni, superando i cinque milioni di pezzi venduti Per il suo calibro più popolare sarà appunto nota come “la Winchester 30-30”, oppure come la “carabina treinta-treinta”, secondo la definizione dei guerriglieri messicani al seguito di Pancho Villa.


Una serie di carabine e rifle Winchester mod. 1886

L’anno successivo Browning progettò il modello 1895, una carabina sempre con funzionamento a leva ma senza serbatoio tubolare sotto la canna. Stavolta i colpi venivano contenuti in un caricatore che si infilava direttamente sotto la bascula, davanti al ponticello del grilletto, in modo che le cartucce stessero una sull’altra. Tale soluzione tecnica consentiva di utilizzare anche munizioni militari con palla a punta, mentre in un serbatoio tubolare, dove esse erano costrette a stare una dietro l’altra, si era costretti ad usare palle a punta piatta per evitare che, con il rinculo, un’ogiva appuntita potesse fare esplodere l’innesco della cartuccia davanti.


Una serie di carabine e rifle Winchester mod. 1892

Questa caratteristica darà l’opportunità alla Winchester di fare grosse forniture di questo modello agli eserciti della Russia e del Giappone.
Ma la casa di New Haven non fu la sola a produrre, all’epoca, ottime armi con funzionamento a ripetizione a leva. La concorrenza era agguerritissima, a cominciare dalla Colt, che mise in commercio il modello Burgess (un esemplare finemente inciso fu regalato a Buffalo Bill nel 1883), per poi passare alle carabine Witney-Burgess e Witney-Kennedy (una è appartenuta a Billy the Kid), ed ai modelli 1881 e 1894 della Marlin, tutti ben rifiniti e di sicura affidabilità ma che non avranno la popolarità che forse meritavano e non diventeranno mai leggenda.


Una serie di carabine e rifle Winchester mod. 1894

Le carabine Marlin disponevano addirittura di un “optional” ragguardevole rispetto ai modelli delle altre ditte in quanto presentavano un meccanismo che espelleva il bossolo sparato dal lato destro del castello, per cui si poteva restare sempre in mira durante la manovra di ricarica in quanto la visuale del tiratore non veniva disturbata né da bossoli esplosi schizzati via dall’estrattore, né dai fumi della combustione. Inoltre questa caratteristica consentiva di montare direttamente sulla parte superiore della bascula un qualsiasi cannocchiale per la mira a distanza, mentre le altre armi a leva, che avevano l’eiezione verso l’alto, potevano solo essere munite di diottre, avvitate sul codolo di culatta, o di altri sofisticati ma meno pratici congegni di puntamento.


Una panoplia di carabine a leva Winchester da sogno!

In quel periodo era stata pure messa in commercio una carabina particolare denominata Remington-Keene, che all’apparenza aveva la fisionomia di una classica arma a leva, con tanto di serbatoio tubolare sotto la canna, ma in effetti il meccanismo di ripetizione era costituito da un otturatore tipo girevole-scorrevole (bolt-action). Ebbe diversi estimatori ma non riuscì ad avere dei notevoli successi di mercato.
Abbastanza popolare fu la già menzionata carabina Spencer a ripetizione, nelle sue diverse varianti e nei vari calibri. Una discreta richiesta ebbero all’epoca alcuni buoni modelli a pompa messi sul mercato dalla Colt (bella, maneggevole e grintosa la carabina Lightning mod. 1885), ma il meccanismo era forse troppo delicato per resistere alla dura vita di frontiera ed a lungo andare furono preferite, per praticità, affidabilità e sicurezza di funzionamento, le armi a leva. Fra l’altro, a far cessare quasi subito tale produzione, contribuì anche una specie di “patto di non belligeranza” stipulato “sotto banco” fra la Colt e la Winchester, per cui la prima non avrebbe continuato a realizzare solo armi corte e la seconda avrebbe rinunciato a produrre i revolvers che stava progettando.


Questo rifle Winchester mod. 1876, matr. 24724, è appartenuto a Bob Ford

Uno dei fucili a palla più ricercati dai tiratori dell’epoca, per la grande precisione (ed oggi anche da alcuni appassionati collezionisti) era lo Sharps-Borchardt monocolpo, mentre come accennato prima, erano molto utilizzati, per i tiri da grande distanza e per la caccia ai grossi selvatici ed ai bufali, i potenti fucili monocolo con meccanica “Rolling-blok” della ditta di Elifhalet Remington, con sede in Ilion, che, come abbiamo visto, costruiva anche delle ottime rivoltelle. Mentre alcuni modelli a colpo singolo prodotti dagli arsenali di Springfield, erano quelli prediletti dalle autorità militari, che li preferivano agli altri fucili come dotazione per l’esercito degli Stati Uniti. A proposito di questi ultimi, vorrei fare un inciso sulle controverse prestazioni del modello 1873 in calibro 45-70 Gvt., denominato “Trapdoor” ed utilizzato dalla cavalleria USA.


Una tipica fonda da sella per carabina

E’ ormai confermato dalla ricostruzione storica di molti ricercatori, che esso non fece sicuramente un buon servizio durante la battaglia del Little Big Horn (25 giugno 1876) in quanto, allorché le camere di scoppio si surriscaldarono per i numerosi colpi esplosi in rapida successione, in molti casi i bossoli sparati rimanevano incastrati nella canna per il forte calore, per cui gli estrattori, nel tentativo di estrarli fuori, strappavano i fondelli delle cartucce esplose che restavano bloccate nell’arma e la rendevano inutilizzabile. Tale tragico inconveniente lasciò diversi cavalleggeri del 7° praticamente disarmati di fronte a quella orda inferocita, costituita da migliaia di guerrieri, in gran parte Sioux e Cheyennes, armati di lance e frecce, mazze chiodate e fucili ad avancarica, ma anche di Winchester mod. 1866 e 1873, che bisognava fermare a distanza, prima cioè che la carica travolgesse ed annientasse quello che era considerato il più bel reggimento di cavalleria dell’esercito americano.


Un classico shotgun da diligenza in cal. 12

Purtroppo, in quella particolare circostanza, il revolver Colt SAA ’73, in dotazione ai cavalleggeri, non poteva fornire una valida alternativa, in quanto era utilizzabile solo in un raggio d’azione alquanto limitato rispetto ad una carabina in calibro 45-70 Gvt.. E, per inciso, vorrei fare qui un’altra doverosa precisazione riguardo alle diverse trasposizioni cinematografiche di quella disfatta, che vedono sempre George Armstrong Custer, nelle scene fatali, con in pugno, sempre, la classica rivoltella Colt SAA mod. 1873 con canna da pollici 71/2. Si tratta di un errore storico in quanto è ormai risaputo, come ci viene confermato da fonti molto accreditate, che in quell’infausto giorno il “generale” aveva con sé una coppia di revolver Webley Bulldog in cal .450 di fabbricazione inglese ed una carabina Remington mod. Sporting, con meccanica “rolling-block”, in calibro 50-70.
In questa rassegna non possiamo dimenticare le armi da bufalo per antonomasia, vale a dire gli Sharps. Erano a colpo singolo ma concepiti per sparare cartucce potentissime a grandissime distanze. Le versioni furono tante, sia a percussione che a retrocarica, a cominciare dal modello 1850 con innesco a nastro tipo Maynard, per poi passare ai modelli 1852, 1863, 1869 e 1874, tutti dotati di grande potere d’arresto e sempre più affidabili. Si dice che con queste carabine dei buoni tiratori siano riusciti a colpire la loro preda addirittura a mille metri!


La carabina Springfield mod. 1873 usata dalla cavalleria al Little Big Horn

A proposito di questo fucile da caccia grossa, mi sono rimaste impresse nella memoria quelle sequenze del film “Una pistola per Billy” in cui un vecchio cacciatore spara a Gregory Peck (il protagonista della pellicola) mentre scappa a cavallo, utilizzando proprio con un “vecchio” Sharps. Vista la ragguardevole distanza del tiratore dal cavaliere in fuga, ricordo con quale meticolosa cura il tiratore si preparava per effettuare lo sparo: controlla la velocità e la direzione del vento gettando in aria una manciata di polvere, inserisce imperturbabile la cartuccia in canna, effettua con scrupolosa esperienza la taratura dell’alzo, arma lentamente il cane, prende accuratamente la mira con la massima calma e quindi il gran botto finale, con relativo poderoso rinculo, in una enorme esplosione di fumo. Ed infine si sente lo zufolare vorticoso della palla che per diversi secondi sembra inseguire il suo bersaglio che si allontana al galoppo, fino al terribile impatto del grosso proiettile che va a colpire il destriero, con conseguente disastrosa caduta di uomo ed animale, in un nugolo di polvere e di disperati nitriti (spettacolare effetto di un grande stunt-man).
Per concludere, non posso dimenticare di fare una obligatoria menzione ai fucili ad anima liscia che sicuramente fecero la loro parte, nel bene e nel male, all’epoca della conquista dell’Ovest. Vorrei qui ricordare il caratteristico Winchester a leva modello 1887, che non era certamente un fenomeno di eleganza, anch’esso realizzato su progetto di Browning. Lo vediamo usato da Paul Newman nella sua interpretazione del giudice Roy Bean nel film “L’uomo dai sette capestri”. E poi non possiamo dimenticarci delle comuni e spesso anonime doppiette che sicuramente ebbero modo di far sentire la loro tonante “voce” sui sentieri e nelle contrade del West. Esse, a cani esterni o hammer-less (cani interni), dotate di canne più o meno lunghe, dall’uso semplice e sicuro, si conquistarono certamente, a buon diritto, nel bene e nel male, la loro meritata fetta di mercato, sia in pagine di gloria che in quelle di efferata tragedia. Erano le compagne preferite dagli uomini di scorta delle diligenze (vi ricordate lo sceriffo che stava a cassetta in “Ombre Rosse”?) e dalle guardie armate della Wells-Fargo, dai tutori della legge e dai negozianti. Sicuramente Wyatt Earp si servì di una doppietta a cani esterni* per far fuori Frank Stilwell, uno degli assassini del fratello Morgan, e il famigerato Doc Holliday, durante la famosa (e controversa) sfida all’OK Corral di Tombstone, avrebbe usato una prestigiosa W.W Greener costruita a Birmingham oppure, secondo altre fonti, una più comune Meteor in calibro 10 a canne mozze e calcio segato. Le cronache del tempo ci dicono che Wild Bill Hickok era solito portarne una con le canne segate nascosta sotto la giacca, mentre il bandito Charles Boles, meglio conosciuto come Black Bart, effettuava le sue rapine armato di una Loomis n° 15 a cani esterni e canne accorciate. I modelli più raffinati arrivavano dall’Inghilterra, ma diverse ditte americane avevano imparato subito a costruire fucili a due canne a pallini (vedasi la bella doppietta Colt mod. 1883 hammer-less o la caratteristica Dodge Burgess in cal. 12). La rosata di queste armi, a breve distanza, con cartucce caricate a pallettoni, era micidiale e devastante, per cui non occorreva neanche una grande mira per fare centro!