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Hopson, Shirreffs e Patten, giganti della letteratura western

A cura di Angelo D’Ambra

Hopson, Shirreffs e Patten costituiscono un trittico centrale della letteratura western. Il mercato italiano è pieno dei loro racconti. Sono autori chiave del genere che dettano strutture iconiche, soluzioni campione, forse anche cliché e stereotipi, ma sono dei classici, apprezzabili sempre per trama lineare e ritmo veloce. Non si potrebbe mai elogiarli abbastanza.

William Hopson, l’eroe laconico
William Hopson – nato in Texas ed ex marine poi vissuto in Arizona ed a Los Angeles – ha una affascinante prosa veloce ed un frasario duro e immediato che ben si associa al western classico.
“Un uomo chiamato Cort”, “L’Implacabile Cogin” e “Il Vaquero sorridente” sono romanzi che confermano uno stile refrattario alla verbosità ed alle descrizioni in favore di avventure avvincenti segnate dal gusto per la frase-sentenza. Sono parecchie le scene d’azione e non c’è noia. Le trame sono accattivanti e rendono bene l’idea di una vita nel west, tra individui loschi che scivolano come anguille tra bene e male, contrabbandieri, bounty killer, allevatori, indiani, ribelli, donne avvenenti. Questi tre libri sono chiari nella struttura: dapprima è delineato il personaggio principale in una costruzione ben unita a quello che sarà la trama, si centra poi il problema da risolvere e, infine, ciò che segue sembra venire da sé. E’è qui la forza di questi romanzi, sono storie in cui si tocca la verità. “Sulle tracce degli apache” è ambientato in Arizona. Determinato a salvare la sua sorellastra rapita dagli indiani, Burt Adkins si unisce alla cavalleria di Fort Vernon. E’ un eroe solitario, rude, vendicativo e si presenta così: “Nell’anno e mezzo appena trascorso ho dato la caccia a ventotto apache. Li ho uccisi tutti. Li ferivo, quando potevo, e poi li uccidevo quando si rifiutavano di parlare. Alla fine sono giunto alla conclusione che solo l’esercito sarebbe riuscito a catturare Corda Nera. Così mi sono arruolato nella cavalleria allo scopo di essere presente quando finalmente lo prenderanno…”. Stranamente, se all’inizio tutti hanno ragioni per odiarlo, alla fine, tutti gli dovranno la vita. E’ un libro in pieno “stile Hopson”, così come “L’implacabile Cogin” incentrato attorno alla figura dell’eroe laconico, solitario ed in possesso di un suo codice morale, in questo caso un uomo cresciuto tra gli apache che, riportato tra i bianchi, non ne assimila le convinzioni.

Lewis B. Patten, il contrasto
Lewis B. Patten nacque a Denver e prestò servizio in Marina dal 1933 al 1937, si laureò all’Università di Denver e fu revisore dei conti per il Dipartimento delle entrate del Colorado e allevatore di bestiame. La sua passione per la scrittura lo portò a pubblicare più di cento romanzi tra il 1952 e il 1982, spesso con gli pseudonimi gli pseudonimi di Lee Leighton e Joseph Wayne. “Rinnegata” fu il suo primo lavoro. Anno 1952. Sin da quest’opera si nota il tratto più cupo e complesso dei suoi western. Lo stile diretto e concreto, tipico di questa letteratura negli anni Cinquanta, non gli impedisce un taglio psicologico più profondo che manca negli altri interpreti del genere. Il suo personaggio, Quentin Reed, viene dal Wyoming ed è un tizio che non sa stare lontano dai guai, neppure se è in minoranza. Si perde il conto delle zuffe che si susseguono in una storia tutta sviluppata in piena riserva ute, con i capi Colorow e Douglas pronti alla rivolta. Tra i personaggi storici c’è pure Nathan Meeker. Parliamo del Massacro di White River. Lettura imperdibile.
Indubbiamente “Track of the Hunter”, edito in italiano come “La vedova e Geronimo”, è un interessante western al femminile con un protagonista in gonnella che riesce a vendicare l’omicidio del marito proteggendo i suoi figli apache adottivi in un contesto di approfittatori e violenti. C’è sempre qualcosa di romantico, una venatura assieme nostalgica e poetica, in queste opere. Si riscontra questo incedere languido sia nella durezza di “Pelle rossa” – storia di un cheyenne adottato che si trova a salvare un bambino rapito dagli indiani sfidando anche una posse ansiosa di vendicarsi uccidendolo – sia negli amore adolescenziali di “Quell’arnese di ferro” – viaggio di un gruppo di georgiani impoveriti dalla guerra civili nel tentativo di rubare una mandria concessa dal governo agli Ute.
Altro capolavoro di Patten è in “Nelle mani di Geronimo”. Veloce, drammatico e raccontato in prima persona. Gli apache di Geronimo hanno attaccato una diligenza, lasciato una donna, Elizabeth, in fin di vita, credendola morta come gli altri, e rapendo suo figlio Jimmy, di appena tre anni. Jonas Railey, che da lavoratore di un ranch non sa nulla di indiani, ma che non ha mai dimenticato il suo amore per la donna, decide di riportarle il figlio e si aggrega alla cavalleria per rincorrere gli apache. Il viaggio è lungo e difficoltoso. Trascorrono mesi tra i deserti e le montagne del Messico, patendo la fame e la sete, ma continuando la loro ricerca nella speranza che quel bambino sia ancora vivo. Dopo una lunga e faticosa caccia, raggiungono finalmente i rinnegati e Railey tenta di salvare il ragazzo…
Segnaliamo anche “La patacca di Latta”, storia insolita, intricata e cupa, animata da personaggi brutali e cinici e con dei risvolti tragici. Tutto inizia in una notte apparentemente serena in cui notte Pres Majors è rapito e costretto a sposare la meticcia Lena Dymond che ha disonorato. Incinta di sei mesi, la ragazza risveglia i dissapori tra due famiglie di rancheros, scatenando una sanguinosa faida familiare. Galt Majors possiede migliaia di acri di buona erba, il ranch Dymond, invece, si trova in una distesa più arida e ciò ha fatto del primo un uomo di ricchezza e prestigio, mentre i Dymond navigano in acque difficili. Il rapporto tra le due famiglie è reso più animoso dal fatto che, venticinque anni addietro, Galt ha avuto una tresca con la mamma di Lena. In mezzo a tanto livore ci finisce Sherm Gatewood, lo sceriffo, chiamato a dirimere una questione intricatissima che presto gli sfugge di mano…
Ci sono degli elementi ricorrenti in questi lavori: la giovinezza dei protagonisti, la vendetta, l’attenzione per il contesto atmosferico e geografico, le pressioni razziali. Sono elementi di contrasto, nodi la cui risoluzione condensa la trama. Con essi Lewis B. Patten intesse un grande arazzo western.

Gordon D. Shirreffs, i chiaroscuri
Gordon D. Shirreffs, nato a Chicago nel 1914 in una famiglia di origini scozzesi, si caratterizza per l’abilità nel costruire trame avvincenti e per l’enorme capacità descrittiva spesso secca ed al contempo stanca e sognante come il Messico, il suo angolo di terra preferito. Il trittico “Il cappio al collo”, “Le cinque tombe” e “I due amici” si lascia apprezzare per i personaggi, singolari, complessi, umani, il lungo percorso che attraversano, i sentimenti che li scuotono.
Shirreffs si lascia davvero apprezzare con “La Valle delle Ombre”, in fin dei conti un giallo, complesso e ben scritto, carico di dialoghi. Trama serrata, spari misteriosi, scazzottate violente ed omicidi in un posto in cui i grandi proprietari terrieri combattono i piccoli, il coltivatore combatte l’allevatore, l’allevatore di bovini combatte quello di pecore e su tutti ronzano i ladri di bestiame.
Su tutti si distingue “Il forte della vendetta”. Qui l’eroe ha un animo cupo ed è tutt’altro che perfetto, anzi la forza di questo personaggio sta nella sua debolezza, nella sua umanità. Il maggiore Dan Fayes è inviato a Fort Costain, un forte corroso tra indisciplina e immoralità, tra diserzioni ed strane morti, tra alcol e sguardi avvenenti di Melva Cornish, sorella del medico militare. Gli apache tonto si sono armati di fucili a ripetizione e parecchi segnali rendono palese la loro minaccia. Ma chi li rifornisce? Harriet Moore, la figlia del proprietario di una vicina fattoria, sembra conoscere i misteri di questo strano forte. Tutto il raggiro emerge a margine dello scontro finale con gli apache di Vento Nero. E’ un libro perfetto perché la trama è fitta ed intrigante e, nonostante questo, non soffoca l’azione. Qui c’è Shirreffs, lo scrittore dei chiaroscuri che non conosce immacolati, ma tipi realistici, feriti da profonde sofferenze.

I nomi di questi tre autori non possono non comparire in ogni buona collezione di romanzi western. Sono esponenti di spicco di un genere che non sarebbe sbagliato dire hanno essi stessi contribuito a forgiare. Ad Hopson, Shirreffs e Patten si devono pagine importanti di questa letteratura, così importanti che, nonostante il tempo scorra, esse non saranno mai sorpassate.