La cattura di Jefferson Davis
A cura di Angelo D’Ambra
Il gruppo al seguito di Jefferson Davis poco prima della cattura
Il 10 maggio 1865 Jefferson Davis fu catturato ad Irwinville.
Sui giornali qualcuno disegnò Davis mentre tentava di nascondere la propria identità vestito da donna. L’immagine ebbe grande successo e molteplici incisori pubblicarono litografie con caricature spietate e didascalie beffarde che ritraevano Davis con cappellino e gonna.
Col tempo le vignette si dimenticarono, ma finì col consolidarsi nell’opinione pubblica che Davis avesse davvero indossato un abito di sua moglie per sfuggire alla cavalleria dell’Unione.
Nella prigione di Fort Monroe, il presidente Jefferson Davis soffrì malanni, infezioni, insonnia ed il timore di finire ucciso. Affidò tutto se stesso all’Imitazione di Cristo, il celebre testo della cristianità medievale. Si dedicò a preghiere e meditazione, mentre la sua cagionevole salute precipitava di giorno in giorno. Sulle pagine di quel libro, al capitolo intitolato “Del giorno dell’eternità e delle miserie di questa vita”, è stato rinvenuto l’appunto “grande conforto”. Senza dubbio, era un uomo profondamente religioso e meditativo, dopo tanti anni restava ancora il ragazzo educato dai domenicani del Collegio San Tommaso d’Aquino, di Springfield, in Kentucky. Chissà quanto soffrì per quelle raffigurazioni indecenti che lo mostravano con abiti da donna, fuggire come un codardo. Fu sempre leale alla Confederazione ed integro nella sua moralità, nella sua dignità. Rifiutò di ascoltare le offerte di amnistia, perché accettare l’amnistia avrebbe significato ammettere che lui e il suo popolo, separandosi, avevano commesso una sorta di crimine. E col suo libro, “L’ascesa e la caduta del governo confederato”, ancora oggi continua a difendere la Confederazione.
Era il decimo e il più giovane figlio Samuel Davis, veterano della Guerra Rivoluzionaria, e di sua moglie Jane Cook Davis. Lo chiamarono Jefferson Finis perché la coppia non voleva altri figli.
Jefferson Davis
Frequentò il college nel Kentucky in Transilvania e, laureatosi a West Point nel 1828, fu nominato sottotenente nell’esercito regolare. Trascorse sette anni faticosi nel servizio militare segnati dalla guerra di Black Hawk. Nel 1835 si dimise dall’esercito col grado di tenente, sposò Sarah, la figlia del generale Zachary Taylor, e si stabilì nella sua piantagione in Mississippi, ma la morte prematura, in pochi mesi, della sua sposa, a causa della malaria, lo incupì profondamente. Si immerse nel lavoro. Condusse una vita appartata per i successivi otto anni, dedicandosi alle attività agricole nella sua piantagione di cotone, ma anche agli studi letterari, in particolare lo studio della filosofia politica e della storia costituzionale. Nel 1845 sposò la sua seconda moglie, la diciottenne Varina Howell. Quello stesso anno fu pure eletto al Congresso, ma poi si dimise per assumere il ruolo di colonnello per un reggimento di volontari del Mississippi in partenza per la guerra col Messico, in servizio al generale Zachary Taylor, comandante in capo delle forze americane e suo vecchio suocero.
Si distinse specialmente nelle pianure di Buena Vista, contro un numero schiacciante di nemici, quando, con un brillante movimento tattico, spezzò le preponderanti forze messicane. Sebbene gravemente ferito, rimase in sella, rifiutandosi di lasciare il campo e rispedì Santa Anna a sud con solo metà della forza del giorno prima. Il generale Taylor ne disse: “Napoleone non ha mai avuto un maresciallo che si sia comportato in modo più superbo del colonnello Davis oggi”. Il presidente Franklin Pierce lo volle Segretario alla Guerra degli Stati Uniti.
Tornato al Senato nel 1857, lo lasciò il 21 gennaio 1861 dopo che il Mississippi si separò dall’Unione. Un mese dopo, il Congresso di Montgomery, in Alabama, lo nominò presidente della Confederazione.
Jefferson Davis e sua moglie nel 1865
La nomina di Davis era in gran parte politica; era un candidato di compromesso scelto per placare le fazioni sia moderate che radicali al Congresso. Aveva un portamento dignitoso, un illustre passato militare, una vasta esperienza negli affari politici e, cosa più importante, una dedizione alla causa confederata. Su di lui convennero i voti di tutti gli stati.
Alla resa di Lee, il 9 aprile 1865, non si sapeva dove si trovasse il presidente confederato. Si era solo a conoscenza del fatto che aveva lasciato Richmond otto giorni prima. Davis stava soggiornando a Danville, nella villa del quartiermastro William T. Sutherlin, dal giorno 3, seguendo le notizie che riceveva dal fronte. Il 10, appreso della resa di Lee ad Appomattox, riunì il suo gabinetto alla Benedict House e ratificò la decisione di lasciare la Virginia, incamminandosi per Greensboro, nella Carolina del Nord.
La sua fuga durò sei settimane e fu davvero un viaggio epico attraverso quattro stati su ferrovia, traghetti, cavalli e carri. Su di lui c’era pure la taglia di 100.000 dollari, posta dal presidente Johnson. A differenza però del Segretario di Stato confederato Judah Benjamin e del Segretario alla Guerra John C. Breckinridge che ripararono all’estero, Davis non voleva scappare in terra straniera e svanire dalla storia.
Tre settimane dopo la morte di Lincoln, il 5 maggio, ormai a più di un mese dall’inizio della fuga, Davis si incontrò per l’ultima volta con il suo gabinetto e sciolse ufficialmente il governo confederato. Quel giorno ritrovò sua moglie, Varina, coi suoi quattro figli a Washington, in Georgia.Non si vedevano da quando aveva lasciato Richmond. Con loro si accampò con carri e tende su un’area di circa 100 iarde a Irwinville.
Una delle vignette con Jefferson Davis vestito da donna
La Georgia era piena zeppa di soldati che perlustravano ogni strada, controllavano ogni crocevia, sorvegliavano ogni guado. Il piano di Davis era dormire qualche ora e poi riprendere il cammino, prima dell’alba, per tale ragione non si spogliò, restò col suo completo grigio, un redingote di lana e dei pantaloni scuri, tenne pure gli stivali da equitazione con tanto di speroni. Molti degli uomini della scorta presidenziale rimasero svegli fino a tardi a parlare, aspettando l’ordine di partire, un ordine che però non arrivò mai.
Un distaccamento del 4° reggimento di cavalleria del Michigan, guidato dal tenente colonnello B.D. Pritchard, entrò a Irwinville fingendosi della Confederazione e fu così che apprese che una carovana s’era accampata ad un miglio e mezzo sulla strada di Abbeville. Pritchard individuò il punto grazie ad un ex schiavo che conosceva il territorio, poi accerchiò l’accampamento, inviando venticinque uomini sotto il comando del tenente Purington a prendere posizione in modo da escludere ogni possibilità di fuga. Alle 3:30 del mattino, la colonna di Pritchard si mosse e in un istante tutto il campo era stato occupato.
Davis era all’interno di una tenda con sua moglie e sentì degli spari. Ipotizzò che si trattasse di banditi e ce ne erano, persino di ex confederati che avevano pianificato di rapinare la carovana della signora Davis nelle precedenti settimane, però quando aprì la tenda vide le giacche blu.
Il suo cavallo era vicino e sellato, pensò di fuggire. Sua moglie gli passò un soprabito raglan per coprirlo dal freddo del mattino e gli coprì il capo con un piccolo scialle nero perché non fosse visto in viso, facendolo poi seguire da una schiava con un secchio. Ciò che accadde lo descrisse così: “Avevo percorso forse tra quindici o venti iarde quando un soldato è arrivato al galoppo e mi ha ordinato di fermarmi e arrendermi. Gli risposi ho dato una risposta di sfida, e, lasciando cadere lo scialle e il raglan dalle mie spalle, sono avanzato verso di lui; mi ha puntato la carabina, ma fidavo che, se avesse sparato, mi avrebbe mancato, e in quel caso la mia intenzione era di mettere la mia mano sotto il suo piede, farlo cadere dall’altra parte, saltare in sella e tentare di scappare. Mia moglie, che mi stava osservando, quando ha visto il soldato puntare contro di me la sua carabina, è corsa avanti e mi ha gettato le braccia al collo…”.
Come era vestito Davis durante la cattura
Poi iniziò il saccheggio dell’accampamento perché ogni soldato dell’Unione aveva sentito le voci secondo cui il “capo ribelle” stava scappando con milioni di dollari in monete d’oro. Quelle voci seminarono discordia e avidità tra gli stessi uomini di Pritchard che iniziarono a combattersi tra loro. Fu solo dopo aver calmato gli animi che Pritchard si rese conto di aver catturato il presidente degli Stati Confederati d’America.
Nel giro di poche settimane si diffuse la notizia che Jefferson Davis era stato catturato vestito da donna. Vennero realizzate tante vignette, canzoncine e fotomontaggi e diversi imprenditori si contesero l’abito pensando di poterne trarre guadagni esponendolo al pubblico. In particolare l’imprenditore circense Phineas Taylor Barnum era pronto a pagare profumatamente per avere la gonna, ma il Segretario alla Guerra Edwin Stanton la voleva per la sua collezione di curiosità storiche. Restò deluso quando si ritrovò semplicemente con uno scialle ed un raglan e tenne nascosta la cosa, contribuendo a perpetuare le voci di una fuga del presidente confederato travestito da donna.
Almeno uno dei soldati dell’Unione in servizio quel giorno, il capitano James H. Parker, ha fatto di tutto per smentire l’assurda storia. “Sfido chiunque a trovare un solo ufficiale o soldato presente alla cattura che dica in suo onore che Jefferson Davis fosse vestito in abiti femminili. Sua moglie si comportava come una signora, e lui come un gentiluomo, sebbene manifestamente addolorato per essere stato preso in custodia. Sono uno yankee, pieno di pregiudizi yankee, ma penso che sia malvagio mentire su di lui”.
Davis finì imprigionato a Fort Monroe, in Virginia, per due anni.
Jefferson Davis in prigione
Non fu mai processato per tradimento, ma fu rilasciato su cauzione nel maggio 1867. Il Mississippi cercò di riportarlo al Senato degli Stati Uniti, ma non era legalmente qualificato per prestare servizio poiché si era sempre rifiutato di richiedere la grazia.