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Curiosità sui Nativi d’America

A cura di Paolo Scanabucci

È inutile negarlo: molti sono cresciuti con i film western sin da piccoli. In quei film i cowboy erano sostanzialmente sempre presenti, ma non così era per i nativi americani. E si deve ammettere che un film western perdeva un pò della sua pur forte attrattiva senza i pellerossa.
Nel tempo, tantissimi hanno approfondito i loro studi sui Nativi americani, scoprendo che la loro storia è anche molto ben documentata. Esistono però fatti e curiosità sui primi americani di cui non tutti sono al corrente. Perciò vi proponiamo questa raccolta di “curiosità” che per i più appassionati sarà un piacevole ripasso e per ognuno di noi un tuffo nella formidabile storia dei Nativi d’America e del loro rapporto con i “bianchi”.
Un dato certo è che i Nativi furono accoglienti con i coloni europei che cominciavano ad arrivare nel Nuovo Mondo. Infatti a Jameston in Virginia, il primo insediamento britannico in America fu costituito con l’aiuto di una tribù Powhatan senza la quale i bianchi non avrebbero certo superato il duro inverno del 1607-1608.
Viceversa i bianchi non avevano verso i nativi la stessa “premura”: per esempio, durante la rivoluzione americana, dal 1775 al 1783, le tribù irochesi dei Mohawk, Seneca, Cayuga, Onondaga e Oneida combatterono al fianco degli Inglesi. Al termine del conflitto gli indiani non ricevettero nulla dai britannici. Come se non bastasse, gli USA si presero il territorio dei guerrieri rossi e, per vendetta, distrussero 40 villaggi irochesi tanto da costringere questi poveretti a fuggire in Canada.
Nell’epopea del West questo non fu certo l’unico caso in cui gli indiani furono forzati a lasciare il proprio paese natale. Famosa a tal proposito è la Legge di Rimozione degli Indiani (Indian Removal Act) .
Il presidente USA Andrew Jackson, in barba alle decisioni della Corte Suprema del 1831 e 1832 in base alle quali il popolo Cherokee aveva il diritto di vivere sulle proprie terre, inviò le truppe per deportare dai territori in Georgia circa 16.000 indiani.
I nativi avevano rifiutato di trasferirsi a ovest secondo l’illegale trattato di New Echota del 1835, non riconosciuto dalla maggior parte dei Cherokee stessi. Nel Maggio del 1838 i soldati americani avevano radunato nei campi molti Cherokee i quali rimasero là prigionieri per tutta l’estate e dove circa 1.500 indiani trovarono la morte. Fu l’inizio di un vero e proprio genocidio che vide migliaia di Cherokee affrontare un viaggio doloroso detto anche il “sentiero delle lacrime”, viaggio di poco meno di 1.300 km verso l’Oklahoma durante il quale circa 4.000 indiani morirono di stenti.


La marcia delle lacrime

I Cherokee non furono i soli a dover lasciare le terre natie. Tra il 1820 e il 1845 decine di migliaia di Choctaw, Chickasaw, Creek e Seminole furono costretti a partire per l’Oklahoma. Praticamente nel 1930, il territorio a est del fiume Mississippi era “ripulito” dalla presenza degli indiani.
A quando risale la prima riserva indiana nel Nord America? La prima riserva fu costituita il primo agosto del 1758 dall’Assemblea Coloniale del New Jersey.
La guerra Creek fu istigata da Andrew Jackson (ancora lui!) che allora era Generale, nel tentativo di stroncare la resistenza dei nativi che difendevano a oltranza la loro terra. La nazione Creek fu infine sconfitta e con il trattato di Fort Jackson, i Creek persero due terzi delle loro terre tribali cioè circa 14 milioni di acri, la cessione di territorio più grande mai fatta nel sudest. Dal canto loro i bianchi per contare i nativi morti tagliavano i nasi ai cadaveri, arrivando ad ammucchiarne 557 e scuoiavano anche i corpi per trattarli come souvenir.
La fierezza tipica dei nativi emerse diverse volte nel tentativo di preservare la loro identità e il loro modo di vita. La battaglia combattuta nel giugno del 1876 a Little Big Horn in Montana tra una coalizione di Sioux e Cheyenne e l’esercito USA, vide la morte di un protagonista della passata Guerra Civile, il Colonnello George Armstrong Custer ed è da considerare la peggiore disfatta patita dall’esercito americano.
La battaglia in cui perse la vita Custer non fu l’unico, grave rovescio militare USA. Il massacro di Fetterman o battaglia dei cento uccisi (come era chiamata dagli indiani) ebbe luogo in Wyoming solo dieci anni prima.


Il massacro di Fetterman

Il tributo di sangue causato dalle ostilità pluriennali tra gli USA ed il Popolo Rosso fu assai alto. L’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti registrò nel 1894 ben 40 guerre indiane ufficiali a cui sono da aggiungersi centinaia di schermaglie tra i coloni che invadevano i territori indiani e i legittimi abitanti che li difendevano; circa 19.000 bianchi, tra uomini donne e bambini e 30.000 nativi trovarono complessivamente la morte durante gli anni di questa assurda contesa.
L’antagonismo tra le due etnie (preferiamo usare questo termine anzichè razze perchè la razza umana è una sola) aveva origini antiche in quanto il primo scontro sul suolo americano fu nell’inverno del 1540-41, durante la guerra del Tiguex tra l’esercito di Francisco Vasquez de Coronado e gli indiani Tiwa. Questo conflitto portò alla distruzione di numerosi villaggi lungo entrambe le rive del Rio Grande nel Nuovo Messico.
I bianchi furono fonte di guai per i nativi anche in forma indiretta. Nel 1834 un’epidemia di vaiolo sterminò la popolazione di un villaggio Mandan, che da 1600 persone passò a 130. Sempre a causa del vaiolo, due terzi della nazione dei Piedi Neri, composta da circa 6000 anime, andarono all’altro mondo. E pensare che prima dell’arrivo degli europei i nativi americani raramente si ammalavano. I coloni europei si portarono dietro “visitatori” ben tristi: morbillo, tifo, tubercolosi, scarlattina, tosse convulsa,vaiolo,difterite, varicella, influenza. Negli anni le epidemie uccisero milioni di persone ed in alcune zone tra l’80 ed il 90% della popolazione presente perse la vita.


L’epidemia di vaiolo tra i Mandan

C’erano comunque alcuni episodi in cui, anche se non in forma duratura , i rapporti tra indiani e bianchi erano improntati ad una normale collaborazione. E’ il caso ad esempio della colonia dei Padri Pellegrini di Plymouth nel Massachusetts che grazie agli indiani Wampanoag impararono a coltivare la terra; in cambio gli indiani ottennero fucili ed utensili in acciaio. I Pellegrini di Plymouth e i Wampanoag stipularono un trattato di pace nel 1621, uno dei primi tra le due etnie, anche grazie a Squanto, un nativo che parlava inglese. Molti anni dopo, però, le cose cambiarono radicalmente, purtroppo.
Il primo trattato federale promulgato con i nativi fu quello del 1787 con i Delaware.
Tra le varie angherie che i bianchi inflissero ai nativi non poteva mancare la schiavitù. Nel censimento del 1752, alcune famiglie francesi che vivevano nell’odierno Illinois possedevano circa 147 schiavi indiani, per la precisione 60 uomini e 87 donne. Nel 1820 oltre 20.000 nativi viveva sostanzialmente in schiavitù nelle missioni californiane.


Indiani ridotti in schiavitù

Ricordiamo, a tal proposito, che il primo censimento degli USA nel 1790 includeva gli schiavi e gli Afroamericani liberi, ma non gli indiani.
E dello sterminio dei bufali, ne vogliamo parlare? Da sempre risorsa fondamentale per i nativi, i bufali erano presenti nelle praterie tra Montana e Texas in un numero che si aggirava intorno ai 20 milioni. Per i cacciatori bianchi furono sufficienti appena quindici anni per sterminarli quasi tutti!


Una enorme catasta di teschi di bisonte

I nativi subirono anche conversioni forzate come nel 1513, in Florida, quando gli Spagnoli avevano cattturato un certo numero di Indiani per coltivare la terra, costringendoli, inoltre, a rinunciare alla loro religione e ad accettare il Cristianesimo.
Fu un bambino indiano ad essere protagonista del primo rapimento in America; ciò ebbe luogo quando degli esploratori italiani rapirono un piccolo nativo americano per portarlo in Francia nel luglio del 1524.
C’erano tra i 18 e i 20 milioni di Nativi Americani negli odierni USA prima che gli europei arrivassero in America. Secondo il censimento del 2010, 5,2 milioni di persone negli USA sono da considerarsi nativi americani e nativi alaskani, tenendo conto anche di mescolanze con altre etnie e rappresentano l’1,7% della intera popolazione statunitense. Sempre in base al predetto censimento, il 41% dei nativi vive negli USA occidentali; la più grande tribù è quella dei Cherokee, con 819.000 individui, seguiti dai Navajo, Choctaw, Indiani messicano-statunitensi, Chippewa, Sioux, Apache e Piedi Neri.
Nel vecchio West le maggiori tribù indiane cioè Cheyenne, Apache, Navajo, Comanche, Sioux e Piedi Neri vivevano nelle Grandi Pianure del Nord America, una vasta area che si stende dal fiume Mississippi a ovest del continente.
E’ la nazione Navajo la nazione indiana più popolosa degli USA.
In alcune città e persino in qualche villaggio vivevano fino a 50.000 persone. Un esempio è Cahokia nell’Illinois.
Secondo il censimento federale del 2010, ci sono 565 tribù indiane riconosciute a livello federale. Inoltre, ci sono almeno 100 tribù riconosciute dallo stato.
L’avreste mai creduto? Nonostante la stragrande maggioranza dei nativi viva oggi all’ovest, la città con la maggiore presenza indiana è New York City, seguita da Los Angeles in California,Phoenix in Arizona, Anchorage in Alaska e Albuquerque nel Nuovo Messico.
E’ la California ad avere la parte più cospicua sul suo suolo di Nativi Americani (14% della popolazione USA). Seguono Oklahoma, Arizona, Texas e New York.
Tutto cominciò davvero con Cristoforo Colombo? Pare proprio di no poichè i Vichinghi, in base a reperti archeologici, incontrarono i nativi americani circa 500 anni prima del nostro esploratore genovese e avevano scoperto l’America già nell’undicesimo secolo.


I Vichinghi sbarcano in terra americana

È vero che i primi nativi americani arrivarono dall’Asia attraverso lo Stretto di Bering? E’ quello che gli scienziati hanno creduto per molto tempo quando affermavano che i primi abitanti dell’America erano emigrati dal continente asiatico 13.000 anni fa durante l’era glaciale. Successive scoperte hanno portato alla luce tracce, nel Texas centrale, vecchie di circa 15.500 anni relative a popolazioni precedenti. Queste scoperte mettono in dubbio la teoria dello Stretto di Bering che non poteva aver consentito l’immigrazione di popoli asiatici in quanto il suddetto ponte continentale sarebbe stato impraticabile in quell’epoca.
Antiche tradizioni orali narrano che i Nativi Americani hanno abitato il cosiddetto Nuovo Mondo da sempre. In ogni caso i Nativi hanno occupato il Nord America molto più a lungo di quanto non abbiano fatto gli abitanti dell’Inghilterra, presenti nell’isola del Mar del Nord da 12-15.000 anni o gli europei del nord che abitano il Vecchio Continente “solo” da 10.000 anni.
Gli storici ritengono che la Costituzione USA fosse in parte ispirata alla Grande Legge della Pace, cioè la Costituzione della Federazione Irochese. Ci sono voluti 2 secoli prima che il Congresso USA passasse una risoluzione per riconoscere l’influenza dalla Lega Irochese sulla Costituzione statunitense e la Carta dei Diritti.
Sembra che gli indiani siano stati i produttori del cotone piu’ antico trovato sino ad oggi. Anche qui, ovviamente, è complice l’archeologia che ha scoperto in alcune caverne del Mexico vestiti in cotone vecchi di 8.000 annni!
Sapete a chi si deve la colorazione delle uniforme rosse usate dagli inglesi durante la Rivoluzione Americana? Ma sempre agli indiani! Infatti i nativi americani svilupparono un procedimento attraverso il quale ricavarono un colorante rosso da cocciniglie (essicate), parassiti del cactus. Nel sedicesimo secolo questo colorante divenne un’importante merce di esportazione riscuotendo un notevole successo in Europa.
Il cavallo rivestì un’importanza notevole per i primi abitanti del Nuovo Mondo. Portati in America dagli Spagnoli nel 17° secolo, molti degli equini fuggirono nelle zone che corrispondono agli attuali USA sud-occidentali. Gli indiani compresero subito l’importanza di questi animali che i pellerossa cavalcavano senza sella. I cavalli divennero fondamentali nella caccia al bisonte e nei combattimenti.
Certamente tutti ormai sapranno che gli Indiani furono delle formidabili guide per gli europei che esploravano l’America. Le loro piste furono di aiuto ai migranti e sulle stesse sorsero in seguito le ferrovie.
I nativi non conoscevano però la ruota e non avevano veicoli veri e propri. Usavano il travois che la maggior parte di noi ha visto per la prima volta al cinema trasportare Trinità, alias Terence Hill. Questo arnese era una specia di treggia con due stanghe attaccate ai fianchi dell’animale e unite da un semplice asse trasversale. Prima che arrivasse il cavallo, i travois, ovviamente più piccoli, potevano essere trainati anche da un cane. Il travois faceva molto comodo per portare beni di varia necessità mentre si seguivano le mandrie di bisonti.
I nativi furono i primi a preparare lo sciroppo d’acero e il loro metodo si usa ancor oggi.
Ancora una notizia sui Cherokee. Per i Cherokee le donne erano importanti. La loro società era matrilineare a differenza della nostra. Questo comportava che le donne ricoprivano ruoli da vere e proprie leader. La maggior posizione a cui una donna Cherokee poteva ambire era quella di “Ghigau” che significa Donna Amata oppure Donna Guerriera, titolo che si riconosceva alle donne valorose in battaglia.
Gli indiani erano anche valenti ingegneri. Nella stessa epoca in cui l’Impero Romano era in declino, gli HohoKam costruirono il più grande canale di irrigazione del Nord America dando vita inoltre alla rete più complessa e sofisticata creata in un periodo preindustriale, attraverso la realizzazione di 1.100 km di canali in Arizona tra gli anni 600 e 1450.
I nativi non potevano non essere anche agricoltori coltivando e sviluppando piante molto importanti anche per noi oggi: cotone, gomma, patate bianche dolci,tabacco, cioccolato, arachidi, fagioli, mais. Furono gli inventori del popcorn.
Gli indiani furono grandi sportivi: canottaggio,ciaspolate,slittino, lacrosse, staffetta, braccio di ferro e giochi con la palla furono tutte attività con le quali i primi abitanti del Nuovo Mondo si cimentarono e si divertivano allora come oggi. La parola Toboggan da cui deriva il nostro termine “slittino” viene dalla parola Algonchina “odabaggan”. Il toboggan fu inventato dai nativi nelle terre orientali degli USA per trasportare la cacciagione sulla neve.
Anche gruppi moderni come i boy scout e le Coccinelle hanno adottato programmi basati sulla tradizione indiana e la vita all’aperto.
I Nativi Americani producevano anche birra di radice, ricavandola dal sassofrasso, precorritrice delle moderne cole ed altre bevande popolari. Durante il periodo coloniale la birra di radice fece la sua comparsa insieme alla birra Ginger, la birra Birch e la birra Sarsaparilla.
Gli indiani ebbero a che fare anche con personaggi tipici del West: i commercianti di pellicce. Purtroppo anche costoro causarono gravi problemi ai nativi in quanto i racconti dei commercianti stimolarono altra gente meno raccomandabile a muoversi verso ovest . Costoro inizialmente erano mossi dal desiderio di esplorare, desiderio, purtroppo, che si traduceva ben presto nell’avidita’ per le terre degli indiani.
Qualcuno aveva un problema di salute? Beh, c’erano gli indiani, no? Pensate solo all’anestesia , chi pensate l’abbia inventata? I dottori bianchi immigrati non erano al corrente di tecniche anestetiche almeno fino alla metà del 19° secolo. Prima delle operazioni chirurgiche il paziente veniva sedato con l’alcool oppure mandato k.o. con qualche pugno ben assestato. Per indurre il paziente in uno stato di totale o parziale perdita di conoscenza, l’indiano,invece, usava coca, datura, peyote ed altre piante del genere.
Alcune notizie flash:
nel 1967 un gruppo di attivisti del Potere Rosso occupò l’isola di Alcatraz in California.
Il vice del Presidente USA Hoover, Charles Curtis, era di origine indiana esattamente della tribù Kanza conosciuta anche come Kaw e trascorse i primi anni di vita nella riserva della omonima tribù a Council Grove nel Kansas.
La baita si ispira direttamente ad una costruzione tipica degli indiani d’America.
Gradite un’altra curiosita? Eccola pronta: molti siti dove sorgevano una volta vecchi villaggi indiani avevano una ubicazione davvero invidiabile. Localizzati vicino a vie fluviale o antiche piste divennero, via via che i pionieri si spostavano verso ovest, prima piccoli villaggi e poi grandi città. Hanno avuto questa genesi località come Chicago (Illinois), Detroit (Michigan), St.Louis (Missouri), Kansas City (Kansas), Pittsburgh (Pennsilvanya), Pocatello (Idaho) e molte altre.
Poteva mancare un cenno alle misteriose e affascinanti lingue dei nativi americani?
Eccovi una lista di parole: barbecue, cannibale, caribù, scoiattolo, cioccolato, puma, amaca, uragano, mogano, alce, opossum, patata, puzzola, squash, toboga e marmotta. Tutti questi termini sono di origine indiana e sono entrati a far parte del vocabolario inglese ed anche del nostro. Negli Stati Uniti, la lingua Navajo è la lingua indiana più parlata negli USA e conta al giorno d’oggi circa 200.000 parlanti. Ci sono circa 296 lingue indiane parlate (o che si parlavano fino a qualche tempo fa) a nord del Mexico. Centinaia di altre sono scomparse.
Famosissimo è il linguaggio fatto di segni con i quali i nativi comunicavano con gli esploratori e commercianti.


Il linguaggio dei segni

Sono 150 invece le lingue dei nativi americani che si parlano negli USA e nel Canada.
Durante la seconda guerra mondiale, i giapponesi vennero alle prese con un enigma di cui non vennero mai a capo: decifrare i messaggi del nemico. L’esercito U.S.A. si avvaleva, infatti, di un gruppo di volontari Navajo che comunicavano importanti notizie tramite le loro radio da campo usando il proprio linguaggio nativo!
Piu’ del 50% degli stati del nord America ha un nome derivato da termini presi in prestito dai nativi; ventisette nomi di stati hanno una derivazione indiana di cui ci è giunto anche il significato come Utah, nome che proviene dalla tribu’ Ute; Kentucky che significa campo coltivato secondo il linguaggio irochese, Kansas derivante dalla tribu’ Kanza (Kaw) e tanti altri.
Ricordiamo,inoltre, che i Cherokee avevano un linguaggio scritto da prima che gli Europei arrivassero sul continente.
I nativi americani hanno sempre reso l’idea di gente libera, forte, indipendente e che non teme niente e nessuno. Eppure anche loro hanno sentito l’esigenza di inchinarsi di fronte ad un essere ultraterreno.
I popoli indigeni del nordovest pensavano che il totem era un dono del Corvo, il loro eroe culturale. I totem erano anche usati come stemmi di famiglia attraverso il quale si comunicava agli altri la propria discendenza di solito da animali quali l’orso, il corvo, il lupo, il salmone e l’ orca assassina.
Gli indiani davano molta importanza ai sogni e alle visioni, ritenuti lo strumento usato dagli dei per comunicare con gli uomini. Perciò i nativi, e tra loro specialmente gli sciamani, cercavano di entrare in contatto con gli dei del loro pantheon attraverso riti speciali, danze magiche e cerimonie.
Ma chi erano esattamente le divinità dei nativi?
Qualcuno adorava il Sole altri la Dea della Morte; c’è chi credeva anche in un dio senza forma e, soprattutto, onnipotente: il suo nome era Manitù.