- www.farwest.it - https://www.farwest.it -

Patrick Cleburne, soldato esemplare

A cura di Angelo D’Ambra

Dei primi anni di vita del maggiore generale Patrick Ronayne Cleburne si sa poco. Nacque in Irlanda, ad Ovens, nella contea di Cork. Respinto all’esame di ammissione al Trinity College of Medicine nel 1846, si arruolò 41° reggimento di fanteria dell’esercito britannico e ne divenne caporale. Tre anni dopo si congedò ed emigrò negli Stati Uniti con due fratelli ed una sorella. Visse in Ohio e poi si stabilì a Helena, in Arkansas, come farmacista. In quegli anni fece amicizia con Thomas C. Hindman e si sa che insieme ebbero un alterco con alcuni appartenenti al Know-Nothing Party, riportando ferite in uno scontro.
Migrarono in Mississipi, dove Cleburne si dedicò all’avvocatura. Quando esplose la crisi tra Nord e Sud, senza esitazione fece la sua scelta per la Confederazione. Non lo animarono interessi per la schiavitù, ma un legame alla terra ed al popolo che lo aveva adottato come un proprio figlio.
Si arruolò come soldato semplice nella milizia locale (Yell Rifles), successivamente fu nominato capitano della sua compagnia, poco dopo divenne colonnello del suo reggimento. Fu tra i protagonista della presa del Little Rock Arsenal, costringendo alla resa il capitano James Totten che ne aveva preso il controllo perché il popolo dell’Arkansas stava pensando di lasciare l’Unione. Quando l’Arkansas lasciò effettivamente l’Unione, gli Yell Rifles entrarono a far parte del 1st Arkansas Infantry, sotto William Hardee, per poi unirsi all’Army of Central Kentucky di Albert Sidney Johnston come 15th Arkansas.
Cleburne si distinse sempre per il suo coraggio e per capacità che sembravano naturali, ma sicuramente erano il frutto di quanto appreso nell’esercito britannico. Queste qualità gli assicurarono la promozione a generale di brigata.


Un ritratto di Patrick Cleburne

Fu un importante protagonista della battaglia di Shiloh, guidando una divisione sul lato sinistro della linea confederata, così come dell’assedio di Corinth. Sebbene l’Unione avesse vinto in entrambe le circostanze, costringendo i confederati ad una completa ritirata, Cleburne aveva mostrato coraggio e talento.
All’inizio della campagna del Kentucky, ideata dal generale Bragg, la sua brigata fu unita alla colonna di Kirby Smith, che, partendo da Knoxville, Tennessee, doveva penetrare nel Kentucky attraverso Cumberland Gap, e accorparsi all’esercito principale che si spostava da Chattanooga al Kentucky. Cleburne dovette sostenere dei combattimenti a Richmond, in Kentucky, già alla sua prima gestione di un comando indipendente, e la vittoria, per numero di prigionieri, equipaggiamenti e provviste sottratte al nemico, si rivelò una delle più complete della guerra. In quello scontro un proiettile gli attraversò la bocca mentre stava dando i comandi alle sue truppe, uscendo dalla guancia sinistra e portandogli via cinque denti. Questa ferita non gli impedì di prendere parte alla battaglia di Perryville dell’8 ottobre successivo, dove fu ancora colpito, stavolta alla caviglia, dopo che il suo cavallo era stato abbattuto. Nonostante tutto guidò l’avanzata delle sue truppe, sfidando addirittura il fuoco amico. Al termine della campagna fu promosso al comando di divisione e prestò servizio nella battaglia di Stones River, in cui si distinse in un’operazione che spazzò via ogni resistenza nemica, mise in rotta l’ala destra dell’Unione, incalzata da un’avanzata di tre miglia, costringendola a ritornare al Nashville Pike, sua ultima linea di difesa. Ciò gli valse la promozione a maggior generale.
Tutti riconobbero le sue doti straordinarie ed il carattere forte che lo contraddistingueva. Si diceva che “amava i suoi amici e odiava i suoi nemici, ma prega per le loro anime”. Di bella presenza, alto più di un metro e ottanta, con gli occhi grigio-azzurri, mantenne sempre un forte accento irlandese, ma non fu mai cattolico. A differenza della maggioranza degli irlandesi che arrivarono in America, seguiva la Chiesa episcopale e con grande devozione. Politicamente la sua visione era di un whig e si era unito ai democratici solo quando i whig passarono al Know Nothing Party che sosteneva, oltre all’abolizione della schiavitù, un odio profondo verso gli irlandesi.


Patrick Cleburne alla battaglia di Franklin

Se fosse o meno a favore dello schiavismo lo intuiamo da una lettera che scrisse il 7 maggio 1861: “Sono con il Sud in vita o in morte, in vittoria o in sconfitta. Non ho mai posseduto un negro e non mi importava nulla di loro, ma queste persone sono state mie amiche e mi hanno appoggiato in tutte le occasioni. Credo che il Nord stia per scatenare una guerra brutale ed empia contro un popolo che non gli ha fatto del male, in violazione della costituzione e dei principi fondamentali del governo… Stanno per invadere le nostre case pacifiche, distruggere le nostre proprietà, inaugurare un’insurrezione schiavista, uccidere i nostri uomini e disonorare le nostre donne. Non proponiamo nessuna invasione del Nord, nessun attacco contro di loro, e chiediamo solo di essere lasciati in pace”.
Come militare, Cleburne si distinse sempre per la sua capacità di tenere la posizione e sventare i movimenti nemici. Mostrò il suo ardore nella battaglia di Chickamauga dove il generale Bragg poté sconfiggere e mettere in rotta l’esercito di Rosecrans; giocò un ruolo importante anche nella battaglia di Missionary Ridge, resistendo all’unità, superiore in forze, del generale Sherman; fu fondamentale anche per proteggere la ritirata dell’Armata del Tennessee dopo la battaglia di Ringgold Gap. Così si guadagnò il soprannome di “Stonewall of the West” e Robert E. Lee lo definì “una meteora che brilla nel cielo nuvoloso”.
Intanto, terminarono i previsti tre anni di servizio e la maggior parte della divisione di Cleburne, composta da arkansani e texani, era pronta a tornare a casa. Avevano vissuto separati dalle loro case dal fiume Mississippi, pattugliato dalle cannoniere federali, e non avevano notizie delle loro famiglie, nessuno aveva la certezza che le proprie mogli e i propri bambini fossero ancora vivi, in buona salute e con un tetto. Consapevole di chiedere loro un enorme sacrificio, Cleburne fece appello ai suoi uomini come compagni, come un soldato loro pari, affinché rinunciassero ad abbandonare la guerra. Le sue parole furono così toccanti ed il suo esempio così integro che le compagnie non si sciolsero.
Il problema degli arruolamenti, però, restava. Alla fine del 1863, col Sud che oramai era chiaramente in difficoltà, Cleburne propugnò l’idea di concedere la libertà agli schiavi che avessero scelto d’impugnare le armi contro l’Unione. Era un modo per rimpolpare l’esercito. Chissà se la mossa avrebbe funzionato! Propose di armare gli schiavi ed emancipare loro e le loro famiglie per impinguare le fila dell’esercito ed anche per rispondere all’opinione pubblica internazionale. Il Nord aveva emesso la proclamazione di emancipazione nel gennaio del 1863 e tutti gli schiavi del Sud sapevano che lasciando le piantagioni e finendo a combattere col Nord, si sarebbero guadagnati la libertà e magari pure un pezzo di terra. Il Sud poteva assumere una posizione simile, ma non lo fece.


Patrick Cleburne a cavallo

Durante l’estate del 1864, Cleburne fu impegnato nella Campagna di Atlanta. A New Hope Church, il 27 maggio, formò la destra dell’esercito su due linee, la prima trincerata, respingendo il Quarto Corpo federale dopo un ostinato combattimento di un’ora e mezza. La mattina del 27 giugno, a Kenesaw, respinse l’assalto del generale Frank P. Blair Jr., ed ancora, il giorno 21 luglio, dovette opporsi al tentativo di un corpo nemico di aggirare sulla destra i confederati e penetrare ad Atlanta. La posizione fu mantenuta, il nemico respinto ed Atlanta restò ancora salva.
Seguì l’Armata del Tennessee in marcia nell’autunno-inverno di quell’anno sino alla battaglia di Franklin, sotto il comando del generale John Bell Hood. In questa Clebrun, il giorno 30 novembre, morì.
Hood pianificò un assalto alle posizioni ben fortificate delle truppe dell’Unione, anche se non aveva il supporto dell’artiglieria. Cleburne gli consigliò di non sacrificare migliaia di soldati in un modo così insensato. Non fu ascoltato. La battaglia iniziò con un enorme spargimento di sangue. Lui chiarì ai suoi uomini l’importanza di prendere a tutti i costi la posizione che era stata loro indicata. Per incoraggiarli li condusse di persona nei fossati ed è qui che cadde trafitto da una ventina di proiettili. Aveva 37 anni.