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La morte di Emiliano Zapata – Rivoluzione Messicana

A cura di Angelo D’Ambra

Sulla morte del rivoluzionario circolarono da subito diverse storie romantiche sebbene il cadavere fosse stato esposto pubblicamente. Ci fu chi disse che il defunto non aveva il neo sulla guancia destra che, invece, Zapata aveva. Ci fu chi disse che aveva tutte le dita della mano destra, mentre Zapata non aveva il mignolo, perso mentre praticava la charrería. Nacquero leggende, impossibili fantasie, misteri moltiplicati dalla storiografia.
Molti ritennero che l’uomo morto non fosse Zapata, ma un suo sosia di cui il generale si serviva in situazioni di pericolo.
Una tradizione orale vuole anche Zapata fuggito su un cavallo bianco e che in seguito si sia trasferito in Arabia. La verità è che in molti stentarono a credere che il grande rivoluzionario potesse d’un tratto morire, ingannato, imbrogliato, tradito come un uomo comune.
La triste verità è che il Caudillo del Sur morì a seguito di un vergognoso raggiro. Fu costruita per lui una trappola abietta, una macchinazione, una imboscata infame un membro dell’esercito costituzionalista finse di volersi unire all’Esercito di Liberazione del Sud e lo attirò in un agguato.
Si chiamava Jesús Gajardo, “el demonio de los ojos verdes”. Era nato a Candela, Coahuila il 29 agosto 1893, figlio di Juan José Guajardo Tijerina e María Martínez Barreda. Aveva studiato al Colegio Civil di Monterrey e, entrato a far parte dell’esercito costituzionalista, sotto le bandiere di Venustiano Carranza, aveva raggiunto il grado di colonnello per i suoi meriti. Tra questi, la spietata uccisione di 180 campesinos di Tlaltizapán che non avevano pagato le tasse.
Nel 1919 ricevette l’ordine dal suo generale, Pablo González Garza, di assassinare Emiliano Zapata. Doveva spacciarsi per un carranzista pentito divenuto sostenitore del movimento “Tierra y Libertad” ed avvicinarsi al rivoluzionario per poterlo ammazzare. Gli furono pure affidati circa 500 uomini del 50° battaglione di Garza.

Non fu facile. Quando l’uomo di Carranza si presentò al Caudillo del Sur, questi gli chiese una prova di lealtà, gli ordinò di attaccare la Plaza de Jonacatepec, un comune nello stato di Morelos. Diffidando di lui, volle assistere all’azione dall’alto del Peñón de Jantetelco.
Guajardo, con la folle complicità di Garza e Carranza, uccise cinquanta soldati federali. Così, si guadagnò la fiducia dei rivoluzionari.
Zapata, ricevuta la notizia della vittoria di Plaza de Jonacatepec, seguito dal suo Stato Maggiore e dalla sua scorta, scese dal Peñón e si recò nel municipio. Vi restò per un giorno, in compagnia di Guajardo che offri agli zapatisti le armi e l’equipaggiamento tolti ai federali uccisi. Infine, Zapata si diresse a Petlalcingo, Puebla, dove aveva il suo accampamento. L’unione si era consolidata. Guajardo era entrato nell’esercito zapatista.
Il 10 aprile, invitò Zapata a bere qualche birra all’Hacienda de Chinameca, Morelos. Zapata accettò e promise di partecipare a mezzogiorno insieme ad alcuni dei suoi generali. Immediatamente il colonnello costituzionalista si mise al lavoro per preparare l’assassinio.
I primi a presentarsi a lui furono i generali zapatisti, Castrejón e Amole, giunti per accertarsi che non ci fossero problemi. Trovarono un tavolo, con bottiglie di birra e brandy e bevvero con Guajardo come vecchi amici.
Erano ancora lì quando arrivò Zapata, alle quattro del pomeriggio.
Il generale aveva lasciato il suo accampamento alla periferia dell’hacienda e si era avvicinato accompagnato solo da una scorta di dieci uomini, dal suo segretario, Feliciano Palacios e dal nipote Maurillo. Mentre attraversavano l’ingresso, un inserviente suonò la chiamata agli onori con la sua tromba.
Questo era il segnale convenuto coi traditori. I costituzionalisti nascosti sui tetti aprirono il fuoco.
Castrejón e Amole provarono subito a rispondere, ma furono trafitti dai proiettili dello stesso Guajardo.
Zapata riuscì anche ad estrarre la sua pistola, ma un colpo ben diretto gliela tolse di mano. Poco dopo cadde morto, mentre i costituzionalisti continuarono a far fuoco sul suo corpo. Sul cadavere si contarono più di venti colpi.
Palacios, cadde ferito a morte, come i generali Manuel de Palafox, secondo in capo del movimento zapatista, Pedro Amoles, membro dello stato maggiore, e Maurilio Mejía.
Zapata, era scappato a molte imboscate ed aveva mostrato sempre grande intuito prevenendo tradimenti che nessuno sospettava, ma stavolta non andò così. Nelle pagine di El Universal dell’11 aprile 1919 si cita: “Le truppe del generale Pablo González hanno ottenuto un successo nella loro campagna contro la guerriglia. I soldati del colonnello Jesús Guajardo, facendo credere al nemico di ribellarsi al governo, hanno raggiunto l’accampamento di Emiliano Zapata, che fu sorpreso, sconfiggendolo e uccidendolo. Il suo corpo è stato portato oggi in questa città (Cuautla)”.
Carranza ricevette questo telegramma: “Con somma soddisfazione ho l’onore di informarvi che a quest’ora (21.30) il colonnello Guajardo è appena arrivato in questa città con le sue forze, portando il cadavere di Emiliano Zapata che per tanti anni è stato il capo della Rivoluzione del Sud e la bandiera dell’irriducibile ribellione di questa regione”.
Fu iniettato del siero al cadavere perché non si decomponesse con naturalezza e poi fu esposto al pubblico per due giorni in Plaza de Cuautla. Più di tremila persone poterono vederlo.
Non pochi si rifiutarono di riconoscere la sua morte. Diffusero la voce che era fuggito ad Acapulco per salpare per l’Arabia. Altri lo videro nei giorni seguenti vagare di notte per Anenecuilco, la sua città natale, ma molti suoi vecchi compagni d’armi e persone a lui vicine identificarono il cadavere.

Fu portato a Tlaltizapán per essere sepolto nel monumento che lo stesso Zapata vi aveva eretto per custodire le spoglie di coloro che firmarono il Piano di Ayala. Il 12 aprile 1919, però, fu ordinato di seppellire il corpo del guerrigliero nel pantheon della città di Cuautla. La bara fu portata sulle spalle da diversi prigionieri zapatisti. Dietro c’erano i generali Pablo González, Jesús Novoa e Pilar. R Sánchez. Facevano parte del corteo funebre anche Antenore Sala, Juan Sarabia, i tenenti colonnelli, Antonio L. Cano ed Eutelio Hernández. La sepoltura si svolse alle 17:10, alla presenza silenziosa di gran parte dei residenti di Morelos.
Nel 10 aprile 1932, i resti furono riesumati per essere traslati in una statua in suo onore nella Plaza Revolución del Sur.
La morte di Emiliano Zapata è stata dunque un omicidio, che si basava sull’inganno come unico strumento possibile per sconfiggere il grande movimento popolare che il rivoluzionario aveva suscitato.
Dopo aver compiuto l’omicidio, Guajardo fu promosso ed ottenne una ricompensa di cinquantamila pesos in monete d’oro per ordine diretto di Venustiano Carranza.
Appena questi cadde, prese le armi contro il nuovo presidente, Adolfo de la Huerta, alleato dei zapatisti. Fu allora catturato e fucilato a Monterrey il 17 luglio 1920. La sua morte fu accolta come vendetta.