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Jacob Miller, il soldato della guerra civile che sopravvisse a una pallottola in fronte

A cura di Paolo Scanabucci

Un ritratto di Jacob Miller
La vita di ogni essere umano è appesa ad un filo fin dal momento della nascita – diceva una volta qualcuno – e questo era particolarmente vero nel vecchio West.
Anche la semplice, ma al contempo molto profonda, frase dei nativi americani “E’ un buon giorno per morire” rendeva e rende tuttora perfettamente l’idea che su questa terra siamo tutti di passaggio.
Ecco perché quando incontriamo un personaggio che ha avuto praticamente un piede nell’oltretomba e poi viene miracolosamente… “restituito” alla vita siamo inevitabilmente colti da un grande stupore.
Il contesto nel quale opera il nostro protagonista, tale Jacob Miller, è la grande battaglia di Chickamauga del settembre 1863 che fu una rovinosa sconfitta per i nordisti.
Arruolato nelle file dell’Unione, la mattina del 19 settembre del ’63  Miller , durante la battaglia, si beccò una palla in fronte e cadde come morto.  Il proiettile gli fece un buco in testa e arrivò fino al cervello permettendo ai dottori che lo avrebbero in seguito visitato di vedere le pulsazioni dell’organo stesso.


La battaglia di Chickamauga

Miller, originario di Logansport, che serviva la Compagnia K del  9° Fanteria dell’Indiana, era un tipo coriaceo, duro a morire nel vero senso del termine.
Considerato spacciato  dai suoi commilitoni, quando riprese i sensi il nostro eroe scoprì di essere rimasto solo e soprattutto… dietro le linee confederate!
Cadere prigioniero dei sudisti era l’ultima cosa che avrebbe voluto pertanto, usando il suo fucile come un bastone, cerco di aggirare le linee nemiche per ricongiungersi ai suoi.
Probabilmente fu aiutato anche dal fatto di essere  talmente coperto di sangue che  i confederati che incontrò nel suo incredibile viaggio verso la salvezza non lo riconobbero come nemico; perfino il suo maggiore, una volta raggiunti i nordisti, stentò a riconoscerlo.
Percorrendo una strada secondaria Jacob si  era avvvicinato a Lafayette Pike. La testa gli faceva male e la ferita gli si era talmente gonfiata che per vedere la strada ed andare avanti doveva sforzarsi di sollevare la palpebra del suo occhio destro con il dito.
Alla fine si sentì così esausto che si sdraiò sul ciglio della strada. Fu soccorso da alcuni barellieri che lo trasportarono presso l’ospedale da campo adagiandolo in terra sotto una tenda.  Un’ infermiera gli prestò le prime cure, fasciò la ferita  con una benda bagnata e gli consegnò una borraccia piena d’acqua.
Le pene del povero soldato yankee, però, non erano terminate in quanto fu portato in sala operatoria ma i dottori, dopo averlo esaminato, conclusero che Jacob era ormai spacciato e fu riportato alla tenda: non è difficile immaginare quale fosse il suo stato d’animo!
Il soldato Miller riuscì a stento a dormire;  il mattino dopo il pover’uomo subi’ un altro duro colpo in quanto i medici fecero la lista dei feriti  da portare all’ospedale di Chattanoga ma lui non era incluso in quanto giudicato troppo grave per essere trasportato e pertanto doveva rimanere dove si trovava.


Jacob Miller in divisa militare

I sanitari provarono goffamente a consolarlo dicendogli che, nel caso l’esercito avesse dovuto ritirarsi cedendo terreno e conseguentemente facendo cadere Miller nelle mani dei sudisti, lui avrebbe potuto comunque essere oggetto di un successivo scambio di prigionieri.
Già sappiamo come la pensava il nostro eroe a tal riguardo pertanto Jacob si allontanò anche dal campo nordista nascondendosi dietro due carri vicino alla strada; per orientarsi Jacob doveva sempre alzare la palpebra con un dito. Così il soldato del Nord si allontanò dai fragori della battaglia continuando, con sforzi sovrumani, il suo penoso viaggio verso una guarigione che diventava sempre più improbabile.
Era però evidente che Miller aveva fede nella sua  salvezza perchè continuava a tenere duro e a non mollare nemmeno quando andò a sbattere violentemente contro un ramo basso.
Il colpo lo fece cadere e dovette faticare non poco per ritrovare l’orientamento e la forza di andare avanti.  Dopo un poco fu di nuovo costretto a sdraiarsi sul ciglio della strada perchè non ce la faceva piu’. Gli venne in soccorso uno dei carri che trasportavano i feriti a Chattanoga nel Tennessee. Anche il guidatore di questo carro, come di tutti gli altri che Miller aveva incontrato, gli chiese con cinica ironia se fosse ancora vivo ma quest’ultimo lo prese finalmente a bordo: uno dei feriti era morto e quindi si era liberato un posto!.
A questo punto il soldato dell’Unione perse i sensi. Ritornò in se il lunedi’ 21 settembre in un immenso edificio pieno zeppo di umanità sofferente. Qui, mentre si era seduto per bagnarsi la ferita con l’acqua che gli aveva dato l’infermiera, senti’ due soldati parlare proprio di lui: Jacob li riconobbe subito, erano della sua compagnia!!!
Quando videro Miller i due non riuscivano a credere ai loro occhi perchè,appunto, lo avevano dato per morto nel campo di battaglia.
Mentre i tre parlavano tra loro arrivò un ordine in base al quale tutti i feriti in grado di camminare dovevano attraversare il locale fiume tramite una struttura galleggiante e atttendere i carri che li avrebbero portati all’ospedale di Chattanooga.
Miller sentì di potercela fare e  chiese aiuto ai suoi due compagni in quanto il problema per lui in quel momento non erano le gambe ma la vista.
Il terzetto dunque si incamminò solo per scoprire che la struttura galleggiante era occupata da una lunga fila di soldati e di artigleria in quanto i federali si stavano ritirando.
Una volta attraversato il fiume incontrarono il loro capo carovana e si fermarono con lui a cenare. Per Jacob fu il primo pasto dopo due giorni, cioè da quando era stato ferito. 
Il giorno dopo, martedì 22 settembre  consumarono una colazione con caffe’, gallette e carne grassa; mentre mangiavano, un portantino di passaggio chiese loro se erano feriti e indicò loro dove trovare un medico. Era la prima volta che Jacob poteva farsi medicare la ferita da un chirurgo anche se dovette aspettare fino a mezzogiorno.
Dopo aver rimediato un altro poco da mangiare e perfino un pezzo di sapone, i tre vennero fatti salire su un carro dell’esercito trainato da quattro muli con l’obiettivo di  prendere poi il treno per Nashville sempre nel Tennessee.
Anche il viaggio nel carro si rivelò problematico per Jacob che, a causa degli scossoni, fu costretto a scendere, sempre seguito dai suoi due amici. I tre fecero un viaggio a piedi di circa 60 miglia per raggiungere Bridgeport e prendere finalmente il treno per Nashville; inoltre durante il viaggio Jacob scoprì che ora ci vedeva regolarmente e non doveva piu’ aiutarsi con il dito per sollevare le palpebre.
Un treno merci portò il terzetto a Nashville. Il povero Miller aveva ormai perso la cognizione del tempo e dello spazio. Si ricordò bene comunque che una volta giunto all’ospedale di Nashville fu spogliato e messo in una vasca di acqua calda.
Altre prove attendevano il valoroso Jacob Miller. Infatti dopo un pò di tempo fu trasferito a Louisville nel Kentucky poi a New Albany nell’Indiana. In ogni ospedale Jacob pregava i medici di operarlo ma otteneva solo dei secchi rifiuti.
Il soldato unionista visse un calvario di nove mesi circa quando, ottenuta una licenza, se ne tornò nella sua Logansport nell’Indiana.


Jacob Miller, disteso su un lettuccio di un ospedale da campo

Qui i dottori Fitch e Colman gli estrassero il proiettile e qualche giorno dopo l’operazione venne ricoverato all’Ospedale di Madison dove rimase fino alla fine del periodo di arruolamento cioè fino al 17 settembre 1864.
Questa testimonianza, che a qualcuno potrà sembrare un racconto dell’orrore e ad altri un tenace viaggio verso la speranza, venne resa dallo stesso Miller a Joliet, un giornale dell’Illinois, nel 1911.
In questa intervista si legge che i medici che operarono Miller riuscirono ad estrargli sono una parte di ciò che aveva procurato la ferita:  dopo 17 anni dall’episodio, dal buco che aveva in testa cadde un pallettone e trent’anni dopo ,la ferita restitui’ alcuni pezzi di piombo.
A chi gli chiedeva come mai avesse potuto ricordarsi in maniera così dettagliata di quanto capitatogli, Miller rispondeva in maniera umile e per niente rancorosa.
“Non ho rilasciato l’intervista perchè ce l’ho con qualcuno – diceva il brav’uomo – anzi il Governo è stato buono con me, mi ha concesso una pensione mensile di 40 dollari.”
Bisogna sottolineare che prima che la ferita si fosse liberata di tutti i corpi estranei, Miller soffriva di incredibili mal di testa che gli davano tregua solo quando era addormentato.


Jacob Miller in età avanzata

Talvolta il dolore era tale da lasciarlo in stato confusionale a volte per 2 settimane. Altre volte addirittura il povero Jacob pensava ancora di essere in guerra e metteva il bastone sopra la spalla a mo’ di moschetto, andando su e giu’ come se dovesse presidiare la zona.
Questi fenomeni  cessarono del tutto solo quando i proiettili e quant’altro furono espulsi dalla ferita.
Ecco perchè il buon Miller rispondeva invariabilmente a tutti: “Non potrò mai dimenticare la mia storia perchè ce l’ho impressa bene nella mia testa”.
Non c’è che dire, questa risposta fu quanto mai appropriata!