Gli Appaloosa ed i Nez Perce
A cura di Lorenzo Barruscotto
Un Nez Perce a cavallo del suo Appaloosa
Gli Appaloosa sono una razza equina avente una storia piuttosto antica: quantunque per come li conosciamo oggigiorno abbiano una classica per così dire “impronta western”, questi cavalli posseggono progenitori eminenti. Secondo alcune fonti venivano già rappresentati quadrupedi dal manto maculato, per alcuni studiosi antenati di questi cavalli, in pitture rupestri risalenti a migliaia di anni fa (come nelle grotte di Lasxaux e Peche-Mafie in Francia datate 18000 anni avanti Cristo). Ci sono prove che civiltà quali Persiani, Cinesi e Greci conoscessero tale tipologia di mantello ed appaiono raffigurati perfino in codici miniati o in affreschi di chiese e palazzi nobiliari del Medioevo.
Il cavallo maculato fu esportato dall’Austria e dalla Spagna nel Nuovo Mondo seguendo i primi colonizzatori. Sebbene alle popolazioni locali fosse proibito cavalcare, inevitabilmente queste ultime vennero a contatto con quegli esemplari ed impararono a gestirli.
Nel 1680 gli schiavi dei villaggi conquistati in Messico cacciarono gli Spagnoli e si appropriarono del loro bestiame. Attraverso il commercio e lo scambio con le tribù delle grandi pianure tali razze si diffusero lentamente anche verso il nord America.
Gli Shoshoni furono tra i principali acquirenti e ne divennero a loro volta commercianti.
Ma una tribù, anzi una nazione indiana, in particolare associò il proprio nome alla bellezza ed alla singolarità di quei particolari cavalli ed iniziò a comprarli (o rubarli, era una pratica diffusa presso i pellerossa, non bisogna decontestualizzare la cosa): i Nez Percé.
Era la prima volta che vedevano “un animale grande come un cervo, che mangiava erba e che era usato per il trasporto”. Nel giro di una ventina d’anni impararono a governarli completamente. Inoltre attuarono una rigida selezione riproduttiva che privilegiava gli esemplari più atletici, forti e veloci utilizzati per la caccia (anche al bisonte se necessario nonostante i Nasi Forati, questa è la traduzione del termine Nez Percè, fossero principalmente stanziali) mentre gli altri venivano venduti, castrati o usati per il traino di carichi.
Poichè potevano raggiungere i 500 kg di stazza, trovavano anche applicazione come cavalli da tiro per il trasporto delle merci indiane: sostanzialmente di carattere docile ma possenti e vivaci, i cavalli di razza Appaloosa sono caratterizzati dalle ben visibili macchie scure sul manto (esistono diverse varietà di mantelli come vedremo successivamente).
Se siete, concedetemi la battuta, “ferrati” sull’argomento ciò che sto per dire non è una novità: questi destrieri posseggono la peculiarità secondo la quale i puledri nascono senza le macchie. Compaiono poi con l’età adulta, sempre diverse da quelle dei genitori e li adornano con sfumature la cui tinta varia dal nero, al grigio, al marroncino.
Il nome deriva dal fiume Palouse, un affluente dello Snake, che scorre tra gli stati di Washington e Idaho. Gli uomini bianchi usavano chiamarlo “Palaouse horse”, col tempo modificatosi in “A Palousey” e dunque Appaloosa.
Indiani Nez Perce con un Appaloosa
Furono poi gli abitanti di quei territori, i summenzionati Nez- Percè, ad iniziare l’allevamento specialistico di questo animale fin dal lontano 1700 sfruttando le distese verdeggianti delle pianure che presentavano possibilità di splendidi pascoli.
Ai tempi dell’epopea della Frontiera, i Nasi Forati, secondo uno dei vari trattati stipulati, erano stati inseriti in una riserva divisa tra Idaho, Oregon e Stato di Washington. Nel 1860 purtroppo nella medesima zona vennero segnalate diverse miniere d’oro ed un gran numero di cercatori invase la riserva stessa senza permesso. Al seguito arrivarono rancheros ed agricoltori e fu perfino fondata abusivamente la cittadina di Lewinston, senza che il governo americano intervenisse in merito.
Nel 1863 ci furono pressioni sui Nez Percé perché vendessero quasi il 90% del territorio e fu loro “consigliato” di spostarsi nella piccola riserva di Fort Lapwai, al centro-nord dell’Idaho. Numerosi capi tribù non considerarono valido l’accordo, a dire il vero abbastanza unilaterale, rifiutando di trasferirsi.
Caccia al bisonte in groppa ad un Appaloosa
Nel 1876 le tensioni aumentarono ancora, ai Nez Percé venne imposto un ultimatum di un mese per trasferirsi nella nuova riserva e, per umiliarli ulteriormente, un certo generale Howard imprigionò l’anziano sakem Toohoolhoolzote, molto rispettato e dichiaratosi contrario allo spostamento. (Un altro grande capo che guidò il suo popolo è noto col nome di Chief Joseph, Capo Giuseppe, famoso per i suoi coinvolgenti e profondi monologhi.)
I Nasi Forati si videro costretti a sottostare alle minacce ed attraversarono con tutti i loro averi le tumultuose acque dello Snake River, in piena primaverile: gli Appaloosa più forti trainarono controcorrente grandi zattere, i travois, cariche di suppellettili, bambini ed anziani.
I più deboli della mandria, tra puledri e femmine, non riuscirono a sopravvivere alla forza del fiume. Durante il proseguire della triste marcia, che, inutile dirlo, segnò duramente anche gli esseri umani, lungo il tragitto svariati scontri coinvolsero i Nez Percé ed i coloni o i soldati. A quel punto la tribù era stata dichiarata ufficialmente fuorilegge, ricercata da vari reggimenti dell’esercito.
Una famiglia di Nez Perce
La scelta non poteva essere che quella di fuggire il più lontano possibile dalla rappresaglia dell’uomo bianco. I Nez Percé percorsero a tappe forzate più di 2500 km per arrivare al confine con il regno della Grande Regina Bianca, così era chiamato il Canada. Nella fuga, sei furono le battaglie tra indiani ed esercito e sei furono le sconfitte di quest’ultimo. Comunque ogni combattimento causò vittime da ambo le parti.
Per oltre 2000 miglia Nasi Forati ed Appaloosa resistettero all’incalzare dei soldati, i quali potevano invece cambiare le proprie cavalcature grazie ai vari forti ed alle stazioni di posta.
Solo in prossimità del confine canadese, i Nez Percé abbassarono la guardia, ridotti di numero, stremati dalle fatiche e dalle privazioni del “viaggio” e furono colti di sorpresa dalle truppe del generale Nelson Miles. Dopo altri tre giorni di combattimento i Nez Percé si dichiararono battuti.
Furono mandati nel Nord Dakota ed il migliaio (circa) di cavalli sopravvissuti venne sequestrato e venduto quasi interamente presso Fort Keogh, avamposto delle Giacche Blu situato all’estremità occidentale del Montana, sulla riva del fiume Yellowstone, fondato proprio da Miles quando era ancora colonnello, dove si stanziò sotto il suo comando il Quinto Reggimento di Fanteria al fine di impedire a tribù quali principalmente Cheyenne e Sioux (i Nez Percè furono un “imprevisto”) di fuggire in Canada.
Fu proprio questo forte, che si ampliò e coprì con diverse sezioni a volte trasferite altre ricostruite, un’area di più di un miglio quadrato, a favorire la commercializzazione di mandrie e di whisky stimolando la nascita di un vero centro abitato: Miles City. Oggi l’ex Forte è una stazione di ricerca sul bestiame, parte del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti.
Molti tra i coloni udirono i racconti dei cavalli Appaloosa, in cui si narrava del sostanzioso aiuto dato alla fuga dei Nez Percé, e questo generò una nutrita domanda di tali animali. Pertanto alcuni mandriani, che li avevano comprati proprio tra quelli messi a disposizione a Fort Keogh, iniziarono ad allevarli nei loro ranch. Ciò, nonostante non tutti fossero esperti come i Nasi Forati e pertanto causando incroci che rischiarono di disperdere le caratteristiche basilari della razza, permise la sopravvivenza dell’Appaloosa e del suo straordinario mantello.
Negli anni, l’esistenza ed il mantenimento di tale etnia equina è stata quindi sostanzialmente merito di questa particolare storia che ormai si è fusa con la leggenda nonchè del loro aspetto che colpisce l’immaginazione rendendoli ricercati un tempo per circhi e più recentemente per film.
Una Nez Perce, oggi, con il suo Appaloosa
Oggi esistono dei Club specifici di estimatori.
Nel 1938 in Oregon fu fondato l’Appaloosa Horse Club (https://www.appaloosa.com/) che si occupa della tutela della razza. L’associazione esiste ancora, adesso ha sede a Moscow, Idaho, e conta più di 600mila cavalli iscritti.
Esiste anche la “Associazione Italiana Appaloosa” (https://appaloosaitaly.com/) che sul sito ufficiale fornisce la possibilità di partecipare a campionati, effettuare acquisti o semplicemente di conoscere a grandi linee le caratteristiche storiche e fisiche di questi affascinanti e nobili animali.
Dal 1975 l’Appaloosa è diventato il “cavallo simbolo” dello stato dell’Idaho.
Qualche dettaglio prettamente tecnico.
L’altezza al garrese può arrivare anche al metro e 70 circa.
La testa è piccola e proporzionata, gli occhi hanno l’iride circondata da fondo oculare bianco, le orecchie sono corte ed appuntite. Il collo è muscoloso e commisurato, ben inserito nelle spalle lunghe ed inclinate, la linea dorso-lombare è corta e dritta. Criniera e coda sono corte e rade. Il torace è profondo e la groppa rotonda e ben delineata. Gli avambracci sono forti ed i garretti solidi e giustamente angolati.
Le zampe presentano striature verticali solitamente nere e bianche dette striped hooves.
La pelle del naso è particolarmente sottile.
Alcuni cavalli di razza Appaloosa
Si evidenziano come detto vari tipi di macchie:
– leopard: il colore di base è bianco e macchie (spots) nere o marroni sono sparse su tutto il corpo;
– coperta maculata o bianca (blanket): il colore di base può variare ma sulla groppa è presente una “coperta”, per l’appunto, bianca che si può estendere anche oltre il garrese e presentare macchie nere o marroni;
– fiocco di neve (snowflake): il colore di base è scuro ma sono presenti degli “schizzi” bianchi su tutto il corpo ed in particolare su quarti e/o fianchi;
– brina (frost): il colore di base è il bianco con degli “spruzzi” scuri più o meno uniformi su tutto il corpo;
– marezzato (marble): il colore di base è scuro con degli spot bianchi sparsi sul corpo.
I mantelli brina e marezzato sono spesso indicati semplicemente come “roan” dato che in molti casi la differenza fra l’uno e l’altro è piuttosto difficile da determinare.