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“Izisgo At’èè”: perchè Victorio è stato il più grande

A cura di Marco Aurilio

“Izisgo At’èè”, espressione che nel linguaggio degli apache occidentali significa “Lui fu il più grande” può giustamente descrivere lo status di Victorio tra gli anni 1870 e 1880. By-du-ya o Victorio fu uno dei più noti leader del popolo Apache nonché protagonista degli scontri verificati tra il 1877 ed il 1890. Fu a capo dei Warm Springs o Chihenne (Tchi-he ndè), una delle bande classificate storicamente come Chiricahua. Si oppose alla politica di concentramento nella riserva di S.Carlos e per anni fino alla sua morte nell’ Ottobre 1880 condusse un incredibile e vittoriosa campagna di guerriglia contro i governi di Usa e Messico.
Molti storici ne hanno scritto, senza però spiegare il perché è spesso considerato il più grande nell’arte della guerrilla. Duro addestramento, conoscenza del territorio e possibilità di diventare leader solo grazie ai meriti erano cardini della vita di ogni guerriero apache e sono stati ampiamente documentati. Su queste basi Victorio pose le fondamenta per i suoi successi, applicò in maniera inflessibile, spietata ed a volte originale i principi di guerra apache. I suoi uomini conoscevano ogni pozza d’ acqua, disponevano nascondigli con armi e viveri dislocati in tutto il loro territorio, i suoi bambini dormivano con cibo legato alla cintura in caso di necessità di fuga. Quando gli servivano armi, munizioni o viveri non esitava ad attaccare non solo civili ma anche carri di rifornimento dell’esercito americano e messicano. Uno dei principi della guerriglia apache e di molte altre tribù, era quello di incidere il maggior danno con le minori perdite e il popolo di Victorio sviluppò le più efficaci tattiche di guerriglia viste tra i nativi. Il concetto di tattica o strategia in genere si riferisce alle manovre effettuate a contatto con il nemico, nel caso apache anche a quelle lontano dal nemico. Esaminando i suoi movimenti si possono apprezzare entrambe. I principali cardini della guerriglia apache erano: elusione, imboscata ed attacco, l’uso di esche e l’abbattimento dei cavalli degli avversari erano una costante.

Elusione.

Quando gli Apache si spostavano da un campo ad un altro il gruppo principale era fiancheggiato, preceduto e seguito da esploratori. Poco propensi a combattere di notte, nel caso di Victorio ciò avvenne poche volte (27-8 ottobre 1879 e 6-7 Aprile 1880). Si muovevano nelle ore buie per raggiungere siti strategici in genere in alture idonee sia a nascondersi di giorno che a controllare le aree sottostanti. Se presi di sorpresa rapidamente si disperdevano per riunirsi poi in punti prestabiliti e noti a tutti. Tali posti venivano accuratamente scelti per permettere a tutti i membri del gruppo di raggiungerli il più facilmente possibile. In genere si dividevano in due gruppi; il primo composto da guerrieri, il secondo dalle famiglie e/o bottino scortati dai guerrieri più anziani. Il primo gruppo attirava l’attenzione degli attaccanti lasciando facili tracce da seguire, per permettere cosi al secondo di trovare la via di fuga. Un esempio di questa strategia lo si ebbe nel Gennaio 1880 quando Victorio riuscì a sfuggire alle truppe del Maggiore Morrow ed allo stesso tempo a far arrivare indenni famiglie e bottino oltre il confine o attraverso le San Andreas Mountains o attraverso la riserva Mescalero. Il primo gruppo attraversò il confine ed attaccò un convoglio di rifornimenti a Mule Springs, tagliarono i fili del telegrafo lasciando così una chiara traccia per le truppe ed i loro scouts permettendo al secondo e più vulnerabile gruppo di non esser attaccato. Quando però aveva armi e munizioni a sufficienza, non si limitava a depistare gli inseguitori ma li incoraggiava nel continuare a seguire la sua pista, lasciandogli credere di avere con lui gli elementi più deboli che avrebbero potuto rallentare la fuga, mentre invece questi erano lontani parecchie miglia. Il risultato per le truppe era sempre quello di ridurre i cavalli come scheletri. Il più chiaro esempio fu la Campagna del Maggiore Morrow nel Gennaio-Febbraio 1880. Ogni volta che le truppe del Nono reggimento scendevano in campo contro di lui, il numero dei cavalli persi aumentava enormemente. Tra il Luglio 1879 ed il Giugno 1880 il 34,4% dei cavalli persi dell’intero esercito americano appartenevano al Nono Reggimento. Le stesse manovre non riuscirono in seguito in Texas dove affrontò il Decimo Cavalleria del Colonnello Grierson. Questo perchè l’ esercito messicano aveva provveduto ad informare i colleghi americani dell’esistenza di un secondo gruppo.

Imboscate.

Le improvvise imboscate coglievano i nemici completamente di sorpresa. Faceva frequentemente ricorso ad esche, spesso cavalli ma non solo, che erano meno evidenti rispetto a quelle usate dagli indiani delle pianure. I nemici non dovevano essere per nulla consapevoli del pericolo, in modo tale da indurgli un falso senso di sicurezza. Gli indiani delle pianure utilizzavano piccoli gruppi di guerrieri che avevano lo scopo di farsi seguire portando il nemico verso il grosso dei guerrieri. Analizzando l’uccisione del Liuetenant Cushing nel 1871 si può notare come l’esca usata dagli apache fu una donna che vagava sola in un canyon e che non sembrava potesse rappresentare alcuna minaccia. L’uso di donne per le imboscate fu frequente. Una situazione simile si ebbe Il 30 Gennaio 1880. Il Capitan Rucker con alcuni civili stavano seguiva una pista che dal Rio Grande portava nelle Caballo Mountains; dopo circa un miglio avvistarono delle donne che freneticamente cercavano di nascondere (apparentemente) una piccola mandria di cavalli rubati. Gli uomini di Rurcker caricarono per recuperare i cavalli, quando all’improvviso da tutti i lati del canyon furono bersagliati dai guerrieri apache, che non si limitarono a respingerli ma li inseguirono anche verso il Rio Grande. Gli apache organizzavano imboscate per tre ragioni: riuscire ad eludere il nemico e prendere bottino, mettere fine ad un inseguimento, uccidere più avversari possibili. Imboscate senza un preciso intento anche venivano sporadicamente attuate, sempre su terreni che gli avrebbero permesso di svanire rapidamente illesi qualora il nemico riusciva a riprendersi rapidamente dallo schock. Le prime due tipologie di venivano attuate grazie sempre alla loro straordinaria capacità di nascondersi in terreni apparentemente privi di pericolo. Il terzo tipo, uccidere più nemici possibile, era più rara ma organizzato sulle stesse basi. In ogni caso un agguato designato per fermare un inseguimento o per prendere bottino, se eseguito perfettamente , poteva poi evolvere anche nella terza tipologia, l’eliminazione del nemico. Il primo colpo che Victorio inflisse all’esercito, dopo che il 21 Agosto 1879 fuggì dalla riserva mescalero, rappresenta un ottimo esempio di come infliggere il massimo danno con le minime perdite. Si trattò del furto dei cavalli della Compagnia E ad Ojo Caliente il 4 Settembre 1879. Portò via 46 cavalli e 18 muli uccidendo 5 soldati di guardia alla mandria. Le successive indagini mostrarono che gli apache avevano spiato per alcuni giorni le abitudini degli uomini della sorveglianza e riuscirono ad attaccare senza allertare la guarnigione vera e propria. Circa 15 guerrieri si posizionarono lungo la linea di marcia dei sorveglianti, aspettando che arrivassero a tiro prima di iniziare l’agguato. Altri guerrieri circondarono la mandria mentre si spostava verso il terreno scelto per lo scontro. Un altro gruppo di guerrieri a cavallo infine aveva il compito di fermare i cavalli che avrebbero potuto tornare indietro ed allertare la guarnigione. Due settimane dopo Victorio tese una nuova imboscata al Nono Cavalleria nei pressi del Rio Las Animas. Altre due compagnie del Nono ed un gruppo di volontari cercarono di salvare il primo gruppo ma rimasero anche essi intrappolati. Victorio riuscì a bloccare i suoi assalitori causando la perdita di 54 cavalli e muli e costringendoli a ritirarsi, mostrando come l’eliminazione di cavalli e muli erano i target fondamentali delle sue imboscate causando così la rinuncia all’inseguimento da parte degli assalitori, senza contare la conquista del bottino trasportato dagli animali uccisi. L’apice della sua capacità nelle imboscate fu raggiunto nel Novembre del 1879 quando annientò due gruppi di assalitori proveniente da Carrizal. Il primo gruppo guidato da Don Josè Rodriguez ed altri 14 uomini fu attaccato sui monti Candelaria, in un in un canyon vicino al quale vi erano delle enormi rocce che che offrivano un ottimo riparo…. era normale che i messicani si sarebbero rifugiati li.. ma.. era anche stato tutto previsto dal lupo apache; sopra quelle rocce infatti erano appostati la maggior parte dei guerrieri che annientarono facilmente i messicani. Al mancato rientro di Don Josè, un secondo gruppo uscì alla loro ricerca, sparendo anch’esso fra le montagne. Quando un terzo gruppo comprendente il comandante del Presidio del Norte e il Colonnello Baylor dei Texas Ranger arrivarono tra i Candelaria, capirono cosa era successo. Victorio aveva avvistato il secondo gruppo ed aveva lasciato in bella vista i cadaveri del primo in modo tale che fungessero da esca. Gli uomini del secondo gruppo dopo aver esplorato i dintorni e non aver trovato un solo indiano iniziarono i riti funebri per seppellire i morti, ma occhi feroci ne seguivano dall’altro tutte le mosse. Gli apache attesero che i cadaveri fossero stati radunati e che intorno si fossero radunati tutti gli uomini del secondo gruppo, poi aprirono il fuoco, annientando anche questi.

Attacco.

Se un imboscata andava particolarmente bene gli apaches, decidevano di lanciare attacchi per finire i nemici. Questi attacchi venivano eseguiti sempre in maniera da non esporre i guerrieri all’eventuale fuoco di reazione delle vittime ma erano attacchi veloci, tipici della guerriglia e che furono facilitati dall’uso di fucili più moderni. Potevano essere infatti singoli colpi di fucili sparati rapidamente in movimento e che permettevano agli indiani di mantenere un alta intensità di fuoco. Sparare e spostarsi rapidamente dava l’impressione di una maggiore presenza di guerrieri rispetto al loro numero reale. Un esempio di un simil attacco fu quello subito dal Liuetenant Conline nell’Hembrillo Canyon. Inusuale fu che non ci fu un imboscata ma un attacco diretto. Questo episodio dimostra anche la notevole flessibilità di Victorio che decise di adottare una strategia diversa adattandola alla circostanza. La rapida capacità di adattamento emerge anche nel corretto apprendimento nell’uso di nuove armi. Nell’ Hembrillo Canyon nell’attacco diretto usarono i Winchester e gli Henry a corta distanza per un fuoco più rapido (grazie ai nuovi sistemi di carica) ma fucili a lunga gittata, a colpo singolo, quando i guerrieri sparavano da posizioni più elevate.
Un giornalista del Las Vegas Gazette dell’epoca: ”Victorio uccide uomini, sostiene fiere battaglie, perde pochi uomini, prudente nelle ritirate, logora gli avversari, li porta a spasso per le montagne in infruttuosi inseguimenti finchè i cavalli diventano inutilizzabili”.