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Gli Hopi ad Alcatraz

A cura di Angelo D’Ambra

Un gruppo di indiani Hopi prigionieri ad Alcatraz
Alcatraz non ospitò solo violenti criminali. Non fu solo il tetto sotto cui pagarono le loro crudeltà gente come Al Capone, Robert Franklin Stroud, Mickey Cohen e Whitey Bulger. Ad Alcatraz ci finirono anche diciannove Hopi di Oraibi che avevano provato ad opporsi agli agenti governativi che volevano portar via i loro figli.
S’erano ribellati ai piani educativi di assimilazione culturale che prevedevano per i loro figli anni di studio in collegi posti a centinaia di miglia di distanza dalle loro riserve.
I guai erano sorti nel 1870. Gli Hopi avevano sempre vissuto nell’area dei Four Corners. Qui avevano sempre adorato le kachinas, spiriti degli elementi naturali o degli animali o degli antenati, qui avevano vissuto secondo i propri costumi. Oraibi era addirittura il più antico villaggio ininterrottamente abitato nel Nord America. Era la prova che almeno uno spicchio d’Arizona apparteneva agli indiani da sempre, così come lo stesso Trattato di Guadalupe Hidalgo, nel 1848, aveva riconosciuto. Nel 1870, gli Stati Uniti provarono a cambiare le carte in tavola. Vollero stracciare il trattato rivendicando il territorio Hopi e lottizzandolo. Vollero inoltre cancellare l’identità Hopi con scuole e progetti di omologazione alla cultura dei bianchi.


Indiani Hopi a caccia di serpenti

Il piano era quello di chiudere gli indiani in una riserva e spedire i loro bambini, alcuni di neppure cinque anni, in scuole appositamente dedicate all’assimilazione culturale, istituti dove le lingue native erano proibite, le cerimonie tradizionali negate, i costumi secolari censurati. Qui i piccoli studenti ricevevano nomi da bianchi ed erano severamente tenuti lontani dai propri familiari come misura necessaria alla pura assimilazione della mentalità americana.
La prima di queste scuole governative per bambini Hopi fu aperta nel 1887, a quaranta miglia dal più vicino centro Hopi. Si sa da resoconti dei giornali di feroci punizioni per i bambini che parlavano la loro lingua madre e praticavano la loro religione.
Molti genitori si rifiutarono di mandarvi i loro figli e al contempo si resero protagonisti di una fiera resistenza contro i progetti di divisione delle terre Hopi in proprietà individuali. In più si rifiutavano pure di coltivare secondo le istruzioni del governo federale.
Il fondamento taciuto di questa operazione voluta da Washington stava nell’idea che la diffusione della proprietà privata tra i nativi avrebbe portato a disgregare la loro società, a metterli in competizione l’uno contro l’altro. Sostanzialmente erano politiche progettate per cancellare la lingua e la religione di ogni tribù e sottomettere più che integrare.
Ci furono Hopi che accettarono la cosa, ma in molti furono classificati come “ostili”. Un primo intervento dell’esercito si ebbe nel dicembre del 1890. I soldati entrarono a Oraibi e presero con la forza 104 bambini che poi condussero alla scuola di Keams Canyon. La stessa cosa si ripeté nel 1894 alla Seconda Mesa.


Indiani Hopi

Agenti governativi tentarono in ogni modo di spingere gli “ostili” a conformarsi agli altri, ricorsero persino alla violenza, facendo irruzione nelle loro case e picchiandoli. Constant Williams, l’agente nominato dal governo, non riuscì però a sottometterli. Dovette allora ricorrere al loro arresto. Williams si presentò ad Oraibi dopo aver scalato le ripide scogliere della Terza Mesa a cavallo, portando con sé due truppe di cavalleria e un cannone Hotchkiss. Ordinò a tutti gli abitanti del villaggio di presentarsi nella piazza centrale e quì schierò i leader delle due fazioni che si erano formate, gli “amici” e gli “ostili”. Costrinse ciascun gruppo a dichiararsi pro o contro i piani governativi, poi attuò gli arresti.
Ne fece prigionieri diciannove: Heevi’ima, Polingyawma, Masatiwa, Qotsventiwa, Piphongva, Lomahongiwma, Lomayestiwa, Yukiwma, Tuvehoyiwma, Patupha, Qotsyawma, Sikyakeptiwa, Talagayniwa, Talasyawma, Nasingayniwa, Lomayawma, Tawalestiwa, Aqawsi e Qoiwiso. Era il 25 novembre 1894.
Li spedì prima a Fort Defiance, da qui, viaggiando a piedi, a cavallo, in treno e in barca, arrivarono dopo un mese a San Francisco, sul molo di Clay Street. In fine salparono a bordo della McDowell per l’isola di Alcatraz in California.
Alcuni di essi avevano i capelli grigi e camminavano piegati per l’età, altri erano poco più che adolescenti. Nessuno parlava inglese. Il loro capo era Lomahongiwma, un uomo di mezza età dall’aspetto robusto e con una faccia larga; Yukiwma più anziano e dall’aspetto più fragile era il suo braccio destro. Lomahongiwma e Yukiwma erano già stati imprigionati, ma per pochi giorni e non erano mai stati ad Alcatraz.


Alcuni prigionieri Hopi

I termini della loro reclusione stabilivano che essi dovevano essere “tenuti in isolamento, durante i lavori forzati, fino a quando … si renderanno pienamente conto dell’errore dei loro modi malvagi … [e] finché non lo faranno manifestare, in modo inconfondibile, il desiderio di cessare le interferenze con i piani del governo per la civiltà e l’istruzione dei suoi reparti indiani”.
Al tempo, Alcatraz era una prigione militare dalle condizioni infernali. L’igiene era scarsa, la ventilazione delle celle assente, le condizioni di vita quotidiana durissime. I diciannove Hopi furono destinati a celle minuscole da cui uscivano solo per lavorare a segare tronchi. Vi rimasero dal 3 gennaio al 7 agosto 1895 e furono rilasciati con la promessa che i loro figli non sarebbero stati costretti ad andare a scuola. Manco a dirlo, la promessa non fu mantenuta. Per anni, il governo ha continuato a costringere il popolo Hopi a mandare i propri figli a scuola, spingendoli a dividere la loro terra in appezzamenti individuali.