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L’incontro tra i flathead e Lewis e Clark

A cura di Angelo D’Ambra

La spedizione di Lewis e Clark viene avvistata dagli indiani
Il ricordo dell’incontro tra i Salish/Flathead e Lewis e Clark, avvenuto il 5 settembre del 1805, è presente in diverse testimonianze.
Il sergente Ordway così ne serbò la memoria: “I nostri ufficiali usarono diverse lingue per interloquire con loro, ma riscontrarono enormi difficoltà…”. Sacagawea provò ad usare la lingua degli shoshoni, Hidatsa ebbe maggiore successo con una parlata molto simile a quella dei salish. In ogni caso anche la conversazione tra gli ufficiali e le guide era difficile perchè ogni frase doveva essere tradotta dall’inglese al francese e poi nelle lingue native.
Con grande impegno gli uomini di Lewis e Clark riuscirono a farsi capire e informarono i salish sulla loro provenienza e sulle loro intenzioni. Richiesero poi di acquistare e scambiare cavalli e ne comprarono undici, mentre altri sette furono oggetti di scambio perchè i Salish erano in possesso di cavalli robusti ed eleganti. I nativi poi chiarirono ai viaggiatori che “potevano raggiungere degli avamposti commerciali bianchi con sei giorni di marcia, attraversando quattro montagne”. Lo riporta il soldato Joseph Whitehouse.
Alle due del pomeriggio del 6, i salish lasciarono Lewis e Clark per raggiungere gli shoshoni, alle Three Forks del Missouri, e cacciare insieme a loro i bisonti. I viaggiatori invece si diressero verso il fiume Columbia…
Nel 1899 padre D’Aste, un gesuita della Missione di Sant’Ignazio, raccolse la testimoniana di un anziano salish che ricordava la storia raccontata da Agnes, vedova del capo Victor.
Victor era il padre di Charlo, che gli succedette come capo, ed era figlio di Three Eagles, o Tcleskaimi, il capo Salish che incontrò Lewis e Clark. Il racconto di Agnes quindi ha davvero una grande rilevanza.


L’incontro tra i Flathead e il gruppo di Lewis e Clark

La donna riferiva:
“Una volta, i Flathead si erano accampati a Ross Hole e capo Three Eagles lasciò il campo per esplorare l’area. Temeva che alcuni indiani nemici potessero avvicinarsi furtivamente al campo con l’intenzione di rubare cavalli. Da lontano vide un gruppo di una ventina di uomini in viaggio verso il suo accampamento. Ad eccezione di due capi che cavalcano avanti, ogni uomo guidava due cavalli da soma. Three Eagles restò sconcertato dalla presenza di quegli estranei perchè non aveva mai visto uomini del genere, persino privi di coperte e pensò che erano stati derubati. Tornò tra i suoi e raccontò loro degli strani uomini in viaggio, poi diede ordine che tutti i cavalli fossero guidati nel campo vicino e tenuti d’occhio. Tornato presso i bianchi, si nascose nella foresta e li osservò. Vide che avanzavano lentamente, senza alcun comportamento sospetto. I due capi andavano avanti, forse intenzionati ad ispezionare la zona, poi tornarono per consultarsi col gruppo. ‘Saranno due capi’, pensò Three Eagles. ‘Ma cosa cercano? E perché uno dei loro uomini ha la faccia nera? Chi può essere?’.
Three Eagles restò parecchio perplesso, intanto la sua gente si preparava con la danza di guerra, abitudine del suo popolo quando, durante una caccia al bufalo, venivano avvistati nemici nascosti nei paraggi. Per questa danza, i guerrieri si dipinsero chi di rosso, chi di giallo, chi di nero. Mentre ballavano, si incoraggiavano a vicenda a combattere coraggiosamente. Quest’uomo di colore, pensò Three Eagles , doveva essersi tinto di nero la faccia in segno di guerra. Il gruppo doveva aver combattuto con i propri nemici ed essere fuggito, perdendo solo le coperte. Ancora una volta il capo tornò al suo campo e fece rapporto al suo popolo: ‘Stanno venendo da noi. Restiamo in silenzio e aspettiamoli. Sembra che non abbiano intenzione di combatterci o di farci del male’. Così i salish restarono ad aspettare. I bianchi si avvicinarono lentamente, senza mostrare intenzioni ostili. Quando furono vicini all’accampamento, i due capi scesero da cavallo e si diressero verso la gente, facendo segni di amicizia. Strinsero la mano di Three Eagles e poi tutti gli uomini indiani strinsero la mano a tutti gli uomini bianchi.
‘Porta le migliori pelli di bufalo – disse Three Eagles – una per ogni uomo su cui sedersi. Porta le migliori vesti di bufalo e mettile sulle spalle degli uomini’.
I due capi videro che gli indiani stavano fumando una strana pianta. Ne hanno chiesto un po’ e hanno riempito le loro pipe. Ma a loro non piaceva. ‘Non va bene’, dissero. Presero del loro tabacco e domandarono ai salish di riempirci le pipe, ma quella sostanza ai nativi non piacque, li fece tossire e tutti risero. Quindi i due capi chiesero del kinnikinnick. Hanno mescolato le foglie con il loro tabacco e hanno dato la miscela agli indiani. Agli indiani è piaciuto. Allora tutti fumarono insieme.
Vedendo che tutti erano amici, i bianchi decisero di accamparsi lì vicino agli indiani. Mentre liberavano i cavalli delle selle, restituirono le coperte perchè spiegarono di averne delle loro usate solo per dormire. Gli uomini bianchi erano molto forti. Alcuni di loro portavano sulle spalle tronchi molto grandi da usare per i loro falò.
La nostra gente e gli uomini bianchi hanno continuato a essere amichevoli. Il terzo giorno ci salutarono.
Abbiamo mostrato loro come raggiungere la Lolo Fork, che è il modo migliore per entrare nel paese dei Nez Perce sul lato ovest delle montagne”.

Anche un’altra donna Salish ricordava l’evento. Si tratta di Sophie Moiese: “Quando la carne secca fu portata agli uomini, la guardarono e la rimisero a posto. Era davvero buona da mangiare, ma sembravano pensare che fosse corteccia o legno.


Una donna Flathead a cavallo

Inoltre, non sapevano che le radici di camas sono buone da mangiare… Il capo Three Eagles ci disse che non dovevamo far del male a quella gente, in alcun modo. E andò sempre così. Nessuno ha mai sentito parlare di battaglie tra la tribù salish e i bianchi. Durante la guerra dei Nez Perce, i Nez Perces attraversarono la Valle di Bitterroot, ma il popolo Salish al fianco dei bianchi a Fort Missoula. Avrebbero combattuto i loro stessi amici indiani per impedire di far del male ai bianchi con i quali il governatore Stevens ha negoziato il trattato di riserva del 1855″.
Il racconto dell’incontro tra i Salish e Lewis e Clark fu narrato pure da Peter Ronan, agente indiano nella riserva dei Flathead dal 1877 al 1893, uomo sempre impegnato a difendere i diritti dei nativi di fronte alle pressioni schiaccianti dei coloni bianchi.
Ronan si servì dei ricordi della nativa Ochanee per descrivere il fatto:
“Il nuovo stato del Montana [ammesso nel 1889], così come il governo degli Stati Uniti, non dovrebbero dimenticare che hanno un debito di gratitudine nei confronti degli indiani Flathead per l’amichevole accoglienza riservata ai primi esploratori e pionieri di questo paese, che tutti riconosciamo essere Lewis e Clarke, come dai loro rapporti ufficiali al presidente Jefferson e pubblicati così ampiamente sia in America che in Europa. I capitani Clarke e Lewis, con i loro seguaci… furono i primi uomini bianchi che gli indiani Flathead videro.
Alla data in cui scrivo, maggio 1890, vive ancora nella missione di S. Ignazio, nella riserva Flathead, un’anziana donna indiana di nome Ochanee ricorda distintamente e racconta in lingua indiana l’arrivo di quei due grandi capitani, con i loro seguaci, nel campo Flathead nella valle di Bitter Root e il grande stupore che il fatto creò tra gli indiani.
Gli esploratori attraversarono le Big Hole Mountains [Bitterroot Mountains] e arrivarono al campo Flathead nella Bitter Root Valley nell’anno 1804 [1805]. Ochanee afferma di aver avuto circa 13 anni a quella data. È una donna anziana vivace, e ha ancora tutte le sue facoltà mentali, e può descrivere campi, scene ed eventi che sono vividamente ritratti nei rapporti pubblicati di Lewis e Clark narranti degli indiani Flathead e Nez Perce, che allora cacciavano e campeggio insieme.
Durante la permanenza degli esploratori nel campo Flathead, il capitano Clark prese per sé una donna Flathead. Un figlio fu il risultato di questa unione e fu battezzato dopo che i missionari vennero nella valle di Bitter Root [nel 1850] e si chiamò Peter Clark. Questo meticcio visse fino a un’età matura ed era ben noto a molti dei primi coloni del Montana. Morì circa sei anni fa [c. 1884] e lasciò un figlio, che fu battezzato alla Missione di Santa Maria con il nome di Zaccaria, pronunciato Sacalee dagli indiani. Quest’ultimo ha un figlio di tre anni, che secondo gli indiani, in diretta discendenza, è il pronipote del celebre capitano Clark”.

La storia che Clark, o un altro ufficiale, abbia potuto avere un figlio da una Salish non trova ulteriori riscontri, ma non è affatto inverosimile. Sarebbe la testimonianza dei buoni rapporti intrattenuti dagli esploratori e questa tribù nativa.