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I Nativi nella Guerra di Rivoluzione Americana – 9

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.
La Battaglia di Olentangy
Al sorgere del sole del 6 giugno circa 300 Americani avevano raggiunto il villaggio Wyandot abbandonato. Poiché il colonnello Crawford non si trovava, Williamson assunse il comando. Fortunatamente per gli Americani, l’inseguimento dell’esercito in ritirata era male organizzato in quanto Caldwell, comandante in capo delle forze indiane e inglesi, era stato ferito ad entrambe le gambe. Mentre la ritirata continuava, una forza indiana entrò in contatto con il gruppo principale degli Americani sul confine orientale dei Piani di Sandusky, vicino a un ramo del fiume Olentangy.
Alcuni Americani fuggirono subito all’inizio dell’attacco, mentre altri girovagavano nella più completa confusione. Williamson si attestò con un piccolo gruppo di volontari e respinse gli Indiani dopo un’ora di combattimenti. In questo scontro tre Americani restarono uccisi e otto feriti, mentre non si conoscono le perdite da parte indiana.
Gli Americani seppellirono i loro morti e ripresero la ritirata, gli Indiani e i rangers Inglesi li inseguivano e occasionalmente sparavano da lunga distanza. Williamson e Rose riuscirono a mantenere compatta la maggior parte dei combattenti avvertendoli che una ritirata ordinata era la loro unica possibilità di tornare a casa sani e salvi. Gli Americani percorsero più di trenta miglia (molti a piedi) prima di allestire l’accampamento. Il giorno dopo due Americani rimasti indietro vennero catturati e presumibilmente uccisi, prima che gli Indiani e i rangers abbandonassero finalmente la caccia. Il corpo principale dell’armata americana raggiunse Mingo Bottom il 13 giugno. Molti ritardatari arrivarono a piccoli gruppi per ancora diversi giorni seguenti. In totale una settantina di americani non fecero più ritorno dalla spedizione.
Mentre Williamson e Rose si stavano ritirando con il gruppo principale degli uomini, Crawford, Knight e altri quattro ritardatari viaggiavano a sud, lungo il corso del fiume Sandusky, nell’attuale Crawford County, in Ohio. Il 7 giugno incapparono in un gruppo di Delaware, a circa 45 chilometri ad est della zona della battaglia. Knight estrasse il fucile, ma Crawford gli disse di non sparare. Crawford e Knight conoscevano alcuni di questi Delaware, che facevano parte di una banda comandata da un capo di guerra di nome Wingenund. Crawford e Knight vennero presi prigionieri, ma gli altri quattro riuscirono a fuggire. Due di loro vennero rintracciati in seguito, uccisi e scalpati.
I prigionieri catturati dagli Indiani durante la Rivoluzione Americana potevano essere riscattati presso gli Inglesi di Detroit, o adottati dalla tribù, o semplicemente uccisi. Tuttavia dopo il massacro di Gnadenhütten gli Indiani dell’Ohio avevano deciso di uccidere tutti i prigionieri americani che fossero caduti nelle loro mani. Il numero di Americani giustiziati dopo la spedizione Sandusky è ignoto, poiché di solito si veniva a conoscere il loro destino solo nel caso che uno dei prigionieri fosse sopravvissuto per raccontarlo.
Mentre alcuni venivano giustiziati rapidamente, altri erano torturati prima di venire uccisi. La pubblica tortura dei prigionieri era un rituale tradizionale presso molte tribù delle Terre Boscose Orientali. I prigionieri potevano essere sottoposti ad atroci torture per ore e anche per giorni. Il Dipartimento Indiano Britannico usava la sua influenza per scoraggiare l’uccisione e la tortura dei prigionieri, ottenendo qualche successo, ma, nel 1782 gli Indiani ripresero la pratica della tortura rituale per vendicarsi del massacro di Gnadenhütten.
Lo stesso 7 giugno 1782 Crawford e Knight vennero portati al campo di Wingenund, dove trovarono altri nove prigionieri. L’11 giugno Captain Pipe dipinse i visi dei prigionieri di nero, il colore che tradizionalmente annunciava la condanna a morte. I prigionieri vennero fatti marciare fino al villaggio Delaware di Tymochtee Creek. Lungo la strada quattro di loro vennero uccisi a colpi di tomahawk e scalpati. Quando il gruppo guerriero si fermò, i sette prigionieri rimanenti vennero fatti sedere, con Crawford e Knight a poca distanza dagli altri. Le donne e i ragazzi Delaware uccisero gli altri cinque con i tomahawk, decapitandone uno. I ragazzi scalparono le vittime e poi si misero a schiaffeggiare sul viso Crawford e Knight con gli scalpi insanguinati. Un centinaio di uomini, donne e bambini si erano radunati nel villaggio Delaware per assistere all’esecuzione del capo degli Americani. Erano presenti Dunquat e un certo numero di Wyandot, come pure Simon Girty e Matthew Elliot. Captain Pipe, che conosceva Crawford fin dal trattato di Fort Pitt del 1778, parlò alla folla, mettendo in evidenza che Crawford era stato catturato mentre comandava molti degli uomini che avevano commesso gli omicidi di Gnadenhütten. Crawford non aveva avuto nulla a che fare con il massacro, ma aveva preso parte alla “campagna delle squaw”, in cui parecchi membri della famiglia di Pipe erano stati uccisi. Sembra che Pipe menzionasse proprio quell’episodio.
Crawford era conosciuto per aver trucidato dei pacifici Mingo, allo scopo di forzare una guerra contro le tribù dell’Ohio e approfittare della vendita dei terreni in connessione con la guerra. Dopo il discorso di Pipe, Crawford venne spogliato e malmenato. Le mani gli vennero legate dietro la schiena, con una corda che poi dalle sue mani era tesa e legata a un paletto infisso nel terreno. A circa 6 metri dal palo venne acceso un grande fuoco. I guerrieri spararono scariche di polvere da sparo contro il corpo di Crawford, poi gli tagliarono le orecchie. Lo punzecchiarono con dei pezzi di legno infuocati e da dietro gli vennero gettati dei pezzi di carbone ardente, per cui era costretto ad avanzare.


La tortura di Crawford. Il personaggio a cavallo è Simon Girty

Crawford pregava Girty di sparargli, ma questi non era disposto a farlo o era spaventato dall’eventuale reazione degli Indiani per intervenire. Dopo circa due ore di torture, Crawford cadde svenuto. Quindi fu scalpato e una donna gli passò i carboni ardenti sulla testa, cosa che lo fece rinvenire. Egli cominciò a camminare, quasi insensibile mentre la tortura continuava. Infine finalmente morì e il suo corpo venne bruciato.
Il giorno dopo Knight venne fatto incamminare verso i villaggi Shawnee, dove doveva essere giustiziato. Lungo la strada, riuscì a colpire il suo guardiano con un grosso ramo e a fuggire. Successivamente si avviò a piedi verso la Pennsylvania. Quando, il 4 luglio, dei cacciatori lo trovarono, era in cattive condizioni e mentalmente incoerente. Venne portato a Fort McIntosh.
Lo stesso giorno dell’esecuzione di Crawford, almeno sei prigionieri americani venivano portati in due gruppi separati al villaggio Shawnee di Wapatomica, sul fiume Mad, nell’attuale Contea di Logan, Ohio. Tra questi prigionieri erano il maggiore John B. McClelland, che era stato il quarto in comando nella spedizione, come pure William Harrison, cognato di Crawford, e il soldato William Crawford, nipote del colonnello Crawford.
Quattro dei sei, comprendenti anche McClelland, Harrixon e Crawford vennero dipinti di nero. Gli abitanti del villaggio, avvertiti da un messaggero dell’arrivo dei prigionieri, si armarono di bastoni e formarono due linee. I prigionieri vennero fatti passare in mezzo alle due linee di Indiani fino alla capanna del consiglio, distante circa 300 metri. Nella corsa vennero bastonati a morte e quindi tagliati a pezzi. Le teste e gli arti vennero issati su pali fuori dal villaggio. Uno dei prigionieri, uno scout di nome John Slover, riuscì a fuggire mentre veniva portato al villaggio di Mac-a-chack per essere arso vivo. Ancora nudo, rubò un cavallo e cavalcò fino a sfiancare l’animale, poi proseguì a piedi, riuscendo a raggiungere Fort Pitt il 10 luglio. Fu uno degli ultimi sopravvissuti della spedizione a ritornare.
Il fallimento della spedizione Crawford causò allarme lungo tutta la frontiera Americana, dato che molti Americani temevano che gli Indiani sarebbero stati imbaldanziti abbastanza da lanciare una nuova serie di attacchi. Per gli Americani dovevano arrivare ancora molte sconfitte; per gli abitanti delle zone ad ovest dei monti Appalachi il 1782 divenne noto come “l’anno insanguinato”. Il 13 luglio 1782 il capo Mingo Goyasuta guidò un centinaio di guerrieri e molti volontari inglesi in Pennsylvania, distruggendo Hannastown, uccidendo nove abitanti e catturando dodici coloni. Fu il colpo più duro inferto dagli Indiani nella Pennsylvania occidentale nel corso della guerra. Nel Kentucky gli Americani stavano sulla difensiva, mentre Caldwell e i suoi alleati indiani preparavano una grande offensiva.


Il “Gauntlet”

Alla morte di Crawford venne data grande evidenza in tutti gli Stati Uniti. Una ballata sulla spedizione, dal titolo “La sconfitta di Crawford ad opera degli Indiani”, divenne molto popolare e fu ricordata a lungo. Nel 1783 venne pubblicato il racconto della tortura di Crawford scritto dal testimone oculare John Knight. L’editore della narrazione di Knight, Hugh Henry Brackenridge, cancellò ogni riferimento al processo che gli Indiani avevano fatto a Crawford e alla circostanza che questi fu giustiziato per vendetta del massacro di Gnadenhütten. Non menzionando le motivazioni degli Indiani, Brackenridge riuscì, secondo lo storico Parker Brown, a creare «un sentimento di virulenta propaganda anti-indiana e anti-inglese, calcolata per suscitare la pubblica attenzione e il patriottismo.» Nell’introduzione, il curatore di Brackenridge chiariva il perché si pubblicava il resoconto:
«Ma poiché essi (gli Indiani) continuavano ancora gli omicidi nella nostra frontiera, queste cronache possono essere utili per indurre il nostro governo a compiere dei passi effettivi per castigarli e sopprimerli; poiché da questo momento potranno vedere che la natura dell’Indiano è feroce e crudele e che la loro estirpazione potrà essere utile al mondo e onorevole per coloro che potranno effettuarla.»
Come previsto, il racconto di Knight incrementò l’avversione razzista verso i Nativi americani, e fu spesso ripubblicato nei successivi 80 anni, specialmente nel caso in cui balzavano alla cronaca violenti scontri fra Americani e Indiani.


Altra immagine della tortura di Crawford

Benché spesso uomini di frontiera americani avessero spesso ucciso prigionieri indiani, la maggioranza degli americani guardava la cultura indiana come barbarica, a causa della pratica della tortura e la morte di Crawford rafforzò grandemente la percezione degli Indiani come “selvaggi”. Nella memoria nazionale americana i dettagli della tortura di Crawford misero in secondo piano le atrocità degli Americani, come il massacro di Gnadenhütten. L’immagine del selvaggio indiano divenne uno stereotipo; i tentativi di pacificazione di uomini come Cornstalk e White Eyes vennero del tutto dimenticati.