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I Nativi nella Guerra di Rivoluzione Americana – 6

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.

Altre battaglie (nell’immagine St. Louis, 1779)
Augustin Mottin de la Balme era un ufficiale francese di cavalleria che, durante la Guerra dei Sette Anni, aveva servito l’esercito francese in Europa. Poi era partito per il continente nord americano per arruolarsi nelle truppe degli Stati Uniti nella Guerra di Rivoluzione. Nel 1777 era stato nominato Ispettore Generale della Cavalleria nell’esercito coloniale.
Nell’ottobre dello stesso anno, dopo aver appreso della nomina di Casimir Pulaski a comandante della cavalleria americana, La Balme aveva rassegnato le dimissioni. Nel 1780, ufficialmente dietro ordini segreti di George Washington, ma più probabilmente agendo di propria iniziativa, discese il fiume Ohio fino a Kaskaskia. La riuscita della presa di Fort Sackville, a Vincennes, ad opera del generale Clark, indusse La Balme a tentare un’impresa simile contro gli Inglesi a Fort Detroit. La Balme giunse a Kaskaskia come ufficiale francese e venne salutato come “Masiah” dai residenti locali canadesi, che avevano vissuto come sudditi inglesi per più di un decennio. Egli raccolse un elenco di lamentele dai residenti che vivevano sotto il governo dei Virginiani, elenco che doveva essere consegnato all’ambasciatore francese a Fort Pitt. La Balme coordinò un attacco diversivo contro Fort St. Joseph, poi cominciò il viaggio verso Detroit, reclutando uomini per la milizia fra i cittadini canadesi di Kaskaskia, Cahokia e Vincennes. A Vincennes si acquartierò sul fiume Wabash, aspettandosi che le sue truppe fossero rinforzate da uomini dei villaggi di Ouiatenon e Kelionga.
Augustin Mottin de la Balme
A quanto pare La Balme si aspettava anche di avere l’apporto di residenti canadesi di Fort Detroit, una volta che egli fosse arrivato là. La spedizione marciava sotto bandiera francese. Le truppe di La Balme trovarono una resistenza inconsistente, finché raggiunsero Kekionga, dove La Balme aveva progettato di arrestare Charles Beaubien, che era un agente inglese.
Beaubien e molti dei Miami, però, non si trovavano a Kekionga, così la truppa di La Balme issò la bandiera francese e razziò i depositi degli Inglesi per più di tre giorni, mentre aspettava rifornimenti che non arrivavano mai. Avendo appreso che i cacciatori Miami stavano tornando a Kekionga, La Balme lasciò il villaggio per andare a compiere un’altra incursione contro un trading post sul fiume Eel. Dopo aver lasciato una ventina di uomini a guardia dei magazzini di Kekionga requisiti, Le sue truppe marciarono sulla pista del fiume Eel (la stessa pista che il colonnello Hardin seguirà dieci anni dopo). Gli Indiani Miami, tornati a Kekionga e appreso dell’incursione, distrussero il piccolo gruppo armato lasciato da La Balme. Il capo Piccola Tartaruga, che viveva in un villaggio lungo l’Eel, radunò tutti i guerrieri disponibili e attaccò La Balme prima che raggiungesse il trading post sull’Eel. La Balme e i suoi si fortificarono sulle rive del fiume. E’ rimasta molta confusione sulla lunghezza della battaglia; i resoconti dell’assedio variano da pochi giorni a molte settimane. In ogni caso, alla fine La Balme fu sopraffatto da una forza soverchiante e solo pochi sopravvissuti riuscirono a scappare. Augustin de la Balme morì nella battaglia, che divenne nota come “La disfatta di La Balme”. In una memoria datata 13 novembre, il maggiore Arent de Peyster, comandante della guarnigione di Detroit, ricordava: «Un distaccamento di Canadesi dall’Illinois e da Vincennes arrivò a Kekionga circa 10 giorni fa, entrò nel villaggio, prese i cavalli e il bestiame e saccheggiò un magazzino. Io ho permesso questo per dare il tempo ai nostri Indiani di organizzarsi, cosa che fecero in breve tempo, attaccando subito dopo i Canadesi, guidati da un colonnello francese…I Miami resistettero al fuoco nemico, ebbero cinque uccisi fra i loro guerrieri, ma furono più risoluti di quanto in generale siano i selvaggi e uccisero 30 nemici e presero prigioniero La Balme con i suoi documenti…Sto aspettando il colonnello di ora in ora…» Questa frase avvalora la tesi che La Balme fosse stato effettivamente catturato e poi ucciso da Piccola Tartaruga.
Sebbene la spedizione di La Balme si risolvesse in un fallimento, nondimeno causò grande preoccupazione fra gli Inglesi. Di conseguenza de Peyster inviò un distaccamento di Rangers inglesi a proteggere Kekionga.


Salve di moschetti salutano la commemorazione del 225° anniversario della Disfatta di La Balme (5 novembre 2005)

Con il suo comportamento nella battaglia, Piccola Tartaruga accrebbe la sua reputazione, il che agevolò la sua carriera di capo di guerra.

La battaglia di St. Louis

Gli Spagnoli entrarono nella Guerra di Rivoluzione nel 1779. Gli strateghi militari inglesi a Londra volevano rendere sicuro il corridoio del fiume Mississippi contro l’attività sia degli Spagnoli, sia dei Ribelli americani. I loro piani includevano spedizioni dalla Florida occidentale per colpire New Orleans e altri obiettivi spagnoli e incursioni per prendere il controllo di postazioni del Mississippi superiore, come la piccola città di St. Louis.
La spedizione dalla Florida non si realizzò in quanto Bernardo de Galvez, governatore della Louisiana Spagnola, avanzò rapidamente per prendere il controllo degli avamposti inglesi sul basso Mississippi e minacciava azioni contro Mobile e Pensacola, principali avamposti inglesi nella Florida occidentale.
Patrick Sinclair, governatore militare di Fort Michilimackinac, organizzava le spedizioni inglesi da nord, nel territorio dell’attuale Michigan. A cominciare dal febbraio 1780 egli diede disposizioni ai commercianti di pelli di battere tutto i loro territori di attività ed arruolare le tribù interessate ad una spedizione contro St. Louis. Sinclair offriva ai mercanti l’opportunità di controllare il commercio delle pellicce nelle parti settentrionali della Louisiana spagnola come un incentivo per partecipare.


Fort Michilimackinac

La maggior parte delle forze raccolte si ritrovò a Prairie du Chien, dove prese il comando Emanuel Hesse, un ex capitano della milizia diventato commerciante. Quando, il 2 maggio, la truppa partì da Prairie du Chien, contava circa due dozzine di mercanti e da 750 a 1.000 Indiani. 200 guerrieri Sioux, condotti da Wapasha, costituivano la maggior parte del contingente, con altri gruppi di Chippewa, Menominee e Winnebago; in più c’erano gruppi meno numerosi di Indiani di altre Nazioni. Al capo Chippewa Matchekewis venne affidato il comando supremo di tutto il contingente indiano. Quando queste truppe raggiunsero Rock Island vennero raggiunte da circa 250 uomini delle Nazioni Sac e Fox. I guerrieri erano riluttanti ad attaccare un villaggio come St. Louis, ma Hesse elargì molti doni per assicurarsi la loro partecipazione all’impresa.
Le diversità all’interno della spedizione portarono ad animosità fra le tribù. I Chippewa e i Sioux, in particolare, avevano una storia di conflitti reciproci. Tuttavia Wapasha e Matchekewis favorirono l’unità nel corso della spedizione. Il villaggio di St. Louis originariamente era un centro commerciale sul fiume Mississippi, governato dal tenente governatore Fernando de Leyba, capitano dell’esercito spagnolo, ma era anche la capitale amministrativa della Louisiana Spagnola Superiore. Verso la fine di marzo Leyba fu avvisato da un commerciante di pellicce che gli Inglesi stavano preparando un attacco contro St. Louis e la vicina stazione commerciale americana di Cahokia. Leyba iniziò a sviluppare piani per la difesa del villaggio.


Un famoso “murale” che rappresenta la battaglia di St. Louis

Egli disponeva di una milizia inesperta di 168 uomini, tutti sparpagliati nella campagna circostante, e di solo 29 soldati dell’esercito regolare, appartenenti al reggimento coloniale Fijo della Luisiana. Leyba elaborò un grande piano difensivo, che prevedeva anche la costruzione di quattro torri di pietra. Senza risorse di finanza e di tempo per procurarsi il materiale a New Orleans, Leyba chiese agli abitanti del villaggio di contribuire con fondi e lavoro alla costruzione di queste fortificazioni e pagò alcuni lavori con propri fondi personali. A metà maggio era stata costruita una singola torre rotonda, alta circa 12 metri con il diametro di circa 9. La torre, chiamata Forte San Carlos, offriva una vista completa di tutta la campagna circostante. Poiché sembrava che non ci fosse tempo sufficiente per costruire altre torri, vennero scavate trincee fra la torre e il fiume a nord e a sud del villaggio. Sulla torre vennero montati tre cannoni da 4 pound e due da 6 pound, portati da Fort Don Carlos, e altri cannoni vennero piazzati a ciascuna estremità della linea delle trincee. Fort Don Carlos era stato costruito precedentemente, nel 1767, sulla riva sud del fiume Missouri, vicino alla foce, a 15 miglia a nord del villaggio di St. Louis. Con una forza di soli 197 uomini, 168 dei quali miliziani inesperti, era altamente probabile che l’insieme delle forze nemiche, di circa 1.000 uomini tra Inglesi e Indiani, avrebbe sopraffatto Fort San Carlos.


Fort San Carlos

Layba allora si appellò a François Vallé, un Francese di 64 che abitava in zona, che era stato il primo capitano della milizia francese ed abitava a 60 miglia a sud del forte, presso il sito coloniale francese di Valles Mines. Vallé mandò due suoi figli e 151 uomini della milizia francese ben addestrati ed equipaggiati, facendo così pendere la bilancia dalla parte dei difensori. Con decreto reale del 1 aprile 1782, re Carlo III di Spagna conferì a François Vallé il rango di tenente nell’esercito regolare spagnolo, il che gli dava diritto al titolo di “don” spagnolo.
Vallé fu di grande aiuto nella battaglia di Fort San Carlos in quanto diede ai difensori di entrambi i forti un maggior vantaggio tattico rifornendoli di autentico piombo proveniente dalle sue miniere (invece di ciottoli o pietre) per le pallottole da moschetto e le palle di cannone. Grazie a questo suo contributo, François Vallé fu chiamato “il difensore di St. Louis”. Il 15 maggio Leyba ricevette la visita di John Montgomery, il comandante americano di Cahokia, che proponeva un’alleanza delle forze spagnole e americane per contrastare la spedizione di Hesse, un’idea che non venne mai messa in pratica. Il 23 maggio gli esploratori di Leyba riferirono che l’armata di Hesse era sbarcata con le canoe a sole 14 miglia di distanza e stava avanzando via terra. Il 25 maggio Hesse inviò in esplorazione delle pattuglie per cercare di capire la situazione di St. Louis. Queste pattuglie non furono in grado di avvicinarsi al villaggio a causa della presenza di lavoratori nei campi appena fuori dell’abitato. Il giorno 26 Hesse ordinò a Jean-Marie Ducharme di attraversare il fiume con 300 Indiani per attaccare Cahokia, mentre il resto delle truppe arrivava verso l’una del pomeriggio in vista di St. Louis. Quando dalla torre il nemico fu avvistato, venne sparata nella sua direzione una salva di avvertimento.
I Sioux e i Winnebago erano in testa alle forza attaccanti, seguiti da Sac, Fox e commercianti di pellicce; alla retroguardia stava Hesse. Leyba dirigeva la difesa dalla torre e apriva il fuoco contro il nemico avanzante dalle feritoie e dall’alto della torre ogni volta che quello si avvicinava. Dopo la prima raffica, la maggior parte dei Sac e Fox si ritirò, apparentemente non disposta a combattere, lasciando molti degli altri partecipanti all’attacco sospettosi circa le loro motivazioni nell’unirsi alla spedizione e dubbiosi sulla loro lealtà. Wapasha e i Sioux continuarono per parecchie ore i tentativi di stanare i difensori spagnoli. Giunsero perfino ad uccidere brutalmente alcuni prigionieri che avevano catturato in precedenza nei campi. Benché questo facesse infuriare molti degli abitanti della cittadina, Leyba rifiutò di concedere alla milizia il permesso di effettuare una sortita. Alla fine gli attaccanti si ritirarono e si diressero a nord, distruggendo campi, costruzioni e uccidendo bestiame in posto dove capitavano.
Dall’altra parte del fiume, l’attacco di Ducharme contro Cahokia venne facilmente respinto. George Rogers Clark arrivò tempestivamente a condurre la difesa del posto. La grande reputazione di Clark come combattente di frontiera rese gli Indiani riluttanti a proseguire l’attacco.


La battaglia di St. Louis

Il villaggio di St. Louis, che contava 700 abitanti, aveva perso tra 50 e 100 uomini, tra morti, feriti o catturati. Praticamente tutte le vittime si verificarono fra i civili. Un anno dopo gli Spagnoli di St. Louis assalirono Fort St. Joseph, catturando la bandiera britannica e portandola a St. Louis. Leyba morì il mese seguente. Egli subì molte critiche dai suoi concittadini perché non aveva mai voluto riconoscere formalmente l’impegno della cittadinanza nella difesa del villaggio. Il re Carlo, non sapendo della sua morte, lo aveva promosso a tenente colonnello in forza del suo valore in combattimento.

L’invasione del Kentucky

Nella primavera del 1780 le autorità inglesi avevano preparato piani particolareggiati per riconquistare l’Illinois e attaccare St. Louis, New Orleans e altre postazioni spagnole che sorgevano sul Mississippi. La Spagna, alleata della Francia, si era unita alla guerra contro la Gran Bretagna nel 1779 e in quell’anno aveva rapidamente preso il controllo delle posizioni inglesi lungo il Mississippi. Vennero pianificati quattro movimenti simultanei. Il capitano Henry Bird, con truppe di Detroit, venne inviato a contrastare George Rogers Clark alle cascate dell’Ohio. Il generale John Campbell, 5° Duca di Argyll, proveniente da Pensacola, dopo aver preso New Orleans doveva risalire il Mississippi verso Natchez, dove sarebbe stato raggiunto da una terza armata che avrebbe dovuto discendere il fiume Illinois e catturare St. Louis. Il capitano Charles de Langlade doveva condurre truppe dall’Illinois per poi separarle e controllare anche Vincennes.
Delle quattro parti in cui era diviso il piano, nemmeno una ebbe successo. Campbell si fermò, preoccupato dalla minaccia rappresentata da Bernardo de Galvez, governatore della Louisiana Spagnola, che nel marzo 1780 aveva conquistato Mobile (e avrebbe preso Pensacola nel 1781). La spedizione contro St. Louis era stata respinta. Langlade ritirò le sue truppe all’avvicinarsi della cavalleria dell’Illinois.
Da Fort Detroit il capitano Bird dell’8° Reggimento Fanteria guidò, nel giugno 1780, un’armata di 1.000 guerrieri indiani, accompagnati da 150 uomini bianchi (regolari del dell’8° e 47° Reggimento, milizia di Detroit e soldati del Reale Reggimento di Artiglieria) contro i coloni del Kentucky. Quando raggiunse la confluenza dei fiumi Miami e Ohio, il grosso contingente indiano di Bird, preoccupato che alle cascate fosse presente Clark, ai loro occhi un formidabile nemico, insistettero perché invece si attaccassero forti più piccoli e stazioni commerciali. Mentre gli Indiani avrebbero potuto raggiungere facilmente le cascate (Clark non c’era, in quel momento stava coordinando le difese sul Mississippi con gli Spagnoli), Bird non riuscì a convincerli a mantenere il piano originale.
Proseguendo il cammino senza trovare opposizione lungo il fiume Licking, le avanguardie dell’armata di Bird raggiunsero Ruddle’s Station, circondandola nella notte del 21 giugno. Il giorno dopo arrivò lo stesso Bird con il corpo principale delle truppe e il fuoco dei suoi cannoni fece breccia nella palizzata in legno della stazione. Isaac Ruddle insisté perché la gente sotto la sua protezione fosse trattata come prigioniera di guerra degli Inglesi, sotto la protezione del piccolo contingente britannico. Gli Indiani ignorarono questa richiesta e fecero irruzione nel forte per saccheggiare e prendere bottino. Secondo la versione dello stesso Bird, «gli Indiani fecero irruzione, strapparono i poveri bambini dal seno delle loro madri, uccidendo e ferendone molti.» Dopo che gli Indiani si furono spartiti i prigionieri e il bottino con soddisfazione, avrebbero voluto continuare per la prossima stazione.


Inglesi e Indiani alleati

Bird riuscì a convincerli che i prigionieri catturati in futuro sarebbero stati loro consegnati a discrezione degli Inglesi. La Stazione Martin, non lontana da Ruddle’s Station, fu colta di sorpresa allo stesso modo e si arrese. Gli Indiani onorarono l’accordo con Bird e i prigionieri vennero consegnati a mano dei soldati Inglesi. Mentre gli Indiani avevano intenzione di attaccare Lexington, i più grande insediamento della zona, Bird ordinò la fine della spedizione, asserendo che vi era scarsità di provviste e che il fiume Licking non aveva una portata sufficiente per il trasporto dei cannoni da campo. Quindi la spedizione tornò sui suoi passi. Dopo aver attraversato il fiume Ohio, gli Indiani che vivevano in quelle zone (Delaware, Shawnee e Miami) abbandonarono la spedizione, prendendo con sé il loro bottino e i prigionieri. Quando, il 4 agosto, Bird raggiunse Fort Detroit, le sue truppe avevano ancora 300 prigionieri, catturati nelle due stazioni.
La paura suscitata dalla campagna di Bird indusse molti coloni ad abbandonare i loro terreni e a fuggire ad est. Clark, che invece aveva intenzione di reclutare i coloni per l’effettuazione di campagne contro i villaggi indiani a nord dell’Ohio, che erano sede di molti Nativi che avevano partecipato alla spedizione, chiuse l’unica strada che dal Kentucky conduceva ad est, allo scopo di poter effettuare un altro reclutamento e procurarsi armi.

La battaglia di Piqua

Il villaggio indiano di Piqua era situato a circa 5 miglia ad ovest dell’attuale città di Springfield, in Ohio, sulla riva nord del fiume Mad. Davanti al villaggio ancor oggi vi è una vasta prateria. Sul lato nord della prateria vi è un sistema di rocce, alte fino a una decina di metri, che costituivano di fatto un muro che rendeva quasi impossibile il passaggio di grandi compagnie militari. In un certo punto esisteva un taglio fra le rocce, ma era talmente stretto da non consentire il passaggio contemporaneo di più di una persona, al massimo due. Questo varco poteva essere facilmente ostruito e tramite esso era possibile controllare l’avanzata di un esercito nemico. La parte bassa della città era difesa da una palizzata, un mezzo di difesa non comune fra gli Indiani. Nell’agosto 1780 Piqua era molto popoloso: pare che in un certo momento sia arrivato a ospitare quasi 4.000 Shawnee. Oltre agli Shawnee, a difesa del villaggio erano 300 Mingo alleati, a capo dei quali era il famoso Simon Girty.


Simon Girty

Egli era stato allevato da loro e ne aveva adottato tutte le usanze, anche quelle più crudeli come la tortura.
Il famoso capo Shawnee Catabecassa era nato in Florida. Nel 1755 era presente alla disfatta di Braddock, nella battaglia di Monongahela e fu coinvolto in tutte le guerre dell’Ohio da quella data fino al 1795, quando fu firmato il Trattato di Greenville. Era un uomo sagace e d’esperienza, di fierezza e di valore; occupava la posizione più alta fra il suo popolo e si opponeva alla pratica della poligamia e del bruciare i prigionieri.
Per cercare di prevenire le continue incursioni degli Indiani contro le popolazioni della frontiera e per prevenire altri tentativi di invasione del Kentucky, venne organizzata una spedizione che attaccasse il villaggi sul fiume Mad. Le truppe si radunarono nel punto dove oggi sorge Covington, nel Kentucky. Da Louisville risalirono il fiume Ohio su battelli da trasporto, con provviste e materiali di scorta al seguito. Sul lato opposto del fiume, dove oggi c’è Cincinnati, costruirono una piccola fortificazione, che doveva servire da magazzino rifornimenti e base d’appoggio.
Il 2 agosto 1780 il generale George Rogers Clark si mise in marcia con un esercito di 1.000 uomini verso i villaggi indiani del fiume Mad, situati nel territorio che ora fa parte della contea di Clark, in Ohio, e negli immediati dintorni. La distanza da percorrere era di circa 80 miglia attraverso un’intricata foresta, nella quale, con grande fatica, i soldati tagliarono una strada per permettere il passaggio dei cavalli e dei muli da carico, più un cannone da 6 pound.
I soldati marciavano senza tende, brande o bagagli personali. Le loro razioni per la campagna di 30 giorni erano di 6 quarti di mais, un pugno di sale e tutto il mais verde e la selvaggina che potevano procurarsi lungo il cammino. Ogni alimento che trovavano veniva cotto su bastoncini posti sopra il fuoco. Qualche volta si cuocevano prugne verdi e nocciole per mangiarle. L’impressione che si aveva, non solo nella colonia, ma anche fra i soldati, era che se l’esercito fosse stato sconfitto nessuno del soldati sarebbe riuscito a fuggire e che in tale eventualità gli Indiani sarebbero piombati sulle donne e i bambini del Kentucky, completamente indifesi, e li avrebbero massacrati, avrebbero bruciato città e villaggi e lasciato il paese nella desolazione. Sembrava non ci fosse alternativa alla distruzione o dei coloni bianchi o degli Indiani ed entrambe le parti vedevano la situazione sotto la stessa luce. Daniel Boone, il pioniere nemico degli Indiani, agiva come spia della spedizione. L’armata era separata in due divisioni: il generale Clark comandava la prima e il colonnello Logan la seconda. Tra queste due colonne marciavano i muli da carico e l’artiglieria.


Il piano tattico dell’armata di Clark

Gli uomini di ciascuna divisione dovevano marciare su quattro colonne, a distanza di meno di 40 metri una dall’altra, con una linea di uomini in copertura sui fianchi sia a destra che a sinistra. In caso di attacco frontale del nemico, ci si doveva fermare e le due colonne di destra avrebbero ruotato a destra e quelle di sinistra a sinistra, mentre l’artiglieria sarebbe avanzata al centro: l’insieme avrebbe formato una completa linea di battaglia.
La seconda divisione si sarebbe comportata allo stesso modo, avanzando o agendo come truppa di riserva. Con la rotazione sui fianchi destro e sinistro, l’intera armata avrebbe presentato una linea di battaglia di forma quadrata, con i muli da carico e i rifornimenti al centro. In caso di un attacco su entrambi i fianchi o sulla retroguardia, la stessa manovra avrebbe posto le truppe nella posizione migliore per la difesa o l’attacco.
Il 6 agosto l’armata arrivò al villaggio indiano di Chillicothe, solo per trovarlo completamente bruciato e deserto. Il giorno 7, qualche giorno prima di quanto si aspettassero gli Indiani, si presentò davanti a Old Piqua. Un soldato, che aveva disertato prima che le truppe arrivassero alla foce del Licking, aveva avvertito gli Indiani dell’avvicinarsi della spedizione. L’attacco cominciò verso le due del pomeriggio dell’8 agosto e durò fino alle cinque della sera. Le forza all’assalto erano state divise in tre gruppi separati. Uno, sotto il comando del colonnello Lynn, aveva ordine di attraversare il fiume e circondare la città sul lato ovest. Per evitare che questa mossa avesse successo, gli Indiani effettuarono un poderoso attacco contro l’ala sinistra delle forze attaccanti, che il colonnello Lynn riuscì a respingere estendendo la formazione delle truppe per un miglio a ovest del villaggio. Il colonnello Logan, al comando di 400 uomini, doveva marciare sulla riva sud del fiume, possibilmente muovendosi in modo da sottrarsi alla vista degli Indiani, e attraversare la corrente all’estremità superiore della prateria, per prevenire fughe in quella direzione. Il generale Clark era rimasto al centro, vicino al cannone, per assalire il villaggio frontalmente.


Schema della battaglia di Piqua

Questa disposizione delle forze, con un attacco simultaneo effettuato da truppe separate, faceva prevedere, se ben eseguito, la cattura del villaggio e una completa disfatta degli Indiani, con la morte di un gran numero di guerrieri. Seguendo le abitudini del tempo, non non si sarebbero presi prigionieri; tutti quelli catturati sarebbero stati messi a morte.
Gli Indiani, seguendo il loro piano difensivo, se sconfitti non avrebbero potuto ritirarsi in sicurezza sulla sommità rotonda della collina, perché la sua elevazione li avrebbe portati alla vista ed entro il raggio dei fucili americani e del cannone del generale Clark che, come apparenza e rumore, provocava più paura che danno. Non potevano neanche scappare all’estremità superiore della prateria, perché il colonnello Logan e i suoi 400 uomini erano stati mandati proprio là per intercettarli; non a nord, perché questa via era completamente ostruita dalle rocce; e nemmeno ad ovest, dalla parte inferiore del villaggio, dove era la palizzata, perché in questo punto la battaglia infuriava con la più grande veemenza sotto l’attacco del colonnello Lynn. Il costante rumore degli spari dei fucili nel loro mortale lavoro, gli ordini dei soldati bianchi, le urla degli Indiani, i lamenti dei feriti e dei moribondi, il ruggito distante del cannone, rivelavano che questo era il punto dove la sconfitta doveva essere accettata o la vittoria celebrata. Simon Girty, che non era mai stato un alleato troppo affidabile, ordinò ai suoi 300 Mingo di ritirarsi da quello che gli appariva un combattimento impari. Gli Shawnee, disorientati dalla ritirata dei loro alleati e pressati dal violenti assalti del nemico bianco, che essi chiamavano “pazzia”, talmente erano sconsiderati i soldati nell’esporre le loro vite (e gli Indiani non si erano mai trovati di fronte ad un simile modo di combattere), abbandonarono la lotta e si ritirarono lentamente nelle praterie, nascondendosi tra l’erba alta, i wigwams e i salici della palude. Mentre si ritiravano, combattevano non per la vittoria, ma per la vita, fino a che raggiunsero le rocce, sotto le quali avevano nascosto le donne e i bambini. La loro situazione adesso era peggiore di quanto fosse all’inizio, perché avevano tutti abbandonato la pianura, ritirandosi verso nord e, passando (secondo i racconti della tradizione) per il canalone che scendeva dalla cima della collina, si erano addentrati nelle alture.
Se il colonnello Logan avesse eseguito questa parte del piano con maggior rapidità, gli Indiani sarebbero rimasti tagliati fuori da questa via di ritirata e sarebbero stati uccisi in gran numero. Alcuni asseriscono che Logan marciò fino ad un punto dove il fiume Mad riceve le acque del Buck Creek, prima di attraversare il fiume, e poi raggiunse la riva est dello stesso per eseguire la sua parte del piano generale. Senz’altro marciò per circa tre miglia, e questa è la distanza dal sito di Piqua alla foce del Buck Creek. Ne consegue che, se egli avesse risalito il fiume fino al punto suddetto, avrebbe dovuto percorrere sei miglia prima di poter condurre i suoi uomini in azione. Questa appare come un tipo di manovra che, alla luce della conformazione del campo di battaglia, ha ben poco di militare. E’ presumibile invece che egli avesse fatto una deviazione allontanandosi dal fiume, in modo che i suoi uomini fossero nascosti alla vista, perché la segretezza dei movimenti era una delle condizioni del successo.


Ricostruzione della battaglia di Piqua

Per eseguire perfettamente la sua parte del piano, egli doveva marciare per tre miglia, ma certamente non per sei. Comunque non vi è disputa sul fatto che, quando Logan portò le sue truppe in posizione, la battaglia fu combattuta e vinta, e gli Indiani messi in fuga. Le perdite si equivalsero: una ventina di caduti per parte.
Il giorno 9 agosto la palizzata del forte, le capanne tempestate di colpi e i campi di granturco furono distrutti. Il 10 il generale Clark con la sua armata partì per il Kentucky. Questa campagna aveva lasciato gli Indiani senza difesa né cibo. Adesso dovevano cacciare per il sostentamento loro e delle famiglie, non avendo più tempo per la guerra. Gli insediamenti di frontiera cominciarono a vivere in pace e senza paura. Mentre non si verificarono ulteriori incursioni da parte degli Shawnee per il resto della Guerra di Rivoluzione, negli anni seguenti l’ostilità continuò a crescere grandemente fra le tribù dell’Ohio.