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La miniera perduta dei Navajos

A cura di Marco Aurilio

Tra il 1868 ed il 1884 la miniera di Peshlakai divenne una specie di leggenda tra la popolazione bianca del sud-ovest degli Usa. Ubicata in qualche remota area del territorio navajo, si aveva pochi dubbi sulla sua esistenza. La sua ricerca però costò quasi sempre la vita di chi tentò di trovarla.
Quando il grosso dei navajos tornò dalla detenzione a Bosque Redondo, alcune delle bande che non si erano arrese scesero dalle loro sicure montagne sfoggiando bellissimi gioielli d’argento, la cui vista stupì i vari commercianti intenti ad erigere i loro trading posts all’ interno dei confini della riserva.Molti americani iniziarono così a cercare l’argento dei navajos. Nel 1878, due minatori vennero affrontati dal capo Scarbreast nella strada tra gli Echo Cliffs e Lees’Ferry. Dopo un duro confronto il navajo gli uccise entrambi. Alcuni indiani di passaggio avvisarono i più vicini traders, William e Ike Lee che provvidero a seppellirli. Nel 1879 Jack Mitchell, un minatore del Colorado, notò che a possedere il maggior numero di oggetti d’argento erano i navajos della Monument Valley e così condusse delle prime esplorazioni in solitario in quest’area, presentandosi poi a Durango sempre nello stesso anno, con grosse quantità del prezioso metallo. Decise di assumere un giovane aiutante di nome Merrick e nella primavera dell’anno seguente partirono alla ricerca della miniera. Secondo alcune fonti i due erano stati soldati nell’ultima guerra navajo , durante la quale avevano capito che c’era la possibilità di trovare l’argento nel territorio della tribù. Fingendosi trappers esplorarono l’area in cui credevano potesse essere la miniera, ma vennero presto scoperti dagli indiani ed il noto capo Hoskinini gli intimò di andarsene. I due rimasero invece a cercare la miniera, trovarono un po’ del metallo ma ricevettero un secondo avvertimento dai navajos, con tanto di promessa che non ce ne sarebbe stato un terzo. I due si recarono così a Cortez, Colorado, poi a Dolores e Mancos in cerca di finanziatori che li aiutassero ad organizzare una spedizione, ma nessuno voleva avere a che fare con un ipotetica miniera in territorio navajo. Dopo alcuni mesi però trovarono un uomo interessato, James Jarvis, che pose una condizione alla collaborazione: voleva vedere altro materiale, sia per confermarne la presenza che per valutarne la qualità, così i due tornarono della Monument Valley. Non videro segno dei navajos pensando così che non vivessero più in quella zona, sbagliando… ne stavano controllando i movimenti dal primo momento in cui erano entrati nell’ area. La notte seguente, mentre si apprestavano a cenare e riposare alla base di una collina, i guerrieri di Hoskinini attaccarono nell’oscurità. Merrick fu colpito e ucciso sul posto, Mitchell fu ferito ma riuscì a scappare e trovò rifugio in una fessura tra le rocce varie miglia ad ovest del luogo dell’agguato. Quando all’alba uscì dal nascondiglio, gli uomini di Hoskinini erano lì ad aspettarlo e fu ucciso. Settimane dopo, la notizia degli avvenimenti giunse a Cortez. Un gruppo di venti uomini armati cavalcò verso la Monument Valley ed affrontò Hoskinini. Il capo affermò che ad ucciderli erano stati degli Ute guidati dal rinnegato “No Neck”, che li avrebbe uccisi perché i due si sarebbero rifiutati di dargli del tabacco. Gli ute avrebbero anche rubato le loro armi e gli oggetti personali. Pur non convinti del tutto, circondati dai navajos, decisero di tornare a Cortez.


Mitchell Butte

Attualmente il butte (collina isolata con cima piatta e pareti ripide, tipiche del sud-ovest americano) dove furono sorpresi i due minatori si chiama “Merrick Butte” e quello dove fu ucciso Mitchell prende da lui il nome. Non si può esser certi della responsabilità delle due uccisioni. Hery Chee Dodge in un occasione però affermò :”quando un minatore scompare, i suoi cavalli e la sua merce trovano sempre la strada dell’hogan di Hoskinini”.

Samuel Walcott and James McNally.
All’inizio della primavera del 1884 altri due minatori decisero di cercare la miniera d’argento, Samuel Walcott e James McNally . Il Mitchell’s trading post , sul fiume San Juan, fu dove organizzarono la spedizione e da qui partirono alla volta della Monument Valley. Il 7 Aprile arrivarono notizie a Fort Defiance di uno scontro tra alcuni navajos ed un piccolo gruppo di bianchi avvenuto il 31 Marzo. L’agente Denis Riordan, che all’epoca già non era in buoni rapporti con i navajos della Monument Valley dato che sosteneva di aver subito minacce da Hoskinini e la sua banda, inviò subito uno scout navajo, Sam Bigodi,ad indagare. La sua relazione risultò in qualche modo inadeguata e così “Pete” un altro scout dell’area di Chinle fu inviato per approfondire la questione. Al suo rientro, valutando le due relazioni, Riordan giunse alla conclusione che due minatori “erano stati uccisi a sangue freddo”
Il rapporto dello scout Pete:

“La sera prima di essere uccisi, un navajo di nome Bilili Ligaii “cavallo bianco” era stato con loro e aveva preso accordi per fornirgli carne e mais. La mattina dopo Dinè Tsosi ed un giovane si recarono da loro con gli alimenti e trovarono li Hoskinini Begay. Dopo aver mangiato uno dei due americani andò a prendere i cavalli e l’altro fece capire ai navajos che volevano commerciare più tardi. Hoskinini Begay si rivolse a Dinè Tsosi dicendogli che voleva sapere se potevano scambiare un fucile che tenevano nascosto con un loro cavallo. Dinè Tsosi lo invitò a chiederglielo. Ottenne però un rifiuto al quale reagì manifestando la volontà di ucciderli. Il giovane navajo acconsentì mentre Dinè Tsosi cercò di evitarlo ma Hoskinini Begay rispose che il vero motivo per cui desiderava ucciderli era che gli americani avevano ucciso molte persone del suo popolo quando lui era un bambino e suggerì al giovane navajo di prendere la pistola mentre lui afferrava un ascia. L’americano cerco di strappargli l’ascia dalle mani ma lui gli rispose che voleva vedere quanto era tagliente. Il ragazzo aveva preso la pistola e l’americano si girò verso di lui intimandogli di lasciarla cadere, quando Hoskinini Begay gli spaccò la testa con un colpo d’ascia. Nel frattempo erano arrivati altri due vecchi navajos tra cui Daghaa Yazi, che mostrarono disappunto ma dissero che a questo punto era meglio uccidere anche l’altro americano. Hoskinii Begay prese il fucile dell’americano e uccise i loro cavalli, continuando a sparare fino a scaricare completamente il fucile. Il minatore si nascose dietro gli animali morti e da qui riuscì a ferire Daghaa Yazhi. I navajos così soccorsero il vecchio indiano ferito lasciando l’americano libero di fuggire. Mandarono però un messaggero al campo di Hoskinini che poco dopo arrivò con alcuni seguaci. In poco tempo Hoskinini e Hoskinini-Begay (“figlio di Hoskinini”) con i i loro guerrieri lo trovarono e lo uccisero. Dinè Tsosi è venuto con me per confermare i fatti ma prima li ha avvisati che sarebbe venuto al forte. Questo è il mio rapporto”.

Hoskinini, il “Signore della Monument Valley”.
Il giorno seguente gli scout navajo andarono al campo di Hoskinini per convincerlo a presentarsi al forte. Il capo e suo figlio arrivarono accompagnati da un buon numero di guerrieri armati, tra cui anche l’influente Ganado Mucho.


Hoskinini

Alcune settimane prima i proprietari del Trading Post che aveva fornito le attrezzature a Walcott e McNally avevano ucciso un navajo e non era stato fatto nulla per punirli. Per questo motivo Ganado Mucho rifiutò di consegnare Hoskinini, che supportato da Cavallo Bianco fornì un’altra versione in cui il responsabile era indicato in Dinè Tsosi, dopodichè gli indiani tornarono nella Monumet Valley. In quei giorni Riordan fu sollevato dall’ incarico e sostituito come agente indiano da John H. Bowman che richiese rinforzi militari a Fort Wingate e ordinò agli scouts di portare Hoskinini, che probabilmente considerava chiusa la facccenda, al forte dove appena arrivato fu arrestato. Lo stesso giorno gli scouts arrestarono anche Dagha Yhazi, l’anziano navajo ferito nello scontro con i minatori. Gli scouts riferirono che Hoskinini Begay invece era fuggito e sembrava intenzionato a recarsi a Fort Wingate per cercare di liberare il padre. Bowman inviò di nuovo gli scouts sulle sue tracce minacciando di sequestrare tutte le proprietà della sua famiglia, ma il tentativo fallì. Così invitò i capi più importanti per cercare di catturare sia lui che alcuni utes che avevano recentemente ucciso due scouts navajo. Proprio fra questi si era rifugiato Hoskinini Begay. Il 15 Agosto Bowman, Chee Dodge, 15 scouts e 40 soldati guidati dal tenente Kingsbury partirono verso la Monument Valley. Da Keams Canyon Bowman chiese rinforzi, avendo trovato gli indiani in stato di forte agitazione, con i principali capi navajo che sostennero di non aver provato a catturare Hoskini Begay per non scatenare una guerra con gli Ute che lo proteggevano, sostenendoche erano una tribù che non possedeva nulla e non avevano nulla da perdere in una guerra e che cercavano solo un pretesto per iniziarne una. Nel frattempo sia la cavalleria guidata dal Capitano Kendall che la fanteria del Capitano Waterbury erano in marcia verso la Monument Valley. Bowman nel suo rapporto scrisse di aver inviato uno scout che localizzò il campo Ute e parlò con il navajo fuggitivo, ma gli indiani sparirono senza lasciar tracce. Bowman cercò di coinvolgere anche l’agente indiano per gli ute, senza troppi risultati. Nel frattempo Hoskinini, Dinè Tsosi e Dagha Yazhi erano stati trasferiti nella prigione di St. John, Arizona ma dopo poco tempo furono rilasciati. A Fort Defiance Hoskinini chiese indietro alcuni gioielli e la sua pistola che gli erano stati sequestrati ma che non gli furono mai riconsegnati. Hoskinini Begay non fu catturato e con il tempo l’episodio fu dimenticato.

Cass Hite.
L’ultimo uomo che cercò la miniera fu Cass Hite. Nel 1882 aveva iniziato a vivere con i navajos diventando amico della maggior parte di loro. Chiedeva sempre informazioni sull’ argento così venne chiamato “Peshlakai” “argento” appunto e la miniera che tanto voleva trovare “la miniera di Peshlakai”. Dopo alcuni anni si trasferì in Utah, vicino il Tickaboo Creek, vivendo da eremita ma con il pensiero sempre alla miniera. Cass era un personaggio particolare tanto che nonostante cercasse l’argento, i navajos non tentarono mai di ucciderlo, divenne anche uno dei migliori amici bianchi di Hoskinini, ma nonostante ciò non gli fu mai rivelato il luogo dove si trovava la miniera. Anni dopo questi episodi fu Hoskinini Begay a parlare della miniera di Peshlakai. Ammise la sua esistenza e sostenne che solo sette navajos avevano mai saputo il luogo esatto. Uno di questi sette uomini fu il padre, Hoskinini, l’ultimo a morire. In punto di morte avrebbe cercato di spiegare al figlio l’esatta ubicazione della miniera ma Hoskinini Begay non riuscì a capire tutte le indicazioni. Provò lo stesso a cercarla varie volte senza successo. Con la morte di Hoskinini il segreto andò perso.

“Il Fantasma di Hoskinini”.
Cy Warman un poeta del 1800 scrisse su Cass Hite. Il poema si intitola “Il Fantasma di Hoskinini” ed è stato inserito in un altro poema scritto dallo stesso Cass Hite il giorno del suo sessantesimo compleanno, intitolato “La pista delle sessanta nevi”. Nel 1955 Katie Lee scrisse la musica per quest’opera.