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Storia dei popoli del Nord-America – 10

A cura di Claudio Ursella
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (ultima).


LA NASCITA DELLA CULTURA DEL BISONTE E DEL CAVALLO

In tutto il Nord America il contatto con gli Europei, con le loro malattie, le loro merci, la loro religione, le loro armi, la loro politica e soprattutto, il loro numero, ebbe effetti devastanti sulla vita dei nativi, producendo un trauma demografico, distruggendone il modello di sussistenza, le credenze, la struttura sociale, e determinando dei processi di decadenza che a volte si consumarono in pochi anni, a volte durarono secoli. Sempre e comunque gli indiani non si trovarono nelle condizioni di poter cogliere le novità derivanti dal contatto con i bianchi, come opportunità per rivitalizzare e rinnovare la loro cultura.
L’unico luogo in cui ciò avvenne fu nelle Grandi Pianure, dove in conseguenza del contatto, si produsse per meno di due secoli, dalla fine del ‘600 alla metà dell’800, un nuovo modello culturale, affascinante, ricco ed effimero, che di fatto divenne, l’immagine e il simbolo di tutti i popoli nativi americani.
Il cavaliere nomade, che caccia bisonti e si sposta in lungo e in largo nelle Grandi Pianure, libero, bellicoso e orgoglioso, questa è l’immagine più classica dell’indiano d’America; ma questa immagine, che fu il frutto dell’incontro con l’uomo bianco, mai era esistita prima di tale incontro, e ciò per la semplice ragione, che l’indiano non era mai stato un cavaliere, non essendoci in America cavalli, almeno dalla fine del Pleistocene. Quindi la cultura degli indiani delle Grandi Pianure, così come l’abbiamo conosciuta nella storia, fu il prodotto dell’incontro tra gli stili di vita precedenti l’incontro con l’uomo bianco, e gli elementi di novità prodotti dall’incontro con l’uomo bianco; importanti furono anche le modalità di tale incontro, e soprattutto i tempi con cui tale incontro avvenne. Partiamo proprio da quest’ultimo elemento.


Jacques Cartier incontra i popoli Iroquaian

La prima presenza di Europei e il loro contatto con gli indiani delle Grandi Pianure, avviene più o meno nello stesso periodo sia nelle Grandi Pianure, che in altre parti del Nord America: nelle regioni dell’Atlantico Giovanni da Verazzano entra in contatto con i popoli Algonchini nel 1524, Jacques Cartier incontrò i popoli Iroquaian del San Lorenzo intorno al 1540, a partire dal 1511 diverse spedizioni di conquistadores spagnoli visitarono la Florida e le coste americane, fino alla spedizione di Hernando de Soto del 1539, che attraversà gran parte delle regioni sud-orientali, dalla Florida agli Appalache, fino al Mississipi e oltre, nelle praterie del Texas; più o meno lo stesso accadde nelle Grandi Pianure, che oltre ad essere visitate dallo stesso de Soto, nelle zone marginali, videro la spedizione di Vasquez de Coronado del 1540, giungere fin nelle praterie del Kansas, incontrando sia indiani nomadi che comunità agricole.
Dopo questa prima stagione di esplorazioni, per alcuni decenni quasi ovunque, a parte in Florida e nel New Mexico, le occasioni di incontro tra indiani ed europei si ridussero per svariati decenni; poi a partire dall’inizio del ‘600, ovunque i processi di colonizzazione europea in Nord America, si fanno più strutturati e meno episodici: Samuel de Champlain nel bacino del San Lorenzo, i Padri Pellegrini in New England, gli Olandesi sul fiume Hudson, John Smith in Virginia, missionari francescani in Florida, Juan de Onate in New Mexico; anche nelle pianure gli europei fanno di nuovo la loro apparizione, con la spedizione di Onate in Kansas del 1601, ma non si tratta del tentativo di impiantare una colonia, ma solo dell’ennesima, e definitivamente delusa, ricerca di misteriose città ricche di tesori.


Samuel de Champlain e gli indiani

Di fatto a partire dal ‘600 (ma nelle terre attraversate dalla spedizione di De Soto anche da prima), avviene l’impatto traumatico con il mondo dei bianchi: nuove malattie, guerre distruttive, stravolgimento delle economie tradizionali e inserimento delle tribù nel sistema commerciale europeo, cessione di territori, conflittualità tribale legata al commercio, dipendenza dalle merci e dai manufatti europei, imposizione della religione europea e attacco alle credenze tribali, tutto si realizza nel giro di pochi decenni tra i primi anni del ‘600, e la metà dello stesso secolo.
Già alla metà del ‘600 nelle Foreste Orientali e nelle regioni del Sud-Ovest, lo stile di via tradizionale era stato in larga misura travolto, intere tribù completamente distrutte, sottomesse, o obbligate ad emigrare in luoghi lontani, e se i territori effettivamente occupati dalla colonizzazione europea erano ancora in quantità estremamente limitato, il sistema di relazioni politiche, interessi commerciali, alleanze militare, che da quei luoghi emanava, era in grado influenzare in modo determinante gran parte della regione a est del Mississipi, e a ovest del Rio Grande.
Entro la fine del ‘600 le popolazioni agricole del Sud-Ovest furono definitivamente sottomesse, mentre a est del Mississipi, anche per le rivalità tra le potenze coloniali di Inghilterra, Francia e Spagna, i conflitti durarono fino ai primi decenni dell’800, ma in buona misura come prodotto delle relazioni tra i dominatori europei.
E’ in questo periodo, mentre in altre aree il confronto tra il mondo dei nativi e quello degli europei si presenta sempre in forme traumatiche e drammatiche, nelle Grandi Pianure, lontane dalle aree costiere e dai principali centri di colonizzazione, il contatto avvenne in un modo più lento, con il filtrare progressivo di merci e manufatti, attraverso la rete di scambi tribali e quasi sempre senza il rapporto diretto con i mercanti europei; l’arrivo nelle Grandi Pianure di tribù orientali, che avevano già incontrato l’uomo bianco, permise una maggiore capacità di reazione di fronte alle novità de essi introdotte.
Dell’impatto delle nuove malattie, drammatico nelle regioni orientali e in Messico, nelle Grandi Pianure non abbiamo notizie almeno fino alla seconda metà del XVIII secolo, e principalmente nei villaggi agricoli dove la concentrazione della popolazione, favoriva la diffusione delle malattie; con la diffusione del cavallo, dalla metà del ‘600, e soprattutto dopo la Grande Rivolta dei Pueblo del 1680, dal mondo dei bianchi giunge la possibilità di dare un impulso immenso allo stile di vita delle Grandi Pianure; insieme al cavallo, nelle pianure erano nel frattempo giunti i primi manufatti in metallo, le armi da fuoco, il modello commerciale europeo, tutti elementi che si inserirono nel processo di costruzione del modello culturale delle Grandi Pianure, divenendone parte.


La rivolta dei Pueblo

Quando si ebbe l’impatto diretto tra Europei e indiani delle pianure, non prima della fine del ‘700, questi ultimi erano perfettamente in grado di gestire in modo quasi paritario il loro rapporto con i bianchi, senza alcuna dipendenza o subalternità; per quasi mezzo secolo, gli indiani delle Grandi Pianure, commerciarono quasi alla pari con i bianchi, dominando i loro territori e accogliendo mercanti e cacciatori bianchi, sulla base delle loro esigenze di commercio.
Per rompere questo equilibrio di forze, ci volle la ferrovia e le tecnologie militari sperimentate nella Guerra di Secessione, la prima guerra dell’era industriale, una migrazione di massa imponente, subito dopo tale guerra, e soprattutto il massacro indiscriminato dei bisonti, ridotti negli Stati Uniti a poche decine intorno al 1890; un attacco concentrato in meno di vent’anni, perchè gli indiani delle pianure potessero essere affamati e sottomessi, la loro resistenza spezzata, il loro orgoglio umiliato, il loro mondo distrutto. Fu la fine di uno degli stili di vita più liberi, ricchi e affascinanti, nella storia delle culture umane, e della bellezza di questa cultura il cavallo divenne l’emblema.
L’introduzione del cavallo fu determinante per il costituirsi della cultura delle Grandi Pianure, ma va specificato che diversi furono gli elementi che la resero possibile, e diversi furono i soggetti che contribuirono a produrla, portando contributi diversi, sul piano della sussistenza economica, della vita materiale, della dimensione spirituale, dell’organizzazione sociale. Tanti e diversi elementi intervennero tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘700, nelle vaste praterie dei bisonti, quando la cultura delle Grandi Pianure acquista la sua fisionomia storica.


La caccia al bisonte

All’inizio di tutto comunque ci fu il bisonte, una immensa risorsa alimentare, in grado di garantire cibo anche a comunità più numerose, di quelle che abitualmente si producono intorno ad una economia di caccia e raccolta. In tutto il Nord America (a parte la California, il cui contesto ambientale è particolare), il modello di sussistenza basato su nomadismo, raccolta di vegetali selvatici e caccia, non permise l’organizzazione di comunità che andavano oltre le poche decine di individui, e anche dove le condizioni furono più favorevoli, come nella zona dell’Altopiano, dove periodicamente le diverse bande si riunivano in luoghi in cui le risorse abbondavano (risalita dei salmoni, raccolta delle radici di camas), i rapporti e le relazioni tra le diverse bande non erano tali da produrre un’organizzazione sociale più complessa, con la divisione in clan strutturati, l’organizzazione di strutture tribali, o addirittura una qualche forma di gerarchia sociale. Tutti questi elementi che si accompagnano abitualmente all’attività agricola e alla semisedentarietà, sono possibili laddove l’accumulo delle risorse disponibili permette la concentrazione degli individui e un minimo di “pianificazione economica” basato sulla certezza dei raccolti o di altre risorse non aleatorie.
Nelle Grandi Pianure il bisonte rappresentò in tempi storici un’alternativa all’agricoltura in grado di permettere dinamiche simili a quelle prodotte dall’agricoltura. Data l’entità delle risorse alimentari che metteva a disposizione, esso permetteva, a fronte di adeguate tecniche di conservazione, la possibilità di accumulare significative scorte alimentari, e quindi la concentrazione di comunità più numerose per periodi più lunghi, e quindi la possibilità di una vita sociale più articolata e complessa. Ma perchè tale possibilità potesse realizzarsi, la caccia al bisonte doveva essere una certezza, e non una semplice opportunità, e prima dell’introduzione del cavallo tale certezza non c’era.
La precarietà di un modello di un sussistenza legato solamente alla caccia al bisonte dipende dalle caratteristiche di questo animale, che nei suoi spostamenti, a differenza di altri mammiferi che vivono in branchi, non ha alcuna ciclicità, e si affida solamente al caso. Il cariboù che è l’altro grande mammifero che vive in branchi, più a nord nelle pianure del Canada, si sposta stagionalmente secondo itinerari fissi, e ciò permette agli indiani Atapaskan che li predano, di attenderli in luoghi noti e definiti; l’arrivo dei cariboù è quindi una risorsa certa, come quella del salmone, che fa da collante, almeno temporaneo, per comunità disperse.


La caccia al caribou

Diversa doveva essere la condizione per i più antichi nomadi delle pianure, gli antenati dei Kootenay, dei Kiowa, degli Shoshone, dei Tonkawa, e delle tante bande Coahuilecan del Texas: la possibilità di riunire diverse bande per spingersi nelle pianure alla ricerca dei bisonti, doveva essere un’opportunità importantissima, ma dagli esiti tutt’altro che certi. I bisonti dovevano essere trovati, spostandosi a piedi con donne, bambini e anziani al seguito, nella vastità delle pianure, e questo era già un problema; una volta trovati, non dovevano essere allertati, perchè una volta presa la fuga una mandria di bisonti è irraggiungibile per cacciatori appiedati; il luogo poteva presentare caratteristiche più o meno adatte all’organizzazione di una caccia collettiva; infine a caccia conclusa, la possibilità di un pieno utilizzo degli animali predati, era vincolato ai limiti di trasporto, derivanti dall’assenza di animali da traino e da soma (a parte il cane).
La caccia al bisonte era in sostanza una lotteria, che poteva dare ricchi premi, ma anche profonde delusioni; è naturale che intorno a tale attività, pur praticata per millenni, non si sia costruito nessun modello culturale in grado di sedimentare comunità più numerose, con una organizzazione sociale più complessa. Che infatti non esisteva tra gli originari nomadi delle pianure.
Diversa era la condizione per i popoli agricoli o comunque semisedentari, delle praterie orientali e delle regioni limitrofe dell’area forestale. Questi popoli fondavano la loro organizzazione sociale su un modello di sussistenza meno aleatorio e precario, e usavano la risorsa delle cacce collettive al bisonte come attività integrativa, ma non centrale. La vita in villaggi stabili, piuttosto che il continuo nomadizzare alla ricerca di cibo, facilitava la possibilità di conservare e accantonare le eccedenze prodotte dalla caccia.
Tra questi due diverse modalità di utilizzo della risorsa costituita dai bisonti, si collocano gli Atapaskan, che fanno la loro comparsa nelle Grandi Pianure nei primi secoli del II millennio. Quasi certamente questi gruppi prima di divenire cacciatori di bisonti, avevano per secoli cacciato le grandi mandrie di cariboù delle pianure settentrionali, costruendo intorno a questa preda, che per le sue migrazioni costanti rappresentava una risorsa più certa, un modello di cultura nomade, con un maggiore grado di integrazione e coesione tra le diverse bande, in grado quindi cooperare più stabilmente, di organizzare insieme la difesa o l’attacco nei confronti di gruppi ostili e concorrenti. Sta di fatto che nell’arco di pochi secoli gli Atapaskan, con il loro modello culturale, occuparono tutte le Grandi Pianure occidentali, imponendosi e sovrapponendosi ai popoli di più antica residenza.
E anche possibile che gran parte delle tecniche di sopravvivenza caratteristiche delle Grandi Pianure, sia stato elaborato nelle terre settentrionali e adattato al nuovo contesto nel corso della migrazione a sud. Gli Atapaskan del Canada usavano cani e travois per gli spostamenti, tepee conici di pelle, elementi questi tipici delle Grandi Pianure, di cui non è certo l’uso, prima dell’arrivo degli Atapaskan a sud. Dagli Atapaskan tali usi potrebbero essersi estesi agli altri popoli, costituendo la base della della vita materiale delle Grandi Pianure. Ciò può valere in particolare per i Blackfoot, che probabilmente abbandonarono le terre orientali più o meno quando gli Atapaskan loro vicini, abbandonavano quelle settentrionali.



Due esempi di travois montati su cani

Quindi sul sedimento di un modello economico di sussistenza originario piuttosto precario, e di un modello sociale estremamente labile, potrebbe essersi innestato un modello di nomadismo più specializzato e strutturato, di provenienza settentrionale. Un ulteriore contributo potrebbe essere stato aggiunto dai popoli dei villaggi agricoli e dai migranti dalle terre orientali, con una struttura sociale più coesa, già organizzati in tribù o confederazioni, con una vita spirituale cerimoniale più complessa e strutturata. E’ grazie al contributo di questi popoli orientali, che si aggiungono alla fisionomia culturale delle Grandi Pianure, alcuni elementi caratteristici, quali l’esistenza di vere e proprie strutture tribali, con consigli e capi autorevoli e riconosciuti, la strutturazione sociale complessa, con clan famigliari, o l’organizzazione dei membri sulla base di fasce di età e generazionali, l’organizzazione di “società guerriere”, e infine la vita cerimoniale caratterizzata da grandi eventi collettivi, quali la Danza del Sole, praticata con infinite varianti da un gran numero di popoli. In sintesi un modello di sussistenza con al centro il bisonte, ereditato dagli abitanti nomadi originari, un contributo rispetto alle tecniche e alla vita materiale e quotidiana, dagli Atapaskan provenienti da nord, un modello di organizzazione sociale e di vita cerimoniale, patrimonio degli ultimi arrivati da oriente di lingua Siouan e Algonchina, e dagli agricoltori Caddoan, di più antica residenza. L’assemblaggio, spesso solo parziale di questi diversi contributi, produsse l’originale modello di vita dei nomadi cacciatori di bisonti.
Per tentare di confermare questa ipotesi è utile confrontare quanto sappiamo degli abitanti storici delle Grandi Pianure, con il modello culturale classico delle Grandi Pianure. Il primo dato riguarda gli abitanti più antichi, il cui stile di vita, al tempo del contatto, spesso sembra lontano dal modello culturale delle Grandi Pianure.
Dei Kootenay sappiamo poco, perchè al tempo del contatto erano quasi del tutto stati cacciati dalle praterie dei bisonti, ed è quindi difficile comprendere quanto dei loro usi riconducibili al modello culturale delle Grandi Pianure, sia una acquisizione recente e quanto invece sia una pratica originaria: la Danza del Sole, che i Kootenay praticano ancora oggi, fu certamente un’acquisizione recente, forse dovuta al contatto con i nemici Blackfoot. Certamente essi non furono una “tribù della prateria”, rimanendo vincolati all’antico uso di utilizzare le Grandi Pianure solo stagionalmente (e sempre meno), rimanendo legati all’ambiente delle valli montane.


La danza del sole dei Blackfoot

Degli Shoshone sappiamo che il nome più antico usato per loro, si riferisce all’uso di capanne di rami e frasche piuttosto che di tepee; i Comanche che sono gli eredi storici degli Shoshone delle pianure, assunsero il modello di sussistenza e di vita materiale tipico delle Grandi Pianure, sicuramente in coincidenza con l’acquisizione del cavallo, a partire dalla fine del ‘600, ma non costituirono mai organizzazioni e consigli tribali, non erano divisi in clan famigliari, non conoscevano la pratica di riunirsi in società guerriere, e praticarono la Danza del Sole, per la prima volta solo alla metà degli anni ‘70 dell’800, non avendo nella loro tradizione cerimoniale simili grandi cerimonie collettive. Di fatto essi acquisirono gli elementi tecnici ed economici della cultura delle Grandi Pianure, ma non gli elementi sociali e spirituali, di provenienza orientale, con cui ebbero contatti molto tardi.
Diverso è il ragionamento per quanto riguarda i Kiowa, di cui abbiamo scarse notizie nei tempi più lontani, e la cui storia è per certi versi simile a quella dei Comanche, da cui però si differenziano per diversi aspetti, una più strutturata organizzazione sociale, con capi e consigli tribali, società guerrere che all’occorrenza potevano svolgere funzioni di polizia, un sistema di bande tribali definito, ognuna delle quali con un proprio posto nel campo tribale quando tutta la tribù si riuniva, la pratica della Danza del Sole, secondo una propria variante che non prevedeva l’autortura. Di fatto i Kiowa rappresentano il modello classico della trbù nomade delle pioanure, al pari di altri gruppi con un passato molto divers, quali i Cheyenne o i Lakota. Non sappiamo quanto di questa loro cultura sia precedente all’acquisizione del cavallo, all’inizio del ‘700 e quanto invece possa essere successivo, magari conseguenza della relazione con altre tribù, come i Crow e gli agricoltori Hidatsa, con cui i Kiowa furono alleati quando ancora vivevano nelle sedi più antiche sull’alto corso del Missouri.


Uno spostamento di gente Kiowa

Dei Tonkawa le notizie più antiche sono quasi inesistenti, ma sul piano dell’organizzazione sociale questo popolo avevano una struttura flessibile e labile, divisi in molte bande, senza una vera e propria struttura tribale, e a partire dalla fine del ‘600, ad essi si aggregarono i resti di gruppi minori del Texas, rendendo ancora meno coesa la loro organizzazione sociale. Sul piano della vita spirituale e delle credenze, già la sola pratica del cannibalismo, marcava la differenza rispetto agli altri popoli delle Grandi Pianure.
Gli Atapaskan Lipan, Jicarilla e Kiowa Apache, praticavano il modello economico e le tecniche tipiche delle Grandi Pianure, e pur non avendo una vera e propria organizzazione tribale, mantenevano una certa coesione, e i Kiowa-Apache in particolare, pur essendo di fatto integrati ai Kiowa, mantennero sempre una propria specificità etnica e la propria lingua. Neanche nella loro organizzazione sociale erano presenti società guerriere, clan o altre modalità di strutturazione interna, ne praticavano cerimonie simili alla Danza del Sole.
Le bande delle zona meridionale delle Grandi Pianure conosciute secondo il nome generico di Coahuiltecan, da quanto sappiamo dalle prime testimonianze spagnole, pur praticando la caccia al bisonte, non incentravano il loro modello di sussistenza su questo animale, ne possono essere ricondotte il alcun modo al modello culturale storico delle Grandi Pianure, anche perchè quando tale modello assunse la sua piena fisionomia, questi gruppi erano ormai estinti, assorbiti da altre tribù o i pochi superstiti, erano riuniti nelle missioni spagnole.


Un gruppo di Coahuiltecan

Tutti questi diversi gruppi o erano antichi abitanti delle pianure o vi migrarono da ovest e da nord, e salvo il caso dei Kiowa, non è possibile trovare in essi tutti gli elementi costituenti della cultura delle Grandi Pianure. Per trovare il modello integrale dello stile di vita delle pianure, con le sue specifiche caratteristiche sul piano della vita sociale e spirituale, è necessario guardare ai popoli nomadi che vi giunsero da est, i Teton, gli Yankton e gli Assiniboin, i Cheyenne, gli Arapaho, gli Atsina, i Blackfoot, e infine i Crow, tutti giunti nelle Grandi Pianure in epoca piuttosto recente, a partire dalla fine del ‘600 (a parte i Blackfoot), a volte avendo già avuto qualche contatto con i bianchi. Tutti questi gruppi, oltre a praticare il modello di sussistenza tipico basato su nomadismo e caccia al bisonte, oltre a condividere tecniche e abitudini nella vita materiale, avevano un’organizzazione sociale di tipo tribale, e una strutturazione interna più complessa, con varie strutture politiche e istituzionali, oltre ad una vita cerimoniale che prevedeva celebrazioni in grado di raccogliere l’intera comunità.
I Teton per esempio erano una confederazione di sette gruppi (Oglalla. Brulè, Minniconjew, Blackfeet, Hunkpapa. Sans Arc, Two Kettle), ognuno con propri consigli di capi riconosciuti, e a sua volta parte dell’originaria “Confederazione dei 7 Fuochi”, che prima del trasferimento nelle pianure riuniva anche Santee e Yankton; i Cheyenne avevano un consiglio tribale di 44 capi, in rappresentanza di 11 bande, e una sorta di consiglio supremo di quattro grandi Capi; entrambe le tribù avevano al loro interno associazioni di guerrieri, costituite su base volontaria, che oltre che in guerra, potevano agire come forze di polizia interna in determinati casi, svolgevano funzioni cerimoniali, e costituivano spesso di fatto organi di pressione “politica” all’interno delle comunità.
Tra gli Arapaho, gli Atsina, i Blackfoot (come anche tra gli agricoltori Hidatsa e Mandan), le società guerriere, erano su base generazionale, raccogliendo i diversi membri in base all’età, fin dall’infanzia; i Crow, oltre ad avere società guerriere come i Teton e i Cheyenne, erano divisi in clan matrilineari, esattamente come gli agricoltori Hidatsa, da cui s’erano staccati all’inizio del ‘700.
Consigli tribali, società guerriere, clan famigliari, erano tutti elementi che contribuivano a mantenere l’unità e la relazione tra i membri di una stessa tribù, quando la vita nomade, le necessità della caccia, le difficoltà a trovare cibo, inducevano i diversi gruppi a dividersi in piccole bande, specialmente nei duri mesi invernali. Analoga funzione svolgeva la Danza del Sole o simili cerimonie, che si svolgevano all’inizio dell’estate, quando il cibo abbondava e tutta la tribù poteva riunirsi nello stesso luogo.
Questa vita sociale cerimoniale più complessa, è evidentemente frutto di un precedente stile di vita sedentario o semisedentario, o comunque della relazione con i popoli sedentari delle pianure, tutti organizzati sulla base di clan famigliari, con consigli tribali di capi e una vita cerimoniale complessa e condivisa da tutta la comunità. Di fatto questi nomadi recenti, provenienti da est, che sono i più integrali rappresentanti della cultura delle Grandi Pianure, riuscirono nella sintesi tra il modello di sussistenza e di sopravvivenza antichissimo basato sul nomadismo e la caccia al bisonte, e le modalità della vita sociale e cerimoniale, frutto dello sviluppo culturale successivo alla diffusione dell’agricoltura, producendo così, nell’arco di un tempo brevissimo, poche decenni, una complessa cultura nomade, analoga a quella prodottasi nelle pianure dell’Asia centrale o dell’Africa Sahariana, che fu frutto di un percorso di secoli. Rispetto alle grandi culture nomadi dell’Asia e dell’Africa, va poi rilevato che esse fondavano il loro modello di sussistenza sull’allevamento e la pastorizia, al contrario di quella delle Grandi Pianure, totalmente basata sulla caccia..


Un guerriero indiano a cavallo

La particolare sintesi culturale tra il mondo dei popoli nomadi e quello dei popoli sedentari, ebbe una sua particolare declinazione anche tra le tribù agricole, che dopo l’acquisizione del cavallo, aumentarono la loro dipendenza dalla caccia al bisonte, impegnandosi in lunghe spedizioni di caccia e vivendo per parte dell’anno come i loro vicini nomadi, mutuandone usi e tecniche; al tempo stesso i villaggi agricoli, in particolare quelli dei popoli del Medio Missouri, divenivano i luoghi di scambio e di contaminazione, fra tutti i popoli delle pianure, i nomadi e gli agricoltori, gli antichi residente e i nuovi immigrati, in un quadro di dinamismo economico e sociale favorito dalla velocizzazione degli spostamenti, dovuta all’acquisizione del cavallo. Fu certamente in questo quadro di scambi culturali ed economici, che si produsse quell’elemento peculiare della cultura delle Grandi Pianure, quel linguaggio dei segni elaborato e complesso, che permise a tutti questi popoli parlanti lingue diverse e reciprocamente inintellegibili, di comunicare, scambiandosi abitudini e usanze.
Il cavallo, che fu il vero e proprio volano di questo processo, si diffuse in tutte le pianure, dal Rio Grande al Saskatchewan in meno di mezzo secolo: prima gli Apache Lipan e Jicarilla, che li rubavano nei Pueblos del Rio Grande occupati dagli Spagnoli, o li catturavano nelle pianure, dopo che gli stessi Spagnoli li abbandonarono, in seguito al loro ritiro dai Pueblos dopo la Grande Rivolta del 1680. Poi fu la volta degli Shoshoni, una parte dei quali, proprio per ottenere i cavalli si spostarono a sud divenendo i famosi Comanche, i migliori cavalieri delle pianure. Quindi fu la volta dei Kiowa, che li portarono fino ai villaggi degli Arikaree, Mandan, Hidatsa del Medio Missouri, per scambiarli con prodotti agricoli, e forse con i primi manufatti di metallo che giungevano da est.
Agli stessi villaggi agricoli, in particolare a quelli Arikaree, facevano riferimento i migranti provenienti da est, i Cheyenne che nel ‘600 ancora abitavano in villaggi stabili con case di terra sul fiume Sheyenne, nell’est del Nord Dakota, gli Arapaho, il cui nome viene da Tirapahu e significa “mercanti”, e i primi gruppi Teton, che vagavano a piedi a est del Missouri, e che forse furono i primi a portare in quei villaggi i manufatti europei, ottenuti dai mercanti francesi del lago Superiore. Grazie a questi scambi commerciali, anche i migranti da est entrarono in posseesso dei primi cavalli.


Un villaggio Arikaree

Nei villagi Hidatsa il cavallo portò alla divisione della tribù, con una parte che all’inizio del ‘700 si diede alla vita nomade, divenendo la tribù dei Crow o Upsaroka. Poco dopo fu la volta dei Blackfoot, che dopo la spiacevole sorpresa di vedere i loro nemici Shoshone, montare gli sconosciuti animali, impararono a catturarli e a cavalcarli.
Dai villaggi dei Mandan, il cavallo raggiunse le pianure settentrionali intorno al 1730, attraverso gli Assiniboin, che con i Mandan commerciavano, poi attraverso questi, raggiunse gli Ojibway e i Cree delle foreste del Canada, una parte dei quali abbandonarono i loro laghi e i boschi, per divenire anch’essi nomadi delle pianure.
Ultimi furono i Sarsee, un gruppo Atapaskan che viveva a nord del Saskatchewan, che abbandonò la sua tribù originaria, gli Tsatinna (Beaver), per divenire nomadi cavalieri delle pianure, alleati dei Blackfoot.
Nelle zone orientali, attraverso gli Apache Jicarilla e Lipan, il cavallo aveva raggiunto i Pawnee e i Wichita, fino ai Caddo del Texas orientale; quindi le tribù agricole di lingua Siouan, quelle di cultura Oneota (Missouri, Iowa, Oto) giunti nelle pianure da pochi secoli, e gli ultimi arrivati tra gli agricoltori delle pianure, gli Osage, i Kansa, gli Omaha, i Ponca, in fuga dalla valle dell’Ohio, dove alla metà del ‘600, con la I Guerra del Castoro, i guerrieri della Lega Iroquois armati di fucili, stavano portando ovunque morte e distruzione.
Entro la metà del ‘700 il processo era del tutto completato, la cultura del cavallo e del bisonte si imponeva in tutte le Grandi Pianure, tra nomadi e agricoltori; poco più di un secolo dopo, la cultura del cavallo e del bisonte, iniziava la sua stagione più tragica, quella del confronto militare con gli Stati Uniti, prima di venire distrutta in meno di vent’anni, insieme al bisonte, che ne era stato la principale risorsa.